sabato 25 dicembre 2021

Coerenza

 


 

Padre, è difficile quando la tua propria famiglia, tuo padre e tua madre, i tuoi fratelli si mettono contro...”

Sono nella comunità di Mamurià, siamo arrivati che era già notte dopo aver scaricato 36 casse per l’acqua piovana. Mangiamo pesce cotto al forno, farina di mandioca e peperoncino piccante. Poi prepariamo le amache e la notte ci accoglie cullandoci col movimento dell’acqua del fiume. Alle 7 del nuovo giorno l’animatore della comunità bussa al vetro della barca. “Entra Assis, gli dico, puoi entrare e far colazione con noi, caffè e banane cotte nell’acqua”. Lo vedo entrare con la testa bassa e gli occhi lucidi, gli chiedo se era successo qualcosa di grave. Lui mi risponde che ci sono problemi nella comunità e che i suoi propri familiari, il padre e i fratelli, si sono messi contro di lui. Lo invito a sedersi e a prendere un po’ di caffè: “Racconta, che ti ascolto con attenzione!” Lui comincia a parlare:



Vedi, padre, io quando ero giovane bevevo molto (oggi Assis ha 40 anni e 10 figli), un giorno ero in piedi in fondo alla cappella della comunità, piena di gente, i miei genitori, i vicini, i miei fratelli insegnanti e professori... io ero rimasto in fondo, sulla porta, perché sono solo un lavoratore, non ho studiato, pesco e faccio assi di legno per costruire case e canoe. Così mantengo e do da mangiare ai miei figli, mia moglie lavora in casa e con tanta gente non le rimane tempo per fare altro. Quel giorno fr. Gino chiese alla comunità se qualcuno era disposto a servire e prendersi la responsabilità di fare la celebrazione della Parola, come ministro, perché la comunità potesse celebrare il giorno del Signore. Nessuno alzò la mano, nessuno diede la sua disponibilità, tutti muti, guardandosi intorno. Allora fr. Gino chiese se poteva, lui, scegliere una persona per questo servizio alla comunità, come ministro della Parola. Tutti risposero di si, alleviando la tensione di quel momento. Così fr. Gino puntò il dito verso la porta e disse: “Quel giovane lì, in piedi sulla porta della chiesa”. Mi guardai intorno per vedere chi era, e fr. Gino, col suo sorriso di sempre disse: “Proprio tu, Assis, tu sei disposto a fare questo servizio importante per la tua comunità?” Io ancora non capivo cosa stava succedendo, ma risposi prontamente di sì: “Se posso aiutare, sono pronto a servire la mia comunità”. Quel giorno la mia vita è cambiata, ho smesso di bere e ho cominciato a conoscere la Parola di Dio, sono ormai 14 anni che ogni domenica celebriamo insieme il giorno del Signore, nella luce del Risorto che sempre ci accompagna. Quattordici anni che sono cresciuto, e sto crescendo, alla scuola del Vangelo”. Bene, gli dico, questo è molto bello e importante. Grazie a Dio per tutto! Assis prende ancora la parola e mi racconta: “Vedi, padre, la mia vita è cambiata e io ho imparato che dobbiamo obbedire alla Parola di Dio. Come sempre ci insegni tu, leggendo il Vangelo. Gesù ha portato a compimento e superato tutto l’Antico Testamento: non basta più voler bene solo ai tuoi, alla tua famiglia o alla tua comunità; dobbiamo amare tutti e servire i fratelli riconoscendo il Signore risorto in ogni povero e bisognoso”.

È vero, gli dico, per questo abbiamo bisogno di alimentarci con la parola del Vangelo di Gesù e nutrirci con il suo corpo e il suo sangue: la Parola e l’Eucaristia non sono un premio per quelli che lo meritano, ma sono un dono gratuito per tutti coloro che ne hanno bisogno, specialmente i deboli e i fragili nella fede, anche per i peccatori, perché abbiano la forza di rialzarsi.



Assis mi interrompe: “Vedi padre, la politica è una ‘brutta bestia’, come è vissuta qui da noi. Chi vince umilia i perdenti e si mostra come più forte, pur sapendo che è una ruota che gira. La mia famiglia ha perso la politica per 12 anni, ma l’anno scorso abbiamo appoggiato il candidato a sindaco che ha vinto, così tre dei miei fratelli hanno avuto un lavoro come insegnanti e responsabili della salute pubblica. Come comunità abbiamo ricevuto una lancia (piccola imbarcazione) con un motore di 40 cv che deve servire per portare i malati al posto medico più vicino. Io sono stato scelto come autista ufficiale per guidare la lancia sul fiume, non guadagno niente, ma ho accettato per aiutare chi avesse bisogno. La Segreteria della Salute non aiuta in niente, non dà la benzina per i viaggi perché la lancia è stata un dono del deputato che appoggiava il candidato a sindaco. Ora accade che persone di altre comunità a noi vicine, mi cercano e mi chiedono, quando hanno dei malati, di portarli in città o al posto di salute più vicino, a tre ore di lancia, perché se andassero di canoa impiegherebbero sei o sete ore. Ho sempre risposto di sì ad ogni richiesta, anche per portare persone dai medici tradizionali che allontanano gli spiriti maligni. Ho sempre e solo chiesto la benzina necessaria, perché non ne abbiamo”.

Sorrido e gli dico: “Hai fatto bene, Assis, hai offerto il tuo tempo e il tuo servizio per chi aveva bisogno”.



Lui continua: “Si, padre, ma i miei fratelli e anche i miei genitori dicono che è sbagliato quello che faccio, perché la gente ne approfitta e la lancia è stata data alla nostra comunità che ha vinto la politica, gli altri, le tre comunità vicine, hanno appoggiato l’avversario che ha perso, quindi ora devono arrangiarsi.  E questo fa male al mio cuore, e ho detto la verità alla mia famiglia. Ho detto loro che il Vangelo di Gesù non dice così, ma chiede di amare e servire tutti, perdonare i nemici e pregare per i persecutori. E queste persone che abitano nelle comunità vicine non sono nemici né persecutori, ma sono nostri compagni di vita, nostri fratelli. O viviamo il Vangelo, oppure non serve dire che abbiamo fede e neanche celebrare il giorno del Signore. Ho dovuto dire la verità: che il loro cuore è lontano da Dio. E ho restituito a loro la chiave del motore della lancia, che ora rimane qui ferma e non serve a niente, se non a mostrare che noi siamo i vincitori, come fosse un trofeo di guerra. Questo mi fa male e mi umilia: che la mia propria famiglia mi sia contro e non veda il suo grande errore rispetto alla fede che professiamo. Mio fratello non parla più con me, mio padre non mi dà il segno della pace nelle celebrazioni e mia madre dice che ho sbagliato a dire la ‘mia’ verità”.

Cerco di rincuorarlo un po’, di mostrargli che le incomprensioni sono sempre presenti dove ci sono persone. Gli do un consiglio: formare una equipe che sia responsabile per la lancia e che le prossime decisioni vengano prese insieme per evitare che uno solo si senta o la faccia da padrone. Mi riprometto di parlarne dopo la Messa con la comunità e di proporre che si decidano alcuni criteri oggettivi che aiutino a dare risposte giuste e imparziali, criteri che valgano per tutti, per i membri della comunità e anche per i vicini. Poi guardo gli occhi di Assis, vedo che i suoi occhi sono lucidi e pieni di lacrime, lo abbraccio forte e gli dico: “Il Vangelo ce lo ha detto: Avrete cento volte tanto, insieme a persecuzioni. E ancora: Si divideranno padre contro figlio e figlia contro madre, fratello contro fratello, per causa del mio nome. Coraggio Assis, hai dato la tua bela testimonianza, anche dov’è più difficile, nella tua comunità e nella tua propria famiglia. Abbi fede, il Signore ce lo ha promesso: Sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Coraggio Assis, non sei solo e la tua perseveranza salverà anche i tuoi fratelli; sappi che la vita di comunità a volte è difficile, ma sempre apre nuove prospettive, nuove possibilità per tutti, se perseveriamo nel bene e cerchiamo di essere coerenti con la fede che professiamo, procurando sempre ciò che ci unisce”.



 Nella Messa ascoltiamo il Vangelo del giorno, Lc 7,19-23, anche Giovanni il Battista fa fatica ad accettare l’agire di Gesù, che supera la giustizia retributiva, che premia i buoni e castiga i cattivi. Gesù usa di misericordia con tutti. Questo nuovo agire di Gesù purifica i cuori, aiuta a recuperare una visione fraterna e umana, permette di capire e di ascoltare la sofferenza dei fratelli. Anche lui, Giovanni il Battista, deve convertire la sua visione religiosa e aprirsi alla fede, senza scandalizzarsi della gratuità dell’amore di Dio. Con umiltà e fermezza rivolgo lo sguardo verso Assis e i suoi fratelli, verso il padre e la madre che si scandalizzavano per la bontà del proprio figlio e dico loro: “Noi, noi dobbiamo essere questa Buona Notizia annunciata ai poveri! I nostri gesti di gratuità e apertura verso tutti, sono la fonte della nostra gioia. Solo così potremo cambiare e rinnovare la nostra storia politica e sociale, affinché non ci siano più vincitori e vinti, ma solo fratelli e sorelle”.

 

  Gabriel Carlotti, missionario in Amazzonia.

 

Santo Antonio do Içá, 25 dicembre 2021 – Natale del Signore

 

 

P.S.

Ormai sono passati più di due anni da quando siamo partiti per l’Amazzonia. Un tempo che è passato in fretta, carico di molte emozioni e storie di vita, di sofferenza, di fede e di speranza. In queste ormai più di 35 lettere, se consideriamo anche quelle scritte da Gabriele Burani, mio compagno di viaggio (si potrebbe farne un libro, ma non è questo l’intento) abbiamo cercato di condividere, raccontando, una esperienza che non è solo nostra, ma anche vostra, perchè siamo qui anche a nome vostro, della vostra fede, della nostra Chiesa reggiano-guastallese. Queste lettere sono state scritte ‘di getto’, senza molta riflessione, almeno da parte mia, ma con l’intento di raccontare una esperienza di vita, di condividere quello che anch’io stavo scoprendo. Se qualcuno non le avesse tutte, può richiederle al Centro Missionario Diocesano, a Roberto Soncini (roberto@cmdre.it o com um messaggio al +39 3200714445). Ora sento la necessità di fermarmi a riflettere e vorrei farlo insieme a voi. Per questo ho pensato di non scrivere più per alcuni mesi, ma di rileggere questi racconti, che neppure io ricordo nei particolari, e lasciarli risuonare dentro di me. Vorrei cogliere alcune luci che possano illuminare l’esperienza di una vita di fede. Vi propongo di farlo insieme:

a)  Rileggendo una lettera con calma e alla luce dello Spirito Santo, con atteggiamento di preghiera

b) Chiedendoci quale fede sostiene la vita di questa gente

c)  Scoprendo quali intuizioni e suggerimenti, quali esperienze possono aiutarci a riscoprire la bellezza del Vangelo, la sua radicalità gioiosa; come vivere la fraternità nelle nostre Parrocchie e Unità Pastorali.

Potremmo, metodologicamente, rileggere i racconti dalla Missione e, quando una parola o una frase o una esperienza attira la nostra attenzione e ci fa pensare (ricordate il card. Martini che diceva: L’Umanità si divide in due gruppi, quelli che pensano e coloro che non pensano...), allora possiamo annotare la nostra riflessione e metterla come “nota” in calce alla lettera. Poi nel nostro gruppo “in barca con...” possiamo postare i nostri pensieri per condividerli. Per coloro che non sono di Castelnovo Sotto e/o non appartengono al grupo, potete inviare le vostre riflessioni direttamente a me (E-mail: lele6387@gmail.com ; WhatzApp: 005597984196606). Credo che così potremo arricchirci gli uni gli altri e ascoltare lo Spirito del Signore che parla ancora al nostro tempo e alla nostra Umanità. Anche questo potrà essere un passo per ‘fare sinodo’ e rinnovare la nostra Chiesa.

Buon cammino, Buon Natale e Felice Anno Nuovo. Grazie di tutto quello che siete e che fate per la vita dei fratelli tutti.   Gabriel

martedì 16 novembre 2021

Vita di pescatori ...

 



  Gabriel Carlotti, missionario in Amazzonia.

Dopo due mesi e mezzo costretti a rimanere in città, a Santo Antonio do Içá, finalmente il 2 novembre, giorno festivo per la ricorrenza di tutti i morti, anniversario di due anni del nostro arrivo in questa parrocchia di Santo Antonio di Lisbona, finalmente ripartiamo. Segno bello di risurrezione: la vita è annuncio e missione; è ripartire sempre per andare verso l’altro, i fratelli e le sorelle con cui condividiamo il cammino e nei quali incontriamo il Mistero del ‘Totalmente Altro’. Così intimo a noi stessi da lasciarsi riconoscere nella bellezza di ogni incontro che ha sapore di umanità.

Ripartiamo perché il motore della barca ha ripreso a funzionare anche grazie alla solidarietà di persone e comunità reggiane che condividono e sostengono il cammino della missione. Visiteremo e celebreremo la vita insieme a 28 comunità: 25 lungo il fiume Içá e 3 sulle sponde del fiume Solimões, più conosciuto come Rio delle Amazzoni.

Già di ritorno dal confine colombiano, dopo aver celebrato nella comunità di Ipiranga, ci fermiamo a “Itu”. Mamma Eléna ci aspetta con le sue due figlie e i suoi molti bambini. Il marito è sdraiato sull’amaca perché sono alcuni giorni che ha la febbre molto alta, forse malaria, con aggravanti di vomito e dissenteria. Gli do alcune medicine per abbassare la temperatura e controllare vomito e diarrea; se questa notte non migliorerà domani dovrà affrontare un viaggio di quattro ore di canoa, probabilmente sotto la pioggia perché il cielo è cupo, per raggiungere il posto medico più vicino, a Villa Alterosa, chiamata anche Juí, dove riposa Irmão José fondatore della Chiesa della Croce, ultima chiamata per accedere al Cielo.



 Molte comunità lungo il fiume hanno lasciato la Chiesa Cattolica per seguire questo movimento fondamentalista che annuncia la fine imminente. Le necessità della vita così difficile e spesso abbandonata da tutti, tranne che da Dio, e la mancanza di catechesi, conoscenza ed esperienza di Chiesa, ha portato molti a seguire questo cammino segnato dalla testimonianza austera di Irmão José ormai sepolto nel paese da lui fondato, Villa Alterosa, già santo e in cielo secondo la fede di tante persone. Le Chiese Evangeliche e la Chiesa Cattolica sarebbero i due bracci orizzontali della croce che portano i fedeli alla vera Chiesa della Croce, ultimo cammino offerto per il paradiso.



Arriviamo nella comunità di Itu sotto una pioggia battente, riusciamo ad entrare con la barca tra un grande albero caduto sul fiume e una grande canoa carica di molto pesce. É un porto sicuro perché qui passeremo la notte. In questo periodo l’acqua è bassa e per raggiungere la casa dobbiamo affrontare la ‘scalata’ a una montagna di fango; i bambini si divertono a scivolare, noi un po’ meno, e aiutati dai cespugli di erba, piano piano, riusciamo a salire. A scendere, dicono, tutti i santi aiutano, e lo speriamo davvero! Come sempre qui la Messa è molto bella, la presenza di tanti bimbi e alcuni giovani venuti di canoa dal vicinato, rendono la celebrazione gioiosa, anche se nessuno conosce le risposte convenzionali della liturgia e i canti sono sostenuti solo da mamma Eléna e dalle sue due figlie. Per l’occasione anche una scimmietta, due cagnolini e alcuni pulcini rallegrano la preghiera, sempre molto partecipata col cuore e la vita. I bambini hanno adocchiato subito le caramelle sulla mensa e aspettano con ansia il canto finale. La scimmietta, ‘gabigou’ è il suo nome, prova ad anticipare, ma viene prontamente redarguita e si conforma.



Dopo la celebrazione salutiamo e scendiamo nella barca, stanno rientrando i pescatori, 2...3...4... canoe con Pirarucu, Pirapitinga, Surubì, Tucunaré...,  frutto della pesca notturna nei laghi che impreziosiscono il corso del fiume con la loro abbondanza di pesce. La pesca fuori dai laghi è più difficile e meno abbondante. Cinque bambini corrono all’incontro del papà, ancora molto giovane, ma già vedovo, e dei tre fratelli maggiori, adolescenti dai 16 ai 21 anni. È la gioia dell’incontro, che lascia subito il tempo al lavoro: bisogna pulire il pesce e passarlo nel sale perché possa resistere fino all’arrivo in città, dove sarà venduto. Tutti si danno da fare, i piccoli corrono a prendere i sacchetti di sale, i giovani, come esperti chirurghi, squartano i pesci e li preparano lavandoli accuratamente, il papà con mano veloce ed esperta passa il sale per garantire che la carne resista al tempo e al calore del giorno. Se ci fosse del ghiaccio tutto sarebbe più semplice, ma dove manca l’energia elettrica, questo rimane un sogno impossibile. Il sole è già tramontato, ma sulla barca a lato c’è ancora un grande movimento. Tutto il pesce è coperto con grandi teli plastici, bisogna pulire la barca e lasciarla pronta per il domani che sarà ancora un giorno di pesca. Tutti si lavano al fiume e lavano anche pantaloncini e magliette, indossando indumenti asciutti per la notte.



Con le torce sulla fronte li vedo mangiare qualcosa, pesce fritto con farina di mandioca e riso che mamma Eléna e le sue figlie hanno preparato con cura. Poi tutto tace e anche noi apriamo le nostre amache e ci prepariamo per la notte. Sono le 9 di sera. Mi chiedo come dormiranno visto che zanzare e papatacci nella notte sono più intraprendenti... Poi cullati dalle onde del fiume ci addormentiamo. Penso a Gesù che ha chiamato dei pescatori per essere i primi discepoli di una nuova avventura.

Mi sveglio alle 4:30, è ancora notte, il sole sorge puntuale alle 6 del mattino tra il tropico e l’equatore. Nella barca accanto c’è già gran movimento, i giovani preparano il materiale per la pesca e il papà controlla i piccoli motori delle canoe. I bambini dormono ancora tra un pesce salato e il caffè che mamma Eléna e le sue figlie hanno portato agli uomini. Tutto è pronto e si riparte per un nuovo giorno di pesca, il cielo è cupo, carico di pioggia, ma bisogna andare, i pesci aspettano e scivolando sull’acqua del fiume, riparati da un telo dall’acqua del cielo, questi uomini gettano ancora le reti. E mi ricordo le parole del Maestro: “Venite, vi farò pescatori di uomini”. Rimango ancora sull’amaca, cullata dalle onde, ormai non posso più dormire pensando a quei ragazzi gettando le reti, con fiducia che il duro lavoro porterà abbondanza di vita. Così è l’essere pescatori di uomini, e tutti lo siamo per la speranza del nostro battesimo, per la promessa della fede. Gettare la rete sempre, nei tempi di bonaccia e in quelli di tempesta. Lavorare tutti uniti, dal più piccolo al più grande, senza differenze, ma nella gioia di poter fare la nostra parte con tenacia e disponibilità. Senza stancarsi e senza lamentarsi, facendo nostre le parole di Pietro, il primo dei pescatori: “Signore, abbiamo pescato tutta la notte e non abbiamo preso niente, ma sulla tua Parla getterò la rete”.



 

Santo Antonio do Içá, 15 novembre 2021 – festa della proclamazione della Repubblica brasiliana

 

sabato 23 ottobre 2021

“ Io ho un sogno... “

 



 Padre Gabriele Carlotti, missionario in Amazzonia

       Carissimi amici, non sempre le buone intenzioni sono realizzabili, e bisogna accettare il limite della realtà. Vorremmo seguire i nostri piani e vedere realizzati i nostri progetti, ma poi improvvisamente siamo costretti alla pazienza e ai tempi lunghi che non avevamo preventivato. Cerco di spiegarmi: uno degli obiettivi del nostro impegno pastorale è la “continuità”, visitare e celebrare vita e fede tutti i mesi con le Comunità per educarle a una fede che è vissuta nella quotidianità e non solo nei momenti straordinari. Parlo della vita di Comunità, perché la fede che è fiducia e affidamento a Dio, questa è il pane quotidiano del nostro popolo. Più difficile è accogliere l’invito del Vangelo a camminare insieme, ma è proprio questa la peculiarità della fede: “nessuno vive per se stesso e nessuno muore per se stesso”.

Così per un anno abbiamo percorso il fiume in lungo e in largo cerando di accompagnare anche i piccoli passi, di sostenere e incoraggiare la vita comunitaria. Avevamo anche programmato per fine novembre una grande Assemblea di tutte le Comunità per una condivisione che aiutasse un cammino sinodale anche fra le proprie Comunità, un “camminare insieme”.

Poi... si rompe il motore della barca, e quando aggiustiamo una parte, se ne rompe un’altra. Ieri abbiamo montato il pezzo nuovo del motore, credendo di aver risolto il problema, e già pensavo ad oggi visitando la Comunità di Nazaré sul Rio Solimões, che sta in festa e domenica ripartire proprio dalla Comunità sul lago Saquera che pure ha come patrona Nossa Senhora de Nazaré. Ma al momento di collegare il motore all’albero di trasmissione... c’è uno scarto di 3 centimetri, così ora si dovrà rifare tutta la base per allineare la macchina... e ci vorrà tempo! Un grande sospiro e la dura conclusione: ci vorrà ancora una settimana di lavoro, tutto rimandato alla prossima. Così penso che sono già due mesi e mezzo che siamo bloccati e costretti a rimandare i nostri viaggi missionari, i nostri animatori vengono in città, li incontro lungo le strade e mi sento ripetere sempre lo stesso ritornello: “padre, quando viene a trovarci?” “Spero presto, uno di questi giorni arrivo...”, rispondo.



E mi chiedo... è solo una coincidenza o è un segno che devo imparare a leggere e capire? Mi viene alla mente il ricordo di una animatrice analfabeta della Bahia, una mamma di famiglia che aveva otto figli ed era stata abbandonata dal marito, forse la migliore delle nostre animatrici di Comunità, Antonia. Lei a volte fingeva di non stare bene affinché la Comunità imparasse a camminare con le proprie gambe, magnifica! Così anch’io spero di avere questa consolazione: incontrare le Comunità che stanno camminando con le proprie gambe, un po’ costrette dalla nostra forzata assenza di questi giorni. Forse non tutte, ma per alcune nutro una grande speranza, e sono ansioso di poter rivedere il volto di tante persone e ascoltare la loro storia di vita.



Il 12 ottobre sono stato nella Comunità di São Vicente, abbiamo inaugurato la chiesetta dedicata a San Lazzaro e a Nossa Senhora Aparecida, la patrona del Brasile, che si festeggia proprio il giorno 12, e qui è festività anche civile. Sono andato con la canoa e il piccolo motore di 15cv che abbiamo comprato, quattro ore di viaggio di cui due sotto una pioggia battente. Siamo arrivati bagnati come pulcini. Tolti i vestiti, strizzati ben bene e rimessi per asciugarli con il calore del corpo... normale per la nostra gente! Verso le 10 cominciano ad arrivare alcuni giovani portando grandi pentole con piatti, bicchieri, posate, bibite e molto cibo: è festa e c’è da mangiare con abbondanza e per tutti. Alle 11 celebriamo la Messa, ben preparata con i canti e le letture, e alla fine dico loro: “chi non fa la comunione non potrà neppure mangiare dopo...”. Tutti, con molta devozione, si avvicinano per ricevere la vita donata del Signore Gesù, il suo corpo e il suo sangue; donne, uomini, bambini, giovani, sposati o accompagnati, índios e caboclos, ragazze madri e signore ormai vedove, chi beve un po’ e chi a volte fa uso di droga e fuma, chi è onesto e chi ha già rubato o tradito... Tutti chiamati alle nozze dell’Agnello!

 C’è un senso di grande pace e la voglia di riconoscersi, forse solo per un momento, tutti fratelli e sorelle, amati e desiderosi di amare. Un grande silenzio, dopo la comunione, per ringraziare col cuore questo momento di grazia!



“Io ho un sogno...” di vedere un giorno Comunità che si vogliono bene, libere dal giudizio sempre aggressivo, capaci di compassione e animate da una speranza viva, che non viene meno neppure nei momenti più difficili della vita. Comunità che trovino, nell’unione, la forza di resistere al male e di lottare per i propri diritti e una dignità di tutti e per tutti. Senza differenze tra uomini e donne, tra giovani e anziani, tra ricchi e poveri, tra nativi e immigrati. Comunità che celebrano il Giorno del Signore, che vivono la risurrezione, che spezzano il pane e bevono all’unico calice: che nella condivisione del cibo e della mensa comune sanno riconoscere il Signore, che è venuto per servire, perché tutti abbiano vita e vita piena. Comunità che non aspettano l’arrivo del prete, ma che sono gioiose e consapevoli che per la fede del Battesimo possono e devono rendere culto al Dio della Vita, il Padre del Signore nostro Gesù Cristo, dove il più grande è il servo di tutti. Gettiamo via il mantello, le sicurezze che ci mantengono a mendicare sulle strade della vita, facciamo un salto di libertà che ci permetta di vedere bene e di essere discepoli del Signore della vita. BUONA GIORNATA MISSIONARIA! Gabriel, con i fratelli e sorelle dell’Amazzonia.     

 

mercoledì 29 settembre 2021

In prigione, in prigione.....

 


 


Don Gabriele Burani, santo Antonio do Içá, Amazonas, 29-09-2021    

 

Edoardo Bennato, nel suo bel LP di molti anni fa su Pinocchio ( “Burattino senza fili”) cantava: “in prigione, in prigione.... e che ti serva di lezione!”.
    Visito a volte la nostra prigione in Santo Antonio do Içá e mi faccio questa domanda: la prigione serve di lezione, come cantava Bennato? Serve per imparare qualcosa di positivo?  Serve per riabilitare le persone? Così dovrebbe essere ma nella nostra attuale organizzazione temo proprio di no.

In realtà qui non abbiamo una prigione ufficiale, un luogo di detenzione organizzato, ma nella sede della Polizia Militare vengono occupate alcune stanze che sarebbero solo di passaggio, di pochi giorni, per poi passare ad una struttura maggiore. Come spesso succede le cose vanno diversamente da come sarebbero progettate e questo spazio angusto viene trasformato in luogo di detenzione stabile.    La Polizia Militare ha sede in un piccolo edificio;  entrando un tavolo con un poliziotto che riceve e scrive i dati delle eventuali denunce. Due stretti uffici per il comandante e il segretario; continuando alla fine del  corridoio, due stanze, a occhio 4m x4m, bagno compreso ( ma non riesco ad avere una idea chiara delle dimensioni). La scorsa settimana erano 38 detenuti: come fanno a starci tutti?  Semplice, sono distribuiti a strati: fissano la loro amaca a livelli differenti di altezza e quello é lo spazio personale; le stanze sono alte 4-5 metri, quindi per qualcuno lo spazio vitale é una amaca a 5 metri di altezza!

Nei mesi di maggior diffusione del Coronavirus le visite erano abolite, e i detenuti non uscivano dalla loro cella; chiusi, senza un momento per prendere un pó di sole e di aria pura, molti sviluppano malattie della pelle. Uno spazio sul corridoio munito di sbarre metalliche é poi la cella dei malati di coronavirus.

Quasi tutti sono giovani sui 20-30 anni e quasi tutti ( o tutti) con problema di droga; in genere sono in prigione per furti, traffico di droga, o violenze in famiglia. Nella città della Bahia dove abitavo erano molti gli omicidi; tutti i mesi vari omicidi. Qui no, ci sono molti furti, liti e violenze sí, ma non molti omicidi.

Quando vado, comunico brevemente davanti alle sbarre; chiedono se li posso aiutare portando materiale di igiene (sapone, dentifricio, shampoo, detersivi per lavare i vestiti, e per la pulizia della stanza), ultimamente mi hanno chiesto medicine per le malattie della pelle. Chiedo al comandante (ora é una donna) se viene regolarmente un medico o infermiere; a volte vengono se li chiamano, non in modo regolare, e i detenuti vanno in ospedale quando si presenta la necessità.

 In una delle due celle si é rotto il ventilatore, l’unico che avevano, e da settimane sono al caldo opprimente; ne ho comprato uno e qualche giorno fa sono andato per darglielo, assieme ad una piccola griglia per scaldare i panini che si era rotta nella cella accanto ma... non ho potuto darglieli perché sono in punizione! Qualcuno di loro, attraverso il soffitto é entrato nell’ufficio del comandante lasciando una certa confusione nella stanza; ma nessuno é riuscito a fuggire!   Così ora le celle sono in punizione per un certo tempo.  

Nei mesi scorsi ho regalato a tutti un vangelo; sono molto contenti quando ricevono qualcosa, anche per la lettura; i soldi per comprare il necessario dovrebbero arrivare dallo Stato, ma .... non si sa! Non sappiamo se arrivano, o più probabilmente, come qualcuno dice, i poliziotti li tengono per loro.



Molti detenuti rimangono per mesi in questa situazione, il giudice lascia marcire i poveri per lungo tempo, ma se l’avvocato lo paga, si risolve anche in pochi giorni la scarcerazione. Ed é difficile che questi ragazzi abbiano la possibilità di pagare un avvocato, sono dei poveretti.  Questa la nostra situazione, non sappiamo di quale autorità civile possiamo fidarci, sembra di vivere in un paese senza legge, o dove vale la legge del più forte/ del piú ricco. A chi fare riferimento? Non saprei.

La prigione così fatta serve di lezione? Purtroppo no; la maggioranza di loro, pochi giorni dopo la scarcerazione entra di nuovo in prigione, perché riprende subito a rubare. Un ragazzo é uscito al mattino e alla sera era di nuovo incarcerato!

Un altro giovane ben conosciuto ( per droga, furti ecc...) veniva ogni tanto a chiedere cibo, e varie volte gli abbiamo dato il pranzo; é entrato anche nelle sale parrocchiali per tentare di rubare qualcosa.... forse é lui che mi ha rubato i cellulari....  comunque quando vado a fare visita mi saluta sorridente; in pochi giorni di libertà aveva collezionato più di 20 denunce di furto.  Giorni e giorni ammassati in una cella stretta, senza fare nulla, senza attività, senza un lavoretto che li occupi, senza una lezione per imparare qualcosa.....   Certo, hanno infranto la legge, hanno commesso crimini, ed é giusto che ci sia una forma di sanzione, ma si dovrebbe anche tentare una alternativa alla identità criminosa che si sono fatti.

Il caldo é spesso opprimente, l’aria viziata, e ovviamente sono stesi sulle amache senza vestiti, solo con i pantaloncini corti.  Mi colpisce che quando vado e li invito a fare una preghiera, si alzano in piedi e tutti si mettono una maglietta in senso di rispetto; non l’ho chiesto io ma loro lo fanno spontaneamente; un loro ‘paramento liturgico’, più sensato di tanti panni inutili che sono nelle nostre chiese.  E mi colpisce che pregano il Padre Nostro a voce ben alta quasi gridando per manifestare la loro fede; mi fa pensare a come a volte le nostre comunità italiane sono così timide nel manifestare la loro fede, così paurose, o forse pigre.

Poco tempo dopo il nostro arrivo abbiamo ospitato nella casa parrocchiale un giovane uscito dalla prigione; era stato ‘beccato’ con una discreta quantità di cocaina pura, proveniente dalla Colombia ( noi qui siamo al confine Brasile- Colombia-Perù)  e che passando attraverso il Brasile sarebbe arrivata chissà dove. Lui era solo un corriere, pagato per il trasporto fino a Manaus ma è stato individuato qui a Santo Antonio e quindi messo qui in carcere. Ha avuto la scarcerazione ma deve rimanere in città fino alla conclusione del processo; lui non è del paese, la sua famiglia abita molto lontano e comunque non ha possibilità di aiutarlo; il padre, coinvolto in varie attività criminose è morto poco tempo fa. Lo abbiamo accolto, è entrato a far parte della nostra famiglia, lavora come guardia notturna per alcuni negozi della piazza centrale dove abitiamo. Riceve un compenso dai commercianti, ma non ha mai soldi, non sa gestirsi. Qualcuno ci critica per questa accoglienza, anche perché oltre a essere ex carcerato per traffico di droga, è anche un omossessuale dichiarato; comunque ci aiuta in molti lavori della casa parrocchiale e manifesta gratitudine.   Il giudice non lo ha mai chiamato finora per concludere la sua vicenda giuridica; abbiamo pensato di pagare un avvocato perché si arrivi al processo e si possa risolvere, in qualche modo, la sua posizione. Ci sembra giusto aiutarlo, abbiamo fiducia che, pur con le contraddizioni del suo carattere, possa essere rispettoso della legge e dei valori della società.

Di fronte a qualche crimine tutti gridano: in prigione, in prigione! Ma chi si preoccupa che ‘serva da lezione’?  che ci sia un tempo e un ambiente non solo per punire ma per riabilitare?

 

sabato 28 agosto 2021

“Ho desiderato ardentemente ......”



 

Gabriel Carlotti, missionario in Amazzonia. Gabriel Carlotti, missionario in Amazzonia.

 

Purtroppo il secondo viaggio di agosto non è stato possibile. Nel primo viaggio di questo mese il motore si era fermato e Burani era rientrato a traino della grande canoa dei militari di Ipiranga. Per fortuna, hanno visto la barca del prete in panne e si sono fermati per aiutare, così hanno legato la nostra barca alla loro e hanno riportato a casa Moises, Moacir e don Gabri. Subito ho chiamato il meccanico che ha smontato letteralmente il motore, scoprendo che un pezzo interno che permette la circolazione dell’olio si era crepato non compiendo più la sua funzione essenziale. Per avere il pezzo di ricambio ci sono voluti alcuni giorni perché viene di barca da Manaus, e non tutti i giorni c’è il trasporto fluviale, poi, dulcis in fundo, sollevando a braccia il motore si sono rotti i supporti di alluminio, così ci sono voluti altri giorni per saldare il tutto e lasciare pronta la base di appoggio. Forse lunedì riusciremo a rimontare il motore che poi dovrà essere allineato all’albero di trasmissione... insomma speriamo che ai primi di settembre si possa ripartire! Così questo 26° viaggio non si è mai realizzato e le nostre Comunità ci hanno aspettato inutilmente. Meno male che questo popolo è paziente e ci insegna ad aver pazienza.

 


   Pensavo alle difficoltà, allo sforzo e alla buona volontà, ma anche all’impossibilità di questo viaggio, e al desiderio frustrato di incontrare le Comunità. Alcuni sono passati qui in città e sono venuti a cercarmi:

   “ti abbiamo aspettato..., poi abbiamo pensato sia successo qualcosa... va tutto bene?”; altri sono passati per confermare il prossimo incontro: “allora ci vediamo in settembre, vieni presto che mangiamo qualcosa insieme..., abbiamo invitato i vicini per inaugurare la nostra chiesetta che finalmente è finita, l’abbiamo desiderata tanto e ci siamo impegnati, è proprio bella e siamo contenti!”.

 Così anche un viaggio che non si è mai realizzato può portare frutti di comunione e di relazione attesi e desiderati.

La realtà rimane una grande sfida, qui piano piano si riprendono le varie attività, ma le chiese sono ancora poco frequentate, la pandemia ha interrotto bruscamente una abitudine; ma anche lì da voi mi sembra che non ci sia proprio molto entusiasmo nel riprendere la vita di comunità! Allora pensavo... anche provocato dal Vangelo di questa domenica che smaschera l’ipocrisia dell’apparenza e di una superficialità che ci illude e ci priva dell’essenziale e della gioia. Pensavo a come l’ipocrisia di una liturgia formale e di relazioni molto superficiali abbiano addomesticato il Vangelo, abbiano fatto dell’annuncio straordinario della Risurrezione di Colui che ha creduto nell’amore di una vita offerta e donata, un sistema religioso chiuso in se stesso, spesso giudicante e scostante, certamente non attraente né desiderabile. Dio ci salvi da “questa” chiesa!



Al contrario, la Comunità rimane una opportunità di relazioni semplici e vere, senza giudicare nessuno perché il nostro giudice è il Signore, ma luogo per vivere la fiducia fraterna e l’abbandono fiducioso nel Signore risorto. Prima che le persone possano dire: “guardate come ci amano”, devono poter constatare: “guardate come si amano”. Non siamo cristiani per fare delle cose o obbedire a dei comandamenti, piuttosto perché crediamo e abbiamo incontrato un cammino per vivere relazioni positive e profondamente umane, perché inspirate a Colui che così ci ha voluto quando ci ha pensati e creati. Per non vivere secondo la “carne”, nell’egocentrismo e nell’egoismo, ma secondo lo “spirito”, nel servizio amoroso e nella gratuità del dono. È la qualità delle relazioni che sta in gioco. E non possiamo nasconderci che molto delle nostre relazioni dipende dalla nostra volontà, sostenuta da una scelta libera e consapevole. La vita che noi scegliamo di vivere è il frutto di ciò in cui crediamo col cuore e non solo con la ragione. È per la fede nella croce e nella risurrezione di Gesù che siamo nuove creature!

    Credo allora che “questa” chiesa sia davvero una possibilità di gioia, perché è fondata sulla fede e non solo sulle nostre capacità. Ma bisogna crederci davvero! Il frutto della libertà della fede è poi l’amore fraterno che fugge ogni ipocrisia e formalismo. Questa chiesa sarà bella e attraente e per questo missionaria, capace di annunciare la gioia e offrire un cammino di vita e di fraternità.




Benedetta pandemia che ha distrutto e fatto crollare i nostri castelli ormai vuoti e spesso diroccati, ora siamo invitati ad abitare sotto le tende dell’insicurezza e a trovare nelle mani e nel cuore dell’altro quella fiducia che ci aiuterà nel cammino di una vita alternativa, lieta di aver scelto la bellezza della sobrietà, e per questo attraente. “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli”.

 Così sarà la Chiesa di domani!

Santo Antonio do Iça, 28 agosto 2021 – memoria di Santo Agostino

venerdì 30 luglio 2021

Un anno camminando insieme ...


 




26 luglio, il giorno dei nonni, dei Santi Gioacchino e Anna, i genitori di Maria, nonni di Gesù. Il pensiero va a Ziano, in Val di Fiemme, nel nostro Trentino dove siamo cresciuti nei campeggi parrocchiali, nell’esperienza di camminare insieme, perché tutti potessero arrivare alla meta, superando le difficoltà dei percorsi e le sfide che le Dolomiti, nella loro attraente bellezza, ci presentano. A Ziano la festa dei Santi Gioacchino e Anna era nel mezzo dei campeggi, opportunità per fermarsi, riflettere e riprendere il cammino.

Abbiamo appena lasciato la comunità di Moinho. Il fiume Içá fino a Moinho dipende dal Rio delle Amazzoni, l’acqua sta scendendo in fretta perché il grande fiume si sta abbassando di 30/40 cm al giorno, così l’acqua del nostro Içá corre più veloce del solito verso il mare. Dopo Moinho il nostro fiume dipende dalle Ande colombiane, l’acqua è più calma e ancora alta in tante località. La comunità di Moinho è già sulla terra asciutta, ma non sappiamo come troveremo la comunità di São João do Lago Grande, forse ancora allagata, verso sera lo scopriremo.

Abbiamo iniziato a conoscere il fiume e le Comunità nell’agosto del 2020, è già passato un anno e questo è il 24° viaggio missionario. Abbiamo imparato a riconoscere quando sta scoppiando un temporale, quando il vento si prende gioco della nostra piccola imbarcazione, quando il sole scalda fino a bagnarti completamente di sudore. Ora sappiamo dove ci sono le spiagge nascoste che tra pochi mesi cambieranno la fisionomia del fiume rendendolo più simile a un grande ‘kenion’ con argini profondi e rocciosi. Ora i pesci stanno facendo festa e giocano affiorando e accompagnandoci nel cammino, piccoli delfini grigi e grandi delfini rosa, i famosi “botos”, protagonisti di molte leggende amazzoniche.



E le nostre Comunità? Come stanno? Sono cresciute in umanità e fede in quest’anno? La nostra presenza e il nostro servizio pastorale è stato di aiuto o no? Come continuare il cammino? Che cosa ci dice il Vangelo? Sono molte domande, forse non tutte hanno una risposta chiara, ma è importante “pensare”, come diceva il card. Martini. È importante “discernere”, come ci ha insegnato Sant’Ignazio di Loyola e ci ripete spesso papa Francesco. Vedere la realtà, che precede sempre le nostre idee, ascoltare la Parola e le difficoltà incontrate, per trovare una nuova sintesi e fare scelte coerenti e coraggiose.

Quando siamo arrivati, il 1° novembre 2019, abbiamo trovato una situazione che ci ha lasciato un po’ perplessi. In città una Chiesa romanizzata, nelle vesti e nelle regole da osservare, dove tutto ruotava intorno alle devozioni familiari legate alle feste dei santi, e a novene e movimenti carismatici, incentivati dalle trasmissioni televisive. Una Chiesa che nel suo celebrare la fede imitava le chiese pentecostali, appoggiata ai favori dei politici e della classe benestante, dove a decidere se la festa del patrono era stata buona o no, era l’incasso ottenuto nell’animazione di lotterie, tombole e dalla vendita del cibo preparato per l’occasione. Sul grande fiume, visitato tre volte all’anno dal fedele francescano di ormai 80 anni, le Comunità senza possibilità di celebrare la fede perché prive di qualsiasi aiuto e fortemente tentate di passare ad altre chiese evangeliche o alla chiesa della croce, chiese fondamentaliste e pentecostali, che promettono prosperità e salvezza in cambio di penitenze e offerte.

Così abbiamo cominciato a camminare insieme, don Gabri in città e io lungo il fiume. Ricordando una parola chiave del vescovo Gilberto Baroni che parlando alla città, nella festa di San Prospero, disse che un cristiano deve tenere in una mano il Vangelo e nell’altra la Costituzione. Guidati dalla luce della Parola, per essere cittadini responsabili nella costruzione del Regno di Dio, di giustizia e di pace. Accompagnare le Comunità perché sappiano vivere con fiducia e nella fraternità. In questa nostra Amazzonia segnata dalla bellezza e dalla prosperità del Creato, ma anche dallo sfruttamento e dall’ingiustizia di una società capitalista nella quale il privilegio di chi domina nella politica e nell’economia, è la normalità. Qui la povertà e la miseria sono il frutto della corruzione, del ladrocinio istituzionalizzato e dello sfruttamento delle risorse naturali e umane.



Lascio a don Gabriele Burani, se vorrà, valutare il cammino cittadino, qui mi limito a sottolineare alcune linee di cambiamento di una “Chiesa di Comunità”, dove le devozioni personali e familiari, come anche i movimenti carismatici sono al servizio della vita fraterna e della carità. La centralità della Parola di Dio, anche se, purtroppo, non ancora desiderata e ricercata. Una Liturgia che sia espressione della vita e celebrazione della fede, non solo mossa dal sentimento, ma sostenuta da scelte concrete e coerenti con una vita di discepoli-missionari del Signore Gesù. La Carità come frutto privilegiato della fede. E finalmente, l’attenzione ai giovani e agli adolescenti che qui rappresentano il 70% della popolazione, e sono il futuro della Chiesa e della società.

Quanto alle piccole Comunità lungo il fiume, il primo passo è stato quello di “visitare” tutte le famiglie, “entrare” in tutte le case, “incontrare” tutte le persone. È stato un momento bello e importante, provocato dalla necessità di conoscere, ma che ha aperto la porta del cuore: “padre, nessuno prima era mai entrato in casa nostra, grazie!”, così spesso ci siamo sentiti accolti dalle famiglie. Il secondo passo è stato quello dell’accoglienza di tutti. Da chi segue le devozioni popolari a chi era passato ad altre chiese pentecostali o della croce; di chi non era ancora battezzato e di chi non era sposato e viveva già una seconda o terza unione. La Comunità della fede, la Chiesa del Signore accoglie tutti, specialmente coloro che si sentono esclusi e giudicati, cosa normale nelle altre espressioni religiose, e che ci ha conquistato il titolo di “cattolici peccatori”. Ma il Signore Gesù è venuto proprio per noi, non per i sani ma per i malati, non per chi si reputa santo ma per chi si riconosce peccatore. Il terzo passo è stato incentivare la celebrazione domenicale della Parola. Il prete può venire solo una volta al mese, ma noi possiamo celebrare la nostra fede ogni domenica, giorno della risurrezione, dell’ascolto della parola del Vangelo e della condivisione fraterna. Questo ha comportato un grande sforzo nella preparazione dei sussidi per le celebrazioni domenicali. Abbiamo offerto anche un aiuto didattico: libri di canto e registrazioni per imparare nuovi canti liturgici delle Comunità Ecclesiali di Base. Materiale per una catechesi fondata sulla Parola di Dio e il Vangelo in particolare. Piccoli rosari accompagnati dai testi biblici per pregare i misteri della vita del Signore Gesù. Normalmente la Celebrazione della Parola e anche dell’Eucaristia avvengono nella scuola o in casa. Solo tre Comunità avevano una piccola cappella. Così abbiamo incentivato, aiutando nel materiale di costruzione, a edificare un luogo che fosse segno della Comunità. Oggi ci sono nove cappelle finite e altre tre in progettazione. Sarebbe bello che ognuna delle 25 Comunità che accompagniamo avesse la propria chiesetta, ma il cammino è ancora lungo. Anche all’interno delle cappelle abbiamo messo alcuni segni: a) la tovaglia dell’altare con la scritta: Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, vieni Signore Gesù. Annunciamo la morte di colui che è vivo ed è il Signore perché risorto, e attendiamo il suo ritorno. b) la Bibbia sull’altare come segno di accoglienza di un Dio che ci rivolge la sua Parola. Bibbia che viene usata nelle celebrazioni, per la proclamazione del Vangelo e delle letture. c) due croci, una all’interno, dietro l’altare, e una davanti alla chiesa, pitturate di giallo – colore della luce, con la scritta: Gesù è risorto. La croce è vuota perché il Signore Gesù è vivo, è risorto. d) la campana di 15 kg che ci chiama alla preghiera comunitaria. e) in due comunità c’è anche il tabernacolo perché nella celebrazione domenicale della Parola, viene anche distribuita l’Eucaristia. Speriamo che un giorno, non troppo lontano, questo possa essere la normalità in tutte le comunità. L’ Eucaristia celebrata una volta al mese si prolunga nelle domeniche. Fino a quando la Chiesa scoprirà e abbraccerà una risposta adeguata alla mancanza dell’Eucaristia in molte Comunità ecclesiali.



 Nella comunità di Moinho, ieri, 25 del mese, abbiamo celebrato la Messa in una casa, presto inizieranno la costruzione della loro cappella. Qui anche le poche famiglie evangeliche partecipano insieme ai cattolici, per questo nella chiesa non metteremo nessuna immagine di santi, nel rispetto della loro sensibilità. L’unione della Comunità è più importante delle tradizioni specifiche, la Parola, l’Eucaristia e la Carità fraterna  rimangono il segno più grande della presenza del Risorto. Domenica sera mancavano alla celebrazione alcuni adulti e anziani, c’erano giovani e bambini, alcune mamme e i responsabili della Comunità, il cassique con la moglie, il professore e la sua seconda compagna, una coppia evangelica che anima il canto e la liturgia. Chiedo: “dove sono gli altri?”.  Mi risponde il cassique, un giovane di 27 anni con già cinque figli: “vedi padre, abbiamo avuto due giorni d’incontro per discutere molti problemi della nostra Comunità, e oggi, prima di concludere i lavori, abbiamo celebrato il culto, come tutte le domeniche. Credo che alcuni siano stanchi e, visto che avevamo già pregato insieme, questa sera hanno preferito riposare”. Gli rispondo che se avessi saputo, avrei anticipato il viaggio per essere presente, ma che ero molto contento del loro cammino di Comunità.

Da ultimo, abbiamo pensato a un piccolo segno della presenza del Signore e del servizio. Un segno liturgico di una veste bianca, col volto di Gesù, listata con disegni indigeni e alcune linee azzurre e verdi richiamando l’acqua del fiume e gli alberi della foresta. Nella Comunità che si riunisce, ascolta la Parola, condivide il pane della vita e vive l’amore fraterno, il Signore si fa presente tutti i giorni, fino alla fine del mondo.



Certo, nella costruzione del Regno di Dio, l’annuncio del Vangelo comprende la denuncia del male, in particolare ci siamo scontrati con la presenza del garimpo illegale di oro che inquina l’acqua del fiume e provoca la morte di pesci e il proliferare di malattie. Anche per questo ci stiamo preocupando con la distribuzione di casse per raccogliere l’acqua della pioggia e avere acqua da bere pulita e potabile. La denuncia di una politica federale e, conseguentemente anche statale e comunale, di smantellamento degli organi di controllo sulla foresta amazzonica e in difesa dei popoli indigeni. Così sono aumentate a dismisura le aree disboscate per la vendita di legname pregiato, per fare pascolo per l’allevamento di bestiame e per la monocultura su vasta scala. Come pure l’impunità per la pesca anche nei periodi proibiti per la preservazione del pesce, dell’estrazione indebita di oro e diamanti, come pure del traffico di droga proveniente dalla vicina Colombia e destinato alle grandi città e ai grandi mercati europei.

L’acqua del fiume corre verso il mare, a volte con una lentezza disarmante, ma senza mai fermarsi! Così è il Regno di Dio, di notte e di giorno, l’agricoltore non sa come, ma la semente cresce. E il piccolo grano di mostarda un giorno servirà di riparo affinché gli uccelli del cielo possano nidificare. Sono poche le Comunità che si incontrano fedelmente ogni domenica, 8 o 9 in tutto. Pochi gl’incontri di catechesi per i bambini, solo in 3 Comunità. Ma tutto è in movimento, non c’è più acqua stagnante.

L’immagine tradizionale dei Santi Gioacchino e Anna li rappresenta con la piccola Maria e una pergamena scritta che viene passata dai genitori alla figlia: c’è un progetto di vita. Così credo sia importante continuare con fedeltà il cammino di presenza e di fiducia che abbiamo iniziato. Che cosa ci dice il Vangelo di oggi? “Felici voi perché i vostri occhi vedono e le vostre orecchie ascoltano. Molti hanno desiderato, ma non hanno visto né ascoltato quello che voi vedete e udite”. Così il Signore ci invita a gioire e ad essere attenti all’oggi della sua presenza. Cosa fare allora? Ecco tre sentieri che proveremo a percorrere:



Perseverare senza stancarci e approfondire la nostra adesione al Vangelo. Non limitarci ai sacramenti, ma fare del momento liturgico anche una opportunità di catechesi. Proveremo a usare lo spazio della Liturgia della Parola, nella Messa e nelle celebrazioni, come spazio di approfondimento della fede che incontra la nostra vita. Proveremo a proporre e sostenere anche la catechesi dei bambini perché tutti possano partecipare pienamente dell’Eucaristia.

Incentivare la Comunità a prendersi cura dei suoi membri, specialmente dei più deboli e sofferenti. Cosa non scontata perché, spesso, in una situazione di povertà diffusa, vige il ‘si salvi chi può...’. ma il Vangelo ci ha insegnato che ‘o ci salviamo insieme o non si salva nessuno’. Così con l’aiuto della Caritas parrocchiale potremo imparare a prenderci cura delle situazioni più bisognose.

Realizzare un grande incontro dei responsabili di tutte le Comunità per una tre-giorni di confronto, studio e preghiera, per ascoltare tutti, discernere insieme e aiutarci a servire meglio la vita. Questo comporterà uno sforzo economico eccezionale perché sarà importante aiutare a pagare la benzina delle canoe che trasporteranno le persone dalle comunità alla città. Ma i soldi servono anche per questo, per rendere possibile un passo nuovo ritenuto importante nel cammino comune.

Chiediamo l’intercessione dei Santi Gioacchino e Anna che hanno saputo educare Maria nella fede affinché, come lei, anche noi e le nostre Comunità, sappiamo ascoltare ed accogliere la Parola dello Spirito. Noi vi custodiamo nel cuore, fiduciosi della vostra preghiera, perché il Signore Gesù sia tutto in tutti, e regni la pace!

 

 Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

Santo Antônio do Içá, Festa dei Santi Gioacchino e Anna, lunedì 26 luglio 2021

 

 

P.S.  Agli amici che ci accompagnano e ci sostengono, ai cristiani delle Unità Pastorali e ai fratelli e sorelle preti, seminaristi e religiose/i della nostra Chiesa locale di Reggio Emilia – Guastalla:

 

Dopo quasi due anni della nostra permanenza nella Missione Amazzonia, dopo 24 lettere dei viaggi missionari e alcune lettere della realtà cittadina, ci piacerebbe fare un passo nuovo di  “dialogo” : non basta raccontare e non basta ascoltare, è importante interagire.

 

Ci piacerebbe essere sollecitati dalle vostre domande sulla realtà che abbiamo condiviso con voi, ma anche sul senso della vita, sull’essere Chiesa, sui desideri e gli atteggiamenti, sulla Fede vissuta. Ci piacerebbe confrontarci sul cammino pastorale, sulle scelte fondamentali, sul servizio ai poveri. Ci piacerebbe condividere, senza giudizio, ma cercando insieme il cammino.

 

Quindi aspettiamo qualche vostra provocazione a  “pensare” ...

 

Grazie e buon ferragosto!                                           

Cammini di libertà e di liberazione

  "La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". 
 Il Verbo continua a parlare nella storia e a servirsi di chi è ch...