Ciao a tutti e tutte!
Lettere, diari e notizie dalla missione in Amazzonia della diocesi di Reggio Emilia e Guastalla
Ciao a tutti e tutte!
Ciao a tutti e tutte.
Vi scrivo alla fine di
una settimana molto normale e molto speciale.
Lo “speciale” lo intuite
da soli, con l’elezione di Papa Leone che segnerà il cammino della chiesa – ed
in parte dell’umanità - nei prossimi anni. “Ti piace il nuovo Papa?”, “Non ti
piace il nuovo Papa?”, “Come vestirà il nuovo Papa?”, “Che macchina userà il
nuovo Papa?”, “Dove abiterà il nuovo Papa?”…
È così: in questi giorni
abbondano le banalità ed il bisogno di conferme immediate, di qualcosa che ci
dica che il “nuovo Papa” è come lo vogliamo o è diverso, che possiamo amarlo
come l’amato Francesco o odiarlo come l’odiato Francesco…
Credo che la domanda più
opportuna invece sia: come ci disponiamo davanti al nuovo Papa? Con quale
capacità di accoglienza stiamo davanti a lui? Saremo capaci di accogliere le
cose che non ci piacciono o non entrano nelle nostre idee – e quindi sono utili
per la nostra conversione – come un’occasione per purificare la nostra fede ed
il nostro modo di essere chiesa? Saremo capaci di accogliere le cose più vicine
alla nostra sensibilità come uno stimolo per un rilancio purificato, che vada
al di là degli aspetti di contorno e colga sempre più il nucleo profondo del
nostro cammino cristiano? Oppure diremo, come i discepoli di Gesù nel Vangelo
di oggi: “questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?”… abbiamo già le nostre
belle idee, progressiste o conservatrici o mezze e mezze o nulla di tutto,
perché fare la fatica di andare oltre e di cambiare? (vedi Gv 6,60)
Scrivo questo stimolato
dall’esperienza che sto vivendo in queste settimane qui a Brasilia, guardando
alla comunità con la quale sto condividendo il cammino di formazione. Siamo più
di trenta missionari di diciotto paesi e quattro continenti (manca l’Oceania,
anche se la Indonesia vi confina): credo che sia un’esperienza unica e
difficilmente ripetibile.
Cosa posso dire di questa
esperienza “mondiale”? Tante cose, ma vi risparmio e ne dico solo una: la
grande esperienza di “differenza” all’interno del mondo missionario.
Noi (intendo noi italiani
e reggiani) abbiamo una nostra idea di missionario, legata in parte alla nostra
esperienza ed alla nostra situazione.
Abbiamo l’idea di un
missionario che “va ad aiutare” e “fa delle cose”, anche perché siamo una
chiesa ricca e generosa: quando dici che sei italiano la prima cosa che gli
altri pensano è che hai dei soldi e puoi usarli…
Abbiamo l’idea di un
missionario che “è avanti”, che ha una immagine di chiesa “profetica” e che
pensa e realizza cose che noi “chiesa vecchia” che è in Italia non riusciamo a
pensare e realizzare.
Abbiamo l’idea di un
missionario che “si sacrifica” e va a vivere in situazioni difficili
rinunciando a tante comodità che in Italia può avere e che quindi è un po’
“eroico”.
Ebbene, posso annunciarvi
che sono tutte idee molto “nostre”… e che, grazie a Dio, la realtà missionaria
è molto molto molto più variegata. Non dico che le nostre idee siano sbagliate,
ma è importante cogliere che sono “idee” e sono “nostre”, e quindi non vanno
assolutizzate.
Di fatto qui la nostra
composizione è molto variegata: vi è chi ha un interesse vivo per l’aiuto ai
poveri e chi non nasconde la tensione ad una vita sufficientemente agiata, chi
peggiora la propria condizione economica – abitativa e sociale e chi la migliora,
chi ha una forte coscienza ambientale e chi getta il cibo o mescola i rifiuti,
chi ha interessi che guardano al mondo e chi mi chiede se l’Italia è in America
(ma anch’io ho sperimentato di non conoscere bene la geografia asiatica…), chi
vive un intenso spirito missionario e chi legge il proprio trasferimento come
l’invio in una filiale all’estero, chi ha un atteggiamento “progressista” e chi
“conservatore” e chi è progressista a livello ecclesiale e conservatore a
livello sociale o l’opposto… Insomma, c’è di tutto.
Non si può negare che per
un certo numero di persone la vocazione missionaria è legata semplicemente al
fatto che nella loro parrocchia avevano religiosi missionari o con case in
diverse parti del mondo (sono cose diverse) e che quindi hanno fatto il loro
cammino vocazionale con quella congregazione religiosa anziché con altri.
Dico questo non per
screditare o togliere valore, anzi! La chiesa è bella nella sua varietà.
Racconto questo per
invitarci ad avere una mentalità aperta, capace di cogliere ed apprezzare anche
queste realtà nella loro complessità. Altrimenti restiamo chiusi nelle nostre
quattro idee e non vediamo la Grazia di Dio che opera fra noi. Ad esempio: anche
nelle nostre diocesi abbiamo religiosi, religiose e preti provenienti
dall’estero, che sono fra noi per diverse ragioni: li consideriamo “missionari”
come noi italiani che partiamo per l’estero, o semplicemente “stranieri”
capitati fra noi e che devono adattarsi ai nostri costumi?
Termino con due piccoli
avvenimenti sul tema:
- alcune persone mi hanno
visto mentre scrivevo per voi ed ho spiegato loro che per noi missionari
diocesani il contatto con la chiesa di provenienza è importante, perché
attraverso noi tutta la nostra chiesa deve sentirsi missionaria. Erano stupiti
di una cosa per loro nuova, ed hanno apprezzato molto!
- qui a Brasilia abbiamo
conosciuto un missionario Pavoniano di Brescia ora ottantenne, che è qui da
cinquant’anni. Rispondendo al carisma pavoniano ha fondato e fatto crescere un
grande istituto che segue soprattutto bambini e ragazzi sordi e muti ed ora
anche ragazzi autistici. Una cosa davvero bella, con più di cento dipendenti ed
un’alta professionalità.
Con il sorriso ironico di
chi ha imparato ad inghiottire molti rospi, ci ha confidato: “visto il lavoro
che faccio (di tipo dirigenziale e professionale) ci sono ancora persone che
dicono che io non sono un missionario…”.
Quando ci si ferma alle
proprie idee, si perdono tante occasioni di Grazia…
Ho parlato della nostra
comunità: vi saluto con le foto di alcuni momenti di festa che ci hanno
accompagnato!
d. paolo
Paolo Bizzocchi
Ciao a tutti e tutte,
Gabriel Carlotti
Un
saluto a tutti dalla Missione in Amazzonia. Sapete che Burani è in Italia per
un breve periodo in famiglia, così io e le Missionarie Mariana (argentina) e
Virginia (uruguaiana), ci alterniamo tra fiume e città. Sabato 7 ottobre le
abbiamo accompagnate alla Comunità di Moinho e ritorneranno domenica 15, dopo
aver visitato cinque Comunità. Le abbiamo portate con la barca, ma ritorneranno
in canoa, accompagnate dai Tikuna per circa 6 ore di navigazione. Lunedì 16
partirò io per Ipiranga e passeremo in tutte le 26 Comunità per il nostro
appuntamento mensile. Le Missionarie rimangono uno o due giorni, una o due notti
nelle piccole Comunità sul fiume. Portano con loro le amache per dormire nelle
case della gente, un poco di cibo per collaborare alle spese domestiche,
qualche litro di benzina per aiutare nel trasporto di canoa da una comunità
all’altra e un secchio, perché non ci sono bagni, ci si lava al fiume e per il
resto si fa come si può. Vi confesso che io farei fatica, sulla nostra barca ci
sono due bagni, grazie al cielo e a voi!
Allora
quando parliamo di Missione dobbiamo tenere insieme questi due aspetti complementari:
i mezzi aiutano e spesso risolvono tante situazioni precarie, ma le persone
sono indispensabili. Pregate il Signore della messe, che mandi operai per la
sua messe, ci ricorda il Vangelo. La Missione è sempre opera dello Spirito che
muove i nostri cuori e i nostri passi. Celebrare la Giornata Missionaria
Mondiale vuol dire anche condividere perché non manchino i mezzi, ma
principalmente metterci in gioco perché ad ognuno di noi è rivolto l’invito e
il comando del Signore: andate e annunciate che il Regno di Dio è in mezzo a
noi. Preghiamo allora perché la nostra Chiesa di Reggio – Guastalla sia capace
di inviare preti e laici, giovani e famiglie per condividere la Missione.
Preghiamo perché ognuno di noi, anche se non parte per terre lontane, viva il
servizio e la testimonianza: perché sappiamo annunciare il Regno di Dio
nell’accoglienza del povero e dello straniero (come ci insegna l’Antico
Testamento), ma anche nella tessitura di relazioni belle e di misericordia,
relazioni di fraternità e di Comunità guidate dall’amore (come ci ha insegnato
il Signore Gesù). Grazie davvero per tutto quello che ci unisce. Coraggio, non
abbiate paura di vivere ciò che siete: tutti fratelli e sorelle in Cristo Gesù,
che da ricco che era si fece povero per amore nostro. Proprio sulla povertà
della Chiesa, sulla sua fiduciosa testimonianza nel Signore che veste i gigli
del campo e nutre gli uccelli del cielo, si gioca il futuro della fede.
Celebrare
la Giornata Missionaria Mondiale, per noi Chiesa italiana, vuol dire fare una
scelta di povertà: rinunciare a privilegi amministrativi come l’esenzione delle
tasse sugli immobili, all’uso non sempre chiaro di sovvenzioni statali e
comunali o ripartizione degli otto millesimi sulle tasse dei cittadini, ma
farci carico delle nostre Comunità come parte viva delle nostre famiglie, con
libertà di cuore, di spirito e anche di interessi. Mettendo la condivisione al
primo posto, secondo le necessità di ognuno. Lottando contro le spese militari
e di armamenti dei nostri governi, e richiedendo con forza il diritto alla vita
e alla cittadinanza di tutti coloro che effettivamente vivono e lavorano in
terra italiana. Solo così ci sarà pace! Molte organizzazioni internazionali
compiono un servizio alla vita e alla pace, e come cristiani possiamo
parteciparvi attivamente e devolvere a loro le nostre deducibilità.
La
Missione invece ci insegna la libertà e la responsabilità di farci carico dei
fratelli bisognosi. Così fece l’apostolo Paolo chiedendo la libera condivisione
delle Comunità da lui fondate, per i poveri di Gerusalemme, ancora oggi
martoriata dall’imperialismo americano e dall’allineamento europeo. Quando il
recipiente è colmo, allora non serve più piangere per l’acqua versata, che fa
sempre male, ma bisogna prendersi cura del diritto dei popoli palestinesi,
armeni, congolesi, ucraini, sarawi e di molti popoli africani e del medio
oriente dove ancora i cristiani sono macchiati dal sangue dei martiri. Le
Chiese giovani della Missione, che sempre ringraziano per tutto l’affetto e gli
aiuti che ricevono, ci insegnano però che possiamo essere una Chiesa povera per
i poveri. Solo così saremo credibili e felici. Il Concilio Vaticano II ha fatto
tante riforme nella Chiesa, ma ha lasciato in sospeso questa scelta di povertà
che Dossetti e il cardinale Lercaro di Bologna avevano promosso. Solo alcuni
vescovi si impegnarono per questa scelta coraggiosa ed evangelica, una notte
nelle Catacombe romane. È la scelta di Francesco di Assisi che ha riformato la
Chiesa del suo tempo, la scelta di Francesco vescovo di Roma che ci offre
ancora questa possibilità: devolvere quello che è di Cesare a Cesare, per
essere liberi e capaci di amare con la vita, come Lui ci ha amato. Dall’amore
che avrete per tutti, riconosceranno che siete miei discepoli, perché il Mondo
ha bisogno di testimoni, più che di maestri; il nostro tempo ha ancora bisogno
di profeti. Allora Buona Giornata Missionaria Mondiale. Un grande abbraccio a
tutti di cuore!
Santo Antonio
do Içá, 11 ottobre 2023 – memoria di San Giovanni XXIII
Sabato2 giugno partiamo alle 12,30di un caldo pomeriggio.
Arriviamo alle 16,45 alla comunità di N.S di Nazaré; celebriamo in una casa.
Alla messa 2 sposi adulti, 2 figli giovani e una signora con una figlia
piccola. Si uniscono ai canti che io e Moises scegliamo, loro hanno ancora difficoltà
nella scelta dei canti. La zona è allagata, non si vede terra; abbiamo molti
delfini di fronte a noi.
Alle 18 ripartiamo, arrivando a S.João de Japoacuá alle
19; un piccolo villaggio, arriviamo al tramonto con alcune persone sulla riva;
si nota la cappella recente, con la croce sulla facciata. Entriamo nella nuova
cappella di legno per la messa, alle 19:30 e la cappella è vuota; ancora non è
entrato nessuno, non c’é tavolo e non ci sono sedie. Aspettiamo e pian piano qualcuno arriva; mi
dicono che la tavola-altare é stata portata nella scuola; alcuni ragazzi
portano due panche. Io mi metto in terra per la celebrazione e li invito a
mettersi in cerchio; con Moises scegliamo i canti ( normalmente hanno una animatrice
del canto, ma oggi non é presente); ci sono 27 persone, qualche adulto e la
maggior parte bambini e ragazzi di 10-13 anni. Tutti fanno la comunione. La
professoressa della scuola é anche catechista e ha fatto catechesi eucaristica
per questo gruppetto (anche se nel mese di maggio non si sono incontrati); il
ragazzo che era un buon animatore della liturgia ora sta studiando a Tonantins
quindi dovranno organizzarsi per le celebrazioni della comunità. La notte è
fresca e silenziosa, si ascoltano le voci di vari uccelli, senza altri rumori;
una esperienza che in altri luoghi è difficile per rumori di fondo continui, ed
è molto bello rendersi conto della vivacità e varietà degli uccelli attorno a
noi.
Domenica 3 giugno,
Solennitá dela SS Trinitá. Partiamo alle
8,20 e arriviamo alle 16,20 alla comunità di S.Sebastiano I, allagata; si
arriva alla casa in cui si celebra camminando sui tronchi di legno
galleggianti. Ci aspettavano, la grande stanza con pavimento di legno è ben
pulita e al centro la tavola con la tovaglia, per la eucaristia. Solo 5
persone, una coppia di sposi anziani e tre uomini della famiglia. Si chiacchiera
un po’, poi la celebrazione: in pochi, ma con fede e attenzione. I due anziani
andranno a S.Antonio nella casa di un loro figlio, nei prossimi giorni. In questi mesi con la comunità allagata la
vita non è semplice; non lo è mai, ma ora che ci si può spostare solo con la
canoa, senza un pezzetto di terra-ferma,
specialmente per due anziani è complicato.
Arriviamo poi a MOINHO, un centro maggiore, che
raggiungiamo in pochi minuti. É tutto allagato (ma l’acqua non arriva al pavimento
delle abitazioni), ci sono persone davanti alle case, altri che si spostano in
canoa. La messa dovrebbe essere nella scuola; con la nostra barca non è
possibile attraccare accanto alla scuola perché davanti ci sono i fili della
corrente elettrica; quindi ‘parcheggiamo’ vicino ad un albero, aspettando che
qualcuno venga a aprire la scuola e a darci un passaggio in canoa. Aspettiamo
ma non arriva nessuno; non c’è terraferma, quindi non possiamo arrivare alle
case. Le persone ci vedono, qualcuno passa acanto con la canoa, ma nessuno ci
chiede qualcosa, nessuno apre la scuola; Moises mi disse che sono quasi tutti
protestanti, forse i pochi cattolici sono in città. Una casa viene chiusa, con
assi di legno inchiodate a porte e finestre: probabilmente vanno a S.Antonio, ritornando
qui quando il livello del fiume si abbassa. Rimaniamo fermi anche la notte, e al mattino
alle 7 ripartiamo, passiamo davanti alla comunità di S.Sebastiano II, e qui vediamo tutte le case chiuse. In effetti
ieri avevamo incontrato una barca piena di persone di questa comunità, diretti
a S.Antonio, che ci avevano avvisato :
non avremmo trovato persone in questi giorni.
Continuiamo il nostro viaggio e arriviamo nel pomeriggio
alle 15 a S.João do Lago Grande. Dato che è tutto allagato, i bambini davanti
alle case si stanno divertendo nuotando, tuffandosi; una mamma (che è anche
professoressa della piccola scuola) vigila dalla finestra; sulla piattaforma
galleggiante a cui attracchiamo sono appesi due pirarucu (i pesci più pregiati)
a seccare. Dalla piattaforma chiacchieriamo un po’ con la professoressa alla
finestra; ci dice che sta cercando un terreno in Santo Antonio per farsi una
casa, anche per il disagio di vivere in un luogo che é allagato alcuni mesi
all’anno. Le case sono costruite su palafitte ma, a volte, l’acqua arriva fino
al piano di abitazione e oltre.
Ieri il marito ha ucciso una grande anaconda che stava
mangiando le loro galline e oggi é uscito a pescare, ma quando il fiume è in
piena non si pesca molto.
Celebriamo la messa alle 19:30 in casa della cacique; è notte, non hanno la
corrente elettrica (il generatore si è rotto, un tecnico lo ha preso per
aggiustarlo e non restituito) da due mesi; un ragazzo ci viene a prendere in
canoa e ci accompagna nella casa della signora. Buio, un buio quasi totale
perché ci sono le nuvole e la luna è oscurata; mi impressiona sempre la
esperienza del buio vero, quando esci e non vedi nemmeno i tuoi piedi, la tua
mano... una esperienza che nelle nostre città italiane non abbiamo più; qui
capisco meglio la simbologia luce/tenebre, e che il buio é veramente situazione
di pericolo e di non-conoscenza. La messa é con due anziani ( la cacique e il
marito), altri tre adulti e una decina di bambini, alla fioca luce di alcune
candele; non hanno preparato la liturgia, noi proponiamo qualche canto e
facciamo le letture. Noto in un angolo un altare, con la croce tipica della
religione della ‘cruzada’; poi Moises mi disse che questa cacique è in conflitto
con altri della comunità perché vorrebbe che tutti entrassero nella ‘cruzada’.
Martedì 5 giugno 2023. Arriviamo verso le 10 a Boa
União; non riusciamo a posizionare la nostra barca vicino alla casa per non
rimanere incagliati, ma ci vengono a prendere in canoa. Stanno costruendo una cappella della comunità,
ma ancora non è ultimata, e ci fermiamo in una casa. Ci sono 7 adulti e 7
bambini, famiglie giovani; chiacchieriamo e celebriamo la messa. Non hanno
molta formazione ma sono molto accoglienti, con lo spirito allegro, una
compagnia piacevole. Speriamo che finiscano la cappella, così avranno un
incentivo per riunirsi tutte le settimane per la celebrazione.
Alle 16:30 siamo a S. Cristovão II; andiamo nella piccola scuola (costruita con
il contributo dei nostri amici di Reggio); qui, per ora, non si celebra la
messa. Al nostro incontro ci sono 8 bambini piccoli e tre giovani donne (2
della religione della ‘cruzada’ e una protestante della chiesa ‘Deus è amor’);
leggo un brano del vangelo, facciamo qualche preghiera insieme e la immancabile
distribuzione di biscotti. Un incontro ecumenico
sereno.
Alle 18 siamo a S.João da Liberdade. Da questa
parte del fiume la terra sale quindi la comunità non si allaga; facciamo un
giro sulla collinetta su cui stanno costruendo nuove case. Celebriamo nella
scuola, con circa 20 persone, in maggioranza bambini. Una animatrice sceglie i
canti e organizza per le letture. La comunità è vivace, penso che si possa fare
un certo lavoro con la catechesi.
Mercoledì 6 giugno si riparte per S. Antonio, arrivando
intorno alle 13. Per fortuna senza rotture alla nostra nuova barca.
Don Gabriele Burani
26 luglio, il giorno dei nonni, dei Santi Gioacchino e
Anna, i genitori di Maria, nonni di Gesù. Il pensiero va a Ziano, in Val di
Fiemme, nel nostro Trentino dove siamo cresciuti nei campeggi parrocchiali, nell’esperienza
di camminare insieme, perché tutti potessero arrivare alla meta, superando le
difficoltà dei percorsi e le sfide che le Dolomiti, nella loro attraente
bellezza, ci presentano. A Ziano la festa dei Santi Gioacchino e Anna era nel
mezzo dei campeggi, opportunità per fermarsi, riflettere e riprendere il
cammino.
Abbiamo appena lasciato la comunità di Moinho. Il fiume Içá
fino a Moinho dipende dal Rio delle Amazzoni, l’acqua sta scendendo in fretta
perché il grande fiume si sta abbassando di 30/40 cm al giorno, così l’acqua
del nostro Içá corre più veloce del solito verso il mare. Dopo Moinho il nostro
fiume dipende dalle Ande colombiane, l’acqua è più calma e ancora alta in tante
località. La comunità di Moinho è già sulla terra asciutta, ma non sappiamo
come troveremo la comunità di São João do Lago Grande, forse ancora allagata,
verso sera lo scopriremo.
Abbiamo iniziato a conoscere il fiume e le Comunità
nell’agosto del 2020, è già passato un anno e questo è il 24° viaggio missionario.
Abbiamo imparato a riconoscere quando sta scoppiando un temporale, quando il
vento si prende gioco della nostra piccola imbarcazione, quando il sole scalda
fino a bagnarti completamente di sudore. Ora sappiamo dove ci sono le spiagge
nascoste che tra pochi mesi cambieranno la fisionomia del fiume rendendolo più simile
a un grande ‘kenion’ con argini profondi e rocciosi. Ora i pesci stanno facendo
festa e giocano affiorando e accompagnandoci nel cammino, piccoli delfini grigi
e grandi delfini rosa, i famosi “botos”, protagonisti di molte leggende
amazzoniche.
E le nostre Comunità? Come stanno? Sono cresciute in
umanità e fede in quest’anno? La nostra presenza e il nostro servizio pastorale
è stato di aiuto o no? Come continuare il cammino? Che cosa ci dice il Vangelo?
Sono molte domande, forse non tutte hanno una risposta
chiara, ma è importante “pensare”, come diceva il card. Martini. È importante
“discernere”, come ci ha insegnato Sant’Ignazio di Loyola e ci ripete spesso
papa Francesco. Vedere la realtà, che precede sempre le nostre idee, ascoltare
la Parola e le difficoltà incontrate, per trovare una nuova sintesi e fare
scelte coerenti e coraggiose.
Quando siamo arrivati, il 1° novembre 2019, abbiamo
trovato una situazione che ci ha lasciato un po’ perplessi. In città una Chiesa
romanizzata, nelle vesti e nelle regole da osservare, dove tutto ruotava
intorno alle devozioni familiari legate alle feste dei santi, e a novene e
movimenti carismatici, incentivati dalle trasmissioni televisive. Una Chiesa che
nel suo celebrare la fede imitava le chiese pentecostali, appoggiata ai favori
dei politici e della classe benestante, dove a decidere se la festa del patrono
era stata buona o no, era l’incasso ottenuto nell’animazione di lotterie, tombole
e dalla vendita del cibo preparato per l’occasione. Sul grande fiume, visitato tre
volte all’anno dal fedele francescano di ormai 80 anni, le Comunità senza
possibilità di celebrare la fede perché prive di qualsiasi aiuto e fortemente
tentate di passare ad altre chiese evangeliche o alla chiesa della croce,
chiese fondamentaliste e pentecostali, che promettono prosperità e salvezza in
cambio di penitenze e offerte.
Così abbiamo cominciato a camminare insieme, don Gabri in
città e io lungo il fiume. Ricordando una parola chiave del vescovo Gilberto
Baroni che parlando alla città, nella festa di San Prospero, disse che un
cristiano deve tenere in una mano il Vangelo e nell’altra la Costituzione.
Guidati dalla luce della Parola, per essere cittadini responsabili nella
costruzione del Regno di Dio, di giustizia e di pace. Accompagnare le Comunità perché
sappiano vivere con fiducia e nella fraternità. In questa nostra Amazzonia
segnata dalla bellezza e dalla prosperità del Creato, ma anche dallo
sfruttamento e dall’ingiustizia di una società capitalista nella quale il
privilegio di chi domina nella politica e nell’economia, è la normalità. Qui la
povertà e la miseria sono il frutto della corruzione, del ladrocinio
istituzionalizzato e dello sfruttamento delle risorse naturali e umane.
Lascio a don Gabriele Burani, se vorrà, valutare il
cammino cittadino, qui mi limito a sottolineare alcune linee di cambiamento di una
“Chiesa di Comunità”, dove le devozioni personali e familiari, come anche i
movimenti carismatici sono al servizio della vita fraterna e della carità. La
centralità della Parola di Dio, anche se, purtroppo, non ancora desiderata e
ricercata. Una Liturgia che sia espressione della vita e celebrazione della
fede, non solo mossa dal sentimento, ma sostenuta da scelte concrete e coerenti
con una vita di discepoli-missionari del Signore Gesù. La Carità come frutto
privilegiato della fede. E finalmente, l’attenzione ai giovani e agli
adolescenti che qui rappresentano il 70% della popolazione, e sono il futuro
della Chiesa e della società.
Quanto alle piccole Comunità lungo il fiume, il primo
passo è stato quello di “visitare” tutte le famiglie, “entrare” in tutte le
case, “incontrare” tutte le persone. È stato un momento bello e importante,
provocato dalla necessità di conoscere, ma che ha aperto la porta del cuore:
“padre, nessuno prima era mai entrato in casa nostra, grazie!”, così spesso ci
siamo sentiti accolti dalle famiglie. Il secondo passo è stato quello dell’accoglienza
di tutti. Da chi segue le devozioni popolari a chi era passato ad altre chiese
pentecostali o della croce; di chi non era ancora battezzato e di chi non era
sposato e viveva già una seconda o terza unione. La Comunità della fede, la
Chiesa del Signore accoglie tutti, specialmente coloro che si sentono esclusi e
giudicati, cosa normale nelle altre espressioni religiose, e che ci ha
conquistato il titolo di “cattolici peccatori”. Ma il Signore Gesù è venuto proprio
per noi, non per i sani ma per i malati, non per chi si reputa santo ma per chi
si riconosce peccatore. Il terzo passo è stato incentivare la celebrazione
domenicale della Parola. Il prete può venire solo una volta al mese, ma noi
possiamo celebrare la nostra fede ogni domenica, giorno della risurrezione,
dell’ascolto della parola del Vangelo e della condivisione fraterna. Questo ha
comportato un grande sforzo nella preparazione dei sussidi per le celebrazioni
domenicali. Abbiamo offerto anche un aiuto didattico: libri di canto e registrazioni
per imparare nuovi canti liturgici delle Comunità Ecclesiali di Base. Materiale
per una catechesi fondata sulla Parola di Dio e il Vangelo in particolare.
Piccoli rosari accompagnati dai testi biblici per pregare i misteri della vita
del Signore Gesù. Normalmente la Celebrazione della Parola e anche
dell’Eucaristia avvengono nella scuola o in casa. Solo tre Comunità avevano una
piccola cappella. Così abbiamo incentivato, aiutando nel materiale di
costruzione, a edificare un luogo che fosse segno della Comunità. Oggi ci sono
nove cappelle finite e altre tre in progettazione. Sarebbe bello che ognuna delle
25 Comunità che accompagniamo avesse la propria chiesetta, ma il cammino è
ancora lungo. Anche all’interno delle cappelle abbiamo messo alcuni segni: a)
la tovaglia dell’altare con la scritta: Annunciamo
la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, vieni Signore Gesù.
Annunciamo la morte di colui che è vivo ed è il Signore perché risorto, e
attendiamo il suo ritorno. b) la Bibbia sull’altare come segno di accoglienza
di un Dio che ci rivolge la sua Parola. Bibbia che viene usata nelle
celebrazioni, per la proclamazione del Vangelo e delle letture. c) due croci, una
all’interno, dietro l’altare, e una davanti alla chiesa, pitturate di giallo –
colore della luce, con la scritta: Gesù è risorto. La croce è vuota perché il
Signore Gesù è vivo, è risorto. d) la campana di 15 kg che ci chiama alla
preghiera comunitaria. e) in due comunità c’è anche il tabernacolo perché nella
celebrazione domenicale della Parola, viene anche distribuita l’Eucaristia.
Speriamo che un giorno, non troppo lontano, questo possa essere la normalità in
tutte le comunità. L’ Eucaristia celebrata una volta al mese si prolunga nelle domeniche.
Fino a quando la Chiesa scoprirà e abbraccerà una risposta adeguata alla mancanza
dell’Eucaristia in molte Comunità ecclesiali.
Nella comunità di
Moinho, ieri, 25 del mese, abbiamo celebrato la Messa in una casa, presto
inizieranno la costruzione della loro cappella. Qui anche le poche famiglie
evangeliche partecipano insieme ai cattolici, per questo nella chiesa non
metteremo nessuna immagine di santi, nel rispetto della loro sensibilità.
L’unione della Comunità è più importante delle tradizioni specifiche, la
Parola, l’Eucaristia e la Carità fraterna rimangono il segno più grande della presenza
del Risorto. Domenica sera mancavano alla celebrazione alcuni adulti e anziani,
c’erano giovani e bambini, alcune mamme e i responsabili della Comunità, il
cassique con la moglie, il professore e la sua seconda compagna, una coppia evangelica
che anima il canto e la liturgia. Chiedo: “dove sono gli altri?”. Mi risponde il cassique, un giovane di 27
anni con già cinque figli: “vedi padre, abbiamo avuto due giorni d’incontro per
discutere molti problemi della nostra Comunità, e oggi, prima di concludere i
lavori, abbiamo celebrato il culto, come tutte le domeniche. Credo che alcuni
siano stanchi e, visto che avevamo già pregato insieme, questa sera hanno preferito
riposare”. Gli rispondo che se avessi saputo, avrei anticipato il viaggio per
essere presente, ma che ero molto contento del loro cammino di Comunità.
Da ultimo, abbiamo pensato a un piccolo segno della
presenza del Signore e del servizio. Un segno liturgico di una veste bianca,
col volto di Gesù, listata con disegni indigeni e alcune linee azzurre e verdi
richiamando l’acqua del fiume e gli alberi della foresta. Nella Comunità che si
riunisce, ascolta la Parola, condivide il pane della vita e vive l’amore
fraterno, il Signore si fa presente tutti i giorni, fino alla fine del mondo.
Certo, nella costruzione del Regno di Dio, l’annuncio del
Vangelo comprende la denuncia del male, in particolare ci siamo scontrati con
la presenza del garimpo illegale di oro che inquina l’acqua del fiume e provoca
la morte di pesci e il proliferare di malattie. Anche per questo ci stiamo
preocupando con la distribuzione di casse per raccogliere l’acqua della pioggia
e avere acqua da bere pulita e potabile. La denuncia di una politica federale e,
conseguentemente anche statale e comunale, di smantellamento degli organi di controllo
sulla foresta amazzonica e in difesa dei popoli indigeni. Così sono aumentate a
dismisura le aree disboscate per la vendita di legname pregiato, per fare
pascolo per l’allevamento di bestiame e per la monocultura su vasta scala. Come
pure l’impunità per la pesca anche nei periodi proibiti per la preservazione
del pesce, dell’estrazione indebita di oro e diamanti, come pure del traffico
di droga proveniente dalla vicina Colombia e destinato alle grandi città e ai
grandi mercati europei.
L’acqua del fiume corre verso il mare, a volte con una lentezza
disarmante, ma senza mai fermarsi! Così è il Regno di Dio, di notte e di
giorno, l’agricoltore non sa come, ma la semente cresce. E il piccolo grano di
mostarda un giorno servirà di riparo affinché gli uccelli del cielo possano
nidificare. Sono poche le Comunità che si incontrano fedelmente ogni domenica,
8 o 9 in tutto. Pochi gl’incontri di catechesi per i bambini, solo in 3 Comunità.
Ma tutto è in movimento, non c’è più acqua stagnante.
L’immagine tradizionale dei Santi Gioacchino e Anna li
rappresenta con la piccola Maria e una pergamena scritta che viene passata dai
genitori alla figlia: c’è un progetto di vita. Così credo sia importante
continuare con fedeltà il cammino di presenza e di fiducia che abbiamo
iniziato. Che cosa ci dice il Vangelo di oggi? “Felici voi perché i vostri
occhi vedono e le vostre orecchie ascoltano. Molti hanno desiderato, ma non
hanno visto né ascoltato quello che voi vedete e udite”. Così il Signore ci
invita a gioire e ad essere attenti all’oggi della sua presenza. Cosa fare
allora? Ecco tre sentieri che proveremo a percorrere:
Perseverare
senza stancarci e approfondire la nostra adesione al Vangelo. Non limitarci ai
sacramenti, ma fare del momento liturgico anche una opportunità di catechesi.
Proveremo a usare lo spazio della Liturgia della Parola, nella Messa e nelle
celebrazioni, come spazio di approfondimento della fede che incontra la nostra
vita. Proveremo a proporre e sostenere anche la catechesi dei bambini perché
tutti possano partecipare pienamente dell’Eucaristia.
Incentivare la
Comunità a prendersi cura dei suoi membri, specialmente dei più deboli e
sofferenti. Cosa non scontata perché, spesso, in una situazione di povertà diffusa,
vige il ‘si salvi chi può...’. ma il Vangelo ci ha insegnato che ‘o ci salviamo
insieme o non si salva nessuno’. Così con l’aiuto della Caritas parrocchiale
potremo imparare a prenderci cura delle situazioni più bisognose.
Realizzare un
grande incontro dei responsabili di tutte le Comunità per una tre-giorni di
confronto, studio e preghiera, per ascoltare tutti, discernere insieme e
aiutarci a servire meglio la vita. Questo comporterà uno sforzo economico eccezionale
perché sarà importante aiutare a pagare la benzina delle canoe che
trasporteranno le persone dalle comunità alla città. Ma i soldi servono anche
per questo, per rendere possibile un passo nuovo ritenuto importante nel
cammino comune.
Chiediamo l’intercessione dei Santi Gioacchino e Anna che
hanno saputo educare Maria nella fede affinché, come lei, anche noi e le nostre
Comunità, sappiamo ascoltare ed accogliere la Parola dello Spirito. Noi vi
custodiamo nel cuore, fiduciosi della vostra preghiera, perché il Signore Gesù sia
tutto in tutti, e regni la pace!
Gabriele Carlotti – missionario
diocesano in Amazzonia
Santo Antônio do Içá, Festa dei Santi Gioacchino e Anna,
lunedì 26 luglio 2021
P.S.
Agli amici che
ci accompagnano e ci sostengono, ai cristiani delle Unità Pastorali e ai
fratelli e sorelle preti, seminaristi e religiose/i della nostra Chiesa locale
di Reggio Emilia – Guastalla:
Dopo quasi due anni della nostra permanenza nella Missione
Amazzonia, dopo 24 lettere dei viaggi missionari e alcune lettere della realtà
cittadina, ci piacerebbe fare un passo nuovo di “dialogo” : non basta raccontare e non basta
ascoltare, è importante interagire.
Ci piacerebbe essere sollecitati dalle vostre domande
sulla realtà che abbiamo condiviso con voi, ma anche sul senso della vita,
sull’essere Chiesa, sui desideri e gli atteggiamenti, sulla Fede vissuta. Ci
piacerebbe confrontarci sul cammino pastorale, sulle scelte fondamentali, sul
servizio ai poveri. Ci piacerebbe condividere, senza giudizio, ma cercando
insieme il cammino.
Quindi aspettiamo qualche vostra provocazione a “pensare” ...
Grazie
e buon ferragosto!
Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia
Nel mese di febbraio, come ho scritto nell’ultima
lettera, abbiamo scelto di non celebrare nelle Comunità per lasciare il tempo e
l’impegno di fare una verifica del cammino appena iniziato. Vedremo in marzo
quale risposta incontreremo, speriamo davvero sia una possibilità di
condivisione e di riflessione per rafforzare lo spirito di comunità. In
questo periodo abbiamo però visitato tutte le Comunità ricordando loro che inizia
il cammino della Quaresima e che sarà una buona occasione per iniziare con
decisione a celebrare la Parola riunendo la Comunità alla domenica, giorno del
Signore. Abbiamo inoltre celebrato la festa della Madonna della salute e di San
Lazzaro, patroni di quattro Comunità. Momenti belli e carichi di una fede
segnata dalla cultura popolare.
Non sono poi mancate le difficoltà del viaggio, ormai avrete capito che viaggiare per giorni sull’acqua
è sempre rischioso, perché sempre succede qualche imprevisto. Eravamo a
Ipiranga, sul confine colombiano, ci fermiamo per l’identificazione al posto
militare, dove ci fanno anche i controlli per il Covid 19, visto la situazione
in peggioramento. Tutto a posto, rientro sulla barca e metto la retromarcia per
dirigermi verso il porto. Sento un grosso rumore, come di un ferro che batte
contro un altro ferro e i comandi non rispondono più, la barca è in balia della
corrente che ci trascina per oltre un chilometro fino a sbatterci contro la
sponda, dove riusciamo ad ancorarci ad una pianta sporgente. Esperienza già
vissuta nella notte precedente, quando un forte temporale ci ha tolto
completamente la visibilità, facendoci perdere l’orizzonte e facendoci girare a
vuoto sul grande specchio d’acqua del fiume in piena. Fino a costringerci a
prendere la decisione di fermarci per la notte legati a un grande albero ai
margini del fiume, aspettando l’alba del nuovo giorno per riprendere il viaggio
in sicurezza. Che fare, il cellulare non funziona, nuotare neanche a pensarci,
attraversare a piedi la fitta vegetazione della foresta con stivali di gomma e machete
alla mano sembra la soluzione migliore, anche se vi confesso che non me ne
avanzava perché la foresta riserva sempre incontri speciali: serpenti, scimmie,
cinghiali... oltre naturalmente alle pantere e ai coccodrilli. Ci prepariamo
per affrontare 4 o 5 ore di cammino, prima che venga la notte, ma, grazie a Dio,
sentiamo avvicinarsi una lancia dell’esercito. Ci hanno visti e sono venuti a
prenderci.... Pensavamo si fosse rotto l’ingranaggio delle marce, ma no,
semplicemente avevamo perso l’elica... e un motore senza elica davvero non serve!
Fortuna che ne avevo acquistata una di scorta e con l’aiuto di due simpatici
giovani militari, che hanno lavorato come sommozzatori, siamo riusciti a installare
l’elica nuova, pronti a ripartire il mattino seguente, verso casa.
Passiamo la notte
nella Comunità di San Giovanni Battista del “lago grande”. Al mattino, mentre prepariamo il caffè per la
colazione, si avvicinano due giovani mamme e mi dicono: “frei (per loro
continuo ad essere un frate!), non ti fermi per la messa oggi? Perché volevo
battezzare il mio bambino...”. Mi informo se il papà è presente e, come
sospettavo, non abita più con la mamma. Le dico che se così stanno le cose,
visto che sono separati, possiamo battezzarlo anche senza il papà, ma lo faremo
nella messa del prossimo mese, perché in febbraio non abbiamo le celebrazioni,
ma è tempo di verifica. Tutto bene, la mamma è contenta, aspettare quindici
giorni non è problema! Riprendo a far colazione, visto che le banane sono cotte
e possiamo condividerle. Ma la mamma mi chiama ancora:
“frei, ho un’amica
che abita a Juì/Villa Alterosa e ha tre bambini, vorrebbe battezzarli, posso
dirle che può venire anche lei nella prossima messa?”
Juì è un paese di 2.500 abitanti fondato da Irmão José, sede della chiesa della Cruzada.
Dal libro di storia di Celestino Ceretta - Storia della
Chiesa nell’Amazzonia centrale”: “Il fenomeno di Irmão José da Cruz è
cresciuto molto tra gli indigeni Tikuna nella parte brasiliana, sulla frontiera
con il Perù e la Colombia, fenomeno nato nel 1972 creando molta confusione tra
le popolazioni con poca formazione religiosa. Il nome originario del cittadino
era José Nogueira Fernandez, originario dello Stato di Minas Gerais. José
Nogueira da giovane provò ad entrare nella vita religiosa, poi si è sposato e
ha avuto sette figli, è stato militante in diverse organizzazioni religiose e
assistenziali. Nel 1944 ha dichiarato che il Figlio di Dio gli aveva donato la
croce e il vangelo e lo aveva incaricato di salvare il mondo. Così ha lasciato
la famiglia, si è vestito con una veste bianca e si è messo in viaggio per
predicare. La sua predicazione era dura e apocalittica, insistente, ripetitiva
e molto personalizzata. Dove arrivava piantava una grande croce e faceva i suoi
discorsi religiosi, organizzava una piccola comunità, sceglieva i responsabili
e poi seguiva il suo cammino. In quegli anni è sorto molto fanatismo intorno al
fenomeno di Irmão José. “
Nella nostra città Irmão José è stato cacciato e, fuggitivo,
si è fermato lungo il fiume Içá, circa a metà, a 280 km dalla città, e ha
fondato un paese dando vita a questa nuova setta religiosa, dicendo che la
chiesa cattolica e le chiese evangeliche/pentecostali sono come le due braccia
della croce per raccogliere tutti i fedeli nella vera chiesa apostolica
cattolica evangelica degli ultimi tempi. Lungo il fiume Içá abbiamo 25 comunità
cattoliche, 6 comunità evangeliche/pentecostali e 21 comunità della chiesa
della croce o Cruzada. A Juì/Villa Alterosa dove è sepolto Irmão José e dove è stata costruita la cattedrale della
cruzada, non ci sono comunità cattoliche, anche se ormai molti non seguono più
questa setta. Mentre i primi erano tutti battezzati nella Chiesa cattolica e
poi sono entrati nella Cruzada ricevendo un nuovo battesimo nelle acque vive
del fiume, oggi alla terza generazione, la maggioranza dei giovani è stata
battezzata solo nella Cruzada, battesimo non riconosciuto dalla nostra Chiesa
cattolica.
Solo ora, con queste due mamme mi rendo conto di questa
situazione strana, e, quasi per curiosità, chiedo loro che battesimo hanno
ricevuto, scoprendo che anche loro, come molti, hanno ricevuto il battesimo
della Cruzada. Chiedo alla mamma: “perché la tua amica vuole battezzare i
suoi bambini nella Chiesa cattolica se lei appartiene alla chiesa della croce?”
Risposta: “molta gente non partecipa della Cruzada e ora il Pastore (unico
responsabile e padrone di tutto, successore di Irmão José) non accetta di
battezzare i figli di chi non è sposato, ancor meno della mia amica che è
ragazza madre...”
Mi viene in mente quel passaggio degli Atti
degli Apostoli in cui si chiede quale battesimo avessero ricevuto, quello di
Giovanni il Battista, e per questo furono battezzati nel nome di Gesù. Per
me non ci sono problemi, credo che il Signore si serva di molti battesimi e di
molte acque, senza troppi scrupoli, ma chiederò anche il parere del vescovo per
vedere se battezzare solo i bambini o anche le mamme. Già ho dovuto
ri-battezzare un papà per poter realizzare il matrimonio, visto che aveva
ricevuto solo il battesimo della Cruzada. Ci lasciamo con l’impegno di ritornare
nella prossima messa con una risposta chiara che possa essere un cammino, una
strada per chi vuole seguirei il Vangelo e accogliere l’amore che Dio ha per
tutti e che ci ha mostrato nelle parole e nei gesti di Gesù di Nazaret, il suo
amore gratuito che vince la morte e, nella luce della risurrezione, ci apre un
cammino di speranza e di gioia, un cammino di vita eterna.
Nella notte ripenso a questo incontro e mi risuonano le parole del Signore: “perché legate pesanti fardelli sulle spalle della gente, e
voi non volete sollevarli neppure con un dito!?”. Ripenso alla semplicità e all’immediatezza di tante
persone che chiedono il battesimo per i loro bambini; ripenso alla confusione
che gli uomini delle chiese mettono nella mente e nel cuore della gente. E mi
confermo nella certezza che il Vangelo di Gesù non sia un nuovo insegnamento
religioso; che il Signore Gesù non abbia voluto fondare una nuova religione. Sento forte la gioia della libertà del Vangelo da tutte
le religioni e da tutte le forme di coercizione; sento la libertà dell’amore
gratuito di Dio che chiede umilmente di essere accolto, perché l’amore non si
impone, ma accoglie e chiede di essere accolto. Sento l’invito, la
chiamata ad essere chiesa, non appena appartenere ad una chiesa, ma essere incontro
e partecipazione per vivere una fraternità che si offre come possibilità di
vita nuova. Anche la Campagna della Fraternità ecumenica di questa Quaresima ci
invita al dialogo e all’accoglienza dei ‘diversi’, denunciando gli abusi di
potere e la mancanza di responsabilità di alcuni politici di governo e di
alcune chiese pentecostali. Così afferma il Vangelo: “Il tempo è pieno e il Regno di Dio si è fatto vicino, è
una possibilità per tutti di vita nuova e fraterna. Convertitevi e credete al
Vangelo!”. Quindi, restiamo liberi
di partecipare...
Prima domenica di Quaresima, 21 febbraio 2021
Ciao a tutti e tutte. Paolo Bizzocchi Sono appena tornato dalla due giorni che abbiamo vissuto nelle comunità del fiume a pochi km da Ma...