Santo Antonio do Içá- Amazonas. 10 Maggio
2021
Don Gabriele Burani
Leggendo le nostre lettere vi siete resi conto che la nostra parrocchia ( che equivale al territorio del municipio) è composta, in generale, di famiglie povere. La maggioranza delle persone non ha un lavoro fisso, con un salario normale e libretto di lavoro regolare. Non so se arriva al 20% chi ha un impiego costante con libretto di lavoro.
Come vivono? Molte famiglie con un sussidio dello stato per le famiglie
che non hanno reddito, in base al numero di figli; un piccolo aiuto (chi ha 5
figli a carico può ricevere l’equivalente di 100euro mensili) ma importante.
Poi si vive di pesca (quando è possibile pescare, quando si trova il pesce…) e
il guadagno non è molto; e anche coltivando: banane, mandioca. Per tanti il
lavoro è saltuario, a volte si viene chiamati per il lavoro di un giorno, alla
fine del giorno si riceve il compenso e si spera nei prossimi giorni…. come
nelle parabole di Gesù; ad esempio, un muratore può avere lavoro per qualche
settimana poi mesi senza nulla.
Siamo tra le zone del Brasile con il reddito più basso; molti
hanno un casa per vivere perché è molto semplice: qualche asse di legno e una
copertura di lamiera e si fa una casa; e chi non ha la propria vive con altri: a
volte nella stessa casa vivono diverse famiglie, una famiglia per stanza e la
cucina in comune.
Qui non ci sono mendicanti per strada come nelle città
grandi (Manaus, ad esempio) -a parte qualche ubriaco che chiede qualcosa- ma
moltissimi all’interno della propria casetta di legno non possiedono nulla o
quasi.
Certo, abbiamo anche (pochissime)famiglie ricche e (qualcuna) di classe media,
la maggioranza è nella fascia di povertà e una percentuale minore in situazione
che si potrebbe dire di miseria. E la vita nelle nostre comunità cattoliche? Osservo che le nostre comunità hanno, per ora,
prevalentemente -se non esclusivamente- celebrazioni liturgiche e tutto finisce
lì. E che i più poveri non partecipano
alle nostre liturgie, o in genere alla vita parrocchiale.
Nel mese di dicembre la diocesi ha ricevuto una donazione
da parte di una ONG per distribuire alimenti e abbiamo aiutato in parrocchia
un centinaio di famiglie povere, e questo mi ha permesso di coinvolgere alcune
persone per collaborare nel visitare le famiglie e conoscere le necessità
reali.
Ho chiesto alle comunità della città di
darsi da fare per visitare le famiglie, conoscere quelle che hanno maggiori difficoltà
per organizzarci e condividere per quanto possiamo; per il momento non si sono
mossi molto: non si trovano facilmente persone disponibili e che si sentano
responsabili per le attività parrocchiali.
In due delle otto comunità della città abbiamo iniziato una visita alle
famiglie più povere con una piccola equipe. Ora abbiamo la possibilità di
comprare generi alimentari per un buon numero di famiglie, grazie agli aiuti
che ci state donando dall’Italia attraverso il Centro Missionario.
Criterio per dare aiuti: le famiglie che non
hanno lavoro fisso, non hanno pensioni, e vivono solo del piccolo aiuto del
governo e eventuali lavoretti. Una
attenzione speciale alle famiglie con un solo genitore e figli; di solito madri
senza padri ( il padre lascia la famiglia, o ragazze madri che non hanno mai
vissuto con il compagno, o hanno il marito alcolizzato che non si occupa della famiglia…).
Per ora siamo noi a uscire dalla sede parrocchiale per
visitare le famiglie, conoscere la loro situazione, e offrire aiuti a chi ci
sembra più povero tra i poveri; sono poche le persone che arrivano alla nostra
segreteria parrocchiale per parlare, per chiedere, non sono abituati e forse
non conoscono la parrocchia, quindi noi andiamo, conversiamo, cerchiamo di
capire la situazione, diamo indicazioni sulla vita della comunità per chi
voglia iniziare a partecipare liturgia, catechesi, incontro biblico o quello
che eventualmente si fa.
In sostanza, una
struttura Caritas ancora agli inizi, senza sapere se e come sapremo
organizzarci per il futuro. Quello che
cerco di fare è coinvolgere qualche persona di ogni comunità per questo
servizio, sperando che si sentano responsabili in modo continuativo, per accompagnare
le famiglie che vivono situazioni di necessità più gravi. Ma anche aiutare le
famiglie ad inserirsi nella comunità di fede; i più poveri si auto-escludono
spesso.
Venerdì scorso una giovane di 22 anni
mi chiede un aiuto: ha quattro figli, il marito sarebbe muratore ma non ha
lavoro; mi chiede anche per il battesimo dei figli. Le chiedo se sono cattolici
o di una altra chiesa cristiana: sono cattolici. Ma voi genitori siete battezzati? chiedo. “No padre”, mi risponde. Perché non venite in
chiesa e cominciate a partecipare alla eucaristia? “Non ho i vestiti per la chiesa, tutti
vengono con bei vestiti e io ho solo questa roba” indicando il suo vestitino logoro. Non c’è bisogno di vestiti nuovi per la
chiesa, le dico. “Ma io mi vergogno”; non so se è una scusa o è la verità;
domani andrò a cercare dove abitano per conversare con calma e capire come
accompagnarli. Un grazie a tutti voi che
dall’Italia ci state aiutando.
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