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Cattedrale di Brasilia, capitale del Brasile |
Ciao a tutti ed a tutte!
La vita di Brasilia non è certamente quella di S. Antonio: lezioni, studio, preghiera, un po’ di vita comunitaria, lezioni, studio preghiera, un po’ di vita comunitaria, lezioni… Ma ogni posto ed ogni situazione ha qualcosa da cogliere e su cui riflettere, per cui anche da qui vi scrivo volentieri.
Innanzitutto, qualcosa di Brasilia. Di certo non conosco la città, ma nelle poche occasioni nelle quali sono uscito ho avuto un’impressione strana, quasi di un ruolo surreale. Grandi strade, grandi piazze, grandissimi palazzi e… pochissima gente in giro. Le strade sono autostrade, ma anche alle 17.30-18 il traffico è piuttosto limitato; in altri orari quasi assente. Ho percorso a piedi più di tre km sulle strade dietro casa attraversando la zona del circuito automobilistico Nelson Piquet, dello stadio, della piscina, dell’enorme palasport… non un bar, non un punto di ritrovo. Sono uscito il sabato pomeriggio: tutti i negozi chiusi – tranne il supermercato – e la poca gente radunata attorno ad una gelateria e ad un paio di bar, pur essendo in un quartiere residenziale. Insomma: una città che pare vuota. Il confronto con il caos di cani, moto, persone, bambini di S. Antonio è inevitabile!
In questi grandi spazi, la scorsa domenica con due amici siamo andati a visitare la Cattedrale dedicata alla “Nossra Senhora Aparecida”, un vero capolavoro dell’arte moderna dell’architetto brasiliano Oscar Niemeyer. Iniziata nel 1958 e conclusa nel 1970, è un’imponente struttura circolare di cemento armato e vetro circondata da un fossato, che rappresenta due mani che si innalzano verso il cielo. Si entra da un tunnel che passa sotto il fossato e si viene catalizzati dal cielo colorato che si apre al di sopra di noi, abitato da enormi angeli che paiono custodire il luogo di fede. Da un punto di vista pratico è stata un disastro: un’edificio in cemento, acciaio e vetro in un luogo ove le temperature estive si avvicinano ai 40° è tutto un dire… ed anche l’amplificazione è impossibile. Inoltre agli inizi degli anni ’80 diverse vetrate erano già cadute e chiesero una profonda ristrutturazione e consolidamento. Ma noi possiamo goderne la bellezza, lasciando i problemi ad altri!
Andando alla cattedrale, ho avuto uno strano “incontro” che mi sta facendo riflettere: in una enorme piazza quasi vuota, su una bella vettura pick-up… un “pregatore”, che chiamava le persone per ricevere una preghiera. Ho visto due donne avvicinarsi ed una di esse è andata vicino all’uomo che ponendo le mani sul suo capo ha iniziato a chiedere per lei ogni sorta di benedizioni riguardanti la vita ordinaria (salute, benessere…). Vista la macchina del ministro, posso dedurre che alla fine di tutto vi sia stata un’offerta adeguata.
È una cosa che colpisce e rimanda alla religiosità estremante “pratica” di questo popolo, che collega spontaneamente la fede alla ricezione di particolari benefici. Si tratta di una fede “naturale”, sostanzialmente pagana, che cinque secoli di cristianesimo hanno toccato solo in parte.
Collego questo ad un altro fatto. Facendo lezione di portoghese, un po’ per insegnarci i numeri ed un po’ per collegarci al Brasile, le insegnanti ci hanno organizzato un “Bingo”, che è praticamente una tombola. A S. Antonio avevo già sperimentato come il Bingo riempisse le piazze, ma pensavo fosse un fenomeno legato agli strati più popolari ed incolti, come sono gli abitanti dei nostri paesi. Ed invece me lo sono ritrovato animato con lo stesso entusiasmo a Brasilia, con persone giovani e laureate che certamente lo avevano organizzato a scopo didattico, ma lo vivevano con gioia e partecipazione.
Sperando di non esagerare, però mi sono fatto un’idea: questo popolo vive nel cuore il desiderio di ricevere una salvezza. Che questa salvezza venga dal dio cristiano, da un pregatore ambulante, dal sorteggio di palline numerate è un fattore secondario. Il centro è che attendono una salvezza, una “boa sorte”. Questo li rende molto diversi da noi, per certi aspetti meno “imprenditori”, per altri più aperti ad accogliere la vita per quella che è ed avere speranza. Per noi occidentali la salvezza è una cosa che innanzitutto ci dobbiamo creare noi, con le nostre forze, la nostra iniziativa ed il nostro impegno. Solo secondariamente e con fatica accettiamo che sia un altro a salvarci, lo viviamo come una sconfitta delle nostre capacità… e facciamo fatica ad avere un sentimento religioso forte.
Non dico che una cosa sia migliore dell’altra, ognuna ha le sue potenzialità ed i suoi limiti. Di certo l’incontro fra la loro impostazione di vita e la nostra, quando vissuto con umiltà ed apertura di cuore, è una grande ricchezza. Forse loro possono imparare da noi ad essere un po’ più “reattivi”, ma noi possiamo certamente imparare da loro ad essere meno autosufficienti, meno presuntuosi delle nostre capacità e più disponibili a farci aiutare da Dio e dagli altri…
Ad ognuno è chiesto un cammino di conversione diverso e l’incontro aiuta tutti a viverlo!
Un buon cammino quaresimale a tutti voi!
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