mercoledì 21 dicembre 2022

Un nuovo inizio

 




 

 

Vi scrivo ancora in questo 4° Natale che, per grazia di Dio, vivo qui in Amazzonia, nella grande foresta, immerso nell’umiltà dei popoli che la abitano.

 


Da voi inizia il freddo inverno, qui da noi ormai il grande caldo e le forti piogge dell’estate stanno arrivando. Prospettive diverse dell’unico sguardo sulla vita che scorre speranzosa e inesorabile, come l’acqua del grande fiume. È l’ultimo viaggio che facciamo con la nostra piccola barca “Mani Unite”, che ci ha accompagnato e servito in questi due anni e mezzo, subito dopo la grande pandemia. Il 1° gennaio 2023 segna l’inizio di un nuovo governo, Lula, il presidente eletto, potrà governare a tutti gli effetti e speriamo davvero che le cose cambino in meglio anche per la nostra Amazzonia. Risalendo il fiume, ancora secco e pieno di spiagge auree che emergono dall’acqua, abbuiamo incontrato più di venti piccole draghe cercando oro e inquinando le acque e i pesci. Ora la febbre dell’oro è senza controllo, e solo una nuova politica federale potrà arginare questa distruzione delle risorse naturali, che ancora garantiscono la vita dei popoli indigeni. Il dolore più grande è quando questa febbre prende gli stessi abitanti del fiume, che si illudono di una ricchezza apparentemente facile, ma che non dà vita, anzi che produce morte per tutto il Creato: natura, animali e persone.

 


In questi due anni e mezzo di navigazione con “Mani Unite” abbiamo molto sofferto a causa dell’insicurezza: in quasi tutti i viaggi qualcosa si è rotto nella struttura della barca e principalmente nel motore. Anno nuovo, vita nuova, il 1° gennaio andremo a Manaus, io e Moises, perché la nuova barca della parrocchia è ormai pronta: 15 mt di lunghezza per 3,5 mt di larghezza e un motore nuovo di 320 cv (quello attuale è di 52 cv). Un dono dell’organizzazione “La Chiesa che Soffre”. Anche il nome è nuovo: “Sempre Incontrando”, per essere una Chiesa in uscita, protesa verso un ascolto e un dialogo nuovi con le persone, una Chiesa sinodale. Il 6 gennaio, festa missionaria dell’Epifania inizieremo il nostro viaggio di 1.200 km, risalendo il Rio delle Amazzoni, fino alla città di Santo Antonio do Içá. Che Dio ce la mandi buona!

 


In questo tempo nuovo, ancora una buona notizia: le Missionarie di Cristo Risorto hanno fatto discernimento e scelto la nostra parrocchia per iniziare il loro servizio in Amazzonia. Siamo molto contenti della loro decisione che, da marzo 2023, sarà effettiva e porterà una presenza femminile inserita nella vita delle Comunità Ecclesiali Missionarie. Stiamo già costruendo una piccola casa, vicino alla nostra, ‘campo base’ per riposarsi, programmare e condividere la vita delle famiglie e delle Comunità lungo il fiume e anche nei quartieri periferici della città.  

 


Arrivando a Ipiranga, troviamo la chiesa chiusa e trascurata, cerchiamo la chiave e scopriamo che dalla partenza dei due militari che animavano le celebrazioni e la catechesi, la Comunità non si è più riunita. Solo il doposcuola ha funzionato fino alla chiusura dell’anno scolastico. Così ci rimbocchiamo le maniche, scopa alla mano, stracci, secchio e acqua… una pulizia generale lasciando un profumo nuovo. Poi passiamo per il paese, visitiamo alcune famiglie, invitiamo per la celebrazione della terza domenica di avvento. La sera suoniamo più volte la campana, fiduciosi che qualcuno risponderà alla chiamata del Signore. Verso le 8, ora della celebrazione, arrivano alcuni bambini, quelli del catechismo; poi alcune mamme che li accompagnano, due o tre uomini e una famiglia al completo con un bimbo in braccio alla figlia più giovane, un bimbo di pochi mesi. Il Signore ci darà un segno: la giovane partorirà e il nome del bambino sarà Emmanuele, Dio con noi. Così celebriamo l’Eucaristia con semplicità di cuore, animata da canti conosciuti e accompagnati dal battito delle mani, perché tutti possano partecipare. Alla fine, distribuiamo i biscotti, che non possono mancare per la condivisione fraterna, quella che una volta si chiamava ‘Agape’. Prima del canto finale chiedo la parola e dico: “Per due anni abbiamo avuto la fortuna di aver con noi la Tenente Correia e il Sergente Alysson che ci hanno aiutato molto a celebrare la nostra fede e anche a costruire la nostra cappella di Santo Espedito e Nossa Senhora Aparecida. Ora loro sono stati trasferiti per un altro servizio, ma noi abitiamo qui e la nostra vita continua. Qualcuno è disposto a ricevere la chiave della chiesa, a organizzare la pulizia e aprire la domenica sera per la preghiera?” Silenzio. Lunghi, interminabili minuti di silenzio. Poi dico: “Bene, se nessuno si offre, allora porto con me la chiave e verrò una volta al mese per invitarvi alla preghiera. La chiesa evangelica (protestante) è già chiusa da alcuni mesi perché il pastore se n’è andato… ma, almeno fino a Pasqua, noi continueremo a venire, fiduciosi nella misericordia di Dio per tutti i suoi figli, anche per voi di Ipiranga”. Ancora silenzio. Poi, due signore, una più anziana che abita a fianco della cappella, e una più giovane che sempre viene con i suoi molti bambini, dicono: “Padre, noi possiamo tenere la chiave, garantiamo di pulire e aprire la chiesa ogni domenica, solo non sappiamo fare la celebrazione”. Un nuovo inizio, un bambino è nato per noi, non è più qualcuno di fuori che aiuta, ma è l’Emmanuele: uno-di-noi. Ho molta fiducia che piano piano la Comunità potrà rivivere. Il giorno dopo, anche un giovane si offre di suonare la chitarra, lui che ha imparato con il Sergente Alysson, ora può aiutare la Comunità. Con gioia e pieni di speranza riprendiamo il nostro viaggio. Come Giuseppe che, svegliatosi dal sonno, prese Maria a vivere con lui, nell’attesa che nascesse colui che salverà il suo popolo dai suoi peccati: Gesù.

 


Allora vi auguro un Buon Natale, che sia sempre un nuovo inizio, una nuova possibilità di vita. Il Signore ha messo la sua tenda in mezzo al suo popolo, a questa Chiesa – Popolo di Dio. Il Signore ha rinnovato la sua fiducia e non abbandona la nostra Storia. Una nuova Umanità sorgerà. Ancora le spade e le bombe saranno fuse in aratri e non ci saranno più le guerre. Nessuno sarà più abbandonato in mezzo al Mediterraneo, e riceveremo un nome nuovo che il Signore pronuncerà: “Fratelli e Sorelle, tutti”. L’accoglienza e la fraternità saranno il volto di coloro che resteranno Umani. L’agnello e il lupo pascoleranno insieme, e un bambino li guiderà.

 

Buon Natale e Felice Anno Nuovo di Pace!

 

 

Gabriel Carlotti – missionario dell’Amazzonia

 

 

 

 

Santo Antonio do Içà, 21 dicembre 2022 – inizio estate brasiliano e inverno europeo

 

     

venerdì 25 novembre 2022

Credere nella vita …

 



 

A volte mi chiedo: “fino a quando val la pena credere nella vita?” tante volte mi sono incontrato con la debolezza e la fragilità delle persone concrete, quelle che vivono tutti i giorni per guadagnarsi il pane quotidiano. Sono padre Gabriel, della Diocesi di Reggio Emilia – Guastalla, ormai da 20 anni missionario diocesano in Brasile, prima nella Bahia e ora nel cuore della foresta amazzonica.

 

Spesso mi fermo lungo il grande fiume, nelle piccole Comunità Ecclesiali di Base e mi capita di battezzare alcuni dei tanti bambini. Chiedo: “ci siamo tutti?”, la gente viene in canoa e spesso ci sono dei contrattempi. “Io ho quattro bimbi padre”, “che bello!” le rispondo, “dov’è il papà, sta arrivando?” “Vede, padre, mio marito non poteva venire…”, e così dopo alcune battute le dico: “figlio del Boto, eh?” – il Boto è un grande pesce, un delfino di fiume di colore rosa, ritenuto responsabile, nella mitologia locale, della gravidanza di tante mamme, spesso giovanissime, che non hanno marito. Lo sguardo un poco imbarazzato, poi un grande sorriso, come a dire: “Mi hai scoperto!” E chi si ferma qui, non conosce la realtà.



 Un bambino prima accolto nel grembo di una madre, come Maria, poi cresciuto da un padre, come Giuseppe, è la gioia e il futuro di tante famiglie, anzi della Comunità più grande fatta da molte nonne e zie, molte sorelle e fratelli che si prendono cura della vita che, comunque, è sbocciata. Mi sono commosso più volte quando, preparando il matrimonio di coppie giovani, il marito con tutta naturalezza mi risponde: “Sì, padre, accolgo lei, Maria, come mia sposa, e il suo bambino come mio figlio, poi speriamo che il Signore ci conceda altri bambini!” Il valore di una famiglia allargata, dove la fragilità della vita ai suoi albori è sempre accolta e custodita da molti cuori e molte mani, la bellezza di un amore includente che si prende cura dell’altro, del neonato come dell’anziano, la speranza di vedere una Comunità capace di farsi carico anche delle debolezze familiari. I popoli indigeni ci accolgono e ci insegnano un respiro comunitario, essenziale, credo, per vincere l’individualismo così cieco che produce solitudine. Non è forse questo che ci ha insegnato il Vangelo!?

 


Fortunatamente, Lula ha vino le elezioni presidenziali qui in Brasile, speriamo che il prossimo governo riprenda a difendere la vita dei Popoli che abitano la grande foresta, la madre di tanti figli, capace di rigenerare l’aria che respiriamo e l’acqua che ci dà vita. Anche questo non è scontato: ho visto bambini ammalarsi e pesci morire a causa del mercurio che i cercatori d’oro gettano nel fiume; l’abbandono delle autorità civili è la normalità per chi vive lontano dalle città; una politica che compra il voto dei deboli e dei poveri, che minaccia e violenta i perdenti; e, ancor peggio, l’invisibilità di tante persone e popoli che non contano sulla bilancia economica. Ho sentito la paura di essere minacciato perché abbiamo dato voce ai senza voce, la rabbia di assistere alla complicità della polizia, delle autorità civili, della politica con chi, fuorilegge, sfrutta le risorse di legno e di minerali e distrugge la foresta per allevare bestiame. Così, il Creato è sacrificato al dio-denaro, al capitale! Ma ho avuto anche la consolazione di sentirmi dire: “padre, tu sei la nostra voce, grazie per le casse per raccogliere l’acqua piovana che ci hai portato, ma non tacere, continua a denunciare e difendere il nostro diritto a vivere”. E di fronte alle parole di minaccia, ho udito dalla bocca di Moises, indio caixana che mi accompagna nei viaggi, pescatore e ministro della Parola e dell’Eucaristia, ho ascoltato: “padre, non preoccuparti, io sono disposto a dare la mia vita per difenderti, andiamo avanti con fiducia”, come Pietro nel Vangelo. Quanti indigeni, fratelli e sorelle, custodi del Creato, continuano a ‘dare la vita’ per difendere la madre terra, il sangue dei fiumi, perché i loro figli, e anche i nostri, possano ricevere in dono quello che il Creatore ci ha lasciato!

 


Così abbiamo distribuito casse di 500 litri per ogni famiglia, perché possano raccogliere acqua potabile per la loro sete. E abbiamo distribuito la Bibbia, Parola di Dio, nelle nostre Comunità, per tutti coloro che sanno leggere o vogliono imparare. “Padre, io non so leggere, ma vorrei anch’io una Bibbia…” “Ma cosa te ne fai?” gli chiesi. “Vedi, padre, mio nonno era ammalato e mio papà ha messo un piccolo Vangelo sotto il suo cuscino, e il nonno è migliorato. Davvero la Parola di Dio è fonte di vita e di salvezza!” Così mi sono arreso, neanche in Vaticano avevo visto una fede così grande. “Tieni, fanne buon uso, la tua fede ti ha salvato”, ricordando le parole dell’unico Maestro ho sentito vicina la Sua presenza. Allora, davvero, non smettiamo mai di credere nella vita; di riconoscere la presenza del Signore Gesù, crocifisso nei poveri del mondo, ma risorto e attuante nella loro vita, e anche nella nostra. Grazie a tutti voi perché, nonostante l’ingiustizia, l’indifferenza e le fabbriche della guerra, continuate a credere!  Gabriel


Ripartire sempre …

 







 

Perché ripartire? Perché la “missione” è troppo importante per una Chiesa locale italiana. Il respiro di una Chiesa sorella, povera e giovane, è vitale per il nostro essere-chiesa missionaria qui sul nostro territorio e fra la nostra gente. Dopo 54 anni abbiamo lasciato la Missione in Bahia, perché ormai il clero locale era sufficiente, ma non potevamo chiuderci le orecchie e il cuore: la Chiesa dell’Amazzonia chiamava altre chiese sorelle, altri preti diocesani fidei donum, per il servizio dell’evangelizzazione tra i popoli originari, 180 popoli indigeni che vivono nella grande foresta. Così siamo ripartiti, impegnando la nostra Diocesi a proseguire questo cammino, fiduciosi e felici per aver mantenuta aperta la finestra della missione ad gentes sul mondo. Il Signore, come sempre, saprà essere generoso con chi dona con gioia.



Così da tre anni mi trovo nel cuore dell’Amazzonia, nella Diocesi dell’Alto Solimões, nella parrocchia di Santo Antonio di Lisbona che accompagna il corso del fiume Içà dal Rio delle Amazzoni fino al confine con la Colombia. Il fiume Içá, o Putumayo, segna- per un lungo tratto -  il confine tra Perù e Colombia, poi attraverso la Colombia entra in Brasile, percorrendo tutto il territorio della nostra parrocchia per poi gettarsi nel Rio Solimões (Rio delle Amazzoni): 358 Km da Ipiranga, sede di una caserma dell’esercito brasiliano sul confine con la Colombia, fino alla città di Santo Antonio ai margini del grande fiume.  Lungo il fiume ci sono diverse comunità ‘riberinhas’, alcune di indigeni Tikuna e Kokama.  Inizialmente erano tutte comunità cattoliche, oggi alcune sono evangeliche della Chiesa Battista, della Assemblea di Dio, altre della Chiesa della Croce (Cruzada), fondata da fratel José, un profeta itinerante che aveva scelto il fiume Içá come luogo privilegiato di salvezza; morto da pochi anni, il suo corpo è in una di queste comunità.

 Ci sono 55 comunità, alcune formate da poche famiglie, altre organizzate come “aldeias” e piccoli villaggi di un centinaio di persone, per un totale di 12.500 abitanti. Solo Betania si distingue con i suoi cinquemila abitanti, tutti Tikuna e protestanti della Chiesa Battista. I frati cappuccini hanno accompagnato la vita religiosa di questo popolo con il metodo della cosiddetta “desobriga”: arrivare una volta all’anno e celebrare tutti i sacramenti; finora non c’è stata la possibilità di una presenza che aiutasse a creare un senso di appartenenza con un minimo di organizzazione. Un popolo che professa la sua fede in Dio senza conoscerlo, ma confidando nella sua presenza e nel suo aiuto. Tutte le Chiese presenti nel nostro territorio parlano di Gesù e, per questo, le persone rimangono disorientate e passano da una confessione a un’altra; dipende dai missionari che arrivano nella comunità con l’offerta di una risposta alle loro necessità.



Dobbiamo dunque passare da una pastorale di semplice visita ad una pastorale di presenza; dalla ‘desobriga’ alla catechesi; dal fatalismo alla fede. Qualcuno conserva ancora le tradizioni religiose degli antenati, ma le nuove generazioni non conoscono più la sapienza degli anziani e neppure hanno avuto la possibilità di conoscere il Vangelo, abbandonando ogni pratica religiosa o lasciandosi influenzare dalla predicazione fondamentalista di chi vuole fare proseliti, o da un dilagante secolarismo, frutto della globalizzazione, già arrivata anche in foresta. Così, ci siamo messi in cammino, abbiamo visitato tutte le comunità e conosciuto ogni famiglia, e abbiamo constatato una grande fragilità nella coscienza di essere Chiesa a causa di un senso di abbandono.  Molti sono passati ad altre Chiese perché non hanno avuto nessun accompagnamento liturgico-catechetico o una semplice vita di comunità. Per ora, iniziamo accompagnando le comunità cattoliche, senza escludere nessuno e accettando con gioia la presenza di cristiani di altre confessioni nei nostri incontri e celebrazioni.

Abbiamo progettato due viaggi al mese, di dieci giorni, per essere presenti e celebrare l’eucaristia in tutte le comunità. Siamo alla ricerca di leaders per animare e presiedere la celebrazione domenicale della Parola di Dio. Durante i viaggi, un ministro laico, padre di famiglia e pescatore, mi accompagna e presiede la liturgia della Parola, come segno che tutti possiamo celebrare la fede in forza del nostro battesimo, e anche per incentivare la ministerialità.  Per ora, stiamo approfittando della celebrazione liturgica per fare una catechesi che coinvolga la vita delle persone. Il cammino è lento, come l’acqua del fiume, ma non si ferma. Alcune comunità hanno già iniziato a celebrare il giorno del Signore e condividono con noi le loro gioie e difficoltà. Altre ancora, non sono riuscite, per mancanza di persone, così ci sforziamo di offrire una certa formazione a chi si rende disponibile. Stiamo aiutando a ristrutturare le poche cappelle già esistenti, appena quattro, e aiutiamo altre comunità ad avere un luogo nel quale riunirsi per la preghiera e la condivisione della vita. Le case sono piccole e non sempre c’è la scuola nella “aldeia”; due delle nostre chiese servono anche come scuola per i bambini della comunità.

Crediamo che una presenza costante e rispettosa delle persone e delle tradizioni possa incentivare e promuovere una appartenenza alla Chiesa, come possibilità di dialogo fraterno con le altre confessioni religiose, che formano con noi l’unico Popolo di Dio. Ci sforziamo di essere attenti alle necessità vitali delle persone che incontriamo, come la casa e l’acqua da bere. I fiumi sono molto inquinati e l’estrazione di minerali come l’oro peggiora la situazione, così raccogliere l’acqua piovana è un grande aiuto. Per questo, ci siamo organizzati affinché tutte le famiglie avessero una piccola cisterna. Anche i tetti, in lamiera zincata, hanno spesso bisogno di manutenzione, così le comunità si organizzano per aiutare chi da solo non ce la fa. Piccoli segni di una Fede che cammina sempre unita alla Vita.



Siamo coscienti che abbiamo davanti un lungo cammino, ma sappiamo che lo Spirito soffia come e dove vuole e, per questo, cerchiamo di riconoscere la sua presenza nei poveri.  Sogniamo una Chiesa di Comunità Ecclesiali di Base, comunità fraterne che promuovano la vita e la speranza nella nostra cara Amazzonia. Una Chiesa dal volto amazzonico, edificata su quattro colonne: la parola condivisa, il pane spezzato, la carità e la missione. Una Chiesa che ha fiducia nei giovani e che sa riconoscere la presenza fondamentale delle donne, aperta a tutti i ministeri necessari per una vita di comunità; una Chiesa aperta al diaconato delle donne, come hanno richiesto i nostri vescovi riuniti a Santarém, celebrando i 50 anni della prima Conferenza dell’Amazzonia dopo il Concilio Vaticano II°.

Ogni giorno ringrazio per essere qui e camminare insieme a una Chiesa povera e fatta di poveri, una Chiesa tenace nella difesa dei diritti umani e del Creato, una Chiesa viva e capace di continuo cambiamento, una Chiesa giovane, non solo nell’età, ma anche nel cuore e nello spirito. Gabriel

 

lunedì 24 ottobre 2022

MUSICA IN AMAZZONIA

 



Chiesa di Reggio Emilia -  Missione in Amazzonia

Santo Antonio do Içá.
Don Gabriele Burani.  Lettera 21. 


Un caro saluto a tutti gli amici che in Italia stanno accompagnando la nostra missione. Nella nostra proposta di attività extra-scolastica per i ragazzi, che abbiamo chiamato “Kurumim e kunhatã içaenses” – ragazzi e ragazze di S.Antonio do Içá-  oltre allo sport ( la maggior parte delle richieste sono in ambito sportivo) abbiamo anche lezioni di musica: tastiera e chitarra, per ora a livello di base, molto semplice. Anche anni fa, quando inizio questo progetto parrocchiale con i cappuccini, decine di ragazzi hanno frequentato le lezioni di musica; ho però fatto notare che non abbiamo quasi nessuno che suona nelle nostre liturgie... come mai questi ragazzi non sono stati inseriti nella animazione delle celebrazioni nelle comunitá?



La risposta é stata: il 99% suona nelle chiese protestanti, neopentecostali!
Niente di male, mi sono detto, il nostro progetto per i ragazzi è aperto a tutti: cattolici, protestanti, fraternità della Croce ecc...  Eppure, in quanto Chiesa cattolica, dobbiamo preoccuparci di fare buone celebrazioni, di animare bene le nostre messe, e il canto e gli strumenti sono molto importanti.  La musica e il canto contribuiscono immensamente per la bellezza di una celebrazione, e come ben sappiamo coinvolgono parti di noi che il linguaggio solo parlato non coinvolge. Grazie al canto, il nostro corpo, con la nostra emotività, partecipa alla celebrazione ad un livello e con una profondità assolutamente non possibili per la sola lingua parlata.  Il canto comunitario unisce la assemblea più che una preghiera recitata; e la musica muove in noi qualcosa che non può essere espresso a parole, ma che lascia un segno profondo nella nostra memoria, più che i concetti.  Ho pensato che si dovesse fare qualcosa per formare qualcuno alla animazione musicale delle nostre liturgie cattoliche; insegnare a suonare e cantare per poi dare vita a buone celebrazioni. Ne ho parlato diverse volte con i pochi suonatori che abbiamo: perché non proporre una scuola di musica finalizzata al servizio nelle nostre comunità cattoliche? Fare una proposta ben chiara, con una finalità esplicita: un servizio alla liturgia cattolica. Passano i mesi, le nostre forze sono limitate e non si fa nulla, finché Elvis si prende l’impegno di progettare una proposta. 



La difficoltà maggiore per noi é che a Santo Antonio mancano professori di musica; viene contattato un musicista di Manaus; é disponibile a lavorare tre mesi da noi, per un insegnamento iniziale di teoria musicale e canto corale; altri avrebbero dato lezioni di chitarra, tastiera, percussioni.  Così é stato; ragazzi e qualche adulto hanno iniziato questo percorso musicale, con una prima parte – faticosa per loro, ma utile- sulla teoria musicale.  Grazie a un aiuto dall’Italia siamo riusciti a pagare il professore e a comprare qualche strumento.  Non siamo riusciti ad accogliere tutte le richieste (non è stato possibile raggiungere le varie comunità ma ci siamo limitati al centro città) e ora dovremmo continuare con i pochi strumentisti che abbiamo a Santo Antonio; ci stiamo organizzando per capire se e come dare continuità. Il mio desiderio é di rimanere fedeli al nostro progetto iniziale, sia sul piano musicale che liturgico. Se arriverà qualche aiuto, oltre alle lezioni, potremo comprare anche alcuni strumenti (chitarre e tastiere) per i ragazzi più dotati e più disponibili nel servizio.  Per ora siamo ancora ad un livello iniziale, estremamente semplice, di base, ma speriamo poter continuare, offrendo una possibilità ai ragazzi di imparare a suonare e celebrare.



 Lascio il link di un video di circa 10 minuti che sintetizza il lavoro che è stato fatto.

  Grazie a tutti.
https://www.transfernow.net/dl/20221021fmD8QvkU

Don Gabriele Burani, Santo Antonio do Içá, 23-10-2022 

sabato 27 agosto 2022

PARTECIPATE DELLA MIA GIOIA

 



Gabriel - missionario dell'Amazzonia.

 

Carissimi amici, vi scrivo da Ipiranga, domani riprenderemo il nostro viaggio di ritorno verso casa, passeremo ancora in due comunità per celebrare con fede la nostra vita, abbiamo alcuni bambini che aspettano per essere battezzati e alcune famiglie per chiedere un aiuto per aggiustare il tetto delle loro case. Il 30 saremo a casa e Burani potrà viaggiare per Manaus ed accogliere i sette giovani che rimarranno con noi fino al 20 settembre. In questo viaggio portiamo con noi due donne: Maniana, una consacrata e Virginnia, una giovane missionaria; la prima argentina e la seconda uruguaiana. Lungo il viaggio siamo riusciti a farle mangiare un pesce speciale, il "jaraquí", perché, come dice la nostra gente, "mangiando jaraquí, non vadano via di qui". Speriamo davvero che queste religiose missionarie della risurrezione scelgano la nostra parrocchia per iniziare la loro presenza in diocesi. Sentiamo davvero il bisogno di donne che possano condividere la quotidianità delle giovani mamme, delle ragazze e della vita di comunità, specialmente delle aldeie lungo il grande fiume. Affidiamo la nostra speranza al Signore!

Abbiamo incontrato scuole senza il professore, altre senza il materiale didattico, altre ancora senza la merenda del governo: scuole chiuse. Questo ci preoccupa, l'educazione, assieme alla salute, sono i diritti fondamentali alla vita, troppo spesso disattesi. Cercheremo di incontrare e dialogare con i responsabili della segreteria comunale. Una comunità era in lutto: Otto giorni fa un bambino di quattro anni è morto a causa della polmonite e anche del virus del covid che lo ha trovato fragile e indifeso. La tragedia è che il virus è stato portato in comunità dal papà del bimbo che, ora, non riesce a perdonarsi. Hanno anche letteralmente smontato la casa dove abitavano e la ricostruiranno in altro posto, per provare a iniziare una vita nuova. Così è la fede: non ci toglie la croce, ma ci permette di risorgere sempre a vita nuova. Nel viaggio di ritorno speriamo di poter incontrare la famiglia che si trova nel paese di Juí-Vila Alterosa, dove il bimbo è stato sepolto.

Nella comunità di Itu abbiamo potuto verificare la parabola del buon pastore. Nella casa del colombiano c'era solo Salomone, il figlio piú piccolo e la sorella maggiore. Tutti si trovavano sull'isola, sull'altra sponda del fiume perché una mucca, piuttosto magra e fragile che stava allattando il vitellino, era scomparsa. Abbiamo aspettato un po', preso un buonissimo succo di limone che ci ha ristorato dal caldo torrido di questi giorni, e, già pronti a ripartire, avvistiamo la famiglia di ritorno a casa. Hanno legato la canoa alla zattera nel porto e a testa bassa sono rientrati.

 " Padre, che bello vederti, purtroppo non abbiamo trovato la nostra mucca, dev'essere caduta nel fiume e la corrente deve averla trascinata... sai era molto magra e debilitata".

 La moglie del colombiano aveva anche perso il papà a inizio mese, così li invito alla Messa che avremmo celebrato nel primo pomeriggio, nella casa di donna Elena, che ha una figlia di 32 anni deficiente grave e un mucchio di nipoti che le figlie, non avendo marito, lasciano con lei. Mangiamo qualcosa e ci diamo appuntamento per la Messa. Si avvicina una imbarcazione di pescatori e avvisano di aver visto una mucca incagliata ai margini del fiume, alcune centinaia di metri più in basso. Il colombiano prende il fucile e, con tutta la famiglia, di canoa, parte... chissà che si possa recuperare la carne e venderla al mercato!



Noi partiamo per celebrare a casa di donna Elena. Non celebriamo l'eucaristia perché sono molti bambini e le missionarie li intrattengono colorando disegni del vangelo. Preghiamo il Padre Nostro e l'Ave Maria e ci prepariamo per riprendere il viaggio, alle cinque ci aspettano nella comunità di Mamuniá dove passeremo la notte. Mentre usciamo di casa vediamo arrivare il colombiano con tutta la famiglia, la moglie e cinque figli, il maggiore era dalla nonna per farle compagnia dopo la morte del marito. "Padre, abbiamo ritrovato la nostra mucca, era viva e senza ferite gravi, l'abbiamo caricata sulla canoa e ora è a casa sana e salva, vicino al suo vitellino. Siamo venuti per ringraziare il Signore.

Così mi risuonano le parole del Vangelo: il pastore buono chiamò i suoi vicini e disse loro: venite facciamo festa, perché ho ritrovato la mia pecora che si era perduta... Così é il cuore di Dio quando ci perdiamo nelle nostre fragilità!

Purtroppo abbiamo incontrato ancora due "draghe", proprio lungo il fiume... la febbre dell'oro continua a fare le sue vittime. Un giovane ritornato dal garimpo, insoddisfatto di tutto quello che ha visto, ci diceva che da Juí partono barche piene di ragazzine minorenni che vengono portate al garimpo, dove gli uomini rimangono per molto tempo senza ritornare a casa, e spesso le proprie famiglie sono conniventi. Chiediamo perdono a Dio per tutto il male di cui, ancora, l'essere umano é capace. La droga, la prostituzione infantile, il garimpo illegale, l'alcool ... continuano a mietere vittime tra i giovani e le popolazioni indigene, durante un governo federale che non fa niente se non favorire il disboscamento della foresta, l'inquinamento delle acque dolci e l'illegalità a favore delle grandi imprese. Davvero dobbiamo crescere in una coscienza politica che ci permetta di agire come cittadini responsabili.

Così, al termine delle nostre Messe, facciamo un poco di "propaganda elettorale" a favore di Lula e di quanti dovranno governare nei prossimi anni. Lasciamo anche alcuni foglietti con la foto e il numero dei candidati, per evitare che, spesso per ignoranza politica, molti si lascino comprare.



Oggi giochiamo con i bambini qui a Ipiranga, e questa sera celebriamo la vita, nella fede del Cristo risorto. Domani alle 6, prima che sorga il sole, saremo già in viaggio, lasciandoci aiutare e portare dalla corrente del fiume, ora che ritorniamo verso casa.

Un grande abbraccio a tutti e un arrivederci a presto. Torno con i giovani campisti per visitare la mia famiglia e incontrare tutti voi, se Dio lo vorrà! Grazie.

 

27 agosto 2022, memoria di Santa Monica, mamma di Sant"Agostino.

giovedì 25 agosto 2022

Nostra Signora di Guadalupe: lavori in corso

 






Lettera dalla missione in Amazzonia, n.20. (25 Agosto 2022)

La comunità di NS di Guadalupe è una delle comunità cittadine, ma un po’ fuori dal centro, e già tra la vegetazione della foresta; la visione della natura affascina. Abbiamo due comunità vicine, San Salvador e San Gabriel; san Gabriel è quasi interamente abitata da famiglie della religione della Croce-Cruzada ( un misto tra cattolicesimo, evangelismo, ebraismo ma che si propone come la ultima e definitiva rivelazione di Dio); in San Salvador  ci sono protestanti e cattolici e la comunità è stata dedicata a Maria, NS di Guadalupe. Una ventina di famiglie, con le case in mezzo agli alberi ma anche vicine al fiume e non distanti dal paese. Una comunità di etnia indigena Kokama; poche famiglie ma che partecipano con fedeltà: circa 25-30 persone alla messa domenicale e una decina il venerdì quando facciamo la Lectio Divina. Per passare dalla città alla comunità bisogna attraversare due ponti di legno che erano malmessi, con le assi rotte o mancanti e pericolo soprattutto per i bambini.

Dopo sollecitazioni al sindaco da parte di don Gabriele Carlotti, un ponte è stato riparato (anche se ha già ceduto in un punto); per l’altro il responsabile della comunità (cacique) ha tentato di parlare con il sindaco ma non è stato ricevuto. Così, abbiamo deciso di aiutare la comunità a ricostruirsi il ponte, pagando il legname che serviva. E così, in gruppo hanno ricostruito la parte rovinata e pericolosa del ponte.


Inoltre, da tempo si parlava di rinnovare la cappella, che in effetti aveva bisogno di una sistemazione: il tetto doveva essere rifatto in toto; le travi di legno erano tutte piene di buchi; la cappella era aperta, con la impossibilità di lasciare dentro qualcosa perché ci sono sempre molti ladri in giro!  La facciata non aveva proprio l’aspetto di una cappella; abbiamo inoltre visto che si poteva ampliare un poco, cioè allungare di 3 metri, costruire una piccola sacristia- deposito, e una copertura a lato della cappella per eventuali incontri.  Abbiamo parlato con la comunità e fatto un progetto tentando di limitare le spese, ma in corso di opera appaiono nuove necessità: si scopre che non era state fatte fondamenta, i muri cioè poggiavano semplicemente sulla terra. E dunque bisogna rifare tutto, scavare le fondamenta, mettere il cemento e rifare tutti i muri… di fatto la costruzione di una nuova chiesa al posto della vecchia, e di uno spazio per incontri. 



Un lavoro necessario è stata la rimozione della terra addossata al retro della cappella per spostarla di fianco e costruire lo spazio per incontri.
In realtà, non sono grandi cose, ma siamo sul limitare della foresta, e la ruspa, la bitumiera, i camion non possono arrivare qui. Il trasporto per attraversare i ponti viene fatto a mano o con un piccolo automezzo a 3 ruote; scavare e trasportare la terra: tutto a mano, col badile. Nelle prime settimane la necessità di molti operai per questi lavori di base per poi continuare con qualche muratore più esperto e molti aiutanti.  Abbiamo dato lavoro a 30 persone della comunità (in maggioranza giovani); la comunità vive di pesca e qualche coltivazione per la sopravvivenza della famiglia, non hanno soldi, così stiamo costruendo con le offerte che ci arrivano dall’Italia tramite il Centro Missionario.



Cerco di far fare alla comunità anche qualche giorno di lavoro volontario, anche se non è molto facile perché il servizio gratuito non è un dato spontaneo…. Ma insisto nel proporlo. Ora che i muri sono stati innalzati, aspettiamo che arrivino da Manaus, via nave, le parti di ferro e alluminio per la copertura.  Per ora abbiamo speso 20.000reais per materiali (mattoni, cemento, sabbia, legname.) e 25.000 per i muratori e operai vari, circa 9.500 euro.  Dovrà arrivare tutto il materiale per il tetto (altri 20.000 reais) e il lavoro per la pavimentazione, la facciata con la torre per la campana, intonacare, imbiancare, mettere le porte e finestre e pensare alla sistemazione interna della cappella. Ci teniamo a portare avanti questo lavoro per dare comunque un riferimento a questa comunità piccola ma tra le più fedeli nella nostra parrocchia.  Gli spazi per la vita della comunità, come ben sapete, sono importanti, per questo ci stiamo dedicando alla costruzione di varie cappelle, anche per essere un segno visibile nei vari quartieri, accanto a innumerevoli cappelle dei gruppi evangelici neo-pentecostali.



Un caro saluto riconoscente, don Gabriele Burani, Santo Antonio do Içá – Amazonia

Brasile, 25 agosto 2022 

sabato 6 agosto 2022

CENTOQUARANTAQUATTROMILA

 



Pe. Gabriel - missionario dell'Amazzonia

 

Non sono i 44 gatti in fila per tre col resto di due..., ma è un numero che si trova nell'ultimo libro della bibbia: Apocalisse.

 Il 31 luglio 2022, dopo nove ore di navigazione, arriviamo alla comunità Tikuna di Vista Alegre. Naturalmente, purtroppo, la luce elettrica non funziona, basta un temporale, un albero caduto e il filo si rompe. Sono più i giorni che non funziona, delle notti illuminate. Così lasciamo per fare il nostro incontro sulla bibbia per il mattino seguente. Mentre salgo verso la chiesetta, che si trova ben in cima alla collina, osservo le case e su tutte le porte vedo scritto in grande: 144.000. Cominciamo il nostro incontro per conoscere meglio la bibbia e la Parola di Dio. Chiedo: "Che cosa avete scritto sulla vostra porta di casa?" Silenzio assoluto. Continuo: "Ho letto un numero importante, 144.000; perché lo avete scritto, cosa vuol dire?" Dopo alcuni minuti di imbarazzo, Santiago, il kassique, dice: "Vedi padre, è passato un pastore evangelico e ci ha detto che se vogliamo essere salvi, dobbiamo far parte di questi 144.000. Solo loro si salveranno". Dispiaciuto ribatto: "E voi gli avete creduto? É forse questo il Vangelo che ascoltiamo ogni domenica alla Celebrazione della Parola, e anche nella Messa che celebriamo insieme? Credete davvero che Dio sia così cattivo e ingiusto, che in mezzo a molti milioni di persone, vostri ancestrali, e a quanti verranno dopo di noi, Dio vorrà salvare solo 144.000? Questo non è il Dio che Gesù chiamava di papà! Questo non è il mio Dio, che ho conosciuto nel cammino della chiesa di Gesù! Poi riprendiamo la nostra condivisione sulla bibbia: "Il Creatore del mondo e dell'umanità ha scelto un popolo per portare la sua Parola di amore a tutti i popoli. Questo popolo, Israele, era formato da 12 tribù. Purtroppo questo popolo si è chiuso in se stesso e nel suo privilegio di essere il 'popolo di Dio', perdendo così la sua missione di portare la salvezza a tutti i popoli. Dio, che è padre e madre, non si arrende, e decide di camminare con noi, si fa uomo in Gesù di Nazareth e sceglie 12 apostoli, testimoni del suo amore, per portare la sua Parola fino agli estremi confini della terra, perché tutti accolgano la salvezza di Dio, attraverso della fede in Gesù, che ha vissuto un amore così grande da vincere la morte e aprire un nuovo cammino di vita piena".



Mentre racconto la storia dell'amore di Dio per l'Umanità, vedo brillare gli occhi dei più giovani che, ad ogni parola tradotta dal portoghese al tikuna, sembrano accogliere la Buona Notizia. Allora dico loro: "Vedete, 12 erano le tribù del popolo di d'Israele; 12 sono gli apostoli scelti da Gesù per formare il nuovo popolo di Dio; e 1.000 nella bibbia è un numero simbolico che indica la pienezza, il completamento di un tempo. Così: 12 x 12 x 1.000 = 144.000, che dice la volontà di Dio perché molti, tutti i chiamati alla vita, con fede in Gesù (l'agnello) possano entrare nella pienezza della vita, nell'amore grande di Dio".

Anche i più anziani, a questo punto, cominciano a guardarsi in faccia e dire, con cenni del capo, che sono d'accordo e hanno capito. Possiamo lasciare questo numero sulle porte delle nostre case, importante che non sia per escludere gli altri, ma per includere tutti coloro che accolgono con amore la vita.

Dal 31 luglio all'11 agosto passeremo in tutte le 28 comunità cattoliche lungo il fiume. Porteremo la bibbia a chi sa leggere e non ne ha una in casa. Cercheremo di capire come usare il libro della Parola di Dio e prendere l'impegno concreto di leggere tutto il Vangelo di Matteo, due capitoli alla settimana, nei mesi di settembre - ottobre - novembre, preparandoci così all'Avvento del nuovo anno. Settembre e ottobre saranno due mesi senza la celebrazione dell'eucaristia perché io sarò in visita alla mia famiglia in Italia, ma saranno una opportunità per conoscere il Signore, leggendo in Comunità il Vangelo dall'inizio alla fine. Matteo sarà il Vangelo del prossimo Anno Liturgico e ci accompagnerà nelle celebrazioni della Parola della domenica, per questo lo abbiamo scelto come inizio di approccio alla Parola di Dio contenuta nelle Scritture.



 Risalendo il fiume, arriviamo al 'paranà' (una specie di scorciatoia sul fiume) detto Gamboa, vicino al paese chiamato Juí e, senza voler credere a ciò che i nostri occhi vedevano, incontriamo una "draga" (imbarcazione per estrarre l'oro dal letto del fiume), dove c'è una spiaggia dovuta al diminuire dell'acqua in questa stagione. Di fianco alla draga, una barca grande di legno del paese di Juí. Così mi ricordo di aver già incontrato delle draghe anche all'entrata del 'Lago Grande' e dopo la comunità di São Pedro all'entrata di un altro lago. Anche nei pressi della comunità di São Lazaro hanno provato a garimpare, ma la gente della comunità lo ha impedito, grazie a Dio. Mi hanno raccontato, ma io non l'ho visto con i miei occhi, che vogliono entrare con draghe per garimpare nei ruscelli e nelle sorgenti dopo Juí fino alla comunità della vecchia Ipiranga, perché poi c'è il posto militare e non è possibile. Questa situazione è davvero preoccupante. Non bastasse il garimpo illegale nel fiume Puretê, affluente del fiume Içá, dove ci troviamo, ma in questo modo inquineranno l'acqua e provocheranno la morte dei pesci e della vita anche del grande fiume. "Villa Alterosa", nome originale di Juí, sta diventando il centro operativo dell'illegalità: là si costruiscono le draghe e di lá passa molta droga, specialmente cocaina proveniente dalla Colombia, sempre là viene venduto l'oro estratto illegalmente nel garimpo.

 La "rota" (cammino) del fiume Puretê, purtroppo è conosciuta come la "rota della cocaina". Certamente il garimpo e il traffico di droga sono strettamente legati. Tutto questo ci preoccupa e ci fa soffrire, pensando al futuro della nostra gente. Si illudono i giovani, portati a lavorare nel garimpo; giovani delle comunità che là conosceranno la violenza, la prostituzione e l'illegalità. Illusi con un guadagno facile, che non ha mai portato benessere a nessuno. La febbre dell'oro è una vera disgrazia per il popolo e i suoi figli. E mi chiedo: dove sono le autorità politiche del nostro Comune di Santo Antônio do Içá? Cosa fa la Polizia Federale presente nella nostra città? E l'esercito che dovrebbe difendere la vita di tutti? Nessuno s'importa e vigila in difesa dei nostri fiumi, del pesce e dei nostri popoli!?

 Da quattro anni ad oggi tutto è peggiorato, tutto è più difficile per chi dovrebbe difendere la foresta, i fiumi, la vita degli indigeni e le loro riserve territoriali... Tutto è stato disattivato e non c'è più nessun tipo di appoggio federale necessario per difendere la costituzione e il diritto alla vita. Il nostro Stato dell'Amazzonia è ormai l'ultima frontiera per salvaguardare l'esistenza e la dignità del vivere. Il nord dello Stato del Mato Grosso e più della metà dello Stato del Pará sono stati distrutti dall'agro-negozio della soia, dal latifondo per l'allevamento bovino, del garimpo dell'oro e dei diamanti e dalle grandi centrali idroelettriche che danneggiano il corso dei fiumi. La nostra Amazzonia deve essere difesa, oggi più che mai, perché i nostri figli hanno il diritto di vivere anche dopo la nostra generazione. Lavoro per tutti, casa per tutti, luce per tutti, salute per tutti, educazione e scuola per tutti e anche il giusto divertimento e sport per tutti! Speriamo davvero che il popolo e i politici, servitori del Bene Comune, ritornino ad una politica che difenda la creazione, a una giustizia che riconosce il diritto alla vita per tutti. Che il prossimo presidente, i senatori e i deputati, ma anche l'ultimo bambino nato nelle nostre aldeie, perché i genitori non hanno avuto la possibilità economica di raggiungere l'ospedale in città, che tutti si sentano impegnati per una nuova ecologia integrale del creato e dell'umanità. Buona festa della Trasfigurazione e che la nostra vita sia davvero trasformata per una fede impegnata.


IPIRANGA, 6 agosto 2022 - festa della Trasfigurazione del Signore.

giovedì 14 luglio 2022

PIRATI, NARCOTRAFFICO E SPERANZA NELLO SPIRITO

 



Si, i pirati ci sono ancora e assaltano le barche nel Rio delle Amazzoni, nella regione dove abitiamo.  

Negli ultimi giorni, nel nostro ‘pezzetto’ del Rio delle Amazzoni (o Rio Solimões) stiamo assistendo ad una serie di tragici eventi: la morte di diverse persone, uccise in modo brutale. Ieri un pirata ucciso a Tonantins, lunedì scorso 5 trovati morti sulla riva del fiume, a pochi chilometri dal centro di Santo Antonio, sabato scorso altri 5 trovati uccisi; domenica una sparatoria con morti davanti alla chiesa di S. Francesco, qualche giorno fa nel corso di una sparatoria 10 sono stati uccisi, alcuni di Santo Antonio, altri di Tonantins, altri ancora nella zona di Jutaí….  Tonantins e Amaturá sono i paesi nostri vicini, a 20-30 km di distanza.  A Tonantins ora hanno il coprifuoco, vietato uscire alla sera dalle 21.

È anche arrivato una grossa squadra di polizia speciale. Cosa sta succedendo?  I pirati sono, per la maggior parte, giovani dei nostri paesi che con barche abbastanza veloci- di solito rubate- bloccano le imbarcazioni che stanno viaggiando sul Rio delle Amazzoni per rubare merci, soldi, benzina… tutto quello che riescono a trovare. E spesso non si limitano a rubare, ma terrorizzano le persone, usano violenza e anche uccidono.  La polizia locale a volte cerca di intercettarli, ci sono scontri con armi da fuoco e, potete ben intuire, feriti e morti.  Quando capita che qualche pirata venga catturato, la popolazione, stanca di tanti soprusi, sfoga la propria rabbia: a Tonantins due sono stati presi e bruciati, a volte si trovano i corpi squartati.   La situazione diventa sempre più tragica a causa della droga. Come sapete noi siamo nella zona di confine con Perù e Colombia e dalla Colombia arrivano in Brasile, tonnellate di cocaina via fiume. I trafficanti – spesso i più ricchi e ‘rispettabili’ dei nostri paesi- hanno dei guadagni incredibili; organizzano le spedizioni di cocaina che arriva a Manaus via fiume, poi verso Europa, Stati Uniti, Asia. 

Nel tratto di fiume della nostra regione agiscono i pirati, assaltano le navi che trasportano droga e rubano il carico prezioso, scatenando- ovviamente- le ire dei trafficanti, uomini senza scrupoli e crudeli quando i loro piani trovano ostacoli. Il narcotraffico, con i loro soldati, sta ora cercando di intercettare e possibilmente ammazzare i pirati. Tonnellate di cocaina sono state rubate in questi mesi e quindi la rabbia è grande, e la violenza si scatena. Gli scontri che avvengono in questi giorni sono quindi principalmente tra trafficanti di droga e pirati e qualche volta la polizia quando individua gli uni o gli altri. La tendenza è quella di ammazzare i rivali, senza pietà.



Ho ascoltato su WhatsApp un audio di uno dei capi del traffico di droga, con parole violente e offensive, minacciando di morte i pirati e tutti coloro che si mettono contro i loro interessi; minacciava di morte i sindaci dei nostri paesi e le loro famiglie. La nostra gente è impaurita e disorientata, in certe zone uscire con la barca è diventato pericoloso, più che a Santo Antonio, nel comune confinante di Tonantins.  La speranza è che questo nuovo contingente di polizia possa frenare la ondata di violenza.  Ma sappiamo che ci sono molte persone coinvolte, e molti problemi alla base della violenza, degli omicidi…  i pirati e i corrieri della droga sono le persone più povere, spesso disperate, consapevoli che stanno rischiando la prigione e la vita, e pronti a tutto, ormai senza timore di nulla e senza rispetto per nessuno. E ci sono i medi e grandi trafficanti: rispettabili benestanti o autorità delle nostre città; e insieme a poliziotti di valore, ce ne sono alcuni coinvolti nel narcotraffico, sequestrano la droga per poi rivenderla… insomma, una vecchia storia, che si ripete in tante zone del mondo!
 In città stiamo constatando che cresce l’uso di varie droghe tra gli adolescenti…. E ci chiediamo: quanto la società vuole veramente combattere questa cultura di morte? Abbiamo la volontà di arrivare a colpire chi sta ai vertici del narcotraffico – e non sono i poveracci che accettano di fare il trasporto della droga? Si deve lavorare a livello della offerta di droga, bloccare il narcotraffico, ma anche sul versante della domanda: perché tanti cercano le droghe? Senza la domanda, il traffico di droga verrebbe bloccato in modo naturale.  Come formare una cultura diversa?  Il tema riguarda il mondo intero, non solo i nostri piccoli paesi. Sono convinto che alla base ci sia sempre una questione spirituale: la ricerca di droga è una ricerca spirituale, una ricerca di salvezza, una ricerca di felicità, una ricerca di vita…… però in questo caso l’esito della ricerca è la morte.  La violenza grave che si scatena riguarda un ristretto numero di persone, ma alcool e altre droghe invadono le nostre strade, le nostre case e stanno distruggendo le nostre famiglie. Stiamo tentando di ripartire con 2 gruppi di auto-aiuto, uno dei cosiddetti ‘narcotici anonimi’ e un altro legato alla Chiesa cattolica, cercando persone adatte e disponibili a seguire questa realtà complessa.  Una goccia nel mare ma almeno si potrebbe costituire un riferimento per chi cerca aiuto.



La scuola organizza le settimane di prevenzione alle droghe, e abbiamo concluso con una mattinata di incontro nella palestra della parrocchia, ascoltando anche le proposte dei ragazzi (loro hanno chiesto alle autorità di essere rigidi e multare chi vende alcoolici ai minori, fino a chiudere il locale se continua nella infrazione. Chiedono anche più vigilanza nelle strade, specialmente la notte dei fine-settimana). Non sono dei semplici incontri che risolvono la situazione se non abbiamo una forte volontà politica e una maturazione anche spirituale. Sono troppi gli interessi in gioco, e molti in città sono cresciuti e crescono grazie alla droga.



Per quel che noi possiamo fare, penso che la pastorale ordinaria della parrocchia, con la celebrazione dei sacramenti, la catechesi, il servizio, la evangelizzazione a diversi livelli, la condivisione comunitaria è una grande forza di vita che potrà contrastare la cultura di morte del narcotraffico.

Don Gabriele Burani, Santo Antônio do Içà, 14-07-2022

Cammini di libertà e di liberazione

  "La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". 
 Il Verbo continua a parlare nella storia e a servirsi di chi è ch...