martedì 29 settembre 2020

LA SACRA SCRITTURA EMARGINATA - RIFLESSIONE DI DON GABRIELE BURANI DALL'AMAZZONIA

 


Santo Antonio do Içá – Amazonas

  29-09-2020  Festa degli Arcangeli e viglia di san Girolamo, dottore della Chiesa

Don Gabriele Burani


In Brasile il mese di settembre é dedicato alla bibbia, con la proposta di studiare, ogni anno, un libro biblico ( Deuteronomio per il 2020); mese scelto ricordando san Girolamo, studioso e traduttore delle Scritture.   Questa occasione mi ha fatto pensare alla presenza della Bibbia nella vita di Chiesa, oggi. 

Uno sguardo alla vita delle comunità di cui ora sono parroco, pensando alla Dei Verbum, al fatto che la vita cristiana deve essere “ nutrita e regolata dalla Sacra Scrittura” ( DV 21), e che la parola di Dio è “ nutrimento dell’anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale” ( DV 21).  Una domanda che mi faccio: come la Sacra Scrittura è presente nella vita delle nostre comunità? È fonte della nostra vita spirituale? La grande maggioranza delle persone si dice cristiana ( cattolica o di altre chiese cristiane) e come viene accolta la Sacra Scrittura?

- Il libro della Bibbia è presente in molte famiglie; nei gruppi di catechesi il testo che i ragazzi usano principalmente è la Bibbia e tutti, o quasi, ne possiedono una. Nelle liturgie sempre si proclama la Scrittura.

- Nella catechesi si usa ampiamente la Bibbia….  Si “usa” nel senso che vengono preparati i temi, e si ricerca nella Scrittura un testo utile per dare forma al contenuto che si desidera trasmettere.  Possiamo dire che chi fa tutto il percorso catechetico arriva a conoscere molti testi della Scrittura.

 Abbiamo anche ( per ora sospesa a causa del Covid-19) una esperienza, in parallelo, di studio biblico con i bambini di 6-10 anni  che è  positiva.   



 

Eppure la mia impressione è che dai tempi del Vaticano II, non siamo andati avanti molto, o forse si assiste a una regressione.

A livello giovanile e di adulti l’accoglienza della parola di Dio è ancora, a mio vedere, insufficiente nella quantitá e non pienamente corretta nelle modalitá. Cerco di motivare la mia valutazione.

  Sono diffuse, nel nostro piccolo paese amazzonico,  varie devozioni particolari, dove il centro è un santo, una idea, una esperienza, un aspetto della spiritualità ( il rosario, il Cuore di Gesù, la croce di Gesù, San Sebastiano, Santo Antonio…..) e non il rapporto attuale, docile  e libero con Dio che si rivela nella Sacra Scrittura.  Vedo nella nostra realtà, ad esempio,  una preoccupazione per la festa del patrono, per organizzare gli intrattenimenti vari, per la ricerca di donazioni, per il Bingo, anche per le messe….  Insomma una buona organizzazione (con un occhio particolare  per il guadagno economico finale) e  non la prevalente preoccupazione di mettersi, come comunità, in ascolto del Signore.

A volte le persone sono litigiose, ci sono contese, ( come è normale)  e ognuno cerca di imporre la propria visione di parrocchia, di liturgia ecc… ma non mettendosi prima, con disponibilità e purezza di cuore, in ascolto della Parola di Dio per poi decidere le cose di conseguenza. 

Ciò che prevale è una difesa delle proprie abitudini, interessi, ideali…. Non di ciò che il Signore rivela. Non si sta avverando ciò che vorrebbe la Dei Verbum: la Scrittura come fonte della spiritualità. Mi pare che la spiritualità si sviluppi in modo indipendente e che la Scrittura non sia la fonte ma un appoggio posticcio.

Nella prassi di vita dei battezzati ( me compreso)  normalmente la Scrittura è semplicemente ignorata; riconosco che mi è più facile incontrare persone, leggere un libro che mi interessi, assistere al notiziario televisivo che meditare con attenzione la Scrittura. Mi impongo di leggere ogni giorno la Bibbia,  ma fatico a vedere gli effetti di conversione nella mia vita. E ammetto che ho molto difficoltà nel fare esperienza di ascolto, obbedienza, discernimento comunitario della Parola; le povere esperienze che abbiamo iniziato,  per il momento si risolvono in una conoscenza un pó più approfondita della liturgia della Parola della messa.

Non vedo ( forse perché sono miope) la centralità della Parola e dei Sacramenti nella nostra parrocchia. Il desiderio che lo diventi, questo si.

Noi ci muoviamo, pensiamo, decidiamo, mossi da altro; la ‘ybris’ , l’orgoglio, la autosufficienza,  le idee personali, le abitudini ancora prevalgono.

Bisogna entrare nell’atteggiamento di Maria: eccomi, sono la serva del Signore, si compia in me la tua parola, oggi!



Quando passeremo dall’usare la Scrittura scegliendo i testi che danno appoggio ai nostri piani, ad una autentica e libera ricerca di Dio, lasciando che Dio ci converta grazie all’ascolto della Scrittura? Invece delle politiche ecclesiali animate da gruppi di potere, la lettura libera,  umile e comunitaria della Scrittura per capire e vivere la volontà di Dio, oggi e non per imporre agli altri la mia volontà, la mia visione, i miei valori,  le mie tradizioni?

Solo chi si fa povero  ascolta la Parola di Dio.  Si, è necessario il riconoscimento della nostra povertà, e la volontà di mantenersi vuoti, bisognosi, vergini per non imporre a Dio il nostro pensiero, la nostra volontà. La ascesi è un percorso di povertà, di liberazione dai pensieri inquinanti e dai sentimenti distruttivi, di disponibilità a lasciarsi distruggere e ri-costruire dal Signore.  Siamo pieni delle nostre idee, ideologie, piani di azione, invidie, desideri avidi, volontà di potenza e la Parola di Dio rimane ai margini, presente ma assente: presente come un oggetto decorativo che non incide nella sostanza del nostro essere profondo.  Presente per essere usata come un’arma quando ci serve per imporci, elevarci sugli altri, farci notare.

Anche se conosciuta maggiormente rispetto al passato, la Sacra Scrittura viene messa ai margini perché non accettiamo di lasciarci rigenerare. Quando non è ignorata, è usata, scegliendo in essa ciò che corrisponde all’interesse personale.

Che cosa stiamo facendo nella nostra parrocchia amazzonica? Ho proposto in tutte le comunità della città un incontro settimanale come formazione biblica, leggendo e meditando insieme le letture della messa domenicale,  col metodo della Lectio Divina ma ancora rudimentale. I gruppi sono di poche persone: 3, 4, anche 8, 15, a seconda delle comunità. Per ora è difficile coinvolgere le persone ma la proposta va avanti con continuità, nella speranza di comprendere sempre piú che la vita cristiana non è autogestione e che è essenziale l’ascolto di Dio. Col tempo spero anche che qualche persona, partecipando con costanza,  apprenda a guidare i gruppi biblici e che le comunità abbiano una relativa autonomia ( cioè non dipendano sempre dalla presenza del parroco).   Il percorso è complesso, anche perché non si tratta solo di conoscere un pó la Bibbia, ma lasciarci guidare, formare, convertire dal volere di Dio che si rivela ( anche) nelle Sacre Scritture.

    Un caro saluto, affidando al Signore le nostre Chiese, affinché si lascino costantemente rigenerare dalla Parola del Signore, Parola di salvezza. 

( Qui a santo Antonio do Içá giá da molti giorni la energie elettrica é razionata, arriva per un pó poi se ne va....  e i mezzi di comunicazione, già precari, peggiorano ulteriormente.  Spero che in qualche modo la lettera arrivi).

venerdì 25 settembre 2020

MESSA IN UNA COMUNITA' INDIGENA

 




Alcune immagini di una celebrazione realizzata da don Gabriele Burani in una comunità Ticuna della parrocchia di sant'Antonio di Iça dove sta operando assieme a don Carlotti. I Ticuna sono un popolo amerindio che attualmente abita alla frontiera tra Perù, Brasile e Colombia, nell’area racchiusa dai fiumi Putumayo, Içá e Solimões. È ormai quasi accertato che i Ticuna provengano dall’Asia




Il popolo Ticuna, come quasi sempre nell’universo delle nazioni indigene, è molto geloso delle proprie tradizioni, senza dimenticare che nel passaggio graduale dalla lingua ticuna al portoghese alcuni dei significati ancestrali sono andati perduti. Anche la danza è parte integrante della cultura Ticuna, di socializzazione fondamentale. In occasione delle feste più importanti si balla per giorni quasi senza tregua. Capita soprattutto durante i riti legati al passaggio all’età adulta.

Per approfondimenti si può accedere al seguente sito:

 https://www.mumamuseo.it/gli-indios-ticuna/




 


sabato 19 settembre 2020

IL DELICATO RAPPORTO TRA CHIESA CATTOLICA E CHIESE EVANGELICHE IN AMAZZONIA

Nelle ultime lettere che padre Gabriele Carlotti ha inviato, è emerso il problema del rapporto tra la chiesa cattolica e le altre chiese evangeliche, compresa la così detta chiesa della cruzada, nata proprio nel territorio in cui operano i missionari reggiani. Siccome molte persone si sono chieste il senso di una tale conflitto, padre Carlotti ha gentilmente inviato una sua riflessione 



 La questione delle chiese evangeliche, compreso la Cruzada presente solo qui nel nostro territorio, è piuttosto complicata. I seguaci della Cruzada dicono che fratel José non essendo stato accolto dai preti e neanche dai pastori è stato costretto a fondare la sua propria chiesa. E si presentano così: chiesa cattolica apostolica evangelica; dicono di essere la propria chiesa cattolica nella sua ultima riforma...

 Quanto alle chiese evangeliche degli ultimi cinquant'anni, la loro predicazione e il loro affermarsi è sempre in contrapposizione alla chiesa cattolica, vivono ancora "contro" e per questo non c'è dialogo.

Devo averlo citato nel secondo viaggio, un uomo ha chiesto durante la condivisione dell'omilia: perché noi cattolici partecipiamo al culto delle altre chiese e loro non vengono mai ai nostri incontri di preghiera?

Ad aggravare la situazione c'è poi il fatto della mancanza di appartenenza dei cattolici. Per loro va bene tutto e così piano piano si lasciano convincere a "convertirsi". Così mi ha detto gentilmente un dirigente dell'Assemblea di Dio col quale abbiamo dialogato un pomeriggio: si, padre, possiamo fare la messa alla sera nella scuola perché ci sono ancora alcune famiglie che non si sono convertite e sono cattoliche, partecipiamo tutti insieme alla preghiera perché Dio è lo stesso, è uno solo. Ma poi alla sera lui non c'era e nessuna famiglia dell'Assemblea di Dio è venuta. C'erano alcuni di altre chiese, come la chiesa Dio è Amore che hanno partecipato e condiviso e ai quali ho dato la comunione senza problemi perché effettivamente Dio uno solo. 



Fratel José, fondatore della Cruzada

Il dialogo è davvero difficile tra i responsabili.

Noi manteniamo un certo rispetto, le comunità che sono evangeliche: battista, assemblea di Dio, cruzada; le riconosciamo e evitiamo proselitismi. Cosa che loro non fanno, ma se possono cercano di convincere le persone, spesso con discorsi fondamentalisti basati sulla paura o sul merito, a passare e convertirsi.

Le pecore deboli sono ancora sfruttate e le grasse trascurate da falsi pastori!

Credo che valga ancora la pena aiutare affinché cresca la coscienza di essere chiesa, quindi l'auto-stima di una fede che sa dare ragione della sua speranza. Solo così il dialogo può essere autentico e non scadere nella coercizione.

Dall'altra parte, almeno oggi, cosa che non è sempre stata nel passato, vale la pena offrire il messaggio di liberazione integrale che il Vangelo ci porta, liberazione anche dalle coercizioni religiose. Solo così sarà davvero Buona Notizia per tutti. Non è quindi guerra di religioni, ma mantenere aperta la porta sulla libertà del Vangelo. Soffro molto quando vedo che alle persone piace essere schiave e anche sfruttate in cambio di un sogno o una illusione .... 




Per questo credo che comunque con rispetto e apertura verso tutti e tutte le forme religiose, anche ancestrali, sia importante annunciare la bellezza e la libertà del Vangelo del Signore Gesù.

Grazie! Se avete idee o suggerimenti saranno sempre ben accetti e potranno aiutarmi. 

Padre Gabriel Carlotti

 


LA VITA PASTORALE IN CITTA'

 



Santo Antonio do Içá – Amazonas

Lettera 2 

Carissimi, vogliamo rendervi partecipi del cammino della nostra diocesi reggiana in terra amazzonica. In questa lettera cerco di comunicare qualcosa riguardo la vita di Chiesa e le sfide che abbiamo. La parrocchia di Santo Antonio do Içá ha una cittá e le comunitá lungo il fiume Içá e Solimões/Rio delle Amazzoni, come ho scritto nella prima lettera.  


In cittá abbiamo 6 comunitá con una cappella in ogni comunitá, compresa la Chiesa centrale, piú 2 comunitá in via di formazione: dovremo costruire una chiesetta e soprattutto dare forma alla comunitá di persone.

La prima impressione delle comunitá cattoliche è che sono comunitá piccole, con poche persone che partecipano; prevale una fede di tipo devozionale: si ritrovano per la novena delle “ mani insanguinate di Gesú” in una cappella, per le orazioni di Nostra Signora del “ Perpetuo Socorro” in una altra, il Rosario degli uomini in un’altra e  altre devozioni simili e questa sembra la principale attivitá settimanale  delle comunitá, assieme alle messe. Ci sono solo 8 comunitá, quindi, con la possibilitá di celebrare la Eucaristia frequentemente in cittá; mentre per le comunitá sul fiume abbiamo avuto la possibilitá di un viaggio con frate Gino e la sua barca in dicembre, prima dell’effettivo trasferimento della comunitá cappuccina. Poi, per mancanza di barca e per la pandemia non è stato possibile fare visite alle comunitá sul fiume. Nella Chiesa centrale il giovedí sera la adorazione eucaristica, senza silenzio ma solo canti, preghiere e alla fine, dopo la benedizione, il momento piú atteso: si va in processione verso l’altare per toccare l’ostensorio! 


Ci ha colpiti anche la presenza di ministranti - in questo contesto sociale povero, dove tutti andiamo con ciabatte e vestiti semplici – con talare rossa e cotta bianca, a mani giunte, abituati a fare mille inchini…..  e anche la partecipazione della gente è rigida e formale.  Abbiamo introdotto qualche piccolo cambiamento ( come la comunione anche al calice, un leggio all’entrata della Chiesa con il lezionario, evito di far toccare l’ostensorio ma invito alla preghiera silenziosa… e altre cose) suscitando una reazione negativa esplicita da parte di alcuni, che seguono pedissequamente il Diritto Canonico  e le rubriche liturgiche; non è male seguire il Diritto e le rubriche, ma quando manca lo studio sulle motivazioni e la consapevolezza dei valori in gioco, si cade in un formalismo rigido e sterile, poco evangelico. Probabilmente anche la maggioranza delle persone, che non si esprime davanti a noi, non ha accettato di buon grado il cambiamento dai frati cappuccini ai missionari italiani diocesani.    Abbiamo trovato un contesto molto litigioso: nel gruppo liturgico che si era formato da pochi mesi litigavano, non accettavano la responsabile, e infine la maggior parte delle persone se ne è andata, soprattutto quelli che non accettavano le (poche) novitá che noi preti italiani abbiamo introdotto. Mi hanno invitato a partecipare al gruppo liturgico e i primi due incontri sono stati quasi solo una accusa al nostro modo di celebrare ( su questioni di poca importanza). Poi il gruppo si è dissolto!   Sto tentando di ricominciare, con i pochi disponibili, con incontri di formazione liturgica e organizzazione delle liturgie il lunedí sera.




Abbiamo imparato che il momento piú importante della Pastorale è la festa del Patrono della comunitá; novenario o tredici giorni per Santo Antonio, di festa, con la messa alla sera, cene, giochi, musica… ogni giorno. I frati celebravano la messa ogni giorno del novenario della comunitá, sospendendo la attivitá nelle altre invitando a partecipare tutti alla festa del santo. Ma ho constatato che questo non avveniva ovvero: di notte si spostavano le poche persone della comunitá che erano presenti assiduamente, quelli che possono avere una auto o moto per spostarsi di notte in altri quartieri della cittá. E la maggioranza piú povera, economicamente e spiritualmente rimane sempre esclusa perché non viene offerta una reale possibilitá per loro.     Nel nostro pensiero questa abitudine ha un grosso limite: la vita della comunitá si riduce quasi solo alla festa del patrono e si perde di vista il percorso ordinario. Ci si ferma ai ricordi nostalgici: il giorno della festa di san Francesco la piazza era piena! Certo, una volta l’anno!  Ma la domenica, di solito, quando si celebra la messa, la cappella e semi-vuota.  Battesimi, matrimoni….  Tutto si fa nella occasione della festa del patrono. Poi per il resto dell’anno, quasi zero.     È un ricordo della prima attivitá missionaria, quando il prete arrivava (e in alcune zone è ancora cosí)  una volta l’anno per la festa del patrono, e quindi si celebravano battesimi, cresime, matrimoni…  tutto il ‘religioso’ possibile.

Nella pratica della cittá sono rimasti questi ricordi, ma la realtá è ben diversa.  Sto cercando di insistere per avere una vita ordinaria attiva nelle comunitá e non ridursi ad una festa una volta l’anno. E ho proposto di continuare le normali celebrazioni nelle comunitá anche quando ci sono i novenari o trezenari  dei patroni di qualche comunitá, perché sarebbe interrompere sempre il ritmo di celebrazione e formazione delle comunitá (  nella loro impostazione sarebbero quasi cento giorni ogni anno senza una vita ordinaria dei fedeli).  E visto che siamo due preti, e uno di noi sará molte volte in viaggio sul fiume, non si potrá avere la messa tutti i giorni nella novena del patrono, visto che continua il servizio alle altre comunitá.  E anche per educare a varie forme di celebrazione, ho proposto di fare una sera la Liturgia penitenziale, una sera la adorazione eucaristica, la Liturgia della Parola….insomma altre forme di Liturgia oltre alla Messa.
    Naturalmente erano tutti contrari ( o quasi tutti) e non accettavano queste proposte, che poi sono state imposte: non sempre il parroco deve seguire il volere della maggioranza.
Questi piccoli attriti iniziali ci hanno creato qualche difficoltá ma abbiamo agito pensando al bene delle persone, e pensando al futuro e non solo alle abitudini devozionali del presente.

Per noi era anche difficile prendere decisioni per vari motivi: difficilmente le persone dicono in faccia quello che pensano, ma le opinioni e eventuali dissensi arrivano indirettamente e non immediatamente.    Non c’era un Consiglio Pastorale Parrocchiale, non c’era un Consiglio Pastorale della comunitá centrale di santo Antonio, non c’era il Consiglio per gli Affari Economici;  non sapevamo con chi confrontarci per eventuali decisioni. Quindi si prova, a volte si sbaglia perché il contesto culturale e ecclesiale è diverso, e si ritenta.




Per dare una stabilitá, abbiamo deciso di celebrare la eucaristia festiva nelle comunitá, e di togliere quella che facevano durante la settimana, per fare una formazione biblica settimanale in ogni comunitá. Dopo qualche incontro in generale sulla Bibbia, ora stiamo lavorando sulle letture domenicali, con il metodo – grosso modo – della Lectio Divina.
   Lo scatenarsi della pandemia del Covid19 ha interrotto i nostri intenti; ora stiamo lentamente riprendendo i nostri incontri, anche se la diffusione del Coronavirus continua, anzi, sembra stia peggiorando negli ultimi giorni.

Sono poche le persone che partecipano alle liturgie e agli incontri di formazione, ma credo importante impostare la vita delle comunitá perseverando nella proposta spirituale.   Seminare…..   come leggiamo in Mt 13.

Santo Antonio do Içá, Amazonas,  5 Agosto 2020

Don Gabriele Burani

 

PRIME INFORMAZIONI SULLA MISSIONE

 




Santo Antônio do Içá

Siamo nella diocesi di Alto Solimões, stato di Amazonas, nel cuore della grande regione amazzonica, zona di confine tra Brasile, Colombia, Perú.  Dopo piú di 50 anni di presenza in Bahia, nella diocesi di Ruy Barbosa, la nostra Chiesa reggiana ha deciso di rendersi disponibile per una missione in zone nelle quali si presentava una maggiore necessitá. Da qualche anno sia i vescovi del Brasile che il papa hanno richiamato la attenzione sulla Amazzonia, chiedendo disponibilitá di missionari. Una zona enorme, estremamente interessante e ricca dal punto di vista della natura, sfruttata da parte di potenze economiche straniere e brasiliane.   Pensando alla estensione del territorio e al numero di abitanti, ci sono pochi preti, pochi missionari; la maggior parte delle comunitá possono celebrare la Eucaristia solo poche volte l’anno, o una volta sola, quando si fa la festa del santo patrono.     In giugno 2018 abbiamo fatto una visita ad alcune diocesi e abbiamo deciso di impegnarci per la diocesi di Alto Solimões, quella che ci è sembrata piú povera di mezzi e di strutture, con pochi preti,  ( solo due preti diocesani nativi del territorio, poi ci sono due colombiani, due rumeni, uno del sud del Brasile e altri di ordini religiosi) un solo seminarista,  e una enorme estensione, 131.000 Kmq ( la provincia di Reggio è poco piú di 2.000kmq); il Vescovo, dom Adolfo è un saveriano, è spagnolo, è una persona accogliente e dinamica. Dai dialoghi iniziali sembrava ci venisse affidata una parrocchia nella cittá sede della diocesi, Tabatinga.  Poi, nuovi eventi hanno fatto cambiare la prima proposta; i frati cappuccini stavano lasciando una parrocchia, Santo Antônio do Içá, e quindi la necessitá del servizio pastorale in questa parrocchia. 
La presenza dei religiosi ( solo europei inizialmente)   è stata fondamentale per la Amazzonia; non essendoci un clero locale, la cura pastorale è stata affidata a vari ordini religiosi. Nel 1910 è stata creata la ‘ Prefeitura Apostolica do Alto Solimões’ e affidata ai Cappuccini della regione Umbria. In anni piú recenti sono giunti altri ordini religiosi, maschili e femminili e la presenza di clero locale e seminaristi assolutamente esigua.
Anche nella nostra parrocchia di Santo Antonio do Içá ci sono sempre stati i frati cappuccini come parroci e responsabili della parrocchia, fino a dicembre 2020 quando siamo entrati noi.
La nostra parrocchia ha un centro, un paese di circa 12.000 abitanti, sede del municipio e di tutte le attivitá istituzionali e commerciali, poi ci sono le comunitá riberinhas, le comunitá lungo i fiumi, di solito formate da poche famiglie ( tranne tre che sono grandi, con qualche migliaio di abitanti); anche qui sui 12.000 abitanti, ma non abbiamo i dati aggiornati, non essendoci una anagrafe del municipio.  La cittá di Santo Antonio do Içá è situata nell’incontro dei due grandi fiumi, il rio Solimões ( è il nome della prima parte del Rio delle Amazzoni, che cambia nome a Manaus incontrando il Rio Negro) e il Rio Içá, grande fiume che scende dalla Colombia e Perú. Siamo in quasi-isolamento, nel senso che non ci sono strade per andare in altre cittá; solo i fiumi come vie di comunicazione; per arrivare a Manaus, la capitale dello stato di Amazonas, la barca che trasporta persone e merci impiega almeno 3 giorni, o 5 per ritornare perché la corrente è contraria. Con la barca piú veloce,  mi pare che in 20 ore si arrivi.

Una cittá isolata e che non produce quasi nulla, quindi tutto deve arrivare con le barche, quando arrivano! Anche le cose piú semplici arrivano da Manaus o da altri centri. A volte per qualche giorno non si trova un limone in cittá, o qualche verdura,  fino a che non arriva una barca con merci. Abbiamo cominciato ad innalzare un muro che ci separa dal cimitero, poi abbiamo interrotto, concludendo dopo due settimane perché in cittá non si trovava cemento da nessuna parte, e anche i mattoni erano finiti. Non abbiamo edicola, non ci sono librerie, e non abbiamo internet in casa, solo funziona Whatsapp ( quando cé’ il segnale). Impariamo ad usare quello che abbiamo, quello che si trova; anche per la alimentazione ci sono le cose essenziali, non molta varietá ma non manca cibo. Le persone hanno l’essenziale, semplice, e per ora  non abbiamo visto  molte persone alla fame; carto, la maggior parte delle famiglie sono povere e vivono con poco, e con i criteri occidentali sarebbero in miseria, ma vivono dignitosamente anche con poco.  A causa del Covid19 e il conseguente isolamento sociale  non abbiamo avuto la possibilitá di conoscere le povertá del nostro paese;  solo in questo periodo qualcuno con problemi di droga o alcolismo che viene a chiedere cibo nella casa parrocchiale.




Ad iniziare la missione reggiana in terra amazzonica  dunque, don Gabriele Carlotti e don Gabriele Burani; scandianesi della parrocchia di Santa Teresa, cresciuti con don Gianni Mazzali; entrambi con un tempo di servizio in Bahia, io 5 anni, Gabriele Carlotti ben 17.  Ci conosciamo da quando eravamo ragazzi, ma non abbiamo mai collaborato insieme come preti. Pur essendo ben diversi per molti aspetti, e anche con impostazioni diverse nell’ambito pastorale,  per ora concordiamo sulle scelte fondamentali. Don Fortunato Monelli ha condiviso con noi un periodo per conoscere la nuova missione e rendersi disponibile, poi per motivi di salute è ritornato in Italia, per una operazione chirurgica giá in programma da molto tempo. Nella idea di missione la diocesi pensava anche alla possibilitá di presenza di missionari laici, e puó essere che in un futuro prossimo arrivi qualcuno.  Abbiamo preferito iniziare solo noi due, per conoscere territorio e persone, per capire quale tipo di presenza in queste zone, e per non coinvolgere molte persone in eventuali situazioni iniziali problematiche!          

In questi mesi, da quando siamo arrivati, abbiamo dovuto affrontare molti lavori di ristrutturazione, ricostruzione nella casa parrocchiale.  Rendere abitabili le stanze, collocare controsoffitto per non essere invasi da ragni, topi, pipistrelli, scarafaggi e insetti vari…. Ristrutturare la cucina, preparare uno spazio per la segreteria parrocchiale, adibire una stanza a lavanderia, ristrutturare il cortile, alzare un muro nel confine con il cimitero, revisionare tutti i condizionatori, rivedere la parte elettrica… insomma, da mesi siamo alle prese con muratori e operai.  In futuro poi dovremmo intervenire anche nella parte delle altre opere parrocchiali, stanze di catechesi e cosí via. Abbiamo anche un edificio, nel cortile interno, che era usato per incontri e per ospitare frati in formazione, ma che è stato abbandonato ad un certo punto, e ora sta cadendo; dovremmo pensare a cosa farne, quando crollerá tutto!  E abbiamo anche qualche progetto riguardo alla zona del salone parrocchiale e stanze per incontri e catechismo, ma per ora teniamo le cose come sono. Si vedrá nei prossimi anni.  Non volendo gravare sui bilanci della parrocchia, i lavori alla casa parrocchiale sono portati avanti a nostre spese.



La parrocchia si snoda anche lungo il Rio Içá per 358 Km, e sulle rive del fiume vivono le famiglie dei ´riberinhos´, popolo del fiume. Parte della nostra missione è  visitare, celebrare, accompagnare il loro cammino di fede.  Sono comunitá di poche famiglie, tranne due che sono paesi con qualche migliaio di persone, e in queste maggiori  non abbiamo una presenza cattolica: una ( Betania, il paese piú grande lungo il fiume, di crica 5.000 abitanti) è tutta di evangelici battisti,  l’altra  è sede della ‘cruzada’, un gruppo religioso cristiano, vicino al cattolicesimo ma indipendente, diffuso nella nostra zona ( giunge alla Colombia e Perú) e la tomba  del fondatore è appunto in questa comunitá.  La parrocchia arriva sino al confine con Colombia, e al confine l’esercito brasiliano, con soldati e qualche famiglia. ( circa 300 persone in tutto).  I frati cappuccini facevano visita a queste comunitá e celebravano i sacramenti; soprattutto frate Gino, con una grande barca che lui sentiva come sua. Di fatto la evangelizzazione di queste comunitá è recente e sono quelle piú trascurate; viaggiare costa molto, soprattutto di carburante, e la parrocchia non riesce a sostenere grandi spese. Le famiglie che sono sul fiume vivono di pesca e agricoltura, non hanno quasi soldi e non hanno la possibilitá di contribuire per le spese dei viaggi. Don Gabriele Carlotti avrebbe soprattutto la missione delle comunitá lungo i fiumi e io in cittá.

Ci sono molti protestanti, e i gruppi cattolici ha la celebrazione eucaristica solo poche volte l’anno. Ora, è da quasi 8 mesi che non ricevono visita missionaria, che non celebrano l’eucaristia: sia per il periodo della pandemia, Covid19, sia perché la barca se ne è andata con i cappuccini e quindi avevamo bisogno di acquistare una nuova barca, prendere la patente nautica, avere i documenti in regola…. Qui non ci sono barche da acquistare ma solo a Manaus, e quindi mille km di fiume da percorrere per arrivare alla cittá. Una grazia inaspettata è stata la occasione di una barca usata, dimenticata, che appartiene alla diocesi e nessuno usava.  Certo, aveva bisogno di un buon lavoro di ristrutturazione ma con una spesa ben minore che non l’acquisto di una barca nuova. Dopo le riparazioni e la documentazione, è stata trainata da Manaus a Santo Antonio, e ora deve essere equipaggiata per affrontare la missione sul fiume. Le comunitá riberinhas hanno poca storia cattolica, non hanno avuto molto come evangelizzazione, e solo in pochi casi ci sono persone in grado di essere punto di riferimento per gli altri dal punto di vista ecclesiale. In qualche centro le comunitá si radunano la domenica per una liturgia; a volte sono gli insegnanti del villaggio che fanno una catechesi ai bambini. Nella maggior parte sono persone con scarsa istruzione. L’orario scolastico è ben ridotto: poche ore al giorno e quando l’insegnante viene in cittá per ricevere lo stipendio, rimane fuori sede almeno una decina di giorni al mese, quindi….

Per questa missione abbiamo bisogno di aiuto dall’Italia; la spesa è molto alta pensando alle rendite della nostra gente.  Questa è una prima presentazione generale, con i dati piú esterni,  della nostra missione reggiana in Amazzonia.

Don Gabriele Burani

Sono padre Gabriel, non é la polizia federale, é la nuova barca della parrocchia !

 



Finalmente, dopo diverse difficoltà, il 31 luglio la barca della parrocchia, una lancia in alluminnio di 10,5 metri, con un motore di 400 cavalli, arriva al porto di Santo Antonio do Içà trainata  da una chiatta comerciale. Compriamo in fretta tutto il necessario per “abitare” in barca, piatti, pentole, posate e bicchieri, contenitori vari per il cibo, materiale di pulizia e insetticidi vari per difenderci dagli attacchi violenti di questi indesiderati ospiti, il pieno di carburante e le amache per la notte. Tutto é pronto, ora basta preparare gli effetti personali, alcune magliette, roba intima per il cambio, il necessario per il bagno, un secondo paio di braghe, una coperta, gli stivali e l’ombrello. Manca solo l’occorrente per celebrare nelle comunità, e ci affrettiamo a prepararlo. Pane e vino per l’Eucaristia, la bottiglia del vino é preziosa e non può assolutamente rompersi, il posto più sicuro è infilarla negli stivali di gomma, così anche se cade non si rompe. Un sacchetto di caramelle per ogni comunità: anche i bimbi piccoli devono poter vivere la condivisione nella celebrazione... e i grandi ne aprofitteranno rubando qualche caramella che i piccoli volentieri offrono. In questo primo viaggio abbiamo pensato di portare alcuni sussidi per la preghiera della Comunità, come ci avevano chiesto nel viaggio compiuto a dicembre con frate Gino che salutava la sua gente, pronto, come soldati, diceva lui, per la prossima missione che gli sarà affidata. Abbiamo comprato alcuni libretti di canti per aiutare a celebrare cantando, abbiamo scelto un libro con canti del cammino delle Comunità Ecclesiali di Base, escludendo i canti carismatici così in voga oggi, ma vuoti di contenuto bíblico e di impegno sociale per il Regno di Dio. Con gioia abbiamo costatatato che alcuni canti erano conosciuti, altri li impareremo ad ogni viaggio in cui ci incontreremo. Il nostro vescovo Adolfo ci aveva inviato un sussidio con 30 racconti della vita di Gesù, dall’annuncio dell’angelo fino alla sua morte e risurrezione. Catechesi per i bambini, ma molto utile per gli adulti che non conoscono il Vangelo. Abbiamo aggiunto il testo biblico di ogni racconto perché la Parola del Vangelo sia accolta e conosciuta. Visto che il rosario é ancora la preghiera popolare più conosciuta, abbiamo proposto che la comunità e anche le famiglie preghino il rosario e a ogni dieci ave marie leggano un racconto della vita di Gesù, così i misteri del rosario sono diventati trenta, che ricchezza! Chiaramente in questo viaggio abbiamo portato un regalo. 10, 15, 20 rosari che saranno distribuiti fra le famiglie e che, prontamente sono messi al collo come collana che protege... ma che dovranno servire per la preghiera comunitaria, vedremo al prossimo viaggio se la nostra proposta avrà avuto sucesso. Un ultimo sussidio lo abbiamo preparato noi stessi, sette celebrazioni della Parola, una per ogni giorno della settimana, ma che saranno usate una per ogni domenica. Sette Vangeli da ricordare e custodire nel cuore: la risurrezione di Gesù e i discepoli di Emmaus, la vite e i tralci e il comandamento dell’amore, le parabole del Regno, la seconda moltiplicazione dei pani e la professione di fede di Pietro, la parabola dei talenti, il perdono fraterno e la parabola dell’uomo perdonato e incapace di perdonare al fratello, la risurrezione di Lazzaro. La proposta è che dopo sette domeniche si ricominci affinché questa Parola scenda nel cuore e diventi vita. Lo schema della celebrazione é semplice e repetitivo: il ringraziamento per la vita e i doni di Dio, la richiesta umile di perdono, l’ascolto e la condivisione della Parola aiutati da alcune domande e una breve riflessione, la preghiera comunitaria, le preghiere cristiane del Padre Nostro, dell’Ave maria e per la Pace, la benedizione finale per tutta la Comunità. Ogni sei mesi possiamo preparare un nuovo sussidio e così offrire la bellezza e la ricchezza del Vangelo di Gesù per la vita del popolo di Dio e di tutta l’Umanità. L’Eucaristia, con la condivisione del pane e del vino, del corpo e del sangue del Signore Gesù é oferta a tutti coloro che credono: non é per chi é a posto e se lo merita (nessuno!), ma per chi é umile e ha bisogno dell’aiuto e del sostegno del Signore (tutti!).



Non sto a fare il resoconto di tutto il viaggio, appena alcune pennellate di colore per assaporare la bellezza e la fatica della Missione. Siamo riusciti a visitare e celebrare in 10 Comunità, alcune numerose con più di ottanta persone, chiaramente non tutte presenti, altre di poche famiglie che sono resilienti e non vogliono abbandonare il fiume e la loro terra. Molti si trasferiscono in città, é inevitabile per la scuola superiore dei loro figli, ma in città non possono portare il pesce del fiume né la terra fertile che produce alimento, così alcuni scelgono di affidare i ragazzi a dei parenti e di rimanere sulla loro terra, eredità della loro famiglia. Non c’é modo di avvisare, così arriviamo di sorpresa e a volte non troviamo nessuno, solo due bambini che ci dicono che i genitori sono a lavorare in campagna e torneranno presto, dopo alcune ore. Così la Missione é anche attesa, encontro desiderato e a volte festa: “abbiamo visto uma barca nuova, sconosciuta, pensavamo che fosse la polizia federale e ci siamo nascosti perché non lasciano tagliare gli alberi che servono per fare le nostre case... ma poi abbiamo visto che era il frate (ancora mi chiamano frate per l’abitudine, non hanno mai incontrato um prete, solo il saio di San francesco... ma é bello così), quello che venne com frei Gino... che bello che é qui com noi, l’aspettavamo da molto tempo, abbiamo bambini da battezzare...”. Così, visto l’orario, dormiamo legando bene la barca ad alcuni pali conficcati nel terreno sabbioso e allo spuntar del sole ci incontriamo per celebrare l’Eucaristia e battezzare tre bimbi ancora piccoli.

La comunità di Manacapurù é formata da 6 case, uma sull’isola in mezzo al fiume e le altre sulla terra ferma. Così ci fermiamo sull’isola, carichiamo de due mamme con i loro sei figli e li trasportiamo all’altra riva, qui ci offrono un café con alcuni dolci fatti in casa, il tempo di avvisare le altre famiglie e celebrare la nostra fede e la mostra vita. “Frei, avevamo proprio bisogno della preghiera e della Parola di Dio, molte cose sono successe, poi questa malattia del corona-virus, abbiamo bisogno di ritrovare pace per lavorare e prenderci cura della vita dei nostri figli... grazie di essere venuto!”. Poi si riparte, si cosegnano le donne e i bambini alla loro casa all’altra sponda del fiume e si prosegue il viaggio. Mentre andiamo avvistiamo un grupo di case, con molta gente, molti bambini, indigeni Tikuna. Parlo con Mosé che mi accompagna ed era presente anche nel viaggio di dicembre e gli chiedo se si ricorda di questo luogo, mi responde di no, che non c’era nessuno su quella sponda del fiume. Allora tiro imediatamente il freno, o meglio tolgo l’acceleratore perché le barche non hanno il freno, usano l’attrito dell’acqua per rallentare e fermarsi. Andiamo a conoscere questa nuova Comunità! Appena attracchiamo una folla di bambini ci corre encontro, gli adulti sono più diffidenti e cercano di scoprire chi siamo, un po’ di caramelle ed è la felicita di tutti! Ci presentiamo, siamo missionari della chiesa cattolica, ci accolgono bene e con rispetto. Chiedo loro da dove vengono e da quanto tempo sono arrivati. Cinque mesi, appena prima della pandemia, vengono da san Domingo di Tabatinga, sono ritornati sulle loro terre di origine. Mosé mi dice che non é vero perché quella terra apparteneva a una famiglia di sua conoscenza, ma non importa, la terra é per chi la lavora e per chi ci vive: loro hanno scelto di vivere lì, sul fiume, secondo i loro costumi indigeni... hanno scelto la parte migliore che non gli sarà tolta! Chiedo a quale chiesa appartengono e mi dicono che sono evangelici, di una chiesa mai sentita nominare, e che il pastore verà in dicembre per visitarli e fare il culto. Rispettiamo, offriamo la nostra disponibilità e promettiamo di ripassare per visitarli quando navigheremo ancora il fiume. Ci salutiamo e riprendiamo il nostro viaggio. Visitiamo altre famiglie e celebriamo in alcune Comunità. É triste costatare che tranne poche persone anziane, i giovani papà e mamme e i bambini non conoscono il Padre Nostro e l’Ave Maria... immaginate le risposte della Messa... così con una buona dose di fantasia liturgica adattiamo il rito alla situazione: l’uso del corpo nella preghiera, l’intimità di alcuni momenti di silenzio, il ripetere tutti insieme la preghiera fatta dal missionario, la memoria dei nostri ancestrali tra i quali il Signore Gesù, la bellezza e la forza della foresta e dell’acqua del fiume, fonte di vita che offre il pesce quotidiano. Celebrare la vita donata del Signore Gesù diventa così l’impegno a donare la nostra vita e la speranza che la gratuità sarà più forte della morte, che l’amore freterno sarà fonte di risurrezione. Le Comunità incontrate sono: São Vicente, Nossa Senhora de Nazaré, São Joao do Japacuà, Santa Maria, Manacapurù, Uniao da Boa Fé, Nova Esperança, São Cristovao, Boa Vista e Vista Alegre.

Non sono poi mancati momenti speciali: la pompa dell’acqua che non funzione e l’unico secchio a bordo per riempire il serbatoio é crepato... ma serve lo stesso e ci si fa la doccia caricandolo sulle braccia. Il motore che decide di fermarsi proprio all’ultimo viaggio e funziona solo molto lentamente: così dovevamo arrivare alle 18:30, al tramonto, e siamo arrivati alle 21:30, una notte senza luna. Il buon Mosé ha preso il volante e io illuminavo, con la lampada di prua, le sponde del fiume cercando di evitare i banchi di sabbia pericolosi per la navigazione. Improvvisamente vediamo davanti a noi le luci della Comunità e, risollevati, ci dirigiamo verso il porto sicuro per passare la notte e prepararci, dopo il ringraziamento eucaristico con la Comunità indígena, al ritorno verso casa: sette ore per raggiungere Santo Antonio e sentire la gioia di riabbracciare chi ci stava aspettando, don Burani e Caio (un giovane accolto), che vivono in casa con noi. Ora aggiusteremo la barca e programmiamo il prossimo viaggio per visitare la parte centrale del rio Içà con le sue Comunità e la sua vita ribeirinha.

 

Gabriele Carlotti – missionário diocesano in Amazzonia

 

Festa dell’Assunta – domenica 16 agosto 2020

venerdì 18 settembre 2020

Le chiese sono molte, ma c’é un solo Dio!

 



 

Questa seconda uscita è durata otto giorni, due in più della prima, piano piano la barca diventa la nostra casa e tante cose che sembravano strane sono ormai normali. Meno normale è il motore che continua ad aver problemi, nonostante l’avessimo lasciato a Manaus perché fosse revisionato. Abbiamo scoperto che non avevano cambiato l’olio, dopo più di cinque anni, era praticamente una melma! Pensavamo fosse un 400 cavalli, ma dovendo aprire i documenti verifichiamo che è un 52 cavalli, almeno consuma poco! Durante questo viaggio abbiamo avuto seri problemi con il raffreddamento idraulico del motore e, solo all’ultimo giorno ci accorgiamo che il filtro dell’acqua è pieno di sabbia e di foglie, mai aperto e pulito... La cosa positiva è che, piano piano, un problema per volta, stiamo diventando provetti meccanici e conoscitori del motore disel. Dulcis in fundo, togliamo la copertura del motore per aggiungere olio alla direzione idraulica ormai bloccata, meno male che ne avevamo con noi, e vediamo la pompa dell’acqua caduta, la saldatura é saltata! E ora, cosa fare? Fortuna volle che avevamo caricato alcuni travetti di legno: uno per tenere la pompa a debita distanza e tirare la cinghia di trasmissione, uno per evitare che sia catapultata fuori quando il motore sarà avviato e un terzo per tenerla a giusta distanza dalle pareti laterali... non sembra vero, ma funziona e così riusciamo, piano piano, a percorrere i 150 km del ritorno a casa. Anche questo é missione! E capisci perché i meccanici hanno le unghie delle mani e dei piedi così nere, e i vestiti così unti e sporchi... stanchi, ma felici di aver superato queste prove tecniche di missione.

 

Il nostro obiettivo é di visitare le Comunità cattoliche della parte centrale del fiume Içà, lasciando per ora quelle che sono completamente Evangeliche o della Croce, un movimento fondamentalista nato da un missionario, fratel José, negli ultimi 40 anni, che ha percorso queste zone. Ci racconta un signore di 83 anni, che ha vissuto con lui diverso tempo, che irmão José diceva di venire da Minas Gerao, ma che la gente disse che veniva da Minas Gerais (uno stato brasiliano). Gli chiedo dove sarebbe questo Minas Gerao di cui non ho mai sentito parlare, e lui mi risponde con tutta serietà e serenità: in cielo! Le Comunità cattoliche che abbiamo in programma di visitare sono undici. Non vorrei stancarvi con un relato ripetitivo, ma credo sia importante uno sguardo complessivo di questa realtà che abbiamo incontrato.

La prima é la Comunità di Boa Vista, accolti bene dal cassique tikuna che mette a disposizione la chiesetta evangelica Battista per la celebrazione, visitiamo alcune famiglie di cui avevamo battezzato i figli nel novembre passato, e mi rendo conto che non hanno coscienza di essere cattolici, va bene tutto, così partecipano del culto battista che viene fatto da un dirigente locale, il frate passa solo tre volte all’anno, giusto per battezzare. Al mattino, aspettiamo quasi due ore, ma nessuno viene per la celebrazione della Messa, così salutiamo e ringraziamo i responsabili che ci hanno accolto e proseguiamo il viaggio.

 


La seconda è la Comunità di São Joao da Liberdade, la patrona era l’Immacolata Concezione, ma ci dicono che forse l’immagine della madonna è stata gettata nel fiume e comunque non c’é più. La famiglia che ci accoglie è forse l’ultima rimasta cattolica, le altre dopo un grande evento con un pastore dell’Assemblea di Dio venuto dalla città con molta gente, sono diventate evangeliche. Stanno anche costruendo una grande chiesa nel mezzo del paesino. Incontriamo il giovane dirigente della chiesa evangelica che ci disse esserci ancora alcune famiglie cattoliche che non si sono convertite e propone di celebrare la Messa tutti insieme alla sera nella scuola. Naturalmente la sera siamo pochi, una famiglia della chiesa evangelica “Dio é amore”, due famiglie della chiesa evangelica “Assemblea di Dio” e la nostra superstite famiglia cattolica. La celebrazione é stata bella e partecipata, tutti hanno fatto la comunione e ci salutiamo cordialmente. Nel prossimo viaggio decidiamo di celebrare nella casa della famiglia cattolica perché marito e moglie vogliono battezzare i due nipoti ormai grandicelli che loro hanno cresciuto visto che i genitori abitano a Manaus. Naturalmente la porta rimarrà aperta, vedremo se altre famiglie, che si dicono evangeliche, parteciperanno. Certamente in quel tempo sarà finita e inaugurata la grande chiesa.

 

La terza é la Comunità di São Cristóvão II, é composta da una unica grande famiglia: i nonni, i tre figli con le loro mogli e tanti nipoti. Incontriamo i tre fratelli e concordiamo con loro di celebrare alle 17, naturalmente nessuno dei tre si fa vedere, sono andati a pescare, ma ci sono le tre mogli e tutti i loro bambini. Una che è anche l’insegnante appartiene ad una chiesa orientale proveniente dalla Tailandia, le altre due dicono di appartenere alla chiesa della croce, ma di non partecipare perché troppo lontano, naturalmente tutte battezzate nella chiesa cattolica. Non celebriamo la Messa perché non ci sembra ci siano le minime condizioni, ma facciamo una celebrazione della Parola, con un buon dialogo tra di noi e sul Vangelo... tutti crediamo nel Signore Gesù. Lasciamo alcuni libri per la catechesi che le mamme si impegnano a fare in casa, una catechesi biblica sulla vita di Gesù basata sul Vangelo di Luca. Lasciamo anche il materiale per realizzare una celebrazione comunitaria della Parola, come avevamo appena fatto, ma difficilmente sarà possibile per la diversità di culto. Caramelle per i bambini e ci salutiamo cordialmente. Dirigendoci verso la nostra barca incontriamo uno dei giovani mariti e gli chiediamo di farci una canoa che vorremmo caricare sulla barca, lui prontamente si offre e al ritorno ci fermeremo a prenderla.

 

La quarta è la Comunità di Muinho. Dovuto al momento politico la Comunità sta rinnovando le case e vogliono costruire anche una scuola. Ci dicono di voler cambiare la patrona che era Santa Lucia, ma non sono ancora decisi sul nuovo patrono, sembra che una famiglia abbia fato una promessa per una guarigione e ogni hanno farà una grande festa in favore del santo che ha aiutato, ma per ora non c’è niente di definito, vedremo. Siamo bem accolti da tutte le persone presenti, la maggior parte cattoliche, solo una famiglia è della chiesa evangelica dell’Assemblea di Dio. Ci chiedono anche per battezzare due bambini che sono stati presentati in città nella chiesa evangelica, ma visto che c’è l’occasione del “frate” possiamo battezzarli... poi alla Messa questa famiglia non si presenta. Verso le cinque ci ritroviamo per l’Eucaristia, poche persone partecipano: due anziani, due uomini, quatro donne e tre bambini. Tutti gli altri che ci avevano accolto così cordialmente sono spariti. Sembra che pregare non sia cosa per i “maschi”. Quelli presenti, c’erano per causa di um battesimo dell’ultima ora. Ci comunicano che verrà il pastore dell’Assemblea di Dio e farà um grande culto, portando com sè più di cento persone... e pongono uma domanda: perchè noi cattolici partecipiamo alla loro preghiera e siamo accoglienti, mentre loro non vengono ai nostri incontri di preghiera?

 

La quinta è la Comunità di São Sebastiao I che si trova di fronte, sull’altra sponda del fiume, appena dieci minuti più avanti. La comunità è fatta di sole due case, due famiglie che però sono espressione di una grande fede. Ci chiedono di battezzare due bambini piccoli e quando chiedo il nome dei papà... c’è un momento di imbarazzo, non ci sono i papà, sono “figli del boto”, un grande pesce che assume la paternità di tutte le ragazze madri, e lungo il fiume ne incontriamo diverse. La celebrazione è molto partecipata, lasciamo gli strumenti per la catechesi dei bambini e per la celebrazione della Parola, anche alcuni libri di canto e, naturalmente, i rosari per tutti. Alla domanda: ma vi riunite alla sera o alla domenica per pregare insieme? La risposta è sempre la stessa: no, solo quando viene il missionario, che fino ad ora veniva tre volte all’anno!

 

La sesta è la Comunità di São Sebastiao II. Comunità indigna Kaichana, una comunità grande di più di dieci case, tutti partecipano della chiesa evangelica in città dell’Assemblea di Dio tradizionale. Solo la famiglia del signor Ciro è cattolica, ma non era presente, quindi salutiamo, e proseguiamo il nostro viaggio.

 

La settima è la Comunità di São Lázaro, comunità indígena Kocama. Qui tutte le famiglie sono cattoliche, c’era anche una chiesetta, ma ormai sono rimasti solo i ruderi... sempre promettono di ricostruirla, ma ad oggi ancora non si vedono i risultati... Celebriamo nella scuola con la partecipazione di tutti coloro che erano presenti nel villaggio, alcuni uomini erano fuori a pescare e sono arrivati verso la fine, scusandosi di non poter rimanere perchè dovevano subito pulire il pesce e metterlo sotto sale.

 


L’ottava è la Comunità di Boa União. O meglio, era la Comunità di Boa União, perché le poche famiglie si sono trasferite in città e sono rimaste le case vuote, vengono ogni tanto per piantare, specie quando l’acqua è bassa, è rimasta solo una famiglia che però appartiene alla chiesa della Croce. Lungo il cammino ci sono alcune piccole comunità interamente evangeliche, o dell’Assemblea di Dio o della Croce. In questo viaggio non ci siamo fermati. Continuiamo la navigazione per due ore e arriviamo alla prossima comunità. Lungo il cammino entriamo in un ‘paranà’ (piccole scorciatoie sul fiume che permettono di tagliare le curve e di abbreviare le distanze). Facciamo fática e rischiamo di incagliarci nella sabbia, ma vogliamo visitare la famiglia di Francisco che abita qui con la moglie e i suoi cinque figli. Fr. Gino nel suo ultimo viaggio ha realizzato il matrimonio di questa coppia e si è raccomandato di visitarli, e così abbiamo fato. Siamo arricati e ci hanno accolto quatro bambini, la figlia maggiore di sete anni e il piccolino che ancora prende il latte, di alcuni mesi. Chiediamo: dove sono mamma e papà? Il papà è fuori da due giorni a pescare, non è ancora tornato. La mamma è uscita presto con la canoa e una figlia di quatro anni (quella a cui la pirangna ha staccato due dita della mano sinistra) per cercare nella spiaggia uova di tracajá (tartarughe di circa 50 cm) perchè non c’è niente in casa. Offriamo um sacchetto di caramelle per la gioia dei bambini, raccomandandoci che ne lascino anche all’altra sorellina, e siamo sicuri che lo faranno. Mentre conversiamo vediamo avvicinarsi una canoa, è la mamma che rientra dopo cinque ore... non ha trovato niente, non ci sono uova sulla spiaggia! Ci salutiamo, lei mi riconosce subito, ero passato a novembre con fr. Gino. Conversiamo un po’ e le chiedo se accetta un poco di cibo, la metà di quello che abbiamo con noi sulla barca. Guardo Mosé, il mio compagno di viaggio che mi sorride... avevamo appena commentato che non sarebbe bastato per il viaggio di ritorno, ma Mosè è un provetto pescatore e non ci preoccupiamo. La mamma risponde prontamente: lo sai tu quello che vuoi e puoi fare... Così lasciamo il cibo per la gioia pacata di quella famiglia che ci chiede di non dimenticarci di loro e, sempre quando passiamo, di fermarci. Nel prossimo viaggio non potremo entrare nel paranà perchè sarà troppo secco, ma avremo una piccola canoa di tre metri e due remi... sarà una bella esperienza!

 

La nona è la Comunità di São Pedro, Comunità cattolica formata da sette case, anche se solo tre famiglie partecipano assiduamente. La sera celebriamo all’aperto, in compagnia di insetti e zanzare varie, al lume di candela e di alcune torce. Sono tutti presenti, tanti bambini, alcuni giovani, le donne e anche gli uomini. La celebrazione è bella e condivisa. Naturalmente al lume di candela non rimaniamo legati ai testi scritti, il Vangelo è raccontato e le varie preghiere sgorgano dal cuore, accompagnate da alcuni gesti. Insieme stendendo le mani come la comunità apostólica, invochiamo lo Spirito Santo sul pane e sul vino perchè siano per noi il corpo e il sangue del Signore Gesù, morto e risorto per la salvezza di tutti. Con lo stesso gesto partecipato invochiamo lo Spirito sulla Comunità riunita e anche su coloro che non sono presenti, perché si viva nell’unità e nella fraternità, per ricevere il dono della pace. La preghiera del popolo di Dio, il Padre Nostro e l’Ave Maria riesce a unire le voci di tutti in un unico coro. Abbiamo ringraziato il Padre per i suoi doni: la terra e la foresta, il fiume e i pesci, la pioggia e il sole, il lavoro dei campi e della pesca, la famiglia e la comunità. Lo abbiamo ringraziato specialmente per la fede e per il dono del suo Figlio che ci ha insegnato ad amare con la sua propria vita. Cantiamo un inno di gioia ripetendo alcuni ritornelli a guardiamo le stelle e la luna, signora della notte che risplende della luce del sole, sorella e imagine della Chiesa-Comunità che risplende della luce del Risorto. Prima di concludere la Messa condividiamo alcuni problemi della vita di chi vive sulle sponde del fiume, distante dalla così detta civiltà, spesso dimenticato da chi amministra... è tempo di elezioni politiche ed è importante usare bene del nostro diritto di cittadinanza e di democrazia, il voto. Ci affidiamo al Signore che tutto conosce e tutto può e chiediamo la Sua benedizione.

 


La decima è la Comunità di São Joao do lago grande, così chiamata perchè situata proprio all’ingresso di un grande lago creatosi lungo il corso del fiume, dovuto al suo continuo cambiare direzione. Mentre ci spostavamo da São Pedro a São Joao una anziana signora ci chiede se possiamo imprestare un po’ di benzina per il motore della sua canoa, era con un ragazzo e una bimba piccola. Ci scusiamo perchè abbiamo solo disel e non abbiamo benzina, lei ci sorride. Proverà ad andare con il poco carburante che è rimasto. Mentre risaliamo il fiume la incontriamo seduta sulla punta della canoa remando perchè il motore è morto. La invitiamo a salire con i due nipoti, leghiamo a traino la canoa e ci dirigiamo verso la Comunità. Scopriamo solo dopo che lei è il Cassique (responsabile) della Comunità di São Joao di lago grande. La Comunità è divisa: questa signora e i suoi figli, quatro famiglie, vogliono aderire alla chiesa della Croce, hanno già avuto la visita del pastore che ha lasciato “il calvário” e la foto di ir. Josè, il fondatore; ma le altre cinque famiglie non sono d’accordo. Lei dice perchè vogliono bere e divertirsi, ascoltare musica e danzare (la chiesa della Croce è fondamentalista e gli uomini vestono con giacca e cravatta e le donne usano il velo). Di fatto alla Messa vengono quasi tutti, tutti accettano il rosario e il libretto della catachesi, un papà molto giovane chiede se nella prossima Messa, quando ripasseremo, possiamo battezzare il suo primo figlio di pochi mesi. Naturalmente nessuno prega in casa e ancor meno insieme in comunità. La fede è qualcosa di molto intimo ed è vissuta individualmente. Condividiamo le solite caramelle che sono la gioia dei piccoli visto che non possono ricevere “la bolacha” che il prete dà agli adulti...

 

Finalmente, al ritorno, ci fermiamo nella Comunità di Nossa Senhora das Dores, l’undicesima, a cinque ore da Santo Antonio do Içà. È una comunità divisa, la metà sono della chiesa evangelica dell’Assemblea di Dio (perché il figlio di una signora è diácono di quella chiesa e viene a fare il culto ogni settimana), e l’altra metà sono cattolici. Salutiamo le donne della chiesa evangélica e ci chiedono se il prete fa battesimi e matrimoni, rispondo di si, ma le invito a rivolgersi alla loro chiesa... mi dicono che là è molto caro e non possono permetterselo. Poi una mamma mi presenta il caso di suo marito: è peruviano e stanno insieme da dieci anni, hanno già cinque figli; vorrebbe essere battezzato e vorrebbero sposarsi... per avere i documenti per la nazionalità brasiliana. Le ricordo che sono evangelici, ma lei mi risponde che è battezzata nella chiesa cattolica e c’è un solo Dio per tutti. Nel mentre vado a parlare con la parte cattolica della comunità e chiedo se vogliono celebrare l’Eucaristia verso sera, dormirei qui e domani riprendo il cammino di casa. Dopo una consulta tra i vari membri mi chiedono se fosse possibile più avanti per la festa della patrona, la Madonna Addolorata che inizia la domenica 6 settembre, fino al 15. Concordiamo per il pomeriggio del 6, è una domenica e ci saranno alcuni battesimi. Battezzeremo anche il papà peruviano di 36 anni. Il sei settembre inizieremo il terzo viaggio per concludere la visita delle famiglie fino ad Ipiranga il confine colombiano. Dormiremo qui la sera e il mattino presto partiremo per Ipiranga a 358 km dalla sede della parrocchia. Lasciamo alcuni ribretti per la catechesi biblica sulla vita di Gesù e le famiglie si impegnano a riunirsi la sera per leggere insieme la vita del Signore che il Vangelo di Luca ci riporta. Ci salutiamo e ci diamo appuntamento per la domenica pomeriggio quando sarà innalzato um grande palo (tipo albero della cuccagna) ricoperto di frutta, cocchi e altri doni e portando sulla cima la bandiera della Comunità dell’Addolorata. Saranno nove giorni di festa, qualche preghiera tradizionale e un grande banchetto finale, sacrificando il porco che è stato ingrassato per l’evento. Questa volta non potrò esserci il giorno della festa (mi perdo la porchetta), ma ci sarò all’apertura dei festeggiamenti in onore della Madonna.

 


Che dire! Fr. Gino ha fatto miracoli, per quarant’anni visitando questa gente e battezzando i loro bambini, realizando qualche matrimonio, visitando gli ammalati e portando alcuni aiuti specialmente nel campo della salute. Era la così detta “desobriga”. Molte più persone abitavano il fiume, era molto più popolato e fr. Gino ricordava a tutti che quando una famiglia si trasferisce in città non può portarsi dietro il pesce né l’orto e la terra da coltivare... solo la fame perchè in città la vita è più difficile. Ma l’esodo verso le città e i grandi centri è inevitabile e continuo, i giovani sono attratti dai diversi servizi e possibilità che la città offre, hanno voglia di incontrarsi con altri e la solitudine della riva del fiume, spesso senza energia elettrica né acqua in casa e nemmeno il gabinetto... diventa insopportabile.

 

Che fare! Forse ocorre um passo nuovo: passare dalla desobriga alla vita di Comunità; da una fede individuale a una fede condivisa e fraterna. Per questo ci vorrà tempo e formazione, affinché sorgano vari servizi e ministeri che rendano possibile una coscienza di essere Chiesa e la scelta di essere Comunità di fede. In dialogo con tutti e impegnata per un mondo giusto e fraterno.

 

Dio è uno solo, ma molti sono i cammini per andare verso di lui, forse dobbiamo scoprire e gioire del fatto che lui, il Signore e il Maestro, si è fato vicino a noi, Emmanuele, Dio-con-noi. Così la Chiesa cattolica potrà, se Dio vorrà, annunciare ancora una (la) Buona Notizia.

 

 

 

Gabriele Carlotti – missionário diocesano in Amazzonia

 

 

 

 

Festa del Creato, 1° settembre 2020

Cammini di libertà e di liberazione

  "La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". 
 Il Verbo continua a parlare nella storia e a servirsi di chi è ch...