Visualizzazione post con etichetta Amazzonia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Amazzonia. Mostra tutti i post

domenica 5 febbraio 2023

Lasciate che i bambini vengano a me

 



Gabriel Carlotti – missionario dell’Amazzonia

 

 

Anno Nuovo, vita nuova! Dopo nove giorni di navigazione siamo finalmente arrivati a casa: Manaus – Santo Antonio do Içá, 1.200 km risalendo il Rio delle Amazzoni. Avevamo le carte nautiche di vent’anni fa, che fr. Gino ci ha fornito, per orientarci sul fiume. Ci hanno aiutato molto a non perdere la rotta e anche ad approfittare dei ‘paranà’, le scorciatoie che si formano quando il fiume rompe le sponde e cambia il suo corso. In vent’anni alcune isole sono scomparse, letteralmente mangiate dall’acqua; altre si sono formate nell’accumularsi della sabbia e dei detriti. Ma il giorno 15, domenica, siamo finalmente arrivati alla nostra destinazione finale. Ora “Sempre Encontrando”, la nuova imbarcazione della parrocchia, è pronta per il suo viaggio di evangelizzazione. Così, il 24 gennaio siamo partiti con destinazione Ipiranga, avvisando le Comunità che al ritorno ci fermeremo per celebrare con loro la fede nel Signore Risorto e la Speranza di una vita giusta e fraterna. Arriviamo il venerdì pomeriggio e verso sera ci vengono a cercare alcuni bambini, quelli che lo scorso anno si sono preparati per la Prima Comunione. “Padre, c’è la Messa questa sera?”, mi chiedono. “No, domani sera alle 8 celebriamo la Messa nella cappellina, voi ci sarete?” rispondo. “Certo, che bello! Avvisiamo anche i nostri amici, ci vediamo domani sera, allora”.

 


 Durante il sabato visitiamo alcune famiglie, purtroppo dopo la partenza dei due militari che animavano le celebrazioni, la Comunità non si è più riunita. Incontro i bambini lungo le strade e. sorridenti, mi accompagnano; “Ci vediamo questa sera, allora, verrà anche quel giovane che suona la chitarra, così possiamo cantare…”. La sera siamo in pochi, ma loro, i bambini, ci sono tutti. È sempre bello celebrare con loro! Chiedo un piccolo impegno alla Comunità, due signore tengono già pulita la cappella, ora bisogna riprendere a celebrare, così chiedo ai bambini di venire la domenica sera e, assieme a due mamme che sono disponibili, pregare il rosario. È la preghiera semplice che tutti conoscono, ricominciamo dalla fede del popolo: pregare il rosario e leggere insieme il vangelo della domenica. “Sì, padre, noi ci saremo”. La semente è gettata, speriamo il bene! Anche nella Comunità di Nova Esperança sono i bimbi che ci accolgono gioiosi e ci prendono per mano. “Oggi il papà e la mamma si sposano, lo sai padre?” “Che bello!” rispondo, non lo sapevo, ma sono molto contento. Ci sono anche due battesimi di bambini, un ragazzo di 14 anni e… lo sposo. In verità era già battezzato e circonciso nella chiesa della croce, ma non costa nulla rinnovare il battesimo e completarlo con l’olio della fortezza e il crisma che ci configura a Cristo. Così, tra un canto e un segno di salvezza, celebriamo i battesimi e accogliamo la promessa di amore e fedeltà di chi ha già generato la vita e chiede la benedizione del Signore.  A São João do Lago grande non incontriamo nessuno, sono tutti andati a preparare la terra per piantare e torneranno solo fra due giorni. Un signore anziano ci accoglie e ci offre macaxeira e granoturco. La cena sarà più appetitosa: friggiamo la macaxeira che assomiglia alle patate fritte, e cuociamo il granoturco nuovo e dolce da sgranocchiare. A São Pedro, quindici bambini ci portano a casa della nonna, che non c’è perché è andata in città a prendere la pensione e a fare rifornimento di cibo. Poi arrivano due mamme e tre papà. “Oggi sono solo perché mia moglie è andata in città, tornerà fra tre giorni, speriamo che sia stato depositato il ‘reddito di cittadinanza’, perché in casa non c’è più niente, solo il pesce che peschiamo e ci alimenta”.

 


I bimbi non sanno il mese in cui siamo, non sanno quanti giorni ci sono in gennaio, non sanno neppure in che anno siamo, ma sono contenti di vederci e ci fanno festa. Preghiamo il Padre Nostro e l’Ave Maria, raccontiamo il vangelo della figlia di Giairo e della donna che viene curata perché tocca con fede il vestito di Gesù. Condividiamo i biscotti e le caramelle, poi noi adulti cominciamo a parlare… i bambini, piano piano, ci lasciano e si tuffano nel fiume, è l’ora del bagno per alleviare il calore del giorno. Arriviamo a São Lazaro, non c’è la luce perché il temporale ha fatto cadere una pianta sull’unico filo che porta energia. Non è un problema, alcune candele illuminano la nostra celebrazione questa sera. Ne approfitto per visitare la famiglia del professore, che ha finalmente costruito la sua casa. Mi avvicino alla porta e batto le mani per chiamare, subito arrivano due bambini piccoli, correndo, e scostano la tenda, perché ancora non c’è la porta. Poi arriva anche la moglie con un terzo bambino che sta allattando e mi invita ad entrare. Così mi accorgo che non solo manca la porta, ma anche le finestre, e la parete del fondo della casa è un telo di plastica. Chiaro, anche le pareti interne, per ora, sono fatte con materiale di fortuna, ma già delimitano gli spazi delle due camere, del soggiorno e della cucina. “Ciao, padre! Sei venuto a conoscere la nostra casa? Entra… ancora dobbiamo finire molte cose, ma per ora siamo contenti così, abbiamo un tetto sulla testa e ci siamo trasferiti dalla scuola alla ‘nostra’ casa. “Coraggio, piano piano riuscirete a portare a termine il vostro sogno, il più è fatto”, le rispondo. “Dov’è tuo marito?” le chiedo. “È andato a vedere la piantagione dall’altra parte del fiume, ma tornerà verso sera. C’è la Messa oggi?” “Sì, questa sera al lume di candela”. “Bene, faccio il bagno ai bimbi e ci prepariamo, grazie!” Così ritorniamo sulla barca per preparare la cena. Vedo arrivare il professore con la canoa, dall’altra parte del fiume e, ancora prima che si avvicini alla riva, ecco i suoi bambini corrergli incontro. È una festa! Lo prendono per mano e lo accompagnano a casa, dove la moglie lo aspetta per friggere il pesce che lui ha portato. Così mi vengono alla mente molte scene di pesca. Al mattino presto o verso sera, quando i pescatori ritornano, stanchi dalla lunga pesca, sono i loro bambini i primi ad accoglierli. Corrono gioiosi, schiamazzano e vanno subito a vedere se c’è pesce nella canoa, poi abbracciano il papà e cominciano a caricare tutto quello che possono e a portarlo a casa. Poi arriva la mamma con un grande cesto per caricare il pesce. Mi ricordo così della Parola del Signore: “Lasciate che i bambini vengano a me, non li allontanate, perché il Regno dei Cieli appartiene a chi è come loro”. E ancora: “Se non sarete come bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli”. Nella notte ripenso a questi incontri e lodo il Padre perché ha tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti, ma le ha fatte conoscere ai piccoli, perché così è piaciuto a Lui. E ci ha affidato la missione del suo figlio Gesù: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò ristoro… Perché il mio giogo è leggero e il mio carico è dolce”. Un’alba nuova sorge e un nuovo giorno ci invita alla vita. Buon cammino a tutti e un grande abbraccio nel sorriso e nella gioia dei bambini.

 

São Lazaro, 2 febbraio 2023 – Festa della presentazione al tempio di Gesù

venerdì 25 novembre 2022

Ripartire sempre …

 







 

Perché ripartire? Perché la “missione” è troppo importante per una Chiesa locale italiana. Il respiro di una Chiesa sorella, povera e giovane, è vitale per il nostro essere-chiesa missionaria qui sul nostro territorio e fra la nostra gente. Dopo 54 anni abbiamo lasciato la Missione in Bahia, perché ormai il clero locale era sufficiente, ma non potevamo chiuderci le orecchie e il cuore: la Chiesa dell’Amazzonia chiamava altre chiese sorelle, altri preti diocesani fidei donum, per il servizio dell’evangelizzazione tra i popoli originari, 180 popoli indigeni che vivono nella grande foresta. Così siamo ripartiti, impegnando la nostra Diocesi a proseguire questo cammino, fiduciosi e felici per aver mantenuta aperta la finestra della missione ad gentes sul mondo. Il Signore, come sempre, saprà essere generoso con chi dona con gioia.



Così da tre anni mi trovo nel cuore dell’Amazzonia, nella Diocesi dell’Alto Solimões, nella parrocchia di Santo Antonio di Lisbona che accompagna il corso del fiume Içà dal Rio delle Amazzoni fino al confine con la Colombia. Il fiume Içá, o Putumayo, segna- per un lungo tratto -  il confine tra Perù e Colombia, poi attraverso la Colombia entra in Brasile, percorrendo tutto il territorio della nostra parrocchia per poi gettarsi nel Rio Solimões (Rio delle Amazzoni): 358 Km da Ipiranga, sede di una caserma dell’esercito brasiliano sul confine con la Colombia, fino alla città di Santo Antonio ai margini del grande fiume.  Lungo il fiume ci sono diverse comunità ‘riberinhas’, alcune di indigeni Tikuna e Kokama.  Inizialmente erano tutte comunità cattoliche, oggi alcune sono evangeliche della Chiesa Battista, della Assemblea di Dio, altre della Chiesa della Croce (Cruzada), fondata da fratel José, un profeta itinerante che aveva scelto il fiume Içá come luogo privilegiato di salvezza; morto da pochi anni, il suo corpo è in una di queste comunità.

 Ci sono 55 comunità, alcune formate da poche famiglie, altre organizzate come “aldeias” e piccoli villaggi di un centinaio di persone, per un totale di 12.500 abitanti. Solo Betania si distingue con i suoi cinquemila abitanti, tutti Tikuna e protestanti della Chiesa Battista. I frati cappuccini hanno accompagnato la vita religiosa di questo popolo con il metodo della cosiddetta “desobriga”: arrivare una volta all’anno e celebrare tutti i sacramenti; finora non c’è stata la possibilità di una presenza che aiutasse a creare un senso di appartenenza con un minimo di organizzazione. Un popolo che professa la sua fede in Dio senza conoscerlo, ma confidando nella sua presenza e nel suo aiuto. Tutte le Chiese presenti nel nostro territorio parlano di Gesù e, per questo, le persone rimangono disorientate e passano da una confessione a un’altra; dipende dai missionari che arrivano nella comunità con l’offerta di una risposta alle loro necessità.



Dobbiamo dunque passare da una pastorale di semplice visita ad una pastorale di presenza; dalla ‘desobriga’ alla catechesi; dal fatalismo alla fede. Qualcuno conserva ancora le tradizioni religiose degli antenati, ma le nuove generazioni non conoscono più la sapienza degli anziani e neppure hanno avuto la possibilità di conoscere il Vangelo, abbandonando ogni pratica religiosa o lasciandosi influenzare dalla predicazione fondamentalista di chi vuole fare proseliti, o da un dilagante secolarismo, frutto della globalizzazione, già arrivata anche in foresta. Così, ci siamo messi in cammino, abbiamo visitato tutte le comunità e conosciuto ogni famiglia, e abbiamo constatato una grande fragilità nella coscienza di essere Chiesa a causa di un senso di abbandono.  Molti sono passati ad altre Chiese perché non hanno avuto nessun accompagnamento liturgico-catechetico o una semplice vita di comunità. Per ora, iniziamo accompagnando le comunità cattoliche, senza escludere nessuno e accettando con gioia la presenza di cristiani di altre confessioni nei nostri incontri e celebrazioni.

Abbiamo progettato due viaggi al mese, di dieci giorni, per essere presenti e celebrare l’eucaristia in tutte le comunità. Siamo alla ricerca di leaders per animare e presiedere la celebrazione domenicale della Parola di Dio. Durante i viaggi, un ministro laico, padre di famiglia e pescatore, mi accompagna e presiede la liturgia della Parola, come segno che tutti possiamo celebrare la fede in forza del nostro battesimo, e anche per incentivare la ministerialità.  Per ora, stiamo approfittando della celebrazione liturgica per fare una catechesi che coinvolga la vita delle persone. Il cammino è lento, come l’acqua del fiume, ma non si ferma. Alcune comunità hanno già iniziato a celebrare il giorno del Signore e condividono con noi le loro gioie e difficoltà. Altre ancora, non sono riuscite, per mancanza di persone, così ci sforziamo di offrire una certa formazione a chi si rende disponibile. Stiamo aiutando a ristrutturare le poche cappelle già esistenti, appena quattro, e aiutiamo altre comunità ad avere un luogo nel quale riunirsi per la preghiera e la condivisione della vita. Le case sono piccole e non sempre c’è la scuola nella “aldeia”; due delle nostre chiese servono anche come scuola per i bambini della comunità.

Crediamo che una presenza costante e rispettosa delle persone e delle tradizioni possa incentivare e promuovere una appartenenza alla Chiesa, come possibilità di dialogo fraterno con le altre confessioni religiose, che formano con noi l’unico Popolo di Dio. Ci sforziamo di essere attenti alle necessità vitali delle persone che incontriamo, come la casa e l’acqua da bere. I fiumi sono molto inquinati e l’estrazione di minerali come l’oro peggiora la situazione, così raccogliere l’acqua piovana è un grande aiuto. Per questo, ci siamo organizzati affinché tutte le famiglie avessero una piccola cisterna. Anche i tetti, in lamiera zincata, hanno spesso bisogno di manutenzione, così le comunità si organizzano per aiutare chi da solo non ce la fa. Piccoli segni di una Fede che cammina sempre unita alla Vita.



Siamo coscienti che abbiamo davanti un lungo cammino, ma sappiamo che lo Spirito soffia come e dove vuole e, per questo, cerchiamo di riconoscere la sua presenza nei poveri.  Sogniamo una Chiesa di Comunità Ecclesiali di Base, comunità fraterne che promuovano la vita e la speranza nella nostra cara Amazzonia. Una Chiesa dal volto amazzonico, edificata su quattro colonne: la parola condivisa, il pane spezzato, la carità e la missione. Una Chiesa che ha fiducia nei giovani e che sa riconoscere la presenza fondamentale delle donne, aperta a tutti i ministeri necessari per una vita di comunità; una Chiesa aperta al diaconato delle donne, come hanno richiesto i nostri vescovi riuniti a Santarém, celebrando i 50 anni della prima Conferenza dell’Amazzonia dopo il Concilio Vaticano II°.

Ogni giorno ringrazio per essere qui e camminare insieme a una Chiesa povera e fatta di poveri, una Chiesa tenace nella difesa dei diritti umani e del Creato, una Chiesa viva e capace di continuo cambiamento, una Chiesa giovane, non solo nell’età, ma anche nel cuore e nello spirito. Gabriel

 

giovedì 25 agosto 2022

Nostra Signora di Guadalupe: lavori in corso

 






Lettera dalla missione in Amazzonia, n.20. (25 Agosto 2022)

La comunità di NS di Guadalupe è una delle comunità cittadine, ma un po’ fuori dal centro, e già tra la vegetazione della foresta; la visione della natura affascina. Abbiamo due comunità vicine, San Salvador e San Gabriel; san Gabriel è quasi interamente abitata da famiglie della religione della Croce-Cruzada ( un misto tra cattolicesimo, evangelismo, ebraismo ma che si propone come la ultima e definitiva rivelazione di Dio); in San Salvador  ci sono protestanti e cattolici e la comunità è stata dedicata a Maria, NS di Guadalupe. Una ventina di famiglie, con le case in mezzo agli alberi ma anche vicine al fiume e non distanti dal paese. Una comunità di etnia indigena Kokama; poche famiglie ma che partecipano con fedeltà: circa 25-30 persone alla messa domenicale e una decina il venerdì quando facciamo la Lectio Divina. Per passare dalla città alla comunità bisogna attraversare due ponti di legno che erano malmessi, con le assi rotte o mancanti e pericolo soprattutto per i bambini.

Dopo sollecitazioni al sindaco da parte di don Gabriele Carlotti, un ponte è stato riparato (anche se ha già ceduto in un punto); per l’altro il responsabile della comunità (cacique) ha tentato di parlare con il sindaco ma non è stato ricevuto. Così, abbiamo deciso di aiutare la comunità a ricostruirsi il ponte, pagando il legname che serviva. E così, in gruppo hanno ricostruito la parte rovinata e pericolosa del ponte.


Inoltre, da tempo si parlava di rinnovare la cappella, che in effetti aveva bisogno di una sistemazione: il tetto doveva essere rifatto in toto; le travi di legno erano tutte piene di buchi; la cappella era aperta, con la impossibilità di lasciare dentro qualcosa perché ci sono sempre molti ladri in giro!  La facciata non aveva proprio l’aspetto di una cappella; abbiamo inoltre visto che si poteva ampliare un poco, cioè allungare di 3 metri, costruire una piccola sacristia- deposito, e una copertura a lato della cappella per eventuali incontri.  Abbiamo parlato con la comunità e fatto un progetto tentando di limitare le spese, ma in corso di opera appaiono nuove necessità: si scopre che non era state fatte fondamenta, i muri cioè poggiavano semplicemente sulla terra. E dunque bisogna rifare tutto, scavare le fondamenta, mettere il cemento e rifare tutti i muri… di fatto la costruzione di una nuova chiesa al posto della vecchia, e di uno spazio per incontri. 



Un lavoro necessario è stata la rimozione della terra addossata al retro della cappella per spostarla di fianco e costruire lo spazio per incontri.
In realtà, non sono grandi cose, ma siamo sul limitare della foresta, e la ruspa, la bitumiera, i camion non possono arrivare qui. Il trasporto per attraversare i ponti viene fatto a mano o con un piccolo automezzo a 3 ruote; scavare e trasportare la terra: tutto a mano, col badile. Nelle prime settimane la necessità di molti operai per questi lavori di base per poi continuare con qualche muratore più esperto e molti aiutanti.  Abbiamo dato lavoro a 30 persone della comunità (in maggioranza giovani); la comunità vive di pesca e qualche coltivazione per la sopravvivenza della famiglia, non hanno soldi, così stiamo costruendo con le offerte che ci arrivano dall’Italia tramite il Centro Missionario.



Cerco di far fare alla comunità anche qualche giorno di lavoro volontario, anche se non è molto facile perché il servizio gratuito non è un dato spontaneo…. Ma insisto nel proporlo. Ora che i muri sono stati innalzati, aspettiamo che arrivino da Manaus, via nave, le parti di ferro e alluminio per la copertura.  Per ora abbiamo speso 20.000reais per materiali (mattoni, cemento, sabbia, legname.) e 25.000 per i muratori e operai vari, circa 9.500 euro.  Dovrà arrivare tutto il materiale per il tetto (altri 20.000 reais) e il lavoro per la pavimentazione, la facciata con la torre per la campana, intonacare, imbiancare, mettere le porte e finestre e pensare alla sistemazione interna della cappella. Ci teniamo a portare avanti questo lavoro per dare comunque un riferimento a questa comunità piccola ma tra le più fedeli nella nostra parrocchia.  Gli spazi per la vita della comunità, come ben sapete, sono importanti, per questo ci stiamo dedicando alla costruzione di varie cappelle, anche per essere un segno visibile nei vari quartieri, accanto a innumerevoli cappelle dei gruppi evangelici neo-pentecostali.



Un caro saluto riconoscente, don Gabriele Burani, Santo Antonio do Içá – Amazonia

Brasile, 25 agosto 2022 

domenica 24 aprile 2022

Impressioni dopo il ritorno in diocesi durante il mese di marzo 2022

 



RITROVANDO REGGIO EMILIA


Ho passato il mese di marzo a Scandiano, con la mia famiglia, ma continuando un ‘vagabondaggio’ missionario, visitando molte parrocchie della diocesi, incontrando diverse persone.  È bello rivedere la famiglia e riunirsi dopo molto tempo, è bello ritrovare molti volti amici e comunità conosciute (e qualcuna nuova). Ho avuto modo di dialogare con il vescovo Giacomo, il vicario don Alberto, con don Pietro e la equipe del Centro Missionario: è importante mantenere un confronto aperto e costante per noi che viviamo così lontani.

Dopo pochi giorni dal mio arrivo sono giunte tante richieste: celebrazione delle messe, incontri sulla missione, visita ad alcune famiglie, incontri con alcune persone…. Questo per tutti i giorni della mia permanenza nel mese di marzo, tempo di quaresima, in particolare dedicato alle nostre missioni diocesane. (E non sono nemmeno riuscito ad arrivare in tutte le comunità e a incontrare tutte le persone che mi avevano contattato.)
Cosa pensare? Evidentemente una sensibilità missionaria nella nostra diocesi non è morta, forse solo affievolita rispetto agli anni passati.  Ho pensato che - malgrado tendenze mondiali a proteggere con la forza i propri spazi, a enfatizzare la propria identità nazionale anche contro gli altri, a costruire muri per difendere i propri privilegi, a non avere scrupoli nello sfruttamento degli altri-  ci sia nel cuore delle persone un grande desiderio di pace, di comunione, di giustizia, di fratellanza, che si manifesta anche in una necessaria apertura alla mondialità ( fraternità universale).  
 - Sono stato piacevolmente sorpreso dalle tante richieste ricevute per dare testimonianza della nostra presenza in Amazzonia;  credo ci sia anche la curiosità nei confronti di questa nuova esperienza missionaria, situata in un luogo di periferia da tanti punti di vista; un luogo di richiamo per le sue particolarità geografiche ma piuttosto sconosciuto riguardo la vita ecclesiale.



Ho notato interesse per le nostre attività e una sincera partecipazione, una disponibilità ad accompagnare e aiutare e questo è molto nobile e bello da parte della chiesa reggiana, e veramente tante persone hanno manifestato la loro vicinanza e amicizia. Un segno dello Spirito Santo, che tende a unire anche ció che sembra lontano, che crea comunione, e che spinge alla evangelizzazione.   Si, un segno dell’incontro con il Cristo Risorto e della presenza dello Spirito è la spinta alla evangelizzazione, il desiderio di annunciare la Parola di salvezza a tutti, senza confini, e che il Regno di Dio sia visibile già su questa terra.

Mi sono interrogato: come è possibile che con tutti i problemi che abbiamo in diocesi, che abbiamo in Italia e in Europa, ci sia una attenzione ad una povera missione nel cuore della Amazzonia? Probabilmente alcune comunità reggiane hanno maturato la consapevolezza che le missioni diocesane sono parte della pastorale ordinaria e che quindi tutti siamo partecipi della vocazione evangelizzatrice anche in terre che non corrispondono al territorio della provincia di Reggio.  A servizio della diocesi di Alto Solimões siamo per ora in due preti, non a titolo individuale, ma a nome di tutti voi! E in attesa di altri fratelli e sorelle disponibili a spendersi in questa terra per un periodo della propria vita.



Nelle mie visite nel reggiano ho incontrato comunità messe a prova dalla pandemia ( sinceramente ho provato fastidio per le liturgie ancora irrigidite dalle norme anti-Covid: la distanza, alcool di continuo, il green-pass, le maschere, vietati i contatti, non ci sono processioni alla presentazione dei doni e alla comunione: una liturgia innaturale, e spero si possa arrivare presto a cambiare e a umanizzare le celebrazioni - però non sono un medico e forse queste norme sono necessarie, anche se mi sembrano eccessive!-).
Ma credo che le comunità siano in difficoltà anche per altri motivi, e un sintomo tra i più evidenti è che gli adolescenti e i giovani sono poco presenti, sembra che la Chiesa non offra nulla di significativo per loro; certo, in qualche luogo i giovani ci  sono, forse dove si dà spazio all’ascolto dei loro vissuti e sensibilità e si fanno proposte chiare e evangeliche. Credo sia forte il desiderio di Dio nei giovani, e il Vangelo di Gesù è parola di salvezza per tutti ma dobbiamo imparare ad annunciarlo in modo significativo nella situazione storica attuale, lasciandoci guidare dallo Spirito e amando le persone così come sono, anche con gli errori e contraddizioni che ci caratterizzano. Mi chiedo: siamo una chiesa che sa accogliere gli adolescenti e giovani, che sa comunicare, che è appassionata e trasmette speranza?

-         Ho incontrato vari preti e diaconi, molto impegnati, perseveranti anche se denunciando stanchezze e qualche delusione. Qualcuno ammalato, molti anziani. Il nuovo vescovo Giacomo è stato accolto bene, e il suo stile amichevole, sereno e comunicativo sta aiutando il nostro clero a ritrovare uno spirito di comunione, la libertà di manifestarsi, di aiutare e essere aiutati dai confratelli. La presenza paterna e disponibile del vescovo è sempre desiderata dai preti e diaconi, che sono i primi collaboratori.

-         Incontrando il gruppo dei preti giovani, e in seguito i seminaristi, ho dato la mia testimonianza missionaria, desiderando anche suscitare nuove disponibilità per le missioni; e mi fa piacere che ci sia la libertà di interrogarsi riguardo questo tipo di chiamata.



-         Ho incontrato diverse persone desiderose di parlare, di confrontarsi, di sfogarsi, di chiedere consiglio; ciò conferma che la disponibilità dei preti e altri ministri ad incontrare le persone, a visitare le famiglie, ad ascoltare senza pregiudizi, è sempre un dato essenziale per il futuro della evangelizzazione.

-         Dovremmo però essere più liberi dagli eccessi burocratici- istituzionali per avere la calma e apertura per ascoltare con il cuore le persone.

Ringrazio tutti per gli incontri fatti in questo mese, per la partecipazione, l’interesse, l’amicizia e per gli aiuti che continuate ad offrirci per la missione amazzonica! Noi continueremo a comunicare con le nostre lettere e a leggere quelle che vorrete inviarci.
La animazione del Centro Missionario aiuterà a mantenere vivi i rapporti e a realizzare un nuovo modo di essere Chiesa nel nostro tempo, per una evangelizzazione efficace.
Rimane aperto un interrogativo, la cui risposta dipende dal contributo di tutti: quanto la Chiesa reggiana vuole continuare a impegnarsi per la missione in Amazzonia e per le missioni in generale? 

Don Gabriele Burani, Santo Antonio do Içà, 21 aprile 2022

 

 

martedì 16 novembre 2021

Vita di pescatori ...

 



  Gabriel Carlotti, missionario in Amazzonia.

Dopo due mesi e mezzo costretti a rimanere in città, a Santo Antonio do Içá, finalmente il 2 novembre, giorno festivo per la ricorrenza di tutti i morti, anniversario di due anni del nostro arrivo in questa parrocchia di Santo Antonio di Lisbona, finalmente ripartiamo. Segno bello di risurrezione: la vita è annuncio e missione; è ripartire sempre per andare verso l’altro, i fratelli e le sorelle con cui condividiamo il cammino e nei quali incontriamo il Mistero del ‘Totalmente Altro’. Così intimo a noi stessi da lasciarsi riconoscere nella bellezza di ogni incontro che ha sapore di umanità.

Ripartiamo perché il motore della barca ha ripreso a funzionare anche grazie alla solidarietà di persone e comunità reggiane che condividono e sostengono il cammino della missione. Visiteremo e celebreremo la vita insieme a 28 comunità: 25 lungo il fiume Içá e 3 sulle sponde del fiume Solimões, più conosciuto come Rio delle Amazzoni.

Già di ritorno dal confine colombiano, dopo aver celebrato nella comunità di Ipiranga, ci fermiamo a “Itu”. Mamma Eléna ci aspetta con le sue due figlie e i suoi molti bambini. Il marito è sdraiato sull’amaca perché sono alcuni giorni che ha la febbre molto alta, forse malaria, con aggravanti di vomito e dissenteria. Gli do alcune medicine per abbassare la temperatura e controllare vomito e diarrea; se questa notte non migliorerà domani dovrà affrontare un viaggio di quattro ore di canoa, probabilmente sotto la pioggia perché il cielo è cupo, per raggiungere il posto medico più vicino, a Villa Alterosa, chiamata anche Juí, dove riposa Irmão José fondatore della Chiesa della Croce, ultima chiamata per accedere al Cielo.



 Molte comunità lungo il fiume hanno lasciato la Chiesa Cattolica per seguire questo movimento fondamentalista che annuncia la fine imminente. Le necessità della vita così difficile e spesso abbandonata da tutti, tranne che da Dio, e la mancanza di catechesi, conoscenza ed esperienza di Chiesa, ha portato molti a seguire questo cammino segnato dalla testimonianza austera di Irmão José ormai sepolto nel paese da lui fondato, Villa Alterosa, già santo e in cielo secondo la fede di tante persone. Le Chiese Evangeliche e la Chiesa Cattolica sarebbero i due bracci orizzontali della croce che portano i fedeli alla vera Chiesa della Croce, ultimo cammino offerto per il paradiso.



Arriviamo nella comunità di Itu sotto una pioggia battente, riusciamo ad entrare con la barca tra un grande albero caduto sul fiume e una grande canoa carica di molto pesce. É un porto sicuro perché qui passeremo la notte. In questo periodo l’acqua è bassa e per raggiungere la casa dobbiamo affrontare la ‘scalata’ a una montagna di fango; i bambini si divertono a scivolare, noi un po’ meno, e aiutati dai cespugli di erba, piano piano, riusciamo a salire. A scendere, dicono, tutti i santi aiutano, e lo speriamo davvero! Come sempre qui la Messa è molto bella, la presenza di tanti bimbi e alcuni giovani venuti di canoa dal vicinato, rendono la celebrazione gioiosa, anche se nessuno conosce le risposte convenzionali della liturgia e i canti sono sostenuti solo da mamma Eléna e dalle sue due figlie. Per l’occasione anche una scimmietta, due cagnolini e alcuni pulcini rallegrano la preghiera, sempre molto partecipata col cuore e la vita. I bambini hanno adocchiato subito le caramelle sulla mensa e aspettano con ansia il canto finale. La scimmietta, ‘gabigou’ è il suo nome, prova ad anticipare, ma viene prontamente redarguita e si conforma.



Dopo la celebrazione salutiamo e scendiamo nella barca, stanno rientrando i pescatori, 2...3...4... canoe con Pirarucu, Pirapitinga, Surubì, Tucunaré...,  frutto della pesca notturna nei laghi che impreziosiscono il corso del fiume con la loro abbondanza di pesce. La pesca fuori dai laghi è più difficile e meno abbondante. Cinque bambini corrono all’incontro del papà, ancora molto giovane, ma già vedovo, e dei tre fratelli maggiori, adolescenti dai 16 ai 21 anni. È la gioia dell’incontro, che lascia subito il tempo al lavoro: bisogna pulire il pesce e passarlo nel sale perché possa resistere fino all’arrivo in città, dove sarà venduto. Tutti si danno da fare, i piccoli corrono a prendere i sacchetti di sale, i giovani, come esperti chirurghi, squartano i pesci e li preparano lavandoli accuratamente, il papà con mano veloce ed esperta passa il sale per garantire che la carne resista al tempo e al calore del giorno. Se ci fosse del ghiaccio tutto sarebbe più semplice, ma dove manca l’energia elettrica, questo rimane un sogno impossibile. Il sole è già tramontato, ma sulla barca a lato c’è ancora un grande movimento. Tutto il pesce è coperto con grandi teli plastici, bisogna pulire la barca e lasciarla pronta per il domani che sarà ancora un giorno di pesca. Tutti si lavano al fiume e lavano anche pantaloncini e magliette, indossando indumenti asciutti per la notte.



Con le torce sulla fronte li vedo mangiare qualcosa, pesce fritto con farina di mandioca e riso che mamma Eléna e le sue figlie hanno preparato con cura. Poi tutto tace e anche noi apriamo le nostre amache e ci prepariamo per la notte. Sono le 9 di sera. Mi chiedo come dormiranno visto che zanzare e papatacci nella notte sono più intraprendenti... Poi cullati dalle onde del fiume ci addormentiamo. Penso a Gesù che ha chiamato dei pescatori per essere i primi discepoli di una nuova avventura.

Mi sveglio alle 4:30, è ancora notte, il sole sorge puntuale alle 6 del mattino tra il tropico e l’equatore. Nella barca accanto c’è già gran movimento, i giovani preparano il materiale per la pesca e il papà controlla i piccoli motori delle canoe. I bambini dormono ancora tra un pesce salato e il caffè che mamma Eléna e le sue figlie hanno portato agli uomini. Tutto è pronto e si riparte per un nuovo giorno di pesca, il cielo è cupo, carico di pioggia, ma bisogna andare, i pesci aspettano e scivolando sull’acqua del fiume, riparati da un telo dall’acqua del cielo, questi uomini gettano ancora le reti. E mi ricordo le parole del Maestro: “Venite, vi farò pescatori di uomini”. Rimango ancora sull’amaca, cullata dalle onde, ormai non posso più dormire pensando a quei ragazzi gettando le reti, con fiducia che il duro lavoro porterà abbondanza di vita. Così è l’essere pescatori di uomini, e tutti lo siamo per la speranza del nostro battesimo, per la promessa della fede. Gettare la rete sempre, nei tempi di bonaccia e in quelli di tempesta. Lavorare tutti uniti, dal più piccolo al più grande, senza differenze, ma nella gioia di poter fare la nostra parte con tenacia e disponibilità. Senza stancarsi e senza lamentarsi, facendo nostre le parole di Pietro, il primo dei pescatori: “Signore, abbiamo pescato tutta la notte e non abbiamo preso niente, ma sulla tua Parla getterò la rete”.



 

Santo Antonio do Içá, 15 novembre 2021 – festa della proclamazione della Repubblica brasiliana

 

venerdì 30 luglio 2021

Un anno camminando insieme ...


 




26 luglio, il giorno dei nonni, dei Santi Gioacchino e Anna, i genitori di Maria, nonni di Gesù. Il pensiero va a Ziano, in Val di Fiemme, nel nostro Trentino dove siamo cresciuti nei campeggi parrocchiali, nell’esperienza di camminare insieme, perché tutti potessero arrivare alla meta, superando le difficoltà dei percorsi e le sfide che le Dolomiti, nella loro attraente bellezza, ci presentano. A Ziano la festa dei Santi Gioacchino e Anna era nel mezzo dei campeggi, opportunità per fermarsi, riflettere e riprendere il cammino.

Abbiamo appena lasciato la comunità di Moinho. Il fiume Içá fino a Moinho dipende dal Rio delle Amazzoni, l’acqua sta scendendo in fretta perché il grande fiume si sta abbassando di 30/40 cm al giorno, così l’acqua del nostro Içá corre più veloce del solito verso il mare. Dopo Moinho il nostro fiume dipende dalle Ande colombiane, l’acqua è più calma e ancora alta in tante località. La comunità di Moinho è già sulla terra asciutta, ma non sappiamo come troveremo la comunità di São João do Lago Grande, forse ancora allagata, verso sera lo scopriremo.

Abbiamo iniziato a conoscere il fiume e le Comunità nell’agosto del 2020, è già passato un anno e questo è il 24° viaggio missionario. Abbiamo imparato a riconoscere quando sta scoppiando un temporale, quando il vento si prende gioco della nostra piccola imbarcazione, quando il sole scalda fino a bagnarti completamente di sudore. Ora sappiamo dove ci sono le spiagge nascoste che tra pochi mesi cambieranno la fisionomia del fiume rendendolo più simile a un grande ‘kenion’ con argini profondi e rocciosi. Ora i pesci stanno facendo festa e giocano affiorando e accompagnandoci nel cammino, piccoli delfini grigi e grandi delfini rosa, i famosi “botos”, protagonisti di molte leggende amazzoniche.



E le nostre Comunità? Come stanno? Sono cresciute in umanità e fede in quest’anno? La nostra presenza e il nostro servizio pastorale è stato di aiuto o no? Come continuare il cammino? Che cosa ci dice il Vangelo? Sono molte domande, forse non tutte hanno una risposta chiara, ma è importante “pensare”, come diceva il card. Martini. È importante “discernere”, come ci ha insegnato Sant’Ignazio di Loyola e ci ripete spesso papa Francesco. Vedere la realtà, che precede sempre le nostre idee, ascoltare la Parola e le difficoltà incontrate, per trovare una nuova sintesi e fare scelte coerenti e coraggiose.

Quando siamo arrivati, il 1° novembre 2019, abbiamo trovato una situazione che ci ha lasciato un po’ perplessi. In città una Chiesa romanizzata, nelle vesti e nelle regole da osservare, dove tutto ruotava intorno alle devozioni familiari legate alle feste dei santi, e a novene e movimenti carismatici, incentivati dalle trasmissioni televisive. Una Chiesa che nel suo celebrare la fede imitava le chiese pentecostali, appoggiata ai favori dei politici e della classe benestante, dove a decidere se la festa del patrono era stata buona o no, era l’incasso ottenuto nell’animazione di lotterie, tombole e dalla vendita del cibo preparato per l’occasione. Sul grande fiume, visitato tre volte all’anno dal fedele francescano di ormai 80 anni, le Comunità senza possibilità di celebrare la fede perché prive di qualsiasi aiuto e fortemente tentate di passare ad altre chiese evangeliche o alla chiesa della croce, chiese fondamentaliste e pentecostali, che promettono prosperità e salvezza in cambio di penitenze e offerte.

Così abbiamo cominciato a camminare insieme, don Gabri in città e io lungo il fiume. Ricordando una parola chiave del vescovo Gilberto Baroni che parlando alla città, nella festa di San Prospero, disse che un cristiano deve tenere in una mano il Vangelo e nell’altra la Costituzione. Guidati dalla luce della Parola, per essere cittadini responsabili nella costruzione del Regno di Dio, di giustizia e di pace. Accompagnare le Comunità perché sappiano vivere con fiducia e nella fraternità. In questa nostra Amazzonia segnata dalla bellezza e dalla prosperità del Creato, ma anche dallo sfruttamento e dall’ingiustizia di una società capitalista nella quale il privilegio di chi domina nella politica e nell’economia, è la normalità. Qui la povertà e la miseria sono il frutto della corruzione, del ladrocinio istituzionalizzato e dello sfruttamento delle risorse naturali e umane.



Lascio a don Gabriele Burani, se vorrà, valutare il cammino cittadino, qui mi limito a sottolineare alcune linee di cambiamento di una “Chiesa di Comunità”, dove le devozioni personali e familiari, come anche i movimenti carismatici sono al servizio della vita fraterna e della carità. La centralità della Parola di Dio, anche se, purtroppo, non ancora desiderata e ricercata. Una Liturgia che sia espressione della vita e celebrazione della fede, non solo mossa dal sentimento, ma sostenuta da scelte concrete e coerenti con una vita di discepoli-missionari del Signore Gesù. La Carità come frutto privilegiato della fede. E finalmente, l’attenzione ai giovani e agli adolescenti che qui rappresentano il 70% della popolazione, e sono il futuro della Chiesa e della società.

Quanto alle piccole Comunità lungo il fiume, il primo passo è stato quello di “visitare” tutte le famiglie, “entrare” in tutte le case, “incontrare” tutte le persone. È stato un momento bello e importante, provocato dalla necessità di conoscere, ma che ha aperto la porta del cuore: “padre, nessuno prima era mai entrato in casa nostra, grazie!”, così spesso ci siamo sentiti accolti dalle famiglie. Il secondo passo è stato quello dell’accoglienza di tutti. Da chi segue le devozioni popolari a chi era passato ad altre chiese pentecostali o della croce; di chi non era ancora battezzato e di chi non era sposato e viveva già una seconda o terza unione. La Comunità della fede, la Chiesa del Signore accoglie tutti, specialmente coloro che si sentono esclusi e giudicati, cosa normale nelle altre espressioni religiose, e che ci ha conquistato il titolo di “cattolici peccatori”. Ma il Signore Gesù è venuto proprio per noi, non per i sani ma per i malati, non per chi si reputa santo ma per chi si riconosce peccatore. Il terzo passo è stato incentivare la celebrazione domenicale della Parola. Il prete può venire solo una volta al mese, ma noi possiamo celebrare la nostra fede ogni domenica, giorno della risurrezione, dell’ascolto della parola del Vangelo e della condivisione fraterna. Questo ha comportato un grande sforzo nella preparazione dei sussidi per le celebrazioni domenicali. Abbiamo offerto anche un aiuto didattico: libri di canto e registrazioni per imparare nuovi canti liturgici delle Comunità Ecclesiali di Base. Materiale per una catechesi fondata sulla Parola di Dio e il Vangelo in particolare. Piccoli rosari accompagnati dai testi biblici per pregare i misteri della vita del Signore Gesù. Normalmente la Celebrazione della Parola e anche dell’Eucaristia avvengono nella scuola o in casa. Solo tre Comunità avevano una piccola cappella. Così abbiamo incentivato, aiutando nel materiale di costruzione, a edificare un luogo che fosse segno della Comunità. Oggi ci sono nove cappelle finite e altre tre in progettazione. Sarebbe bello che ognuna delle 25 Comunità che accompagniamo avesse la propria chiesetta, ma il cammino è ancora lungo. Anche all’interno delle cappelle abbiamo messo alcuni segni: a) la tovaglia dell’altare con la scritta: Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, vieni Signore Gesù. Annunciamo la morte di colui che è vivo ed è il Signore perché risorto, e attendiamo il suo ritorno. b) la Bibbia sull’altare come segno di accoglienza di un Dio che ci rivolge la sua Parola. Bibbia che viene usata nelle celebrazioni, per la proclamazione del Vangelo e delle letture. c) due croci, una all’interno, dietro l’altare, e una davanti alla chiesa, pitturate di giallo – colore della luce, con la scritta: Gesù è risorto. La croce è vuota perché il Signore Gesù è vivo, è risorto. d) la campana di 15 kg che ci chiama alla preghiera comunitaria. e) in due comunità c’è anche il tabernacolo perché nella celebrazione domenicale della Parola, viene anche distribuita l’Eucaristia. Speriamo che un giorno, non troppo lontano, questo possa essere la normalità in tutte le comunità. L’ Eucaristia celebrata una volta al mese si prolunga nelle domeniche. Fino a quando la Chiesa scoprirà e abbraccerà una risposta adeguata alla mancanza dell’Eucaristia in molte Comunità ecclesiali.



 Nella comunità di Moinho, ieri, 25 del mese, abbiamo celebrato la Messa in una casa, presto inizieranno la costruzione della loro cappella. Qui anche le poche famiglie evangeliche partecipano insieme ai cattolici, per questo nella chiesa non metteremo nessuna immagine di santi, nel rispetto della loro sensibilità. L’unione della Comunità è più importante delle tradizioni specifiche, la Parola, l’Eucaristia e la Carità fraterna  rimangono il segno più grande della presenza del Risorto. Domenica sera mancavano alla celebrazione alcuni adulti e anziani, c’erano giovani e bambini, alcune mamme e i responsabili della Comunità, il cassique con la moglie, il professore e la sua seconda compagna, una coppia evangelica che anima il canto e la liturgia. Chiedo: “dove sono gli altri?”.  Mi risponde il cassique, un giovane di 27 anni con già cinque figli: “vedi padre, abbiamo avuto due giorni d’incontro per discutere molti problemi della nostra Comunità, e oggi, prima di concludere i lavori, abbiamo celebrato il culto, come tutte le domeniche. Credo che alcuni siano stanchi e, visto che avevamo già pregato insieme, questa sera hanno preferito riposare”. Gli rispondo che se avessi saputo, avrei anticipato il viaggio per essere presente, ma che ero molto contento del loro cammino di Comunità.

Da ultimo, abbiamo pensato a un piccolo segno della presenza del Signore e del servizio. Un segno liturgico di una veste bianca, col volto di Gesù, listata con disegni indigeni e alcune linee azzurre e verdi richiamando l’acqua del fiume e gli alberi della foresta. Nella Comunità che si riunisce, ascolta la Parola, condivide il pane della vita e vive l’amore fraterno, il Signore si fa presente tutti i giorni, fino alla fine del mondo.



Certo, nella costruzione del Regno di Dio, l’annuncio del Vangelo comprende la denuncia del male, in particolare ci siamo scontrati con la presenza del garimpo illegale di oro che inquina l’acqua del fiume e provoca la morte di pesci e il proliferare di malattie. Anche per questo ci stiamo preocupando con la distribuzione di casse per raccogliere l’acqua della pioggia e avere acqua da bere pulita e potabile. La denuncia di una politica federale e, conseguentemente anche statale e comunale, di smantellamento degli organi di controllo sulla foresta amazzonica e in difesa dei popoli indigeni. Così sono aumentate a dismisura le aree disboscate per la vendita di legname pregiato, per fare pascolo per l’allevamento di bestiame e per la monocultura su vasta scala. Come pure l’impunità per la pesca anche nei periodi proibiti per la preservazione del pesce, dell’estrazione indebita di oro e diamanti, come pure del traffico di droga proveniente dalla vicina Colombia e destinato alle grandi città e ai grandi mercati europei.

L’acqua del fiume corre verso il mare, a volte con una lentezza disarmante, ma senza mai fermarsi! Così è il Regno di Dio, di notte e di giorno, l’agricoltore non sa come, ma la semente cresce. E il piccolo grano di mostarda un giorno servirà di riparo affinché gli uccelli del cielo possano nidificare. Sono poche le Comunità che si incontrano fedelmente ogni domenica, 8 o 9 in tutto. Pochi gl’incontri di catechesi per i bambini, solo in 3 Comunità. Ma tutto è in movimento, non c’è più acqua stagnante.

L’immagine tradizionale dei Santi Gioacchino e Anna li rappresenta con la piccola Maria e una pergamena scritta che viene passata dai genitori alla figlia: c’è un progetto di vita. Così credo sia importante continuare con fedeltà il cammino di presenza e di fiducia che abbiamo iniziato. Che cosa ci dice il Vangelo di oggi? “Felici voi perché i vostri occhi vedono e le vostre orecchie ascoltano. Molti hanno desiderato, ma non hanno visto né ascoltato quello che voi vedete e udite”. Così il Signore ci invita a gioire e ad essere attenti all’oggi della sua presenza. Cosa fare allora? Ecco tre sentieri che proveremo a percorrere:



Perseverare senza stancarci e approfondire la nostra adesione al Vangelo. Non limitarci ai sacramenti, ma fare del momento liturgico anche una opportunità di catechesi. Proveremo a usare lo spazio della Liturgia della Parola, nella Messa e nelle celebrazioni, come spazio di approfondimento della fede che incontra la nostra vita. Proveremo a proporre e sostenere anche la catechesi dei bambini perché tutti possano partecipare pienamente dell’Eucaristia.

Incentivare la Comunità a prendersi cura dei suoi membri, specialmente dei più deboli e sofferenti. Cosa non scontata perché, spesso, in una situazione di povertà diffusa, vige il ‘si salvi chi può...’. ma il Vangelo ci ha insegnato che ‘o ci salviamo insieme o non si salva nessuno’. Così con l’aiuto della Caritas parrocchiale potremo imparare a prenderci cura delle situazioni più bisognose.

Realizzare un grande incontro dei responsabili di tutte le Comunità per una tre-giorni di confronto, studio e preghiera, per ascoltare tutti, discernere insieme e aiutarci a servire meglio la vita. Questo comporterà uno sforzo economico eccezionale perché sarà importante aiutare a pagare la benzina delle canoe che trasporteranno le persone dalle comunità alla città. Ma i soldi servono anche per questo, per rendere possibile un passo nuovo ritenuto importante nel cammino comune.

Chiediamo l’intercessione dei Santi Gioacchino e Anna che hanno saputo educare Maria nella fede affinché, come lei, anche noi e le nostre Comunità, sappiamo ascoltare ed accogliere la Parola dello Spirito. Noi vi custodiamo nel cuore, fiduciosi della vostra preghiera, perché il Signore Gesù sia tutto in tutti, e regni la pace!

 

 Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

Santo Antônio do Içá, Festa dei Santi Gioacchino e Anna, lunedì 26 luglio 2021

 

 

P.S.  Agli amici che ci accompagnano e ci sostengono, ai cristiani delle Unità Pastorali e ai fratelli e sorelle preti, seminaristi e religiose/i della nostra Chiesa locale di Reggio Emilia – Guastalla:

 

Dopo quasi due anni della nostra permanenza nella Missione Amazzonia, dopo 24 lettere dei viaggi missionari e alcune lettere della realtà cittadina, ci piacerebbe fare un passo nuovo di  “dialogo” : non basta raccontare e non basta ascoltare, è importante interagire.

 

Ci piacerebbe essere sollecitati dalle vostre domande sulla realtà che abbiamo condiviso con voi, ma anche sul senso della vita, sull’essere Chiesa, sui desideri e gli atteggiamenti, sulla Fede vissuta. Ci piacerebbe confrontarci sul cammino pastorale, sulle scelte fondamentali, sul servizio ai poveri. Ci piacerebbe condividere, senza giudizio, ma cercando insieme il cammino.

 

Quindi aspettiamo qualche vostra provocazione a  “pensare” ...

 

Grazie e buon ferragosto!                                           

martedì 6 luglio 2021

Beviamo l’acqua della pioggia

 

 

don Gabriele Carlotti

La parrocchia di Santo Antonio di Lisbona si trova nel comune di Santo Antonio do Içá, nel cuore dell’Amazzonia brasiliana. Appartiene alla Diocesi dell’Alto Solimões il cui vasto territorio, 131.000 kmq, è molto ricco e interessante dal punto di vista naturalistico, anche se spesso è sfruttato da potenze economiche straniere e anche locali. Nella nostra terra vivono diversi popoli indigeni, il più numeroso dei quali è il popolo Tikuna, ma abbiamo la presenza anche di Kocama e Caixana, oltre alla popolazione discendente di europei e proveniente da altri stati del Brasile.





Nella parrocchia abbiamo 8 comunità nei quartieri cittadini, 3 comunità sul fiume Solimões (Rio delle Amazzoni) e 25 comunità sul fiume Içá (il Rio Putumaio che entra in Brasile dalla Colombia). Oltre a queste comunità cattoliche, ci sono lungo il fiume Içá altre 26 comunità delle quali 6 evangeliche e 21 della chiesa della croce (nata nel secolo scorso dal missionario irmão José). Cercheremo di accompagnarle tutte per la difesa e promozione della vita, perché l’acqua è un bene e un diritto fondamentale di tutti. Il nostro Dio, il Dio della Vita, non fa differenze di religione!

Il Comune ha il 47,1% della sua popolazione lungo i fiumi, secondo i dati dell’ultimo censimento del 2010.

Secondo un articolo pubblicato nella “Revista Políticas Públicas & Cidades”, nel dicembre del 2017, la microregione dell’Alto Solimões ha il peggiore Indice di Sviluppo Umano (IDH) non solo dello stato dell’Amazzonia, ma del Brasile stesso.

Município

Ranking Nacional

IDH-M

IDH-M Renda

IDH-M Longevidade

IDH-M Educação

Atalaia do Norte

5563º

0,450

0,481

0,733

0,259

Sto. Antônio do Içá

5541º

0,490

0,438

0,759

0,353

São Paulo de Olivença

5453º

0,521

0,471

0,780

0,386

Tonantins

5225º

0,548

0,508

0,779

0,416

Benjamin Constant

4764º

0,574

0,526

0,763

0,471

Tabatinga

3771º

0,616

0,602

0,769

0,505

Amaturá

5049º

0,560

0,499

0,773

0,455

Jutaí

5477º

0,516

0,528

0,766

0,340

Fonte Boa

5394º

0,530

0,518

0,719

0,400

Índice de Desenvolvimento Humano Municipal (IDH-M), Microrregião do Alto Solimões.

 

Nonostante la ricchezza di acqua della foresta amazzonica, non è garantita la possibilità di acqua potabile e di qualità in tutte le nostre comunità, dovuta ai continui cambiamenti del livello dei fiumi nelle stagioni di piena e di grandi secche, come pure al fatto che la maggioranza della popolazione beve dell’acqua del fiume o dei ruscelli e dei pozzi, senza nessun trattamento.

L’alternativa a questa acqua inquinata, è la raccolta dell’acqua piovana.



Per questo, con l’intento di aiutare ad avere la disponibilità di un’acqua pulita e potabile, la nostra parrocchia, attraverso la solidarietà di amici e comunità italiane, offre ad ogni famiglia una cassa di 500 litri per raccogliere l’acqua della pioggia, usando il tetto di lamiera della propria casa. Siamo coscienti che questo non risolve tutti i problemi, perché è necessaria una educazione alla raccolta e al trattamento e conservazione dell’acqua piovana, affinché non sia contaminata. Sappiamo che governo municipale, statale e federale avrebbero la possibilità di risolvere il problema della mancanza di acqua potabile, purtroppo manca la volontà politica di farlo! E nel Brasile attuale, con il governo che abbiamo, una politica che difenda e promuova la vita è davvero lontana dalla realtà. È aumentato il disboscamento della foresta e il commercio illegale del legname pregiato, sono sostenuti i grandi allevamenti di bestiame che hanno bisogno di molti ettari di pascolo, come anche l’agro-negozio che favorisce la monocultura in larga scala. Anche l’industria della minerazione dell’oro e dei diamanti è cresciuta molto, pur nell’illegalità, visto che gli Organi di controllo del governo non funzionano o sono stati bloccati da una politica che favorisce i grandi investimenti a scapito della piccola proprietà e delle terre indigene, già riconosciute dalla costituzione federale. Sperando tempi migliori, la nostra gente si ammala e muore!



La scelta di agire per migliorare la qualità dell’acqua per consumo umano e domestico, nasce da un incontro con la comunità di São Pedro che si trova a metà del fiume Içá, a circa 180 km dalla città di Santo Antonio. Riporto quanto avevo raccontato nella lettera dell’8° viaggio:

....“Si, padre, il cassique ha avvisato per la Messa, ma ci sono molti ammalati, con febbre alta e diarrea”. Chiedo se sia malaria... no, perché non hanno i brividi e sudano molto. Chiedo che acqua bevono. Quella del fiume, mi risponde. Qui non ci sono igarapé (piccole sorgenti). Ma la trattate con il cloro...? no, è finito e qui non abbiamo nessuno della salute pubblica. Sono già stato a Juì (paese a cinque ore di canoa motorizzata), ma dicono che non possono darlo senza una richiesta del responsabile della salute... Mi ricordo, in questo momento di una frase ironica di fr. Gino, mio predecessore: “Bevete l’acqua del fiume, è così inquinata che anche i microbi e i batteri muoiono!”. Ricordandomi della mia Bahia chiedo: “Ma non potete usare l’acqua piovana? Qui piove spesso, quasi tutti i giorni...”. “Sarebbe bello, mi risponde, ma qui nessuno ha una cassa di plastica per raccogliere l’acqua, solo qualche pentola, ma finisce subito...“Incredibile, ma vero”, nel più grande bacino acquifero del mondo, l’Amazzonia, non c’è acqua pulita da bere! Il Vangelo di questa ultima domenica dell’anno liturgico ci coinvolge: “Avevo sete e mi avete dato da bere”. Così lascio alcune medicine per la febbre e la diarrea e chiedo quante case ci sono, mi rispondono cinque, bene proverò a cercare cinque casse da 500 litri ciascuna; voi pensate a come fare una specie di grondaia e al prossimo viaggio, il 12 dicembre 2020, ve le porto. Così, durante la notte, ripenso a quante famiglie devono affrontare questa situazione... Ripenso alle cisterne fatte nella secca Bahia e mi ripropongo di vedere, nei prossimi viaggi, la necessità concreta di acqua potabile, in questa Amazzonia dove piove tutti i giorni e i fiumi sono una ricchezza enorme di acqua dolce. Incredibile, ma vero!”.



Da questo incontro con la realtà nuda e cruda, ci siamo mossi per cercare aiuti per poter offrire a tutte le famiglie una cassa di 500 litri per raccogliere l’acqua della pioggia. Da quel momento abbiamo cominciato a preoccuparci con l’acqua da bere per le persone delle comunità lungo il fiume. Ad oggi abbiamo già distribuito circa 150 casse per raccogliere l’acqua piovana e continueremo, piano piano, tutti i mesi nei due viaggi missionari, a portare questo regalo alla nostra gente, fino a quando potremo farlo. 

Così la parola del Vangelo sarà accompagnata dall’acqua della vita. Solo nella comunità di Ipiranga, sul confine colombiano, abbiamo optato per fare tre riservatori comunitari di 4.000 litri ognuno. Per portare il materiale è stato fatto questo viaggio straordinario di quattro giorni, andata e ritorno sui 357 km che separano la città da Ipiranga. Abbiamo fatto questa scelta per completare un progetto già iniziato dai militari che avevano preparato alcuni riservatori comunitari per l’acqua piovana allo scopo di aiutare le famiglie. In questo modo il paese dovrebbe essere tutto servito da questi punti di raccolta e distribuzione dell’acqua da bere. Come ci ha insegnato Madre Teresa di Calcutta: “il mare e fatto di tante gocce, non facciamo mancare la nostra!”

Infine, la parrocchia ha preparato una piccola dispensa per aiutare le persone a conoscere come trattare l’acqua affinché sia potabile e di buona qualità, e come difendersi da eventuali malattie provenienti da un’acqua contaminata. Ringrazio Otilia che ha preparato il testo e Andrea che ha fatto i disegni, così importanti per comunicare con persone semi-analfabete. Questo ci darà l’occasione di dialogare su questo tema e rispondere ad eventuali dubbi o incertezze che possano sorgere. 

Le famiglie dovranno provvedere all’installazione delle grondaie in plastica e al supporto in legno per la cassa che raccoglie la pioggia. Sappiamo che non tutti lo faranno, ma preferiamo correre questo rischio per incentivare la responsabilità di ogni famiglia, proprio chiedendo questa loro minima collaborazione, coscienti che “è meglio insegnare a pescare, piuttosto che dare solo il pesce”.

Abbiamo anche la speranza che tutto questo movimento, che ha già fatto parlare nel Consiglio comunale della città, possa promuovere un maggiore impegno degli amministratori locali riguardo alla salute pubblica dei cittadini e al trattamento dell’acqua destinata all’uso domestico. Come diceva Francesco di Assisi: “Coraggio, andiamo a lavorare, perché ancora non abbiamo fatto niente...”. 

 

Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

Santo Antônio do Içá, festa degli apostoli Pietro e Paolo, domenica 04 luglio 2021


Cammini di libertà e di liberazione

  "La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". 
 Il Verbo continua a parlare nella storia e a servirsi di chi è ch...