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sabato 12 aprile 2025

AUGURI DI PASQUA DA BRASILIA

 



Ciao a tutti e tutte!

Continuo il mio viaggio in questa “città strana”, con il portoghese che timidamente sta iniziando a prendere un po’ di forma (con scivoloni evidentissimi…). Questo sta rendendo possibile la comunicazione fra noi corsisti e nel dialogo emergono cose belle: è un gruppo con una grande ricchezza umana e di fede.

La “città strana”, Brasilia. Domenica sono salito al terrazzo della Torre della TV (una mini-torre Eiffel), da dove ho potuto vedere e fotografare parte della struttura di questa città costruita a tavolino. Da qui nascono due storie, che hanno accompagnato un po’ questi giorni.

La prima la collochiamo dal lato rivolto al centro della città: i giardini, la Biblioteca nazionale, il Museo e la magnifica Cattedrale, tutti i ministeri e gli uffici amministrativi, le ambasciate, il Parlamento… fino alla residenza del presidente, il Palácio da Alvorada (Palazzo dell’Alba). Tutto armonico, con una rete di superstrade cittadine che indirizzano il traffico.  Tutto (apparentemente) perfetto.




Poi, ieri con un amico camminavo su una di queste strade, per raggiungere la libreria delle Paoline. Passando sotto un ponte lui mi ha fatto notare alcuni fori nei cassoni di sostegno della strada, sulle rampe di salita: passando la mattina presto lui stesso aveva visto persone uscire da questi fori. Poveri che per dormire hanno “fatto casa” nel cassone di cemento sotto il manto stradale. Nella stessa occasione aveva visto diverse persone che la notte dormono in tendine nei parchi, e la mattina presto smontano tutto e se ne vanno, per tornare la notte seguente. Segni di questi “accampamenti” li avevo visti anch’io nei viali alberati (molto belli) che scorrono fra le superstrade. Una altra cosa che mi ha colpito è stato vedere in pieno centro molte persone con cartelli “compro oro”: la situazione è chiara, l’oro si vende e compra dove da una parte ci sono debiti da sanare, dall’altra denaro sporco da ripulire…



Tutte queste cose, unite alla prostituzione notturna delle ragazze ed al carattere decadente di diversi palazzi, dicono una cosa chiara: Brasilia è una città con molte povertà, che però devono rimanere nascoste. È la città del Presidente, dei Ministri, dei capi del potentissimo Esercito, delle diverse autorità, dei monumenti futuristici e dei mega shopping con prezzi europei. Dietro a tutto questo però vive una rete di povertà che deve rimanere invisibile, nascondersi nei cassoni stradali o ripiegare le tende la mattina per non deturpare il bel paesaggio. Brasilia non ha favelas, ma è molto peggio: la favelas è una comunità ricca di umanità, qui pare che tutto avvenga nel nascondimento ed in una terribile solitudine che amplifica la povertà.

Torniamo alla Torre TV. Guardando dalla parte opposta mi si è aperto il cuore, perché ho visto quello che pareva un mercato all’aperto, un posto dove va la gente normale. Sono andato subito a vedere. Nella prima parte c’è realmente uno stupendo mercato di artigianato con box all’aperto. Ma l’insieme colorato che più mi aveva attirato era ben di più: da tutto il Brasile stavano arrivano indigeni per una grande manifestazione di una settimana, per farsi conoscere, incontrarsi e discutere, marciare nella città ed andare al Parlamento e dal Presidente per rivendicare il loro ruolo ed i loro diritti. In tutto sono arrivate circa 12.000 persone, alcune anche da S. Antonio do Iça, ed almeno 6.000 hanno marciato. Nella settimana sono tornato un paio di volte in questo ambiente colorato ed un po’ caotico.




Ma non si è trattato di folklore, perché le questioni sono reali e gravi. Il titolo era “Per il clima e l’Amazzonia la risposta siamo noi”: la necessità di essere riconosciuti e sostenuti per il ruolo fondamentale che, come popolazioni indigene, svolgono nella difesa e nel mantenimento della foresta amazzonica e delle tradizioni ad essa connesse. La foresta amazzonica è un bene per tutta l’umanità e le popolazioni indigene ne sono la custodia e la tutela.

Non si tratta di folklore. In settimana mi è capitato di ascoltare in internet un giovane storico, tra l’altro afrodiscendente, che contestava la scuola brasiliana perché insegna ai bambini che il territorio brasiliano è stato “occupato” e depredato dai portoghesi. Nella sua visione si tratta di un insegnamento fuorviante, non perché il territorio fosse vuoto, ma perché le popolazioni indigene erano “primitive” e prive di una forma statuale, quindi senza diritti sul territorio ed i suoi beni. I portoghesi avevano tutto il diritto di prendere l’oro ed altro, perché non essendoci un’autorità locale sul modello delle autorità europee nessuno era proprietario di nulla. 



Si tratta di un’equazione terribile, forse parzialmente comprensibile in un passato che non aveva coscienza storica, ma che non può certo giustificare i massacri avvenuti nel sud e nord America, come in Africa o altrove; sarebbe come dire che i nazisti non hanno colpe per il massacro degli ebrei, perché per la loro coscienza gli ebrei non erano uomini. 

Inoltre, è chiaro che questo storico parlava del passato per parlare del presente, per affermare che anche oggi le tribù indigene non hanno di fatto diritti sui territori della foresta e che questi possono essere sfruttati secondo gli interessi dei gruppi politici ed economici. La storia ritorna, e siamo sempre chiamati a scegliere da che parte stare.

Vi auguro una Settimana Santa ricca di provocazioni, che aiuti ad entrare nel mistero della Passione e Risurrezione avvenute una sola volta in Gesù, ma sempre presenti nella storia dell’uomo, anche oggi. Il Signore ci aiuti a contemplarlo crocifisso nei popoli massacrati della Palestina, dell’Ucraina, del Congo e di altre nazioni colpite dalla guerra, nel popolo dimenticato di Myanmar ed in tutti i popoli colpiti da disastri naturali e da povertà, nelle famiglie colpite da improvvisi licenziamenti dovuti a politiche economiche voraci, in tutti i sofferenti: solo così la Luce della Risurrezione potrà avere per noi un significato vero e potente.


mercoledì 21 luglio 2021

Un passo nuovo di ritorno alle origini ...


 


Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

 

Su tredici Comunità che abbiamo incontrato, solo in 6 ho potuto celebrare l’Eucaristia, il 50% sembrerebbe un buon risultato, ma se penso alle ore di viaggio, in questi nove giorni, allora mi chiedo il perché... e cosa stia mancando... quale passo sarebbe importante per rispondere a questa realtà? É già passato un anno da quando è arrivata la nostra barca e il prossimo viaggio del 24 luglio sarà il ventiquattresimo. Credo che nessuno prima di noi sia stato così presente lungo il fiume e nelle piccole comunità. Anche la nostra gente è un po’ spiazzata, non abituata a vedere il prete così spesso. Prima si lamentavano dell’assenza, ma ora sembra quasi che sia troppo, e manca l’attesa, il desiderio. Quando arrivo spesso mi sento dire: “C’è la messa oggi, si può battezzare? Perché il frate quando veniva ci avvisava risalendo il fiume e sapevamo il giorno in cui si fermava, quando scendeva”. E ogni volta li guardo sbigottito e sorridendo: “Ma, è un anno che vengo tutti i mesi e sempre lo stesso giorno, così sapete che quel giorno del mese il padre arriva, lo sapete un mese prima, e vi ho lasciato anche un foglio con la data e l’orario...” “Hai ragione, ma ci siamo dimenticati, chissà dove è finito il foglio...”. Così ogni volta mi rendo conto che il tempo è relativo e il calendario non esiste, se non per il giorno in cui si va in città a ritirare i soldi della pensione o degli aiuti del governo alle famiglie, giorno sacrosanto! Già è successo, e più di una volta, di arrivare in una comunità e non trovare nessuno, o solo una famiglia. “Ma dove sono andati tutti?” - “Sono scesi oggi in città per la pensione e la borsa-famiglia” - “ma sapevano che oggi c’era la messa della comunità, potevano andare domani... ho impiegato sette ore per arrivare in tempo!” - “ha ragione, padre, ma.... se vuole celebrare, noi ci siamo”. Così mi rendo conto che la vita di preghiera come momento comunitario è ancora un sogno. Sono poche le comunità che si riuniscono alla domenica per pregare e ascoltare insieme, condividere la Parola. In questo i nostri fratelli evangelici sono migliori e più fedeli al culto della loro chiesa! Mi rendo conto che il cammino è ancora lungo. Tutto questo non mette in dubbio la Fede personale, non il contenuto che è vicino allo zero, ma la fiducia in Dio e nella sua presenza e provvidenza. In questa materia le nuove generazioni sono molto più deboli degli anziani, questo ci fa pensare: come aiutarli?



Anche nei popoli indigeni, dove tutto è comune, questo aspetto della religiosità è sempre più segnato dall’individualismo, frutto prediletto di un certo sistema economico che ormai è davvero globalizzato. In almeno cinque comunità erano presenti quasi solo bambini, una ventina, e alcune mamme, così, prima della merenda, abbiamo preso spunto dal Vangelo e conversato sull’essere parte della famiglia di Gesù, suoi fratelli, sorelle e madre. E ci siamo chiesti dove sia, come chiamarlo nel bisogno, dove cercarlo... “Dì al mio popolo che non c’è bisogno che mi cerchino e mi chiamino: io sono colui che è sempre presente, io sarò lì al loro fianco, ho visto l’umiliazione del mio popolo, ho udito il loro lamento e sono venuto per liberarli... e mando te – questo è il mio nome”.  Così Mosè ci indica la strada, nell’andare incontro ai fratelli, nel fare con loro un cammino di liberazione e di libertà, incontreremo Dio, ci renderemo conto della sua presenza fedele. Così, un po’ improvvisato, con alcuni canti conosciuti, abbiamo vissuto un momento di catechesi che ci ha coinvolti e ha provocato interrogativi, risvegliando il desiderio di una vita fraterna perché amata e desiderata dal Signore. Poi abbiamo fatto merenda con i biscotti che avevamo portato, ed è stata una festa. I bambini riescono sempre a valorizzare la presenza e sono i primi ad accoglierci e gli ultimi a lasciarci andare. Certo Gesù ce lo aveva consigliato: “diventate come i bambini”. E aveva ragione, bambini non si nasce, ma si diventa. Forse questo voleva dirci quando ci ha chiesto di “rinascere dall’alto, dall’acqua e dallo Spirito”.



Quest’anno ci eravamo prefissati di celebrare tutti i mesi in tutte le comunità, per iniziare, aiutare e sostenere una vita fraterna. Qualcosa si è mosso: sette comunità celebrano la Parola alla domenica, due hanno anche la condivisione del pane eucaristico e in otto è stata costruita o ristrutturata la chiesetta, segno e luogo della Comunità. Ma non basta, è urgente evangelizzare! Così, per il prossimo anno, iniziando ad agosto, pensiamo di preparare una catechesi mensile, iniziare i nostri incontri comunitari attorno a un tema e alla Parola, in agosto pensavamo di parlare di Maria della sua figura di donna e giovane di fede, della sua libertà e della sua fiducia che la fa rischiare, del suo farsi discepola del proprio Figlio, visto che c’è la festa dell’Assunta e agosto è il mese vocazionale in tutto il Brasile. Poi sceglieremo altri temi: settembre la Parola, qui è il mese della bibbia, che il papa ha proposto per tutta la Chiesa; ottobre è il mese missionario e potremo approfondire il nostro essere discepoli-missionari, la missione come vita della Chiesa. Nelle comunità dove è possibile continueremo, dopo la catechesi, con l’offertorio e la parte eucaristica della messa; in altre ci limiteremo alla preghiera del Padre Nostro, dell’Ave Maria e della pace, condividendo i biscotti o altro che a volte le persone ci offrono. Evangelizzare mantenendo forte il legame Fede-Vita per riaccendere il desiderio di una vita fraterna. A questo mirano anche i segni di condivisione presenti, come il doposcuola in chiesa a Ipiranga, la distribuzione delle casse per l’acqua piovana, la denuncia dell’estrazione illegale dell’oro e il conseguente inquinamento del fiume, come pure la distribuzione di generi alimentari nelle situazioni familiari più difficili.   



Così era stato per il Vaticano II°: ritornare alle origini! Alla Parola per l’evangelizzazione dei poveri. Non dare più per scontata la tradizione cristiana, la conoscenza dei suoi contenuti che spesso non erano più vissuti, facendo scadere la Fede in ritualismo, ideologia o movimento religioso. O la Fede è la Vita e la Speranza di una persona che si riconosce parte di una Comunità, o non è Fede! È di questa coscienza e scelta libera, di questo desiderio del cuore che sentiamo il bisogno e intravediamo la forza dirompente. Pur nella coscienza che nulla è scontato. Anche nel Concilio la questione dei poveri e della povertà della Chiesa non ha avuto seguito! Eppure una liturgia vuota di povertà rimane un aborto! Al contrario, la scelta di una povertà dignitosa e fraterna è già una liturgia di lode che sa gridare per giustizia senza mai maledire, ma fiduciosa nel suo Signore.

L’evangelizzazione qui è stata, di fatto, una sacramentalizzazione. La gente chiede solo il battesimo, ma non c’è coscienza e volontà, desiderio di una vita fraterna di Comunità. E a peggiorare la situazione la ‘pratica’ religiosa si basa sulle feste dei santi una volta all’anno. Ma quando scatta il cambiamento le persone sono felici di essere parte di una nuova famiglia, la Comunità appunto, e si impegnano molto. Noi continuiamo a gettare la semente, a piantare e irrigare. Il Signore farà crescere. E altri raccoglieranno... tanto siamo in una ‘azienda familiare’ e tutto appartiene a tutti. O meglio, tutti amiamo lo stesso Signore, poniamo in lui la nostra fiducia e lavoriamo nel suo Regno di giustizia, di speranza e di pace!



Per inciso, credo che la situazione italiana non sia molto diversa nella sostanza, solo, a volte e sempre meno, si presenta meglio; allora se avete qualche suggerimento lo accogliamo con gioia e riconoscenza. Noi continuiamo a trasmettere e condividere la nostra esperienza e la bellezza che qui incontriamo nella vita dei poveri. Voi aiutateci a riflettere! Buon cammino a tutti!

 

Santo Antônio do Içá, Festa di Santa Maria Maddalena, giovedì 22 luglio 2021

 

AUGURI DI PASQUA DA BRASILIA

  Ciao a tutti e tutte! Continuo il mio viaggio in questa “città strana”, con il portoghese che timidamente sta iniziando a prendere un po’ ...