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lunedì 10 maggio 2021

I POVERI PIÚ POVERI E LA CARITAS AGLI INIZI

 



Santo Antonio do Içá- Amazonas.  10 Maggio 2021


Don Gabriele Burani

 

     Luisa vive sola con i suoi 5 figli, ancora piccoli, la figlia maggiore con i nonni; il marito è tossicodipendente e vive ‘no mato’, nella foresta, con altri tossici, uscendo in città qualche volta per rubare. Nessuno ha un lavoro, arriva qualche soldo dal sussidio dello stato per le famiglie più povere; qualcuno mi dice che forse anche lei era coinvolta nel traffico di droga…. Chi lo sa? Entro in casa e, a parte i bambini che giocano, non hanno quasi nulla. Il frigorifero quasi vuoto. Compro per lei alimenti per qualche giorno.
     Marisa vive vicino alla cappella di una comunità a maggioranza indigena, partecipa a tutte le liturgie e incontri, non sono mai entrato nella sua abitazione e non conosco da chi sia formata sia la sua famiglia; quando ci si incontra per la lettura della Parola il venerdì, mi chiede aiuto la sua famiglia. Qualche giorno dopo vado a visitarli, la casa semplice, di legno come le altre; il marito è in casa, non ha un lavoro fisso, va a pescare (nei periodi in cui si trova pesce…), avevano coltivazioni di frutta vicino a casa ma i ladri rubano tutto… ora stanno tentando in un terreno fuori dalla città, dall’altra sponda del fiume.  Ma quanti figli avete? Gli chiedo. In casa 9, il maggiore ha 18 anni,  il più piccolo ha quattro mesi,  e una figlia già sposata vive in una altra casa.   In cortile il fuoco acceso con pezzi di legno:” la bombola del gas è finita, non abbiamo i soldi per comprarne un’altra, il costo è cresciuto molto in questi mesi.”  Quando arrivo nella casa parrocchiale,  faccio arrivare loro la bombola di Gas, poi ci organizziamo per dare un pacco con generi alimentari, come ad altre famiglie.             

Leggendo le nostre lettere vi siete resi conto che la nostra parrocchia ( che equivale al territorio del municipio) è composta, in generale, di famiglie povere. La maggioranza delle persone  non ha un lavoro fisso, con un salario normale e libretto di lavoro regolare. Non so se arriva al 20% chi ha un impiego costante con libretto di lavoro.



   Come vivono? Molte famiglie con un sussidio dello stato per le famiglie che non hanno reddito, in base al numero di figli; un piccolo aiuto (chi ha 5 figli a carico può ricevere l’equivalente di 100euro mensili) ma importante. Poi si vive di pesca (quando è possibile pescare, quando si trova il pesce…) e il guadagno non è molto; e anche coltivando: banane, mandioca. Per tanti il lavoro è saltuario, a volte si viene chiamati per il lavoro di un giorno, alla fine del giorno si riceve il compenso e si spera nei prossimi giorni…. come nelle parabole di Gesù; ad esempio, un muratore può avere lavoro per qualche settimana poi mesi senza nulla.  

Siamo tra le zone del Brasile con il reddito più basso; molti hanno un casa per vivere perché è molto semplice: qualche asse di legno e una copertura di lamiera e si fa una casa; e chi non ha la propria vive con altri: a volte nella stessa casa vivono diverse famiglie, una famiglia per stanza e la cucina in comune.

Qui non ci sono mendicanti per strada come nelle città grandi (Manaus, ad esempio) -a parte qualche ubriaco che chiede qualcosa- ma moltissimi all’interno della propria casetta di legno non possiedono nulla o quasi.
Certo, abbiamo anche (pochissime)famiglie ricche e (qualcuna) di classe media, la maggioranza è nella fascia di povertà e una percentuale minore in situazione che si potrebbe dire di miseria.    E la vita nelle nostre comunità cattoliche?  Osservo che le nostre comunità hanno, per ora, prevalentemente -se non esclusivamente- celebrazioni liturgiche e tutto finisce lì.  E che i più poveri non partecipano alle nostre liturgie, o in genere alla vita parrocchiale.



  Qui non si è mai fatta  una attività caritativa sullo stile di Caritas e Centro di ascolto a cui siamo abituati in Italia; iniziative sporadiche si, ad esempio distribuzione di alimenti a Natale, o qualche aiuto alle famiglie che abitano lungo il fiume Içá, donazioni ai carcerati in occasione di qualche festa; comunque, in sintesi, i cattolici presenti nelle nostre assemblee  della città scarseggiano in missionarietà e attenzione ai più poveri ( questo quanto ho avuto modo di constatare fino ad ora).  Molti non hanno grandi possibilità di condivisione economica, ma lo spirito di Caritas non è solo l’aspetto di aiuto economico.

    Nella Assemblea parrocchiale è stata fatta la proposta di attivare in parrocchia una Caritas, cercando di spiegare che cosa significhi, con lo scopo di animare le comunità dei vari bairros.  Il problema del Coronavirus ha bloccato molte iniziative pastorali, molti hanno timore di uscire, di andare, di incontrare…   ma ora stiamo tentando, con tempi lenti e varie difficoltà, di uscire e ri-attivarci.

Nel mese di dicembre la diocesi ha ricevuto una donazione da parte di una ONG   per distribuire alimenti e abbiamo aiutato in parrocchia un centinaio di famiglie povere, e questo mi ha permesso di coinvolgere alcune persone per collaborare nel visitare le famiglie e conoscere le necessità reali.
  Ho chiesto alle comunità della città di darsi da fare per visitare le famiglie, conoscere quelle che hanno maggiori difficoltà per organizzarci e condividere per quanto possiamo; per il momento non si sono mossi molto: non si trovano facilmente persone disponibili e che si sentano responsabili per le attività parrocchiali.    In due delle otto comunità della città abbiamo iniziato una visita alle famiglie più povere con una piccola equipe. Ora abbiamo la possibilità di comprare generi alimentari per un buon numero di famiglie, grazie agli aiuti che ci state donando dall’Italia attraverso il Centro Missionario.
   Criterio per dare aiuti: le famiglie che non hanno lavoro fisso, non hanno pensioni, e vivono solo del piccolo aiuto del governo e eventuali lavoretti.  Una attenzione speciale alle famiglie con un solo genitore e figli; di solito madri senza padri ( il padre lascia la famiglia, o ragazze madri che non hanno mai vissuto con il compagno, o hanno il marito alcolizzato  che non si occupa della famiglia…).  



Per ora siamo noi a uscire dalla sede parrocchiale per visitare le famiglie, conoscere la loro situazione, e offrire aiuti a chi ci sembra più povero tra i poveri; sono poche le persone che arrivano alla nostra segreteria parrocchiale per parlare, per chiedere, non sono abituati e forse non conoscono la parrocchia, quindi noi andiamo, conversiamo, cerchiamo di capire la situazione, diamo indicazioni sulla vita della comunità per chi voglia iniziare a partecipare liturgia, catechesi, incontro biblico o quello che eventualmente si fa.

 In sostanza, una struttura Caritas ancora agli inizi, senza sapere se e come sapremo organizzarci per il futuro.  Quello che cerco di fare è coinvolgere qualche persona di ogni comunità per questo servizio, sperando che si sentano responsabili in modo continuativo, per accompagnare le famiglie che vivono situazioni di necessità più gravi. Ma anche aiutare le famiglie ad inserirsi nella comunità di fede; i più poveri si auto-escludono spesso.
  Venerdì scorso una giovane di 22 anni mi chiede un aiuto: ha quattro figli, il marito sarebbe muratore ma non ha lavoro; mi chiede anche per il battesimo dei figli. Le chiedo se sono cattolici o di una altra chiesa cristiana: sono cattolici.  Ma voi genitori siete battezzati? chiedo.  “No padre”, mi risponde. Perché non venite in chiesa e cominciate a partecipare alla eucaristia?  “Non ho i vestiti per la chiesa, tutti vengono con bei vestiti e io ho solo questa roba” indicando il suo vestitino logoro.  Non c’è bisogno di vestiti nuovi per la chiesa, le dico. “Ma io mi vergogno”; non so se è una scusa o è la verità; domani andrò a cercare dove abitano per conversare con calma e capire come accompagnarli.  Un grazie a tutti voi che dall’Italia ci state aiutando. 


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