Visualizzazione post con etichetta fede. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta fede. Mostra tutti i post

lunedì 16 giugno 2025

RITORNO A SANTO ANTONIO

 



Buona festa della Trinità a tutti e tutte!

Rieccomi a S. Antonio, in un “secondo arrivo” non meno significativo del primo. 

Il cambiamento da Brasilia è grande. È passare da una città con le persone che passeggiano con cani da compagnia, ad un’altra con cani sulle strade assieme a persone di compagnia; da una città piena di automobili con una o due persone a bordo, ad un'altra piena di moto con tre, quattro, cinque persone a bordo; da una città con strade senza buche ad un’altra con buche a volte senza strada;  da una città ove un’apparente ordine nasconde situazioni di grande caos morale e civile, ad un’altra ove un reale disordine custodisce vite dure ed a volte un po’ selvagge, ma custodi di una grande umanità. 

È indubbio che preferisco la seconda alla prima…


Un secondo arrivo, con una conoscenza iniziale della lingua che mi sta permettendo primi e timidi contatti con la popolazione ed una diversa relazione con la vita pastorale delle comunità. Del resto d. Gabriele stamattina è partito sul fiume e, dopo un giro a casa domani, martedì ripartirà per il giro completo. Ed io mi ritroverò, per la prima volta, a fare il parroco “brasiliano”. Di certo un po’ di ansia non manca, ma la gioia di poter iniziare è maggiore. 

Il primo compito sarà quello di continuare a studiare la lingua (ma ora mi sono tutti un po’ maestri: ascoltandoli imparo), il secondo quello di ascoltare molto, il terzo quello di iniziare a fare programmazioni ed avvisi… per i quali d. Gabriele mi ha “ceduto” tutto il materiale necessario. Vediamo come andrà, ma di certo andrà bene perché la chiesa è nelle mani del Signore.


I primi giorni del ritorno sono stati caratterizzati da ascolto, celebrazioni e festa.

Ascolto, perché sembra che le persone abbiamo capito subito che adesso un po’ li capisco ed hanno iniziato a parlare. L’incontro più interessante è stato al porto, dove un gruppetto di uomini mi ha riconosciuto e salutato. Il primo era un pescatore, di notevole tonnellaggio, che voleva illustrarmi un suo progetto: sinceramente non ci ho capito molto, ma forse nemmeno lui si è capito, perché era indubbiamente un po’ bevuto; poi un altro uomo, che dopo avermi raccontato l’educazione al bene ricevuta dalla nonna mi ha spiegato che lavorava in un garimpo illegale (quelli che cercano l’oro nel fiume), che aveva costruito il garimpo con grande cura, ma che ora lui ed il suo amico sono senza lavoro, perché è arrivato l’esercito facendo fuoco e sono dovuti scappare… La manovalanza di un crimine condotto da chi non rischia e guadagna. 

È stato interessante che sia il pescatore che il garimpero, probabilmente legati ad una chiesa evangelica, mi abbiano interrogato sul culto alle immagini e sul fatto che io non abbia moglie, mentre i pastori hanno famiglia. È interessante cogliere che gli evangelici riescono ad intercettare questa fascia della popolazione, mentre noi cattolici facciamo molta più fatica: non è certo perché gli evangelici siano più poveri o “evangelici”, ci sono chiese evangeliche che sono imperi economici, ma pare che il loro messaggio riesca a suscitare un interesse che noi facciamo fatica ad intercettare. Vedremo, intanto ascoltiamo.

Poi c’è stata la grande celebrazione di S. Antonio, davanti alla quale non c’è Natale o Pasqua che tenga. Tredici giorni di preparazione, poi la processione per il paese con la statua del Santo e la Messa con la chiesa stracolma di persone. La devozione è molto forte (ed in questo caso forse anche qualche evangelico non resiste alla tentazione di chiedere un aiutino al Santo…) ed aiuta a cogliere il modo di credere di questo popolo: una fede concreta, che non si stacca mai dalle problematiche quotidiane della vita, che chiede e cerca e vuole ottenere, che si affida e spera, che desidera un contatto concreto che si rende possibile in Maria, in Antonio ed in tutti i Santi. 

Una fede con mille “buchi”, ma che Gesù ha sempre accolto e benedetto, lasciando che le folle lo cercassero per vederlo, toccarlo, cercare una guarigione o un risanamento interiore… come la donna emorroissa: “se riuscirò a toccare la sua veste sarò guarita… Donna, la tua fede ti ha salvato”. 

Una fede da accogliere ed accompagnare, sapendo che quando si passa al “piano superiore” del dono di sé e della Croce e Risurrezione non tutti salgono la scala.


Ed infine la festa, in questi giorni abbondantissima e rumorosissima. La comunità cattolica era contenta perché la Prefettura aveva chiamato per un concerto anche un gruppo musicale cattolico. Anche questo per noi può essere difficile da capire, ma in un panorama dominato dalle chiese evangeliche e dai loro gruppi musicali, nel quale i cattolici spesso si sentono un po’ disprezzati, avere un concerto cattolico è stato un motivo di gioia ed anche un po’ di orgoglio. Il concerto è stato bello, vedere giovani ed adulti della parrocchia che cantavano e ballavano sereni è stato consolante. Il programma avrebbe previsto anche un momento finale di Adorazione Eucaristica… ma visto il contesto rumoroso e per nulla adatto della piazza sono riuscito a convincere il gruppo a desistere.

Mi ha fatto soffrire quando il cantante centrale del concerto ha iniziato la filippica dicendo che noi siamo “cattolici-apostolici-romani” e che siamo i “veri credenti” e che “nessuno è meglio di noi” e che “siamo quelli che crediamo di più in Maria” (falsissimo, gli orientali hanno una devozione molto più radicata…) e via dicendo… 

Purtroppo questi gruppi musicali sono spesso legati alla corrente del tradizionalismo – pentecostalismo cattolico, che anziché percorrere le vie evangeliche del dialogo e della valorizzazione promosse dal Concilio Vaticano II e da tutti papi successivi, si schierano in posizioni di orgogliosa contrapposizione, che hanno ben poco di evangelico. 

Anche questo è un aspetto importante della storia attuale della chiesa brasiliana, sul quale ci sarà da lavorare tanto. Di guerre ce ne sono già abbastanza, se aggiungiamo anche la guerra fra cristiani cattolici e cristiani evangelici le cose non possono che peggiorare.

La Santa Trinità, comunità d’amore nella differenza delle tre Persone Divine, ci aiuti ad essere uomini e donne di comunione!

Il Signore ci accompagni!

d. Paolo

venerdì 12 maggio 2023

RITORNO AL FUTURO

 




È un privilegio, una grazia speciale passare queste ore sulla barca, attraccare a un albero su una riva di un lago, di una palude, di un rivolo, lontano da qualsiasi abitazione, senza luce elettrica, senza i suoni stridenti della città, udendo solo il concerto di rospi e rane, orchestra di mille flauti e cicale, versi di uccelli notturni che non feriscono il silenzio. Trovarsi nel nulla del nulla. Gli alberi e le sponde diventano sempre più fitti man mano che ci si avvicina al confine colombiano e le case sempre più rare. Il vento culla le chiome frondose degli alberi centenari. Alcuni sono in fiore. Un luccicante giallo e un delicato lilla risaltano nel verde scuro. E le stelle, così vicine che sembra di poterle prendere con la mano, si specchiano nell’acqua come scintille silenziose e saltellanti. Che silenzio, profondo, misterioso, divino. La linea della foresta spacca l’orizzonte. Se non ci fossero gli alberi non distinguerei davvero l’acqua dal cielo.

Senza sosta andiamo visitando le varie comunità, senza far caso ai venti, alle piogge, alla piena e ai problemi che la barca ci dà. Alcune comunità ci attendono e ci accolgono, perfino con petardi e fuochi d’artificio, in altre si fa più fatica a incontrare le persone perché impegnate nel lavoro o nella pesca... L’attesa è già una questione spirituale. L’attendere è già una presenza.

I primi giorni in queste comunità ammetto di averli vissuti con molta urgenza di “dare in cambio qualcosa”: un racconto, un gioco, un dono… Ma presto sono arrivata a capire che questo baratto non è necessario. Stando insieme alle comunità capisco che è solo richiesto che IO SIA in ascolto con il cuore aperto. Importa solo il COME sei, il CHI non importa a nessuno.



C’è un verbo portoghese, “mergulhare” in acque profonde, ovvero andare sempre più in profondità a questa misteriosa esistenza. In pochi metri di foresta esiste un numero di specie, di animali e di piante e insetti maggiore che in tutta la fauna e flora europea. La natura sembra avere una propria intenzionalità. Questo popolo custodisce una sapienza antica e profonda che integra vita e morte, essere umano e natura, rende compatibili lavoro e divertimento, in sintonia tra cielo e terra. Una terra dove il mito non è racconto ma realtà, dove le storie quotidiane sono popolate di animali fantastici, dove i “pajè” (uomo del sacro e dei misteri capace di curare con le piante della foresta) custodiscono questa sapienza ancestrale. In questo senso, questo popolo è altamente civilizzato per quanto tecnologicamente primitivo. Qui l’invisibile fa parte del visibile.  

“Mergulhar na vida”, vuol dire però anche entrare sempre più in profondità in dinamiche di ingiustizia e corruzione disarmante.

Lo sfruttamento irrazionale della terra e del lavoro non riguarda solo il povero, ma anche la natura. Il protrarsi della devastazione delle foreste e della biodiversità mette in pericolo la vita di milioni di persone, in particolare quella dei giovani in cerca di futuro, che vengono spinti verso terre di bassa qualità o nelle grandi città, come Manaus, dove si trovano a vivere ammucchiati in miserevoli periferie rimanendo soli. La crisi culturale si manifesta da un lato come una crisi di senso e dall’altro come fondamentalismo, che si esprime nelle ramificazioni delle grandi religioni e nelle ideologie politiche. Il valore della vita è bassissimo: il credere superstizioso “nel paradiso” fa sì che la sofferenza, l’ingiustizia e la morte non vengano riconosciute come tali e non abbiano il loro spazio di comprensione. Il conflitto è quotidiano e spesso violento: genitori in lite con i figli, figli in lite con i cognati, mogli con le suocere, nonni che non vogliono che i padri incontrino i figli, le madri che lasciano i figli per relazioni con ragazzi più giovani. Relazioni che si alternano come si cambia un paio di ciabatte, bambini che spariscono, forse venduti al mercato internazionale di organi, cacciatori d’oro, abbandoni, incesti… E in tutto questo… L’omertà del popolo per non incorrere nel pettegolezzo.



Il maschilismo è fortissimo: le autorità proteggono e difendono il maschio. Tutto ruota attorno agli interessi di una potente oligarchia a caccia di guadagni immediati. I politici si scelgono in base a chi potrebbe vincere, non in base a chi si fa carico del bene per la tutta la comunità. C’è paura di denunciare. Perché ci si dovrebbe ribellare se poi non c’è un sistema che ti sostiene? Ciò che chiamiamo giustizia nei nostri paesi è una giustizia formale, lenta e costosissima, che opera lontano da luoghi come questo e non permette ai poveri, che non conoscono i sistemi legali e non riescono a pagare avvocati competenti, vedere garantiti i loro diritti minimi e riconoscerli come tali. Calunnie, diffamazioni, minacce di morte sono le armi che vengono utilizzate per chiudere la bocca a chi alza troppo la voce … Ma non si può tacere.  

Mi chiedo chi è povero. Lei, lui, o io? Loro non sanno né leggere né scrivere. Io ho due lauree, un master e diversi corsi di perfezionamento. Ma le persone che incontro qui sanno pescare, seminare, costruire, nuotare, leggere la natura meglio di me. Ci sono donne giovanissime capaci di tirare su 9 figli e rimanere bellissime. Come si misura la povertà? In intelligenza? In denaro? Forse la povertà si misura in termini di ingiustizia. La quantità di ingiustizia che deve vivere e sopportare una persona innocente. E quando queste ingiustizie sono considerate normali è il peggiore dei casi. È dunque questo che chiamano vocazione? La cosa che fai con gioia come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo? Se le comunità cominciassero insieme a fare una resistenza di massa, dire NO ai “garimpo” illegali (estrazione illegale dei minerali), allora forse smetterebbero. Lavoriamo sull’onestà.   

Questa terra è la concreta conseguenza di ciò che ha generato la logica del capitalismo: il lavoro è lavoro. I garimpero brasiliani cercano l’oro illegalmente a discapito dei governi europei. I poveri vengono sfruttati a rotazione come forza lavoro: si guadagna di più con l’oro che con la semina, ma a discapito degli altri. Ognuno pensa al proprio interesse, non al bene per la vita della comunità, del fiume e della foresta. Ed è anche questo il capitalismo: l’importante è che ci sia sempre un gruppo di lavoratori attivo e chi non ha un possedimento economico valido può soccombere perché è inutile alla società. L’accumulo di denaro, a cui si sacrifica tutto, a cominciare da se stessi, porta le persone a diventare sempre più insensibili nei confronti del prossimo perché questa schiavitù anestetizza la capacità di attenzione e compassione. E noi incontriamo queste famiglie, inventando riti e raccontando storie di resistenza, ingiustizia e libertà, da Gesù al Re Mida passando per fiabe africane. Siamo ridicoli? Forse. O forse no. Partendo dalla più grande storia di ingiustizia, un innocente messo in croce, ci diciamo che la morte non è mai l’ultima parola, e neanche l’ingiustizia, cerchiamo di far capire che il proprio interesse personale non può essere sempre e soltanto la cosa primaria. L’oro luccica, ma porta solo fame.



“Parli facile tu che sei ricco, ma io sono povera. È più importante il lavoro dell’amore.” Ma se il lavoro non ti gratifica, se degrada la tua salute, saccheggia la tua terra e la tua vita e se questo lavoro legittima la gerarchia e la corruzione, non è un lavoro. È sfruttamento. È schiavitù. La convinzione che l’unico miglioramento possibile sia quello individuale è una illusione. Il culto della carriera, la competizione con i colleghi, la ricerca ossessiva di gratificare i superiori ci rende divisi. E quando siamo divisi ogni nostro diritto è sotto attacco. Il lavoro migliora l’uomo e la vita con l’aiuto dell’altro e di una comunità, non con la corruzione e la disonestà.

Affinché ci possa essere parità e uguaglianza, è necessaria una Legge che sia garante di questi diritti e che venga rispettata da tutti. Se questa manca, allora mancherà sempre la giustizia in queste case. Non è facile, soprattutto quando si scopre che perfino le istituzioni più stimate sono corrotte, come ci racconta Gabri Carlotti nella sua ultima lettera. Violenza che genera violenza, morte che viene vendicata da altra morte (non ci sono statistiche affidabili sui casi di morte violenta). Sembra proprio che tutto questo non abbia fine.

Questa realtà ci sbatte in faccia l’effetto collaterale di questa nostra società che ci vuole divisi, nuclei, in conflitto. Una società che ci tiene insieme con la paura e ci dimentichiamo del valore della libertà. “Non abituatevi a tutto questo! Non abituatevi!”… Eppure continuo ad essere fermamente convinta che nessun potere, nessuna forza, nessuna ingiustizia può vincere sulla vitalità e sull’amore che una persona può vivere e donare, proprio perché unica irripetibile e capace di creatività. Queste persone non hanno potuto scegliere certo il loro destino, il luogo del mondo in cui nascere, o la famiglia sgangherata in cui crescere, ma possono e desiderano dare un senso alla loro vita e alla loro morte. E noi con loro. Non temere, ma continua a parlare e non tacere, perché io sono con te, risuona ancora la voce del profeta.

E mentre ci lasciamo alle spalle il confine colombiano prendendo la rotta verso Sant’Antonio, con un martello pneumatico di domande senza risposta nella testa, ancora una volta guardo il cielo: e la natura parla. Vedo due arare, sono uccelli con ali lunghe e strette che si vedono mentre si attraversa il fiume. Sono uccelli che volano sempre in coppia. Gabri mi racconta che una volta che si guardano, si scelgono e da quel momento volano per sempre insieme. Il loro volo si distingue dagli altri perché tracciano traiettorie sincroniche in parallelo. Le loro curve sono così perfette che sembrano lineari. La libertà del volo di una comincia con la libertà del volo dell'altra. E allora la natura risponde: sì, è possibile fare scelte coraggiose e rimanere nella semplicità. Riconoscere il sentimento, che sia rabbia o amore, riconoscerne il valore e scegliere che direzione darci. È possibile scegliere l’onestà e la libertà. Condivisa.



Lo stupore e la gioia più grandi sono proprio nel vedere la nascita di luoghi nuovi in questa terra. Se non c’è lo spazio, lo si crea. Dove c’è una urgenza, si risponde alla necessità. “Padre, vorremmo una chiesa in comunità!”, “Facciamola”. “Padre, non c’è una scuola!”, “ Vi aiutiamo”. “I garimpos ormai hanno avvelenato tutto il nostro lago”, “Avete bisogno di acqua? Vi diamo una cisterna con depuratore per l’acqua piovana, che è sicuramente più sana di quella del fiume”. I discorsi oggi dominanti affermano che non c’è alternativa al capitalismo, che le utopie non hanno più senso e che la storia è arrivata al capolinea. Sono discorsi di autogiustificazione e disperazione che infieriscono sui poveri! Generano pessimismo e depressione. La speranza nasce quando le vittime cominciano a parlare, ad agire, a organizzarsi per conto proprio; quando i missionari si fanno presenti in mezzo al popolo, rinunciando ai vantaggi della propria classe sociale, accompagnando i processi di organizzazione, aiutando a cancellare il sentimento di incapacità; quando si danno delle opportunità per essere un inizio nuovo. La speranza ci dà le ragioni e la forza per decidere tra un presente imprevedibile e sofferente e un esodo verso un futuro imprevedibile e rischioso. Vivere nella speranza ha i suoi rischi: esige presenza, visione e intervento. Siamo attori…sociali. Camminare, ascoltare e agire. È questo che mi insegna ancora l’Amazzonia. La fede, prima di essere teologia, prima di essere credo e religione, prima di essere filosofia, prima di essere cultura, prima di essere tutto quel bagaglio di conoscenza che se fine a se stessa non serve a nulla, è incontro e presenza.



Comunità di Vista Alegre, ultima notte in barca. Alle 4 del mattino sentiamo dei petardi e una barca, con le sue luci abbaglianti, ci sveglia. Ci alziamo tutti e tre per capire cosa sta succedendo. Sono arrivati degli uomini della comunità con il materiale per costruire la chiesa. Gabri si alza a guardare chi è: “Beh io non lavoro adesso… fanno poi loro…” e torna a letto esausto. Prima di richiudere gli occhi mi fa “é la vita mia cara…” e torna questo mantra. Rido. È la frase ricorrente in queste settimane. Ma ormai non si dorme più. Non siamo allenati come gli abitanti della foresta. Ci alziamo alle sei e riprendiamo il viaggio. Solchiamo il fiume. Alzando gli occhi non si vede il sole, ma i suoi raggi giocano con le foglie sui rami più alti. “Di tramonti ne vediamo tanti… ma di albe poche…”.  Tainà, dice Gabri. È la parola che si grida quando il sole sorge: vogliamo essere un mondo nuovo, né primo né terzo, un mondo secondo e fraterno. Si, è la vita.

Anna Chiara e Gabriel, missionari dell’Amazzonia

 

Santo Antonio do Içá, 12 maggio 2023 – mese di Maria e di tutte le mamme

 

sabato 3 ottobre 2020

LA FEDE DEI POVERI É IMMEDIATA




Pe Gabriel Carlotti

 

la gente ha una fede più semplice e immediata, vede e interpreta, quindi accetta tutto come "volontà di Dio", e non è superstizione.

Per esempio ieri un signore stava ritornando dalla città alla sua comunità perché sapeva che io sarei arrivato nel pomeriggio e voleva essere presente. Ha pregato perché il prete aspettasse il suo arrivo, e Dio ha mandato la pioggia perché la messa fosse solo la mattina seguente!!



Un grande temporale si è scatenato sul fiume e la sua nipotina ha tirato fuori dallo zaino una bottiglietta con acqua benedetta (nella precedente messa), e l'ha sparsa sull'acqua del fiume. Li abbiamo vista arrivare alla comunità, noi eravamo dentro la barca, incalzati da un nuvolone nero che faceva paura, hanno messo piede a terra e si è scatenato l'universo.... nella messa hanno ringraziato il buon Dio che ha trattenuto il temporale (e il prete) perché potessero arrivare e partecipare alla messa della comunità.



non credo che Dio parli solo nella sacra scrittura, .... si è incarnato! L'accoglienza del Vangelo ci aiuta a leggere "la vita" con occhi di fede,  così è nata la sacra scrittura e continua ad essere scritta nella vita della gente.

 La fede è più immediata....


RITORNO A SANTO ANTONIO

  Buona festa della Trinità a tutti e tutte! Rieccomi a S. Antonio, in un “secondo arrivo” non meno significativo del primo.  Il cambiamento...