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venerdì 12 maggio 2023

CEB : Comunità Ecclesiali di Base

 



Lettera dalla missione in Amazzonia.

Carissimi, molti ci chiedono: come sta andando la missione, cosa stiamo facendo... condivido con voi il contenuto principale della Assemblea Parrocchiale delle comunità della città. É un momento importante in cui si ascolta il percorso delle varie comunità (le luci e le ombre, le realtà positive e quelle negative) e insieme si cerca di dare un indirizzo al percorso della nostra Chiesa.   Per noi preti è importante ascoltare, capire, e anche proporre; il nostro sforzo in questi anni è stato quello di entrare in una realtà nuova; conoscere, condividere, ma anche con la responsabilità di annunciare il Vangelo con la sua carica di novità, di purificazione e a volte di rottura; accompagniamo il percorso della nostra gente, ma anche facciamo nuove proposte, o cambiamo qualcosa rispetto alle loro abitudini, accettando qualche opposizione e resistenza.
      Cosa abbiamo messo al centro questo anno? Il percorso delle Comunità Ecclesiali di Base (CEB); è la scelta di un modo di essere Chiesa, una scelta tra le altre possibili ma per noi con una forza particolare perché sottolineata fortemente nella Assemblea Diocesana e comunque da anni presente in Brasile (anche se non in tutte le diocesi, e non con la stessa forma). La nostra è una parrocchia formata da 8 comunità in città, 3 sul Rio delle Amazzoni (Solimões) e più di 20 sul Rio Içá.  La assemblea di domenica 30 aprile era per le comunità della città: comunità diverse tra loro (alcune abbastanza organizzate, altre ben poco, una ancora senza cappella o luogo di incontro). Perché abbiamo insistito sul cammino di CEB?



La storia della nostra parrocchia è quella di una chiesa centrale (Matriz di Santo Antonio) con alcune comunità che si sono formate nel tempo, ma la maggior parte delle attività erano al ‘centro’: catechesi, gestione economica, celebrazioni....  per molto tempo avevano solo un Ministro straordinario della Comunione. Negli ultimi anni abbiamo cercato di dare una maggiore autonomia alle comunità, considerando anche la comunità del centro come una tra le altre (ovviamente con qualche resistenza da parte dei parrocchiani del centro, che si sono visti impoveriti per certi aspetti).  Ci sono poi bairros (quartieri) senza alcun segno di vita della chiesa cattolica, e in questi bairros più periferici vorremmo iniziare qualche attività; grazie a due Missionarie che si sono stabilite qui da noi e Anna Chiara, una giovane di Sassuolo che per tre mesi condivide la nostra missione, in due bairros abbiamo iniziato attività di oratorio, con i bambini, al sabato e al centro attività di teatro coinvolgendo giovani della città.
- In genere le comunità della città erano\sono solo comunità liturgiche: si riunivano per la celebrazione della messa settimanale e per la festa del santo patrono.
 Ma la Comunità Ecclesiale di Base non è solo questo; ci si raduna per un ascolto più approfondito e condiviso della Sacra Scrittura, per una vita di amicizia e condivisione, e anche per affrontare i problemi sociali del quartiere; la Comunità di Base ha una valenza politica come esigenza naturale dell’essere discepoli di Gesù.  Abbiamo proposto _ e anche questa è una novità per loro- di formare gruppi di famiglie (5-6 famiglie) che si riuniscono stabilmente per una Lettura Spirituale della Scrittura, per una condivisione di vita, e per mantenere un dialogo anche sulla situazione della città. Gruppi stabili di famiglie e non solo incontri occasionali (come accade nel mese missionario, o nella novena di natale); vedremo come questa proposta si svilupperà!
Da un documento brasiliano sulle CEB, ho illustrato tre principi di base che orientano le nostre scelte.



1.      De-colonizzazione    La Chiesa è entrata in Amazzonia con un volto europeo (grazie agli ordini religiosi di origine europea) ma ora è possibile realizzare una vita di Chiesa con il volto amazzonico? Il sinodo sulla Amazzonia voluto da papa Francesco possiede questa valenza. É una questione molto aperta: come esprimere e vivere la fede considerando le tradizioni locali e non imponendo solo la forma romana del cattolicesimo? Ma anche: come affrontare la colonizzazione nord-americana che ci sta invadendo, soprattutto attraverso le numerose chiese neo-pentecostali?

 Anche a Reggio abbiamo bisogno di una de-colonizzazione; siamo eredi di forme di pensiero, di pregare, di celebrare, di catechizzare che erano valide nei secoli passati ma oggi? La colonizzazione del pensiero medievale e moderno (molto utile in epoche passate) rischia di ingabbiare la chiesa; come evangelizzare oggi senza esprimere semplicemente il fascino di qualcosa di arcaico?

- Non solo: dobbiamo accettare il pensiero post-moderno come un dogma e adeguarci? Si, i cristiani occidentali vivono nel mondo post-moderno e l’annuncio deve esprimersi nella cultura attuale. Ma la chiesa deve solo assumere le categorie del post-moderno (frammentazione, relativismo, pensiero debole, società liquida... ) e cercare di annunciare il vangelo di Gesù con queste categorie o può tentare strade diverse? É necessario incarnarsi nella cultura dominante ma con la libertà di non diventarne schiavi e quindi con possibili proposte alternative.



2.      De-centralizzazione.   Per noi qui a Santo Antonio significa attivare vita liturgica, catechetica, caritativa, di ascolto, di responsabilità... nelle varie comunità; avere una certa autonomia in tutte le comunità per rendere possibile una esperienza più personale: ci si conosce, si dialoga, si condivide.... la vita cristiana non si riduce a una partecipazione anonima alla messa domenicale.
 Una domanda che rimane aperta anche per la chiesa di Reggio; si formano le Unità Pastorali e si unificano le iniziative nel centro maggiore dove abita il parroco. Ma si potrebbe anche scegliere di mantenere vive le varie comunità anche se il parroco non è residente. Mantenere una presenza capillare; quando si centralizza troppo, si rischia l’anonimato dei partecipanti; diventa difficoltosa la esperienza di relazioni profonde, di comunione e condivisione.

3.      De-clericalizzazione.  Il terzo principio, ancora abbastanza difficile da assumere; in positivo significa riconoscere la dignità di tutti credenti in Cristo, di vivere insieme, di abituarci a decidere insieme, di incentivare la ministerialista dei laici. Il prete ha una responsabilità, ma non è la ‘pietra’ più importante dell’edificio- chiesa.: è come gli altri, ognuno con i propri carismi e ministeri. Non si tratta di una lotta di potere, ma di apprendere a lavorare insieme, con spirito di umiltà. Come preti potremmo continuare a metterci a servizio della formazione dei laici, per rapporti alla pari (senza annullare i ruoli specifici) in cui ci si aiuta a vicenda nel seguire Gesù Cristo.

In tutto il Brasile, e forse anche in Italia, la tendenza dei seminaristi e preti giovani è quella di una accentuazione del clericalismo; cercare privilegi, cercare potere, avere un ruolo per distinguersi dagli altri, entrare in una cerchia di persone superiori; cercare prestigio e ruoli appariscenti; amare i riflettori e presentarsi come ‘sacri’, a volte con la sfacciataggine di manipolare le persone.

Che lo Spirito rinnovi, purifichi le nostre comunità e ci renda semplici, capaci di comunione fraterna.


don Gabriele Burani

Santo Antonio do Içá – Amazonas, 11-05-2023

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