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sabato 31 maggio 2025

Per amare ed accogliere la nuova cultura dobbiamo amare e custodire la nostra

 



Ciao a tutti e tutte!

Ultime settimane a Brasilia: più volte mi è sembrato di avervi detto tutto quello che era dicibile da qui, ed invece c’è sempre qualcosa di nuovo che viene donato e che si può donare.

Quest’ultima parte del corso, unisce all’insegnamento della lingua incontri di formazione per aiutarci a comprendere la realtà nella quale andiamo ad inserirci ed il nostro compito, la nostra missione di annunciatori del Vangelo in un contesto storico e culturale ben determinato.

Vi riporto solo una cosa che ho raccolto, anche perché si collega a fatti di attualità italiana.

Abbiamo avuto un incontro con pe. Joachim Andare, missionario indiano in Brasile da 34 anni e professore universitario di antropologia, che ci ha parlato di “inculturazione e interculturalità”. È interessante che la lettura non è stata fatta dalla parte della nazione che accoglie, ma dalla parte dello straniero, che siamo noi missionari.

La questione era come considerare la nostra cultura di origine in rapporto alla nuova cultura nella quale ci stiamo inserendo, considerando che noi arriviamo come stranieri mediamente più ricchi e dotati delle popolazioni nelle quali siamo chiamati ad inserirci.

Innanzitutto, ci ha presentato un ventaglio di possibilità: da chi sta in missione anni, ma di fatto non si stacca mai da casa e vive nel nuovo contesto come un estraneo, a chi cerca di “cancellare” la sua identità originaria per immergersi completamente – e spesso un po’ ingenuamente – nella nuova cultura.

Ci ha quindi parlato di “interculturalità”, nome un po’ strano che significa la lenta e progressiva creazione di un qualcosa di nuovo in noi ed attorno a noi: essere chiaramente e coscientemente italiano, per poter accogliere ed amare la cultura brasiliana, che comunque non sarà mai la “mia” cultura. La cosa bella che ne esce, e che lui ci ha detto più volte, è che per amare ed accogliere la nuova cultura dobbiamo amare e custodire la nostra, in un incontro che può essere fecondo per l’Italia ed il Brasile, perché se ne esce entrambi un po’ cambiati, positivamente “contagiati” dall’altro. Lo diceva anche di lui stesso: sono qui da 34 anni e per quanto mi riguarda ci starò fino alla morte, ma sarò sempre un indiano che incontra ed ama il Brasile, non un brasiliano.

Ho letto questa cosa su di me e sui miei amici, ma l’ho letta anche dall’altra parte, pensando a chi arriva nel nostro paese.

Ho pensato quanto siano insensati i discorsi di “italianizzazione” che ogni tanto si sentono, un “devono diventare come noi” nel senso di dimenticare la loro origine e cultura. Invece, solo se potranno vivere e continuare ad amare la loro cultura, sentendosi profondamente accolti, potranno lentamente imparare ad amare anche la nostra e potranno nascere quei “nuovi italiani” che sono il futuro del paese (non è una tirata “caritatevole-moralistica”, i numeri sulla nostra natalità parlano chiaro…).

Ed allora, chiedendo perdono se per una volta esco dal confine brasiliano, “sentendo” le cose come italiano all’estero che non può esercitare il diritto di voto, in prospettiva dei prossimi referendum chiedo gentilmente a qualcuno di andare a votare anche per me, soprattutto sul referendum per semplificare le procedure per ottenere la cittadinanza. “Solo se amerete la vostra cultura potrete amare la cultura del Brasile” – “Solo se potranno amare e vivere la loro cultura potranno amare la cultura dell’Italia”. Solo se potranno vivere le tradizioni, i valori positivi, la religione nella quale sono nati e cresciuti potranno percepire positivamente il nostro paese, le nostre tradizioni, la nostra religione… e perché avvenga questo la cittadinanza è un requisito importante.

Quindi, grazie se votate anche per me.

 

Buona Ascensione del Signore!

Il Signore ci accompagni tutti e tutte!

RITORNO A SANTO ANTONIO

  Buona festa della Trinità a tutti e tutte! Rieccomi a S. Antonio, in un “secondo arrivo” non meno significativo del primo.  Il cambiamento...