Gabriele Carlotti –
missionário diocesano in Amazzonia
Dopo le elezioni
amministrative riprendiamo i nostri viaggi missionari. Il nuovo sindaco è uno
del partito repubblicano, quindi non molto di sinistra e abbastanza legato alla
classe dirigente. Comunque migliore del suo avversario che possiamo definire
del partito “opportunista”: è già stato sindaco per dodici anni e ha fatto ben
poco per la popolazione, specie per i più poveri. Si è limitato a distribuire
soldi per comprare voti e chiudere bocche che reclamavano. Il nuovo sindaco,
per i prossimi quattro o otto anni se sarà rieletto, é forse la persona più
ricca della città, commerciante che ha anche una impresa di costruzione e due
chiatte per trasportare merci da Manaus a qui, ogni mese. La sua é stata una
campagna politica abbastanza ‘pulita’, non ha fatto grandi promesse e, almeno
sembra, non ha comprato voti. Il suo discorso è stato questo:
“Non ho bisogno dei soldi del Comune, ne ho abbastanza
per me e per la mia famiglia, vorrei che fossero spesi bene per chi vuol lavorare
e quindi merita di avere un lavoro, e cominciando dai più poveri, cercherò di
amministrare per chi davvero ha bisogno. Non posso e non darò soldi a uno o
all’altro, aiuterò le comunità in quello di cui hanno più bisogno: casa, sanamento
basico, infrastrutture, scuola e salute”.
Così ha ripetuto anche nel suo primo discorso da sindaco eletto.
E così gli ho scritto un WhatsApp quella notte, ricordandogli le sue parole in
favore dei più poveri e assicurandogli il nostro accompagnamento che ad ogni occasione,
opportuna o non opportuna, gli ricorderà di questa parola data.
Così, passate le elezioni, riprendiamo il nostro viaggio missionario
diretti a Ipiranga, ultima comunità, posto militare sul confine colombiano. Ci
fermiamo a “Itu” a circa sette ore dal confine, arriviamo di notte con un
temporale che non consiglio a nessuno: cielo plumbeo, fulmini e tuoni, il fiume
agitato che si diverte a sballottare la barca e, dulcis in fundo, visibilità
zero per la pioggia scrosciante. Guidati dalle luci della comunità, approdiamo
e mettiamo in sicurezza la barca, ancora tremante per il forte vento. Bene, due
uova fritte e due salcicce, un succo di limone e sull’amaca per una notte di
meritato riposo. Il giorno dopo ci riuniamo con la comunità: due nonni con le tre
figlie sposate, una già vedova, e molti nipoti. Hanno anche un figlio piccolo,
portatore di Handicap, ma che tengono nascosto. Quando inizio la celebrazione
della Messa, nel tardo pomeriggio, arriva anche la famiglia vicina, un
colombiano con la moglie e i suoi sei figli, alcuni già grandi di 17/20 anni e
altri minori di 13/15 anni. É la festa di Cristo Re così chiedo ai bambini: Quando
finisce l’anno? Silenzio assoluto! In che mese siamo? Silenzio! Sapete quando
siete nati? Quanti anni avete? I volti smarriti. Il sorriso della mamma e lo
sguardo che dice: “Ma cosa ci chiedi... a cosa serve...?”. Volevo semplicemente
introdurre il tempo dell’Avvento come inizio di un nuovo anno liturgico in
preparazione alla festa del Natale... ma ho lasciato perdere. Così mi limito a
domandare: “Sapete quando è Natale quest’anno?” Provo ad aiutarli... “Alla fine
del prossimo mese, il 25 di.....?” Nessuno risponde, appena tanti sorrisi e
tanti occhi sgranati. “Ma sapete in che mese siamo?” Silenzio! Anche i ragazzi
grandi sembrano cadere dalle nuvole, chiedo se sanno leggere e scrivere...
“Poco e con difficoltà, abbiamo frequentato solo la 1° e la 2° serie. Normalmente
la scuola funziona una settimana o dieci giorni al mese, poi il professore va
in città per ricevere lo stipendio e si ferma un tempo in casa con la famiglia;
spesso non c’è la merenda che viene data dallo Stato, e così alle nove si ritorna
a casa... nessuno resiste a scuola senza mangiare! Ma la preghiera è stata
molto bella, partecipata e gioiosa. Anche i bimbi più piccoli si sforzavano di
rimanere svegli... per non perdere le caramelle e i biscotti alla fine della
celebrazione!
Nel viaggio di ritorno a “São João do lago grande”
troviamo solo la famiglia del professore, che si scusa perché non c’è nessuno,
sono andati tutti a pescare e torneranno solo domani dopo la notte di pesca.
Lasciamo i fogli che abbiamo preparato per le celebrazioni dell’Avvento e del
Natale e ricordiamo che passeremo il 25 nel pomeriggio per celebrare con loro
la festa del Natale.
Proseguiamo per la comunità di “São Pedro” a circa una ora e mezza di distanza. Scendo e incontro tre mamme, due stanno allattando i loro bambini e la terza pettinando la sua bimba. Saluto, sento come stanno, se c’è qualche ammalato nella comunità. Tutto bene, padre! Chiedo se sanno che oggi c’è la Messa, mi dicono di no, che non hanno sentito niente, ma il cassique sta in casa, lui deve sapere. Osservo i bimbi e tutti portano una piccola croce al collo, probabilmente sono simpatizzanti della ‘chiesa della croce’ o semplicemente la usano come protezione contro il male. Vado nella casa di Isaia, il cassique, la moglie è sdraiata sull’amaca, chiedo del marito, sta lì nell’altra stanza, vedo un’amaca appesa... aspetto un po’, ma solo silenzio... così saluto e vado in un’altra casa, piena di bambini. Il papà è sdraiato sul pavimento di assi, pancia in giù, non da segni di vita, i bimbi giocano saltando su di lui, saluto la mamma, sull’amaca, che ricambia gentilmente il saluto e... silenzio. Rimango ancora cinque minuti sulla soglia, poi vedo un uomo che sta preparando la ‘cuia’ per la sua canoa, così vado ad incontrarlo. “Si, padre, il cassique ha avvisato per la Messa, ma ci sono molti ammalati, con febbre alta e diarrea”. Chiedo se sia malaria... no, perché non hanno i brividi e sudano molto.
Chiedo che acqua bevono. Quella del fiume, mi risponde.
Qui non ci sono igarapé (piccole sorgenti). Ma la trattate con il cloro...? no,
è finito e qui non abbiamo nessuno della salute pubblica. Sono già stato a Juì
(paese a cinque ore di canoa motorizzata), ma dicono che non possono darlo
senza una richiesta del responsabile della salute... che qui non abbiamo. Mi
ricordo in questo momento di una frase ironica di fr. Gino, mio predecessore:
“Bevete l’acqua del fiume, è così inquinata che anche i microbi e i batteri
muoiono!”. Ricordandomi della mia Bahia chiedo: “Ma non potete usare l’acqua
piovana? Qui piove spesso, quasi tutti i giorni...”. “Sarebbe bello, mi risponde,
ma qui nessuno ha una cassa di plastica per raccogliere l’acqua, solo qualche
pentola, ma finisce subito. E i prossimi quattro anni saranno difficili perché
il nostro candidato ha perso...”. Rispondo che il nuovo sindaco ha detto che
non ci sarà persecuzione politica, ma aiuto per i più bisognosi, e che la
Chiesa proverà ad accompagnare questo processo. Ma so che lui ha ragione e non
sarà facile! Più tardi quest’uomo viene sulla barca e mi avvisa che la gente
vuole celebrare la Messa, alle 18, perché alla sera non c’è luce, è finita la
benzina e il motore non funziona... Mentre preparo l’occorrente per la
celebrazione e i biscotti per i bambini, penso tra me: “Incredibile, ma vero”,
nel più grande bacino acquifero del mondo, l’Amazzonia, non c’è acqua pulita da
bere! Il Vangelo di questa ultima domenica dell’anno liturgico ci coinvolge:
“Avevo sete e mi avete dato da bere”. Così lascio alcune medicine per la febbre
e la diarrea, e chiedo quante case ci sono, mi rispondono cinque, bene proverò
a cercare cinque casse da 500 litri ciascuna, voi pensate a come fare una
specie di grondaia e al prossimo viaggio, il 12 dicembre, ve le porto. Non
saranno di proprietà individuale, ma della comunità, non si possono vendere né
portare via, serviranno per voi e i vostri figli, per bere ‘acqua viva’.
Così, durante la notte, ripenso a quante famiglie devono
affrontare questa situazione... ripenso alle cisterne fatte nella secca Bahia e
mi ripropongo de vedere, nei prossimi viaggi, la necessità concreta di acqua
potabile, in questa Amazzonia dove piove tutti i giorni e i fiumi sono una
ricchezza enorme di acqua dolce. Incredibile, ma vero!
1° domenica di avvento, 29 novembre 2020
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