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lunedì 31 luglio 2023

Riconoscenza

 



Carissimi amici, vi scrivo per condividere la gioia della vita. Domani andrò nella Segreteria di Azione Sociale per farmi rilasciare il documento di anzianità: 60 anni compiuti. Qui in Brasile è importante perché c’è una legge che difende la dignità degli anziani, non solo gli riconosce il diritto alla pensione, ma anche la gratuità sui trasporti pubblici e la priorità nelle lunghe file negli uffici e nelle banche. Senza accorgermene ho raggiunto il significato del mio servizio: prete = presbitero = anziano. Alla scuola della vita impariamo a vivere.

La vita è la nostra grande maestra. Per questo, credo, che Gesù raccontasse spesso fatti di vita: il Regno dei Cieli è come il seminatore, la semente piccola, il lievito, il grano e la zizzania, il tesoro, la perla, la rete. Ormai da quattro anni, 21 in Brasile, mi trovo qui in Amazzonia. Un po’ fuori dal mondo, o forse al centro di un mondo nuovo. Nell’ultimo viaggio missionario la Comunità di Apaparì ci ha regalato un grosso pesce, un tambakì, e ci abbiamo mangiato per due giorni. L’amico colombiano ci ha dato parte del cerbiatto appena ucciso nella sua proprietà. Nella Comunità di Barro Alto quando siamo arrivati, stavano scuoiando due cinghiali, catturati vicino a una fonte d’acqua e hanno condiviso con lo stinco, parte pregiata. Nella notte, purtroppo, un bimbo piccolo è stato morsicato da uno scorpione, lo abbiamo medicato, ma il dolore è rimasto intenso e per molto tempo. Siamo poi arrivati a Mamurià e, dopo la messa, Assis mi annuncia, visibilmente contento: padre, oggi potrai provare una prelibatezza, scimmia bollita, e così, un poco titubante, apprezzo la carne scura di questo primate.



Nella Comunità di Nova Esperança c’è grande movimento, l’acqua del fiume che stava rapidamente scendendo si è fermata da due giorni e gli insetti hanno invaso i campi e le case. Non sono riuscito nemmeno a celebrare la messa, non avevo le calze per proteggermi e i piedi erano letteralmente martoriati dai morsi dei pappataci. Ma prima di ripartire, la nonna mi chiama e mi offre due grandi salsicce di carne scura; nella notte i nipoti avevano ucciso una grande Anta (una specie di asino selvatico), senza frigo perché non c’è energia elettrica, si cuoce la carne e si fanno insaccati. Così, mentre risaliamo sulla barca pensavo alla complicità tra Natura e Umanità, al respiro della vita. A quel tesoro nascosto nel campo che tante volte non riusciamo più a vedere perché abbiamo perso l’entusiasmo di cercare la bellezza di una perla di grande valore. Allora ancora mi domando quale sia l’autenticità della vita, dove sta correndo il nostro mondo frenetico e tecnologico, guerrafondaio. Cerco di lasciarmi coinvolgere dall’essenziale che dà il giusto valore al superfluo e che con gioia vende tutto per quel tesoro che ha trovato, per la luce di quella perla preziosa.



Nella prossima tappa ci aspettano quattro battesimi, in una Comunità dove i bambini non hanno ancora imparato a fare il segno della croce, ma sanno divertirsi con una palla di stoffa e sgranano gli occhi per pochi biscotti al cioccolato che giustificano il loro ‘sopportare’ la Messa dei grandi. Siamo ormai di ritorno verso la città, l’elica della barca ha toccato il fondo del fiume che sta rapidamente seccando, lasciando allo scoperto grandi banchi di sabbia dorata, tentazione per chi ancora cerca oro inquinando le acque e senza rendersi conto della sua inutilità: non serve come cibo, né per costruire le case, solo riempie gli occhi di chi si illude e attacca il cuore alla falsa ricchezza. In questi giorni è in atto una grande operazione della Polizia Federale, promossa dal governo Lula a salvaguardia dei popoli dell’Amazzonia. L’esercito brasiliano assieme ad un contingente colombiano e peruviano sono entrati nei territori del garimpo illegale, sul fiume Puretê, un affluente del rio Içá e stanno distruggendo le imbarcazioni per l’estrazione dell’oro e l’uso del mercurio. Nessuno parla, tutto tace, ma l’aria è molto pesante, c’è un senso di impotenza e di rabbia per chi vede sfuggire il sogno di ricchezza; un senso di giustizia e di liberazione per quanti costretti a subire le conseguenze di malattie provocate dall’acqua e dal pesce contaminati dal mercurio.



Arriveranno a breve cinque giovani inviati dal Centro Missionario Diocesano, che hanno scelto di “ascoltare” e di usare le loro vacanze per venire in Missione. Li aspettiamo con gioia perché possano fare esperienza del respiro della vita, del legame tra Natura e Umanità, perché sentano sulla loro pelle le ferite di un mondo diviso tra Nord e Sud, tra ricchi e poveri, tra bianchi e tutti gli altri…, sentano l’odore della morte provocata dall’ingiustizia di un sistema economico e politico preoccupato di accumulare ricchezza e capitale. Ma specialmente perché respirino a pieni polmoni la forza della vita che si fa resistente e sempre risorge. Ancora una volta chiediamo al Signore, come il giovane re Salomone, che ci insegni ad ascoltare per saper discernere tra il bene e il male, e usare del dono di una mente sapiente e intelligente. Al Signore che continua a chiederci: “Ma voi avete capito tutto questo?”, vogliamo rispondere “Si”, e tirar fuori dal nostro cuore cose nuove di pace, di giustizia, di perdono, di gratuità nell’amore, e cose vecchie di fedeltà e di perseveranza, per essere, anche oggi, suoi discepoli.  

 

Gabriel Carlotti, missionario dell’Amazzonia

Santo Antonio do Içá, 31 luglio 2023 – 60° della mia nascita    

venerdì 18 dicembre 2020

FESTA È... FESTA!


 

Una domanda che mi sento fare spesso: “Ma come vive la gente in Amazzonia?” e in particolare: “Com’è la vita di chi vive lungo il fiume?”. É difficile trovare la parola giusta, posso affermare che le persone vivono di “essenzialità”. Tutto è ridotto ad alcune azioni indispensabili per la sopravvivenza. Dove non c’è luce elettrica, ma anche dove è arrivata da poco, si dorme presto, alle otto di sera tutto tace. Ma la notte è movimentata, a tutte le ore qualcuno si alza, accende la sua lampada portatile, prepara la canoa e parte per la pesca.


Dormendo sulla barca, quindi sulla riva del fiume, mi sono reso conto di come gli uomini siano un tutt’uno con la pesca. Non c’è orario per partire. Chi va per mettere la rete in punti strategici, chi preferisce pescare con l’arpione per prendere pesci più grandi... e quando ritorni con la canoa piena, tutti accorrono, i bambini e le donne per pulire il pesce e metterlo sotto sale o nel ghiaccio contenuto in grosse casse di polistirolo. Il pesce grande e bello non viene mangiato, ma venduto al mercato, così si parte per affrontare cinque o sei ore di viaggio, a volte due giorni, e raggiungere il porto della città per vendere il pesce e comperare altri generi alimentari o vestiti... una birra con i compagni di pesca, poi si riparte. Il pesce che serve per colazione e per pranzo lo si pesca sul momento, è un pesce piccolo che non serve per il commercio. Solo la domenica non si esce per la pesca, è giorno di riposo e di divertimento, spesso si mette la musica a tutto volume e si improvvisa una festa.



Le donne sono le vere “padrone di casa”, sono loro a fare tutto, dal cibo alla pulizia e al prendersi cura dei numerosi figli nati da un gesto di affetto tra una pesca e l’altra, o in una notte di pioggia grossa, quando anche la luce elettrica non funziona e non si può distrarsi con il calcio alla televisione. Sono tanti bambini, tanti i papà forse troppo giovani, tante le ragazze ancora adolescenti e già mamme! Divertimento tipicamente maschile, oltre al calcio praticato anche dalle giovani ragazze, è la caccia. Si parte in gruppo, armati di fucile e machete e si rimane in foresta anche alcuni giorni, tra i pericoli dei serpenti e degli animali feroci, per portare a casa la carne di cinghiali, scimmie, coccodrilli, cerbiatti e altra selvaggina, che verrà messa sotto sale per conservarla. Le piantagioni di mandioca, granoturco, banane... sono di tutto il nucleo famigliare, anche i bambini collaborano, ma sono le donne che si prendono cura del raccolto.



Così la vita scorre, come il fiume, lenta e ripetitiva, ogni giorno per giungere il giorno successivo. Si costruiscono case in legno e canoe con una tecnica tramandata di padre in figlio. Mi diceva un vecchio Cassique che i bambini devono andare a scuola per imparare a leggere e scrivere, ma non per conoscere le cose che servono per vivere, queste le imparano fin da piccoli. Ogni bimbo conosce tutti i tipi di pesci che il papà pesca – pirarucu, tambaqui, jaraqui, piranha, ... – ma non sa scrivere il loro nome e se vede un nome scritto non sa identificare a quale pesce si riferisce. Quindi, la scuola deve insegnare a dare un nome alle cose che la vita ha già insegnato e che gli adulti hanno trasmesso ai più giovani. La vita è dura per chi ogni giorno vive senza sicurezze, ma dipendendo dalla generosità della natura e dal frutto del proprio lavoro. In questa logica non esiste il concetto di “risparmio” e ancora meno di “accumulo”. Non si possiede niente se non ciò che si consuma per vivere.


Nella comunità União da Boa Fè, dopo la messa ci invitano sempre a pranzo, ma l’ultima volta c’era un certo disagio: “padre, abbiamo un pesce che ci hanno lasciato i nostri figli, scesi in città, ma il riso è finito e fino al loro ritorno è solo pesce e farina di mandioca...”; “grazie questo pesce è buonissimo e la farina aiuta ad apprezzarne il sapore”. Anche i bimbi si sono precipitati a spolpare il pesce, agilissimi nel togliere le lische, senza nessun imbarazzo, quasi per gioco, rubandosi con le mani i pezzi più grandi. Sul tavolo un contenitore con l’acqua e un unico bicchiere per chi volesse bere.

Passando nelle comunità di Nova Canaã e Novo Pendão non troviamo nessuno, le case chiuse. Ma dove sono andati? Sapevano che sarei passato oggi, abbiamo lasciato la data segnata già dal mese passato... e ci vogliono un giorno e mezzo di navigazione per arrivare fin qua! Porto la comunione eucaristica a due anziani peruviani che vivono sull’altra sponda del fiume, i loro figli e nipoti sono tutti della chiesa evangelica Assemblea di Dio, ma loro non lasciano la chiesa cattolica dove sono nati e sono stati battezzati. Così, ogni volta che passo porto loro la comunione e anche i numerosi nipoti che scorrazzano intorno a casa, entrano e pregano con noi: leggiamo il Vangelo, preghiamo per le persone, invochiamo lo Spirito Santo su tutti e chiediamo la protezione di Maria per piccoli e grandi. Poi, condividiamo il Pane della Vita e, con i piccoli, qualche biscotto e caramelle sempre attese e gradite. Mi dicono: “padre, non c’è nessuno, sono andati tutti alla festa della comunità di Santa Terezinha, una comunità non cattolica, ma della cruzada che oggi ricorda il giorno del suo inizio, quando il pastore ha piantato la croce, dando inizio al cammino della chiesa”. Festa, è festa. Non importa il motivo o la chiesa di appartenenza: è festa! Una opportunità di incontro, di relazioni, di rivedere persone che da anni non si erano incontrate. É opportunità per divertirsi e mangiare qualcosa di diverso... per una avventura amorosa, anche se solo per una notte... La vita è così dura, ogni giorno, scorre così lenta e piena di cose indispensabili da fare, senza tempo per se stessi.... è una opportunità da non perdere, è l’assaporare la vita nella sua umanità. Festa... è festa!


Bene, lascio l’invito per il prossimo mese, passerò in gennaio. Riprendiamo il nostro viaggio, abbiamo ancora tre comunità nei prossimi due giorni, prima di rientrare. E durante il viaggio di ritorno, scrutando il fiume che scorre lento e le nuvole che giocano sull’acqua, tra le fronde della foresta, ripenso a questa gente, alla mia gente che vive una vita essenziale nella sua semplicità e durezza, ma che non perde ogni opportunità di incontro, di condivisione, di gioia. Penso alla parola del profeta: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le mie vie non sono le mie via”. E sorrido delle nostre programmazioni pastorali, scardinate dalla vita reale. Festa, è festa! É vita per il popolo di Dio! É gioia per i suoi figli! Poi la vita riprende il suo corso, come il grande fiume, verso il mare.


 Passerò la notte di Natale nella comunità di Ipiranga, sul confine colombiano, avamposto militare e ‘città fantasma’ di circa duecento abitanti. É l’ultima comunità anche geograficamente, forse quella con meno identità, fatta da persone provenienti da molti posti diversi, mescolando portoghese e spagnolo per una convivenza non sempre scelta, ma imposta dalle circostanze della vita. Betlemme perduta in mezzo alla foresta pluviale più grande del mondo, da cui nascerà il Salvatore, l’Emmanuele – Dio con noi. Betlemme casa del pane e della speranza.

Feliz Natal! Feliz Navidad! Buon Natale a tutti! 


martedì 17 novembre 2020

Mezzo vuoto.... o mezzo pieno?

 



 

 

Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

É proprio così, quando ti offrono un bicchiere di vino e il livello è proprio a metà, lo guardi e ti chiedi: questo bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno? Io preferisco sempre essere positivo e apprezzare quanto mi viene offerto e può essere accolto con gioia. É pur sempre il “vino” che rallegra il cuore dell’uomo!

Così, ad ogni viaggio il cuore raccoglie le fatiche e le gioie della realtà incontrata. Non mi nascondo che a volte il disanimo si fa sentire. Dopo una giornata iniziata alle sei del mattino per raggiungere una Comunità e poter ripartire per un servizio nella parrocchia vicina di Amaturà, perché il prete colombiano si è preso le ferie, preferendo rimanere lontano in questo tempo di politica a volte violenta. Arrivo dopo sette ore di navigazione e trovo la chiesa chiusa:

 padre, ci deve essere un errore, il parroco si è confuso perché qui la messa è sempre al mattino, non abbiamo ancora energia nella cappella”,

 

non ci sono problemi, dormo sulla barca e domani mattina celebriamo nella chiesa parrocchiale che è domenica” rispondo.

 

E così è stato, alle 7:30, con poche persone celebriamo, fortuna che c’era un giovane che suonava e una ragazza che cantava e hanno aiutato a ringraziare, poi una signora di mezz’età che cantando il salmo mi ha fatto venire la pelle d’oca, l’ho ringraziata per il suo canto di lode e di fede!




Nel viaggio di ritorno facciamo sosta a Patià, comunità indigena per celebrare l’Eucaristia. Vengo a sapere che l’animatore non ha avvisato nessuno, c’è un forte contrasto politico che ha diviso la Comunità. Così passiamo di casa in casa e, scusandoci, avvisiamo le famiglie che benevolmente accettano di prepararsi per la celebrazione domenicale.

 

A Moinho avevo una grande aspettativa, il mese passato ci eravamo riuniti a casa del Cassique (lìder della comunità) e concordato di spostare la messa alla sera per una maggiore partecipazione delle famiglie e di preparare la festa del patrono, Santa Lucia, il tredici dicembre, cominciando anche la costruzione della cappella come luogo di incontro e segno della fede, che potesse esse usata anche dai fratelli evangelici nel segno dell’unità. Ma quando arrivo, nel pomeriggio, mi avvisano che non c’è quasi nessuno, solo due famiglie e pochi bambini. Sono tutti sul lago a pescare, già da tre giorni e torneranno domani... quando io sarò già a sei ore di navigazione, risalendo il fiume per raggiungere la prossima Comunità. Sorrido e prepariamo la celebrazione con i bimbi e le due mamme, una è molto interessata e ravviva la mia speranza, le lascio le dispense preparate per il cammino dell’Avvento/Natale e le chiedo di riferire agli altri che non sono presenti. Passiamo la notte e all’alba ripartiamo.

 


Chiedo agli amici di São Lazaro di anticipare la celebrazione nel pomeriggio, invece che alla sera, so che alcuni non ci saranno, ma pazienza, domani alle 8:00 ho la messa e un battesimo con due famiglie giovani che vivono in un ramo secondario del fiume, molto isolate. Così, dopo la celebrazione, sempre gioiosa per la partecipazione dei piccoli, ripartiamo per passare la notte due ore più avanti, dovremo navigare accendendo il faro perché il sole sta già rientrando. Arriviamo al porto e vediamo un movimento di canoe, trasportando viveri e caricando bambini...:

 padre abbiamo pensato di partire questa notte per arrivare domani a Santo Antonio per le elezioni”.

 Rispondo che c’è tempo e possono partire domani dopo il battesimo. “Lasciamo per il prossimo mese, anche i padrini stanno partendo con noi...” “Bene, state attenti che viaggiare di notte è pericoloso”. Ringrazio il Signore e mi addormento sull’amaca, stanco e pensieroso, che neanche le zanzare riescono più ad infastidirmi.

 


A Nova Canaan, quasi sette ore di navigazione, scendo per vedere se si ricordano che la sera, nella scuola, abbiamo la Celebrazione Eucaristica. Sembrano sorpresi, ma una signora interviene:

Si padre, non ci sono problemi, apriamo la scuola e può venire a celebrare la ‘sua’ messa”.

Mi si rivolta lo stomaco e sorrido: “Certo, faccio un bagno e ci vediamo verso le sette e mezza per pregare insieme, ringraziare il Signore e celebrare la ‘nostra’ messa!”.

 

É ancora molto difficile il cammino di una fede che sia anche vissuta e condivisa fraternamente, in Comunità, è difficile far crescere una appartenenza ecclesiale, il sentirsi Chiesa – Popolo di Dio. Erano abituati a vedere il frate 2 o 3 volte all’anno, solo per battezzare i loro figli; ora una presenza mensile è quasi troppo esigente, senza parlare della difficoltà di riunirsi per ascoltare la Parola e pregare insieme nel giorno del Signore... il cammino è davvero lento e lungo!

 


Quale gioia quando mi dissero, andremo alla casa del Signore”, così nella Comunità di São Vicente hanno iniziato a riunirsi tutte le domeniche per celebrare la Parola di Dio e pregare insieme. Si fermano per conversare della vita delle loro famiglie e festeggiano i compleanni. Ora vogliono costruire la cappella della Comunità, hanno già scelto il luogo, vicino alla scuola, al centro dell’aldeia. Il Cassique incentiva tutti a collaborare e ad essere presenti. Anche gli uomini ci sono e i giovani, alcuni dei quali già papà a 16/18 anni, vengono con i loro bimbi e le loro mogli. É bello vedere che il seme produce frutto e questo ravviva la speranza in una Fede che sia davvero possibilità di una vita fraterna. Certo, rimangono dei segni di vecchie incrostazioni religiose. Una giovane mamma, che animava il canto, viene a cercarmi sulla barca per chiedere spiegazioni. Ho avuto un figlio da un mese e ancora non ho fatto il rito di purificazione, come Maria nel tempio. L’ascolto con rispetto e le chiedo da dove venga questa preoccupazione. Mi risponde che alcune amiche che frequentano l’Assemblea di Dio, chiesa evangelica, le hanno detto che è impura e deve chiamare il pastore per essere purificata, così pure le donne, quando hanno il mestruo, non possono entrare in chiesa, né fare la comunione. Ho già 57 anni e ho sentito parlare che anche nella chiesa cattolica si facevano questi riti, e mi vieni in mente che già in un’altra comunità alcune donne non facevano la comunione. I mariti mi dissero che non potevano perché stavano nei ‘loro giorni’. Spiego a questa mamma da dove vengono queste cose, legate all’associare il sangue alla vita, la perdita di sangue con l’impurità. Ma spiego che la verità è esattamente il contrario: la donna perde sangue quando non rimane incinta perché il suo organismo si rinnova e si prepara per la possibilità di accogliere una nuova vita nella prossima ovulazione. Quindi la rassicuro e le dico che la Fede ha cancellato queste pratiche religiose e riconosce la bellezza della vita presente anche nel come il Signore ha voluto le sue creature, anche nel funzionamento del corpo. E mi chiedo: quando, finalmente, ci libereremo da paure ancestrali che le religioni hanno usato, perdendo la gioia e la bellezza della vita! La Fede ci rende uomini e donne liberi, nuovi nel cuore e nella mente. Purtroppo queste nuove chiese evangeliche stanno riprendendo tutte queste norme religiose della legge di Mosè, così rivendicano e legano le persone caricandole di pesanti fardelli. Ma la Parola del Vangelo, che annunciamo, ci ha liberato dalla Legge!

 


E come non ricordare la gioia di 5 fratelli, orfani di padre (brasiliano morto nel traffico di droga) e di madre (peruviana morta di malattia), che non hanno registro e quindi non esistono per la società. La gioia di essere battezzati, di essere accolti e sentirsi riconosciuti, membri di una Comunità. La possibilità ora di fare anche il registro civile, perché hanno un documento che attesta chi sono: il registro di battesimo.    

 

A Novo Pendão chiedo se possiamo anticipare la celebrazione alle quattro del pomeriggio, perché il giorno seguente vorremmo partire presto alle 6:00 del mattino, ci vorranno dodici ore ininterrotte per arrivare a casa alle 6:00 del pomeriggio del sabato e così la domenica poter votare e scegliere il nuovo sindaco. “Certo padre, senza problemi!” Chiedo se davvero non ci sono problemi e se avevano programmato altre cose.

 

Solo volevo uscire a pescare un pesce per pranzare, ma non ci sono problemi”.

 

Cosi prendo alcune salsicce sulla barca, un chilo di riso, uova e biscotti e li ringrazio condividendo ciò che era rimasto per il viaggio di ritorno. Noi mangeremo in casa, assaporando quel mezzo bicchier di vino che rallegra il cuore dell’uomo!

 

Santa Elisabetta di Ungheria, 17 novembre 2020

 

Cammini di libertà e di liberazione

  "La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". 
 Il Verbo continua a parlare nella storia e a servirsi di chi è ch...