martedì 26 gennaio 2021

Oggi non abbiamo il pranzo...

 



                       Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

 

Nel gennaio 2021 abbiamo fatto un unico viaggio, iniziato il giorno 9 e concluso il giorno 21, visitando tutte le Comunità cattoliche che stiamo accompagnando. In questi giorni ho provato a rifare la mappa del Rio Içá, includendo tutte le piccole Comunità sul fiume: 25 cattoliche, 21 della cruzada e 6 evangeliche. Nel mese di febbraio non andremo per la celebrazione della Messa, ma abbiamo chiesto alle Comunità di incontrarsi per fare un bilancio di ciò che è stato positivo, di quello che è mancato e anche dei limiti o errori commessi. Dopo sei mesi che percorriamo il fiume da punta a punta, incontrando e celebrando la vita e la fede mensilmente con tutte le Comunità, ci sembra bello ed opportuno ascoltare le persone, dare la parola al Popolo di Dio perché valuti e verifichi il nostro operato e anche la loro partecipazione. Qui la chiamano “avaliação”, ed è una caratteristica della Chiesa brasiliana, del suo vivere la pastorale e l’impegno per l’evangelizzazione: tutti gli anni si fa una Assemblea con i responsabili laici delle Comunità, i preti, le suore, i ministri e il vescovo; il Popolo di Dio si incontra per fare una verifica sul cammino e gli obiettivi, col fine di imparare dal vissuto, evitare di ripetere errori del passato e scoprire nuovi cammini di vita.

Questo è stato un viaggio un po’ faticoso, per la durata e per le molte Comunità incontrate. Finalmente arriviamo a Mamurià, Comunità vivace e partecipativa, una delle due che sempre ci offre il pranzo per passare insieme qualche ora in più e conversare della vita... Arriviamo presto, verso le nove del mattino, poi impariamo che loro vanno col sole e quindi per loro erano solo le otto del mattino. Come sempre l’accoglienza è festosa con tanti bambini, ma, osservando bene stanno mancando alcuni giovani, sono presenti le ragazze, e anche alcuni uomini non sono venuti ad accoglierci. Non ci preoccupiamo, andiamo verso la chiesa e la celebrazione è molto bella e curata come sempre. Gli assenti non sono venuti... dev’essere accaduto qualcosa! Poi ci fermiamo a parlare del più e del meno, la novità è che il governo ha inviato alla Comunità una lancia con un motore di 40 cavalli per le emergenze di salute e non solo. É la prima volta che questa Comunità riceve qualcosa dai politici, non sono classificati come indigeni e quindi sono fuori dai normali canali del Governo federale. Il resto dipende dalla politica locale e questa volta, dopo dodici anni, il candidato che hanno appoggiato ha vinto le elezioni, quindi è arrivato subito il “suo” ringraziamento. Altre Comunità che hanno appoggiato il perdente, non hanno ricevuto nulla. Non sempre la vita e le persone hanno lo stesso valore agli occhi di chi comanda. Vedo che l’animatore della Comunità parla con sua moglie e con la moglie di suo fratello, le due donne si scusano e si ritirano, le vedo andare in cucina, nel fondo della casa, e preparare qualcosa che non riesco ad identificare. Continuiamo il nostro dialogo e verso l’una, per loro mezzogiorno, ci invitano in casa e ci dicono: “Scusate, ma oggi non abbiamo il pranzo! Abbiamo preparato una merenda per voi, macaxeira frita e beijou com suco de abacaxi”. Solo in questo momento mi rendo conto che la casa è piena, ci sono tutti i bambini e le ragazze, tutti seduti per terra e con un grande sorriso stampato in faccia... ma nessuno mangia e non c’è cibo, né piatti o pentole sul pavimento. Così per apprezzare il lavoro delle mamme e la bellezza di questo momento, un po’ con vergogna, faccio merenda, tra l’altro molto appetitosa, e allungo qualcosa ai bimbi che prontamente si avvicinano aiutandomi, in un batter d’occhio, a concludere il pranzo. Fuori c’è agitazione, ritornano alcuni giovani con il fucile in mano, ma non hanno selvaggina.... speriamo che gli uomini siano riusciti a pescare qualche grosso pesce. Quando non c’è il pranzo, si spera ci possa essere la cena...



Così riprendiamo il nostro viaggio e spesso il pensiero ritorna a quel momento: “Oggi non abbiamo il pranzo”. Detto con naturalezza, come se non fosse la prima volta... si mangia quando c’è il pranzo, se no pazienza, e nessuno si lamenta! Una buona lezione di vita anche per me che ero preoccupato per il viaggio di ritorno, visto che il cibo stava finendo sulla barca.

Ma vorrei tornare alla nostra “verifica”. Abbiamo lasciato alle Comunità un foglio per ricordare i passi fatti da agosto 2020 (quando è arrivata la barca) a gennaio 2021: celebrazione della Messa tutti i mesi, libretti di canto, rosari, materiale illustrato per una catechesi biblica per i bambini, e alcune dispense fatte da noi per aiutare a celebrare la domenica giorno del Signore risorto e della Comunità, le celebrazioni dell’Avvento e del Natale e ora le celebrazioni della Quaresima e della Pasqua. Piccoli aiuti per seguire la liturgia domenicale e i tempi liturgici, come pure un incentivo alla preghiera comunitaria. Le nostre Comunità vedevano il frate solo due o tre volte all’anno... Abbiamo sempre incentivato il ritrovarsi la domenica per la preghiera e la condivisione, alcune Comunità hanno iniziato a celebrare la Parola e a far colazione insieme. Tra le domande che abbiamo lasciato per aiutare la verifica chiediamo di valutare la nostra presenza, se è stata positiva o negativa, se ha aiutato o è stata di ostacolo... chiedendo concretamente come possiamo migliorare affinché la Comunità possa crescere nella fede e nell’amore fraterno. Cosa chiedono al prete... come continuare il cammino... che cosa privilegiare... come incontrare persone disponibili per le diverse responsabilità nella Comunità... quale catechesi per un Battesimo spesso “solo” amministrato e ricevuto... come conoscere la Parola di Gesù e vivere l’Eucaristia... Da ultimo stiamo anche incentivando la costruzione di una piccola cappella in legno come segno di identità della Comunità di fede. Le immagini sono parte della tradizione, ma sono anche fonte di molta confusione tra i credenti di diverse confessioni, per questo abbiamo proposto di collocare al centro della chiesa una croce con su scritto: “JESUS RESSUSCITOU”. La croce ci ricorda la sua morte per amore, ma la croce ‘nuda’ ci dice che il Signore Gesù oggi non è morto, ma, in quanto risorto e asceso alla destra del Padre, è il Vivente! Poi, chiaramente, la piccola immagine del patrono non può mancare...

Sappiamo che non sarà facile realizzare questo momento di verifica, ma abbiamo fede che porterà molti e buoni frutti. Il pensiero va così alle nostre Parrocchie o Unità pastorali dove un prete arriva, un altro se ne va e non ci si ritrova per valutare e verificare il cammino, non per criticare, ma di cuore aperto per imparare e migliorare il servizio di fede di cui la Comunità dei credenti è debitrice alla società e al mondo. Anche il cambio di un vescovo dovrebbe essere una grande possibilità di verifica e di crescita per una Chiesa locale. Non si può solo criticare o sperare un cambiamento secondo le ‘nostre’ idee e aspettative... ma bisogna valutare e crescere nella fede ad ogni nuovo passo, con umiltà e purezza di cuore. Non mi riferisco solo agli aspetti liturgici, pensavo, per esempio alle lotte politiche per le scuole confessionali cattoliche. Davvero hanno realizzato il Vangelo di essere lievito affinché tutta la farina possa crescere, o sono diventate delle isole monocolore che non hanno aiutato le scuole pubbliche a crescere nei valori cristiani? Forse si sarebbe dovuto investire molto di più nell’accompagnamento e nel sostegno degli insegnanti che sono anche credenti oltre che docenti. Non lo so, valutare, verificare è sempre importante, è un cammino sinodale che il Concilio ci ha proposto e papa Francesco ci scongiura di compiere.



Poi abbiamo ripreso il viaggio, a Ipiranga nella Messa abbiamo anche celebrato alcuni compleanni con diritto alla torta e alle candeline. I lavori della chiesetta vanno avanti piano piano, come anche il cammino della Comunità ha bisogno ancora di molto tempo. Ci siamo fermati nel “paranà da Boa União”, una scorciatoia sul fiume dove ci sono poche case. Una coppia è arrivata da poco e nel precedente viaggio avevano chiesto di sposarsi e battezzare il loro bambino di sette anni.  Ci aspettiamo perché ogni famiglia viene con la sua canoa, finalmente ci siamo tutti. Mi accingo a preparare l’altare, ma nella casa non c’è neppure un tavolino, solo una panca già occupata. Così stendo la tovaglia sul pavimento di assi e invito tutti a sederci attorno all’altare improvvisato. Mi scappa un sorriso pensando alle polemiche della mia Diocesi sul fatto che l’altare non possa essere mobile, ma debba essere fisso e che anche una tavola non sarebbe adeguata... e penso: più fisso del pavimento non si può, quindi siamo in regola! Al momento di preparare i documenti per il matrimonio ci accorgiamo che lo sposo è stato battezzato nella chiesa della croce, chiesa nata negli ultimi quarant’anni e che non si definisce neppure evangelica, anzi si definisce “evangelica – cattolica – apostolica” non “romana”. Il Battesimo non è riconosciuto dalla nostra Chiesa e allora dobbiamo rimediare perché lo sposo, comunque, è un credente, cristiano e attuante nella Comunità. Bene, procediamo con ordine, prima battezziamo il papà, poi benediciamo le nozze e, infine, battezziamo il loro bambino. Davvero grande è la misericordia del Signore! Con gioia continuiamo la Messa e ci nutriamo della presenza del Signore risorto che nella sua Parola ci ha chiamato ad essere “pescatori di uomini”. Pescatori non per interesse, il pesce, ma per amore alla vita delle persone, gli uomini appunto. La Parola ci chiama alla conversione perché il Regno di Dio è presente e si fa prossimo; l’Eucaristia sostiene il nostro cammino perché è il segno più bello della gratuita dell’amore del Padre.

Può succedere che “Oggi non abbiamo il pranzo”, ma non mancherà l’accoglienza e la gioia di chi ha imparato a condividere il “beijou e a macaxeira”: a condividere iniziando dalla propria povertà.

 

 

Festa della conversione di San Paolo Apostolo, 25 gennaio 2021

 

 

 

venerdì 22 gennaio 2021

PROTESTANTI, EVANGELICI, NEOPENTECOSTALI....CHIESE IN AMAZZONIA

 





Don Gabriele Burani, Santo Antonio do Içá - Amazonas

Arrivando nella cittadina amazzonica dove abito (circa 11.000 abitanti) ritrovo, per certi aspetti, una presenza già ben nota in Bahia: tanti luoghi di culto – chiese grandi, piccole cappelle, negozi adibiti a luogo di celebrazione, spazi all’aperto….. di tutte le forme- e di denominazioni religiose diverse come la Igreja Assembléia de Deus, Igreja Deus è Amor, Igreja do Nome de Jesus, Igreja Universal, Quadrangolar, Adventista do 7°dia....  una serie infinita di denominazioni. Passando per le strade la sera sento il predicatore che sta gridando o canti e musica a volume esagerato; in tutte le celebrazioni – anche cattoliche- non può mancare la amplificazione;  potremmo trovarci in una stanza di 2 metri per 2 ma microfono e cassa di amplificazione devono esserci. Il tono della predicazione è gridato, con molti slogans e inviti ripetitivi a lodare il Signore, dare gloria a Dio….: la modalità è sempre quella di parlare velocemente e a volume alto, senza entrare in ragionamenti complessi. Insomma, una predicazione emotiva più che razionale. 


Le attività delle chiese sono diversificate ma, in generale, la dimensione prevalente è quella dell’incontro di preghiera, con predicazione e canti, alcune curano anche momenti di formazione e attività comunitarie.       Questi gruppi per la maggior parte si dicono cristiani ma confrontando il nostro cristianesimo cattolico con il loro modo di presentare e vivere la fede sembra di avere a che fare con altre religioni. Il legame con la grande tradizione ecclesiale, così come con il protestantesimo storico, è quasi inesistente; qui non abbiamo la chiesa luterana, anglicana… solo la Chiesa Battista ha una impostazione tradizionale; mi pare sia  una chiesa seria, e con loro abbiamo un minimo di dialogo e stima reciproca.

Le altre denominazioni, la grande maggioranza, vengono definite con un termine generale ‘evangelici’ come negli Stati Uniti ma qui le cose sono ben diverse. Gli evangelicals americani cercano di seguire le indicazioni dei 4 evangeli canonici; qui da noi (e in Brasile in generale) prevale una predicazione relativa all’Antico Testamento.   Vengono chiamate anche chiese pentecostali o  ‘neopentecostali’ perché, con il volto del pentecostalismo classico di inizio ‘900, sono di recente nascita; di fatto nella nostra cittadina la maggioranza dei credenti aderisce a queste chiese/sette.   L’uso dei termini oscilla: chiese o sette?  Giungendo dall’Italia usavo la caratterizzazione di ‘protestanti’ ma le chiese protestanti storiche sono poche e le nuove sette hanno uno spirito ben diverso.



Fino agli anni ’70 il brasile era quasi esclusivamente cattolico; i missionari reggiani arrivando in Bahia trovavano una diffusa realtà cattolica; arrivando ora si troverebbero disorientati…..   i  cattolici progressivamente in calo e negli ultimi decenni un grande successo di queste chiese neopentecostali.   
In santo Antonio dove abito, noi cattolici  siamo decisamente una minoranza.

Il mercoledì, ad esempio, vado per la formazione biblica in una comunità dedicata allo Spirito Santo, e partecipano a volte 5 persone, a volte 8, a volte 2….  Sempre un gruppetto.  Circa 500 metri prima della cappella cattolica, una chiesa  neopentecostale del quartiere  ha la formazione biblica, stesso giorno e stesso orario, e quando passo vedo sedute in circolo almeno 40-50 persone.
Le persone che partecipano alle messe festive del sabato e domenica sono certamente molto meno di quelli che partecipano ai culti ‘evangelici’ e simili.  

Cosa caratterizza queste chiese/ sette, e perché molti vi sono entrati uscendo dalla chiesa cattolica?   Me lo chiedo da anni, e assisto a una sorprendente quasi-indifferenza da parte dei cattolici; non viene affrontata la questione, anche i vescovi brasiliani della CNBB, per quel che conosco, non offrono grandi analisi o indicazioni a questo riguardo.

In ogni caso penso sia interessante anche per chi vive in Europa conoscere alcune caratteristiche di questo fenomeno religioso. Si tratta dunque di chiese (che si dicono) cristiane, con centinaia di denominazioni diverse,  le prime tutte giunte dal Nord-America; basta avere uno spazio qualsiasi per fondare una chiesa: molti garages o negozi vengono affittati per diventare luogo di culto. I pastori della comunità non hanno una formazione teologica tradizionale; basta poco tempo per diventare pastori (qualche mese nelle chiese più conosciute, ma qualsiasi persona può aprire una propria chiesa e fare il pastore se ha fedeli che lo seguono e gli danno offerte), non gli 8 anni per diventare presbitero della chiesa cattolica.   Questa fluidità ha limiti e vantaggi: il limite di una formazione fatta di slogan, poco profonda, ma con il vantaggio di facilità nella mobilità, con possibilità di avere chiese e pastori in tutte le vie della città, in tutti i villaggi; mentre si trova solo un prete cattolico in una grande parrocchia, ci sono decine di pastori delle varie chiese neopentecostali.



Si può dialogare con le Chiese storiche protestanti; al contrario,  per la mia esperienza, è molto difficile il dialogo con queste comunità neopentecostali; sono isolati nel loro mondo, non hanno un approccio critico ai testi della Scrittura ma una predicazione fondamentalista sui temi a loro cari; e soprattutto, per difendere la propria identità, hanno parole di condanna contro la chiesa cattolica particolarmente su un tema: siamo idolatri perché adoriamo Maria e i santi! Dio nei comandamenti dice di non fabbricare immagini, e noi cattolici fabbrichiamo le immagini dei santi e le adoriamo. Inutile dire loro che nessun documento cattolico dice di adorare le immagini dei santi! Credo che i leaders di queste sette cerchino di ingannare il popolo, con consapevole falsità e le persone semplici del popolo si fidano delle loro parole.
Nel grande supermarket religioso post-moderno troviamo tantissime possibilità, le forme sono diverse, con la possibilità di scegliere ciò che sembra più utile per il proprio percorso di vita.   Una caratteristica è quella della fluidità/mobilità: continuamente vengono aperte chiese con nuove denominazioni e chiuse altre; e i fedeli anche vagano da una chiesa all’altra.
La mia visione di cattolico europeo rischia di essere eccessivamente critica, anche per la mancanza di relazioni e di conoscenza diretta della vita delle comunità.   Non vorrei essere ingiusto con tanti fedeli sinceri e autenticamente evangelici.  In generale comunque, nella mia visione da esterno, noto modalità e contenuti problematici e cercherò di scrivere il perché.

Contenuto principale delle chiese neopentecostali/evangeliche in Brasile è che Dio dona salute, liberazione dal demonio, ricchezza, successo.
Si predica la Bibbia, ma in realtà, il Dio che viene annunciato assomiglia molto al genio della lampada di Aladino: Dio al servizio dei bisogni dell’uomo, in particolare dei desideri materiali; la fede in Dio è il mezzo per ottenere salute, ricchezza, potere terreno, benessere. L’uomo vive per autoaffermarsi, autorealizzarsi, avere un lavoro che fa guadagnare molto, possedere ville, auto di lusso….. e la volontà di Dio è che l’uomo sia ricco e felice.  Se il fedele segue la via della fede, partecipa al culto, fa la sua offerta al pastore e alla chiesa, Dio lo benedirà con grandi ricchezze.
Si invertono i ruoli: non è l’uomo che cerca di conoscere e seguire la volontà di Dio, ma Dio al servizio degli interessi ( materiali) dell’uomo.
Le chiese più grandi in questa galassia religiosa possiedono radio, canali TV, investono molto nella comunicazione e pubblicità. Religione è marketing!  I leaders religiosi sono principalmente abili comunicatori, abili venditori del ‘prodotto’ religioso, abili nel coinvolgere e affascinare, promettendo soddisfazioni in questa vita. Illusionisti che mentre ti gridano qualche passo della Scrittura, ti rubano il portafogli!

 



  E i programmi delle loro TV sono naturalmente pieni di testimoni; testimoniando che cosa?  Arrivano eleganti, vestiti costosi, auto di lusso, e raccontano la loro storia: erano senza fede, sulla strada, falliti nel lavoro, drogati ecc……  sono entrati nella Chiesa Universal ( la più potente, il cui fondatore è tra gli uomini più ricchi del Brasile) e dopo pochi anni sono diventati ricchissimi, con posti di prestigio, onorati nella società e frequentano regolarmente la chiesa, pagando la decima ( la decima parte dei propri guadagni).  Il contributo del fedele è necessario per fare parte della chiesa; normalmente è richiesto il ‘dizimo’, ossia la decima parte dei guadagni; se, ad esempio, un fedele vende 5 buoi, il pastore della sua comunità  appena lo sa va a riscuotere la decima parte di quanto il fedele ha ricevuto.   Solo se paga, Dio continuerà ad essergli favorevole. 

    L’uomo è nato per essere felice, per realizzarsi nei suoi desideri e la religione risolve i problemi di povertà, malattia, infelicità che affliggono gli uomini. 

  Come già ho scritto, la mia storia di europeo, con una spiritualità ben diversa, mi porta a dare giudizi negativi; e onestamente non sono certo entusiasta di questa corrente religiosa. Eppure, non posso negare che queste chiese toccano problemi reali delle persone, entrano in aspetti di vita importanti; e nel contesto culturale post-moderno hanno una grande presa.  

 Ma tutto ciò si può ancora definire ‘cristiano’? Scriverò in seguito sulla questione politica che non è di poca importanza. Ora concludo con alcune frasi del Consiglio latino-Americano delle Chiese Protestanti, che ha parole dure verso le nuove sette che stanno sorgendo: “ Dobbiamo segnalare, dolorosamente, il ruolo che assumono alcuni gruppi che si autoproclamano ‘evangelici’, che nascono come sette negli Stati Uniti, nutriti di dollari e interessi che non hanno nulla a che vedere con il messaggio di liberazione di Gesù, e stanno penetrando nel nostro continente, creando confusione nella mente delle persone umili, con la loro teologia evasiva, suscitando risentimento e sospetti verso il popolo di Dio e gratificando la ansia di prestigio e potere di alcuni leaders evangelici che si sono prestati per  distruttive manipolazioni.”.  


venerdì 1 gennaio 2021

Come parlare di Dio? Una esperienza nella Amazzonia brasiliana (parte I)

 


Don Gabriele Burani

Scrivo dalla parrocchia di Santo Antonio, nel cuore della Amazzonia, dove risiedo da un anno. Municipio di circa 23.000 abitanti ( il numero preciso attuale non lo sappiamo, l’ultima indagine anagrafica é del 2010), metà abitano in città, metà nelle piccole comunità lungo il fiume.  Mi hanno detto che abbiamo  il più basso tasso di cattolici della zona;  8 sono le  comunità cattoliche  in città.

   Il nostro servizio in parrocchia si è svolto tutto – tranne un breve periodo iniziale- nel tempo della pandemia e quindi abbiamo una esperienza fortemente caratterizzata dal Covid19 che ci ha costretti a limitare o interrompere molte attività pastorali. 

Un dato che mi ha colpito già nei primi tempi: la forte caratterizzazione  ‘devozionale’ della parrocchia, dove la attenzione e la partecipazione sono maggiori nelle pratiche devozionali particolari rispetto alle attività ecclesiali comunitarie tradizionali.

  Per capire: abbiamo il gruppo delle ‘Mani insanguinate di Gesù’, il gruppo di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, il gruppo del Rosario degli uomini e quello del Rosario delle donne, e quello  del Rosario della Famiglia! Il gruppo del Sacro Cuore di Gesù.

    Interessanti le devozioni familiari a un santo, che si tramandano nella medesima famiglia: San Sebastiano, San Giorgio, Santi Cosma e Damiano, sono tra i santi molto presenti. Come funziona? Una famiglia è devota a San Sebastiano e nella propria casa organizza una novena di preghiere, celebrazioni, con festa finale il giorno in cui si fa memoria liturgica del santo. Spesso senza un legame effettivo con la parrocchia: i devoti del santo non frequentano la messa domenicale ma chiedono che il parroco celebri la messa durante la novena del loro santo! Per loro la vita Cristiana si esaurisce nella devozione al santo di famiglia.  Come nasce questa devozione familiare? Chi lo sa!   A volte una guarigione miracolosa avvenuta un lontano passato, attribuita a quel santo.  Non sempre la famiglia conosce il motivo storico del perché hanno quella devozione.      

 

In brasile ci sono reti televisive confessionali, sia cattoliche che protestanti o di altre religioni. Le televisioni influenzano molto lo stile religioso e le devozioni, che si diffondono in tutto il Brasile. Indubbiamente si nota un legame tra i contenuti televisivi e la prassi attuale delle nostre comunità.

Ho cercato di osservare e conoscere per cogliere le tendenze, le peculiarità del nostro contesto.  Mi pare siano diffusi linguaggi diversificati, e vi comunico quelli che mi sembrano emergenti, alla luce delle esperienze che sto facendo e che ho fatto in Brasile.




1.        Linguaggio devozionale/particolare più che ecclesiale/comunitario nella tradizione della Chiesa.   Gesti, scelte, immagini, ritualità del ‘sacro’ che si esprimono a livello familiare più che ecclesiale in senso ampio. Persone che non celebrano i sacramenti della tradizione cattolica, ma che si pensano cattolici.  Le pratiche religiose non sono esoteriche, escludenti…. sono aperte a tutti; la famiglia invita gli altri nella loro casa per condividere la loro devozione.  Sono famiglie generose, invitano alla festa i vicini, offrono il pranzo o rinfresco durante i giorni di novena.

Si tratta poi di una manifestazione religiosa intermittente: per la maggioranza si accende una volta l’anno per i nove giorni della festa del santo. 

Per diverse famiglie la fede si esprime con questo linguaggio; come accompagnare questa realtà? Qualcuno ci invita per celebrare la messa o animare la preghiera – una minoranza, per la verità- cerchiamo di andare, invitando le persone presenti a partecipare anche alla vita della comunità cui appartengono.  Capita che le devozioni particolari e la vita liturgica della Chiesa parrocchiale si svolgano in parallelo.  

Un esempio: una famiglia della città ha una devozione a Gesù Bambino e raduna i vicini per la novena di Natale; la notte del 24 è il giorno festivo, quindi non partecipano alla messa della notte in chiesa, ma fanno la loro festa, nella loro casa, con le loro preghiere e cantando, mangiando e bevendo! 

  Sono realtà diffuse, si potrebbero ignorare o combattere, togliendo però ciò che di fede autentica è presente.  Per ora la strada migliore penso sia aprire i fedeli alla comprensione di una dimensione ulteriore; è una cosa buona quello che fanno, ma si può crescere e approfondire, partecipando alla vita della comunità oltre che della famiglia.

 


2.        Linguaggio conservatore, tradizionalista  

Un gruppo ristretto da noi ma è una tendenza forte pensando al Brasile in generale.    La fede vissuta soprattutto nelle celebrazioni, con una obbedienza alle rubriche intese come l’unica fonte liturgica, con poco interesse per la storia o la teologia liturgica. Essere conservatori non è un male, ma in certi casi l’immagine che si percepisce è di formalismo e dissociazione tra fede e vita: la esigenza di rispettare le norme liturgiche spesso è unita alla critica aspra, aggressiva, dai toni di condanna,  verso chi ha una impostazione differente; difesa dei dogmi della Chiesa ( ma non conoscenza del loro significato e storia)  insieme all’intolleranza nei confronti dei ‘diversi’.

In parrocchia abbiamo il gruppetto dei super-ortodossi che hanno subito preso le distanze dai noi, criticando; di fatto, poche persone da noi ma moltissime nel Brasile.           Chiedono la comunione eucaristica in ginocchio, non accettano di ricevere il pane consacrato in mano (anche se richiesto dalle norme relative al Covid19), qualcuno dice che è proibito battere le mani mentre si canta a messa; non accettano i ministri straordinari per la comunione e così via.  

Capita che ci siano ‘fedeli’ che non accettano di collaborare con il prete concreto che è in parrocchia! L’obbedienza è ad alcuni preti della televisione, che sparano veleno contro la CNBB (vescovi brasiliani, secondo loro colpevoli di schierarsi politicamente troppo a sinistra) e si ergono come difensori della vera fede ortodossa.

Insomma, nel cuore della Amazzonia incontriamo alcuni che vogliono essere cattolico-romani, con le forme che vedono nei pontificali in TV, ma ancora più rigidi e ingessati (per non sbagliare).    E noi italiani siamo accusati di non saperci inculturare se facciamo qualche osservazione su prassi desuete, o introduciamo qualche minimo  cambiamento; col tempo certe asprezze vanno diminuendo. Si tratta solo di un piccolo gruppo qui da noi, ma, come ho scritto, piuttosto ampio nel Brasile attuale.

Sono diffusi anche blog e video sulla Rete, con una peculiare contraddizione: si dicono papisti e amano la gerarchia, ma critici contro papa Francesco. Amano l’idea di papa come supremo garante della verità cattolica, ma sono contro il papa attuale che non dice quello che dovrebbe dire e non difende la autentica fede cattolica ma semina ambiguità. Si alla figura del papa, ma no al signor Bergoglio, alle sue scelte e affermazioni che sarebbero semplicemente opinioni personali; il papa viene dissociato!

Rispetto ai tradizionalisti del passato, che si ponevano nella obbedienza alla cosiddetta ‘gerarchia ecclesiastica’ in quanto tale, i tradizionalisti attuali sono molto più soggettivisti, cioè vorrebbero imporre la loro visione pensata come ortodossa, e non accettano chi nella Chiesa ha il servizio di garantire questa ortodossia se non è in linea con la loro visione.  Hanno un’idea di tradizione bloccata sul passato e non di tradizione viva; ad esempio, se le norme liturgiche indicano che ci si deve inginocchiare durante la preghiera eucaristica, non si chiedono come è entrata questa prassi nella chiesa, che teologia riflette, quali sono i significati della posizione del corpo, e se questo è il più adeguato ecc. semplicemente bisogna applicare le norme scritte senza discutere.



Valutazione: è da apprezzare la ricerca di una unità dei fedeli, la ricerca di una dottrina sicura e di una prassi liturgica condivisa da tutti. Ma è forte il rischio di un allontanamento dal vangelo per difendere una forma rigida. Se la tradizione non è viva e si riduce ad una osservanza di norme, e se unità significa uniformità e non comunione rispettando le alterità, e se non si dialoga ma si giudica e condanna, mi sembra di entrare in un clima soffocante e di non respirare più l’aria pura del vangelo.
( in seguito proporrò altri linguaggi della fede importanti qui in Brasile).


E' ANCORA NATALE...

 

 

      Gabriele Carlotti – missionário diocesano in Amazzonia

 

Come vi dicevo, ho passato la notte di Natale, il 24 dicembre, a Ipiranga, avamposto militare sul confine con la Colombia, quando il Putumaio, fiume che divide il Perù dalla Colombia, cambia nome entrando in Brasile e si chiama “ rio Içá “. É un affluente del rio delle Amazzoni e percorre tutta la nostra parrocchia da est a ovest. Ipiranga un tempo era un paese abbastanza importante, proprio perché luogo di confine, oggi  ha l’apparenza di una città fantasma. Fuori dal Quartel militare sono solo case in legno, piuttosto vecchie e logorate dal tempo e dalle abbondanti piogge. I civili sono pochi, credo non superino un centinaio di persone, includendo vecchi e bambini. I militari oggi sono 54 e arriveranno ad essere 70 quando il contingente sarà al completo. Tutti molto giovani, dai 18 ai 24 anni, molti già con moglie e figli. Essendo un luogo speciale, di frontiera e in mezzo alla foresta, rimangono per almeno due anni e hanno diritto a portarsi la famiglia. Quindi molte case disabitate e decadenti sono affittate ai militari e ai loro familiari. La chiesetta di Santo Espedito, patrono delle forze armate, oggi non esiste più, dicono fosse una chiesa grande e bella, con due torri e anche le campane, poi l’infiltrazione di acqua nel tetto e l’abbandono hanno provocato il crollo. È rimasto solo il pavimento in ceramica che oggi serve da garage per i macchinari militari. Nel corso degli ultimi anni è apparsa una chiesa evangelica dell’Assemblea di Dio alla quale oggi partecipano la maggioranza degli abitanti, una volta tutti cattolici. Anche diversi militari, provenienti dal sud del Brasile, sono evangelici. Il Comandante dei militari ha parlato con il pastore che abita a Ipiranga (i pastori evangelici sono preparati con sei mesi di corso accelerato e hanno famiglia, molto diverso da un prete cattolico che, oltre alla questione del celibato, deve sobbarcarsi otto anni di seminario e di studi filosofici e teologici... quasi anacronistico per un indigeno), fiducioso del mio parere favorevole, per fare un culto ecumenico, tutti insieme per il Natale, ma la risposta è stata chiaramente negativa. Anzi neppure i militari evangelici hanno partecipato alla confraternizzazione offerta dopo la conclusione della Messa e del Culto.

 

É davvero difficile costruire ponti quando si sono alzati muri di contrapposizione! Eppure, il vangelo è chiaro: non ci sono più stranieri e ospiti, uomini e donne, schiavi o liberi, italiani o africani, bianchi o neri, cattolici o evangelici... ma tutti siamo uno in Cristo Gesù! Questa parola ci libera e ci rende capaci di fraternità... quando sapremo spogliarci della nostra arroganza e accogliere il natale di quel bambino nato per noi, nato per tutti?

Normalmente celebriamo la messa una volta al mese nella “toca da onça” (tana della pantera), ma questo natale è stato diverso. Avevo chiesto un pezzo di terra per costruire una capanna in legno che servisse come luogo d’incontro per la comunità. I militari ci hanno offerto un vecchio deposito inutilizzato, sepolto in mezzo alle case e quasi diroccato, ma con le pareti ancora solide. Abbiamo accettato e si è formata una piccola equipe per ristrutturare. Ho inviato le lamiere per il tetto e loro si sono impegnati ad andare in foresta per incontrare le travi in legno... arrivo il 24 e vado diretto nella “toca da onça” per preparare per la messa di Natale, c’è la musica molto alta e tutto è pronto per la confraternizzazione ...

padre, celebriamo la messa nella nostra chiesetta, siamo riusciti a coprire e abbiamo preparato là, abbiamo anche messo una lampada provvisoria ... “.

 Quando arrivo mi si allarga il cuore. Una fogna ancora aperta passa proprio davanti alla porta, o meglio, al buco nella parete per entrare; non c’è niente, solo pareti sporche coperte con alcuni drappi improvvisati con vecchie coperte, un tavolino e alcune seggiole. Sorrido, preparo un piccolo altare con le immagini di Nossa Senhora Aparecida e Santo Expedito, patroni di Ipiranga, accendo una candela su una pietra improvvisata e iniziamo la celebrazione. Mi sembrava di essere a Betlemme, o in tante stalle del nostro appennino. Mi sentivo invitato da Francesco di Assisi a partecipare del suo primo presepio. Così, tra due giovani militari che suonavano la chitarra, una mamma che allattava il suo bambino, alcune anziane signore che finalmente potevano ‘assistere’ alla Messa in chiesa e non nella discoteca – toca da onça, alcuni giovani che aiutavano a cantare, con tre panettoni che avevo portato per i bambini, ma che sono serviti perché tutti potessero averne un pezzetto, ancora un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio, il suo nome è Salvatore potente, principe della pace.

Alcuni avevano criticato la scelta di accettare questa soluzione per la nostra chiesetta, in verità molto piccola e che la notte di Natale vedeva addirittura persone in piedi contro le pareti ancora sporche; anch’io, non lo nego, ero titubante perché è davvero nascosta in mezzo alle case, bisogna ‘sbatterci contro’ per vederla, mentre le chiese anche degli evangelici sono sempre in luoghi alti o al centro delle piazze, come nella città di Santo Antonio. Ma quella notte, una luce ci ha avvolti e tutto è diventato chiaro. Dio abita in mezzo al suo popolo, tra i suoi figli, nelle nostre case. Ha fatto della nostra carne la sua dimora.  Non ha bisogno di un tempio e dei suoi ornamenti sacri, gli basta un cuore umile e capace di amare. Non vuole essere visto e riconosciuto nella sua sacralità e onnipotenza, ma vuole essere incontrato nel volto e nella persona di tanti fratelli e sorelle spesso sfigurati dall’ingiustizia, frutto del peccato di egoismo (di consumismo direbbe papa Francesco). È venuto a liberarci e salvarci da noi stessi per renderci capaci di essere per gli altri. Solo l’amore che esce da se stesso cresce e non soffoca.

Credo che il Messia, Figlio di Dio, Gesù non sia venuto a fondare un’altra religione (ce ne sono già troppe!), neppure il cristianesimo, spesso frutto del bisogno innato di riconoscenza e affermazione. Il Signore, che ha vinto sulla morte della contrapposizione e della divisione, ha schiarito la notte dell’io incurante del fratello e della sorella, ci ha liberato e resi liberi di amare. Credo che il Risorto, figlio di Maria di Nazaret sia venuto per aiutare l’umanità a ritrovare se stessa e la gioia della bellezza della Vita.

Questo tempo di “pandemia” ha smascherato, proprio imponendoci di usare una maschera, ha smascherato la falsità apparente della religione, l’interesse nascosto della politica, i blocchi di potere della confederazione degli stati uniti d’America, della Russia e dell’Europa; la violenza dell’imposizione ebraica e araba, e la sete incontenibile di vita della madre Africa.

È ancora Natale, Dio si sottrae a ogni manipolazione, è l’Emmanuele, Dio-con-noi, con il popolo, con la gente, con gli ultimi a favore della vita di tutti. Non perdiamo questo Natale pandemico che ci fa sentire la mancanza di un abbraccio, di un incontro, dell’altro... non delle cose che consumiamo! Questo Natale che ci invita ad essere un segno nuovo, accogliente, speranzoso, umile, sorridente, capace di solidarietà e di perdono, onesto e fraterno: la chiesa di Gesù di Nazaret, figlio di una ragazza madre e di cui, come per tanti, Dio è l’unico Padre! È ancora Natale... grazie a Dio!

 Capodanno , 1° gennaio 2021

 


Cammini di libertà e di liberazione

  "La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". 
 Il Verbo continua a parlare nella storia e a servirsi di chi è ch...