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giovedì 6 novembre 2025

ASSEMBLEA DEL POPOLO DI DIO

 

In viaggio per partecipare all'Assemblea del popolo di Dio



Don Paolo Bizzocchi

Ciao a tutti e tutte, questa settimana vi scrivo con un po’ di ritardo, mentre sono sulla lancha che mi sta portando a Tabatinga. Ancora fuori parrocchia?

Si, ma non da solo: con una rappresentanza della parrocchia (siamo 9 persone, dovevamo essere 11, ma due non si sono presentati) ci stiamo recando alla “Assemblea del Popolo di Dio” che la nostra diocesi tiene ogni anno. Sono quattro giorni (più i viaggi fanno sei) nei quali tutte le parrocchie si ritrovano col vescovo per pregare, ascoltare, confrontarsi, riflettere, verificare il cammino fatto e programmare. Quest’anno è particolarmente importante, perché abbiamo il compito di tracciare le linee guida per i prossimi quattro anni.

 

Le ultime linee, tracciate cinque anni fa, erano state queste:

-Consolidare l’iniziazione alla vita cristiana in tutte le parrocchie, formando discepoli missionari;

- La spiritualità e la liturgia in un processo di inculturazione.

- una chiesa in uscita e samaritana, che si prende cura della casa comune

- La creazione di una rete di comunità ecclesiali di base, che diventino missionarie

I nomi sono grandi e la realtà è ovviamente piccola, ma ho potuto cogliere come anche la nostra parrocchia, con la coppia Burani – Carlotti e sr. Mariana, abbia fatto passi concreti, che la gente coglie. I due maggiori probabilmente sono stati il decentramento, con la creazione di nuove comunità, ed il fatto che le persone stanno accogliendo l’esistenza di ministri della Parola e dell’Eucaristia e le Celebrazioni della Parola domenicali (come non ricordare la nostra esperienza nella UP “Gioia del Vangelo”?). Al di là di quello che si riuscirà a fare, credo che già l’esistenza di un evento così sia una cosa grandiosa. Cristiani che si prendono una settimana di tempo per stare insieme, pregare e pensare il loro vissuto ecclesiale: una vera Grazia, che sono molto curioso di sperimentare!

Purtroppo, non è così in tutto il Brasile. Non solo l’imporsi di stili di vita (e di uso del tempo) più “occidentali”, ma soprattutto un crescente clericalismo fanno sì che in diverse diocesi queste assemblee si riducano ad un incontro con il Vescovo o qualche relatore, dove si ascolta, forse si fanno alcune domande, si va a casa con un programma (se c’è) fatto a tavolino, che non nasce da una condivisione di comunità.  Ringrazio molto il Signore di poter sperimentare questo diverso modo di essere chiesa! Sono anche stati giorni di vissuto ecclesiale più intenso.



Il 14 avremo le Cresime (56, fra giovani ed adulti) nella nuova cappella di Santa Clara ed in preparazione a queste sono intervenuto per la prima volta in un ritiro con i cresimandi, fatto sulla chiamata di Samuele. È stata un’esperienza bella, anche se nel tempo ridotto di una mattina: entrare nel loro modo di sentire la fede e la vita non è facile, ma la cosa chiara è che in loro c’è una ricerca ed una disponibilità all’ascolto che da noi è difficile intercettare. Poi sono giovani come i nostri, dicono A e fanno B, mettono insieme il diavolo e l’acqua santa con grande disinvoltura… ma questo non è problema.

Abbiamo avuto anche la celebrazione dei Defunti, con una Messa nel cimitero principale ed una benedizione in un altro piccolo cimitero. In quest’ultimo, nella comunità più prossima alla foresta, mi ha sorpreso l’alto numero di tombe di bambini, segno di una mortalità infantile per malattie ed incidenti ancora molto alta. Il loro rapporto con la morte devo ancora capirlo bene… da una parte segnato da grande commozione, soprattutto dovuta al legame familiare, dall’altra una accettazione – rassegnazione per un evento naturale che in fondo è accettato come parte del corso della vita.



Da quanto mi dicono, molti – anche tra i cristiani – non hanno una vera fede nella risurrezione.  È stata interessante la presenza “multireligiosa”: da una parte noi cattolici che celebravamo la Messa, all’ingresso del cimitero i Testimoni di Geova con i loro volantini (con i quali mi sono intrattenuto con serene chiacchiere), in mezzo la Chiesa “Universale” che distribuiva la sua rivista, basata sulla fede delle chiese pentecostali.  Però eravamo tutti lì: la morte in qualche modo ci unisce…



È anche tempo di nuovi orizzonti che si aprono. Dopo la domenica missionaria abbiamo avuto un primo incontro con la comunità del Barrio Pantanal: una quindicina di persone, pescatori ed agricoltori, che manifestano interesse per la chiesa cattolica. È interessante che nella visita missionaria è risultato che diverse persone sono fuoriusciti dalle chiese evangeliche: o perché non più convinti della loro opera, o perché cacciati per la situazione familiare “irregolare” o per l’impossibilità di pagare il “dizimo” per il mantenimento della chiesa e del pastore.  È molto bello pensare alla nascita di una comunità cattolica fatta con persone rigettate perché povere o “impure”, richiama la comunità di Gesù!



Un altro orizzonte forse si è aperto stamattina, con la visita di una persona della comunità indigena tutelata più prossima alla città. D. Gabriele Burani frequentava questa comunità, ma con la sua partenza la relazioni si erano interrotte ed anche il capo comunità è diventato evangelico (ma qui i cambiamenti sono molto elastici…). Ora alcune persone della comunità chiedono la presenzaa della chiesa cattolica ed hanno inviato il loro portavoce.  Tenteremo di incontrarli, se il capo comunità lo permetterà: per legge, senza la loro autorizzazione nessuno può entrare in queste comunità.  Confidiamo che possa avvenire, intanto di preghiamo un po’…Vi ho raccontato molte cose… mentre la barca và, ho tempo…

Concludo con una triste cronaca brasiliana.

La settimana scorsa una grande operazione delle forze di polizia ha fatto una mega – operazione a Rio de Janeiro per espugnare la base di una delle più potenti mafie del Brasile, il “Comando Vermelho”. Purtroppo, l’operazione si è distinta per la sua brutalità, che ha causato più di 120 morti, 4 dei quali poliziotti.

Ora vi è una grande discussione sull’opportunità e l’efficacia di un intervento di questo tipo, soprattutto in un contesto nel quale manca ogni forma di supporto sociale ed educativo in grado di sottrarre la popolazione ed in particolare i giovani alla forte tentazione del potere e del guadagno dato dalla malavita.  I toni della discussione sono molto accesi.  Da una parte le forze che difendono ed esaltano l’operazione, perché “bandito buono è bandito morto” (anche quando non si è certi che sia davvero un bandito…); dall’altra altre componenti che sollevano dubbi sulla legalità, l’opportunità e l’efficacia di quanto compiuto.  In mezzo, una popolazione che per un attimo respira per l’eliminazione di una forza criminale che opprimeva crudelmente il territorio (ma per quanto?) e famiglie che piangono la perdita di mariti e figli, poliziotti o criminali o altro che siano. Un aspetto molto preoccupante è la volontà di alcune forze politiche di destra che intendono configurare questo gruppo criminale in una modalità che aprirebbe la strada ad interventi degli Stati Uniti sul suolo brasiliano, come probabilmente avverrà in Venezuela ed in modo più pacato in Colombia.

Adesso basta davvero. Spero di non avervi stancato. Al più presto, notizie dalla nostra Assemblea del Popolo di Dio!

 

Il Signore ci accompagni!

sabato 9 agosto 2025

RIPRENDENDO LA VITA PARROCCHIALE

 

Messa inculturata di un vesco di una diocesi vicina



Paolo Bizzocchi

 



Ciao a tutti e tutte,

 

Vi ho scritto pochi giorni fa, ma voglio raccontare qualcosa anche oggi.

Tornato da Manaus, sto riprendendo la vita parrocchiale. Verso fine mese dovrò tornare tre giorni a Manaus per fare un mini corso per avere la patente brasiliana e spero di poter fare anche la visita medica richiesta (dipende da un documento che deve arrivare dall’Italia…), altrimenti dovrò tornare un’altra volta. Vista dall’Italia può sembrare strano, ma è così: per fare un documento sto andando e venendo da Manaus più volte: se viaggio con la “lancha”, ogni volta sono 1770 reais e tre giorni effettivi di viaggio (uno stipendio minimo sono 1500 reais…), se viaggiassi con il barco la spesa sarebbe ben minore, credo 5-700 reais, ma i giorni di viaggio effettivi diventerebbero nove o dieci. Questa volta farò l’andata in barco, circa tre giorni, con Thomàs, il giovane architetto volontario che ha fatto servizio qui per sei mesi ed ora torna a casa, nel sud del Brasile. Per il ritorno invece farò con la lancha, perché non posso permettermi di stare fuori dalla parrocchia altri cinque giorni per il viaggio.

Grazie a Dio, nel periodo del corso recandomi al dipartimento del transito (DETRAN) per il documento, ho trovato una giovanissima impiegata che mi ha preso a cuore e mi ha permesso di fare tutta la procedura iniziale in quelle due settimane, altrimenti avrei dovuto viaggiare un’altra volta per fare qualche firma. Sperimentare queste accoglienze è una vera gioia, Dio benedica tutte le persone che aiutano gli immigrati!

Come dicevo, per noi italiani tutto questo appare strano e forse inaccettabile, ma è la vita di questi luoghi sperduti. I tempi sono diversi e il livello di pazienza anche. Ciò che serve per vivere, molte volte si trova a 900-1000 km e (soprattutto) a molti giorni e molti reais di distanza… ma si fa, con pazienza.

Sinceramente, spero che questi viaggi terminino presto, perché in questo momento ho molto bisogno di stare in parrocchia e fermarmi, sia per me che per le persone di qui: sta iniziando uno stile di vita, la presa di responsabilità, il vissuto di semplici relazioni, un minimo di familiarità con la lingua… tutto questo chiese stabilità e tempo. Di fatto se pensassi di tornare in Italia un mese per “fare ferie” ad un anno dalla partenza (novembre o dicembre) sarebbe una vera sciagura: significherebbe perdere buona parte del lavoro fatto fino ad ora, ed al ritorno dover ricominciare ancora una volta. Credo che passerò il prossimo anno verso settembre – ottobre: per allora spero che la lingua, le relazioni, l’impegno pastorale, si siano sufficientemente consolidati per potermi permettere alcune settimane di “interruzione” senza perdere ciò che ho acquisito.

Per questo autunno invece vivremo la gioia dell’arrivo di d. Marco, cercando di fargli buona accoglienza! Lo stiamo attendendo molto!

Qui che sta avvenendo?

D. Gabriele sta partendo per il viaggio mensile sul fiume, con una tenacia ed una pazienza che molte volte non viene appagata dai risultati visibili. È un segno bello del lavoro pastorale fatto in totale gratuità, senza attendere nulla in cambio. Può essere che in futuro arriviamo a ripensare un poco il modo di seguire queste piccole comunità del fiume, ma lo spirito non può che essere questo: una presenza semplice fra gli ultimi, che spesso non hanno nulla da restituire.

Io invece mi sono rimesso all’opera sia con le questioni burocratiche (non illudiamoci che qui non ci siano, anzi…) che pastorali.

Ora sto facendo il “novenario” di S. Clara (S. Chiara, che festeggeremo domani) nella comunità a lei dedicata. Abbiamo così inaugurato la nuova chiesa, quella dove ho fatto (e devo completare) l’impianto elettrico. Manca circa tutto, perché non è pitturata, non ha il pavimento, non ha seggiole proprie… ma ha il tabernacolo e custodisce l’Eucaristia, ha un piccolo ambone per proclamare la Parola di Dio, ha un altare nuovo. Quella dell’altare è una storia con due volti: uno triste, perché avevamo chiesto ad una comunità di mettere a disposizione un vecchio altare che loro non usano ed hanno rifiutato (il campanilismo è un male non solo italiano); uno gioioso, perché una famiglia della stessa comunità, scandalizzata dal comportamento degli amici, ha offerto un altare nuovo per la cappella nascente. Questa sera lo benediremo ed inizieremo ad usarlo!

Ciò che veramente manca a questa nuova chiesa è però la comunità, attualmente costituita da pochissime persone (direi che non arriviamo a dieci…). Del resto, parlando con la responsabile abbiamo calcolato che nei dintorni della nostra cappella (nel giro di poche centinaia di metri…) ci sono almeno otto chiese evangeliche di diverse denominazioni.

Ci sarà da lavorare tanto, con pazienza e senza tante aspettative.

Pensando che la cappella è dedicata a S. Chiara, mi è venuto in mente che la chiesetta di S. Damiano, ove Chiara visse tutta la sua vita monastica, fu restaurata da Francesco all’inizio della sua vocazione, quando udì la voce di Gesù, “Và e ripara la mia chiesa, che è in rovina!” Come prima cosa Francesco si mise a fare il muratore per questa chiesetta abbandonata, senza sapere se poi qualcuno l’avrebbe usata… e divenne la dimora di Chiara e delle sue sorelle. Che sia così anche per la nostra S. Clara? Io non ho fatto il muratore, ma l’elettricista… ad ognuno il suo.

Un’ultima cosa. Ieri sera nella stessa cappella abbiamo celebrato per la prima volta i Battesimi, con sei bambini e bambine di diversa età. Dopo l’incontro di preparazione i genitori di due bambini mi chiedono cosa devono fare per sposarsi in chiesa… e scopro che non sono battezzati, come non lo è la madrina: “da piccoli abitavamo sul fiume, il frate veniva a battezzare una o due volte all’anno, ma a noi non è stato fatto”. Nella liturgia battesimale li ho visti convinti ed al Padre Nostro hanno pregato, quindi lo conoscono. Hanno visto il battesimo dei figli, vediamo cosa germina in loro: potrebbero essere il seme di una nuova comunità!

 

Il Signore ci accompagni tutti!

lunedì 28 luglio 2025

LE COMUNITA' DEL FIUME A MANAUS

 



Ciao a tutti e tutte.

 

Paolo Bizzocchi

Sono appena tornato dalla due giorni che abbiamo vissuto nelle comunità del fiume a pochi km da Manaus: introduco e vi mando alcune foto, che parlano più delle parole.

A differenza di quanto avviene nella nostra parrocchia, qui il Rio Solimoes non ha sponde naturali e la foresta nei pressi del fiume é diradata, lasciando ampi spazio liberi.

Questo ha fatto si che sulla riva del fiume e nei rami che si formano nel tempo di piena, vivano da sempre piccole comunità non indigene, in case di legno su palafitte o galleggianti. Ecclesialmente sono divise in piccole "comunità missionarie" che si ritrovano settimanalmente per la Liturgia della Parola guidata da ministre e ministri delle comunità ed una volta al mese per l'Eucaristia.



Cioè che sorprende é la vita di queste famiglie. Per circa sei mesi all'anno vivono nell'acqua o ai bordi di questa, pescando il pesce abbondante; poi con la metà di agosto viene la secca (ora l'acqua si sta lentamente abbassando). Man mano che la terra si scopre seminano manioca, mais, cocomere, banane ed altro: la terra che esce dal fiume é molto feconda, mentre quella della foresta è più povera. I sei mesi di secca sono sufficienti per fare il raccolto, che serve anche per il periodo di piena.

Paradossalmente, il periodo di piena é più favorevole per le comunicazioni, perché con la canoa arrivano dappertutto; quando viene la secca diverse aree si raggiungono solo a piedi o a cavallo, talvolta in moto.



La foresta ed il fiume sono densamente abitati. Ci sono i pesci da mangiare e quelli che ti mangiano, come il piranha, ci sono gli yakaré - i coccodrilli di questa zona - che mangiano e si mangiano volentieri, ci sono serpenti di un paio di metri che stringono la vittima fino ad ucciderla, poi la mangiano (ci hanno mostrato le foto di un paio che hanno ucciso vicino alle case).

 

Immagino che a sentir queste cose noi non siamo tranquilli, ma loro lo sono: è la loro vita. Con un percorso di mezz'ora in canoa in mezzo alla foresta abbiamo visitato una donna di 85 anni, che vive lì con un figlio non sempre presente: un sorriso ed una serenità incredibili! È una vita "diversa" fatta da persone "normali", con grandi televisioni e telefoni. Una vita diversa, ma possibile: i molto sorrisi e la bella ospitalità lo dimostrano.



 

Basta. Vi mando alcune foto e filmatini di questo ambiente unico ed affascinante.

 

Il Signore ci benedica tutti!

D. Paolo

sabato 15 febbraio 2025

DI GRAZIA RICEVIAMO E GRATUITAMENTE DONIAMO

 




Paolo Bizzocchi

Ciao a tutti e tutte!

Spero che stiate bene e che possiate un po’ condividere la mia gioia di questi giorni, perché alla presenza di d. Luigi si è unita quella di sr. Alessandra, sempre della Case della Carità di Ruy Barbosa, e di Isabela, la giovane e simpaticissima novizia brasiliana che ora la accompagna e presto sarà in Italia. D. Luigi partirà il 18 e loro il 23, quindi per un’altra settimana potrò godere di una casa “abitata” da volti amici, che in questi giorni suppliscono alla mancanza di D. Gabriele in viaggio sul Rio Iça. Purtroppo, io non ho ancora la familiarità con l’ambiente, le persone, soprattutto la lingua, per poter essere per loro una valida guida (giacché da vedere in 30 kmq non c’è molto…), ma la condivisione della fede e l’amicizia suppliscono a tanto, se non proprio a tutto.

Isabella, novizia della Casa di Caritá di Ruy, Barbosa, don Gibellini,
Suor Alessandra e don Paolo

Oggi vi scrivo per una cosa particolare… per I SOLDI. 

Si, perché anch’io sono chiamato a partecipare alla “raccolta fondi” per il mantenimento della nostra missione così come hanno fatto i miei validi predecessori; i miei riferimenti per fare questo sono l’Unità Pastorale Gioia del Vangelo e questo gruppo di comunicazione ed informazione.

Qualcuno dirà: ecco, ci siamo… gira che ti gira, dopo la poesia si arriva al portafoglio. Beh… anche… perché la condivisione dei beni è uno dei segni qualificanti della comunità cristiana fin dalle origini e lo è anche oggi.  Però prima di arrivare alle cose tecniche vorrei mettere due parole sul perché e sul come. 

Cappella di Nostra Signora di Guadalupe, nella primissima periferia di Santo Antnio 


Innanzitutto, sul perché abbiamo bisogno anche di soldi. Lo dico con grande franchezza: l’impressione è che il fatto che noi abbiamo comunque una disponibilità economica maggiore di buona parte degli abitanti locali ed anche della chiesa di qua, tante volte si presenta più come un ostacolo che come un vantaggio. Si, un ostacolo: perché siamo percepiti come quelli che possono fare cose (anche pastorali) che altri non fanno, che se gli chiedi un aiuto possono dartelo, che non vivono certi problemi immediati che loro vivono. Tutto questo in qualche misura può fare da schermo all’annuncio del Vangelo, non va nascosto. Soprattutto ci richiama ad una grande responsabilità nell’utilizzo sia personale che pastorale dei soldi; la responsabilità di una vita sobria ed anche di una pastorale sobria, che non dice “facciamo, tanto possiamo pagarlo” (e domani che noi non ci saremo più, come faranno?); la responsabilità di un uso oculato anche nella carità, che non si limiti ad una erogazione, ma aiuti una comunità a responsabilizzarsi verso i bisognosi ed i bisognosi a prendersi cura di sé. 

A volte persone legate alla vita della chiesa me lo hanno detto esplicitamente: “tanto voi italiani avete soldi”, ed io ho risposto “si, perché gli italiani sono persone generose”.

Quindi si arriva al “come” li utilizziamo, perché solo questo motiva il “perché” delle richieste. 



I campi di utilizzo sono soprattutto tre: 

- La vita pastorale della città, non per le spese ordinarie o straordinarie di importo limitato che le comunità si impegnano a sostenere, ma per le spese che vanno al di là della necessità immediata. Così è stato per l’acquisto della cappella di Taraquá o di un pezzo di terreno in una zona di nuova edificazione, per avere poi la possibilità di mettere anche lì una nostra cappella. Così è per la messa in sicurezza dell’impianto elettrico della “quadra”, del quale loro non vedono la necessità, perché tante cose sono fatte in modo molto provvisorio. Così è per il pagamento di un educatore o due che fanno attività con gli adolescenti. Questo ed altre cose simili: non uno sconto al loro necessario impegno, ma lo sviluppo di attività che loro non potrebbero sostenere sia per motivi economici che culturali. In questa voce mettiamo anche la carità ai poveri, che però è un capitolo che devo approfondire…

- La vita pastorale sul fiume, molto costosa soprattutto per il carburante della barca e le manutenzioni della stessa. A questo si aggiungono le medicine che vengono portare nei villaggi e la risposta ad altre necessità che si presentano.

- la nostra vita nella comunità. Qui vi è soprattutto il grande capitolo della sistemazione della casa ove abitiamo. Quando i nostri sono arrivati pioveva dentro a causa del deterioramento del vecchio tetto di amianto, che è ancora lì. Su questo è stata costruita una sovrastruttura in cemento e lamiera che in breve tempo ha assicurato la copertura della casa. Ma è un lavoro fatto a metà e che ora sarà da completare con la rimozione del vecchio tetto, l’innalzamento dei muri, il rifacimento di parti dell’abitato e dell’impiantistica decisamente desueta.

QUINDI, se non avete ancora chiuso il file e volete partecipare, chiediamo di farlo per quanto possibile non con un’offerta una tantum, ma con una quota fissa mensile di qualsiasi valore. 

Il mezzo per farlo è il conto corrente che troverete nel file allegato. Il tutto verrà gestito dall’Unità Pastorale Gioia del Vangelo ed ogni mese verrà comunicato il totale di quanto raccolto.



Dio ama chi dona con gioia. I soldi ci servono, ma non sono certamente questi che fanno la Missione. 

L’invito è a rifletterci e pregarci un attimo, magari anche con i vostri familiari, e poi decidere cosa fare. L’importante è che non ci siano né sensi del dovere né sensi di colpa; quello che doniamo con gioia serve alla missione, ma innanzitutto serve a chi fa il dono.

Il Signore ci benedica e ci accompagni tutti e tutte!

d. Paolo


lunedì 25 novembre 2024

PRIMA VISITA ALLE COMUNITA' DELLA CITTA'

 




Paolo Bizzocchi

Con molta docilità, preso per mano come un bambino, ho iniziato a girare il paese e le comunità con d. Gabriele Burani. Intanto è anche tornato Carlotti dal suo viaggio sul fiume, ed oro il nostro gruppo è al completo. Siamo in tre, ma per poco (troppo poco…), perché il 6 dicembre Burani partirà ed a quel punto dovrò mettermi in gioco io, con il poco che avrò. Il fatto di iniziare a celebrare domenica 8, nel giorno dell’Immacolata, è comunque di sollievo, perché sarò in buona compagnia con Maria. 

Ormai uno sguardo, anche molto rapido, l’ho dato a tutte le cappelle che compongono la parte cittadina della parrocchia (a differenza delle nostre Unità Pastorali, fatte da alcune parrocchie, qui è un’unica parrocchia con diverse cappelle). Non posso negare che un fascino particolare lo ha la nuova chiesa dedicata alla Madonna di Guadalupe: in un villaggio ormai fuori città, nell’inizio della foresta, circondata da un abbraccio di alberi e semplici abitazioni. La strada che porta al villaggio è bloccata dalla mancanza di un ponte che ora stanno costruendo; poi la strada continua per un altro villaggio ancora più nella foresta, ma da quanto ho capito lì al momento non abbiamo contatto con famiglie cattoliche e quindi non andiamo; poi, se il Signore aprirà una strada, vedremo di percorrerla. 



Arrivati alla cappella, la responsabile di comunità mi ha riservato una calorosa accoglienza, condita da un comprensibile orgoglio per la nuova cappella che in buona parte hanno costruito con le proprie forze (notate il Cristo amazzonico, che bello!). Nella cappella d. Gabriele ha iniziato la preparazione di due battesimi: una giovane coppia (21 e 26 anni) con il bambino ed un papà ben più attempato, venuto senza la moglie ed il bambino. I contenuti sono semplici ed essenziali (come anche nelle nostre preparazioni…) ed è bello vedere che è la stessa fede che si trasmette in ogni luogo.

Tornando per il sentiero fangoso, ma solido, mi colpisce vedere un bambino ed una bambina (7-8 anni) che camminando scalzi e molto più agevolmente di noi, portando sulla schiena alcune piccole assi di legno, con una certa fatica… poi li vedo tornare indietro sorridenti, correndo verso la madre che stavano aiutando a recuperare questo materiale di costruzione, forse per fare alcuni lavori sulla loro casa. È giusto che due bambini di questa età lavorino?... Ed è giusto che bambini della stessa età da noi siano sottoposti a ritmi di allenamenti e pressioni di prestazioni in vari ambiti che li fanno diventare nervosi e stanchi?... 



Intanto guardiamo e lasciamo che le cose “riposino” dentro, poi forse capiremo.


P.S. Sto leggendo l’ultima enciclica di papa Francesco, sul Cuore di Gesù: Dilexit nos. Stupenda, semplice e poetica: ve la consiglio!


venerdì 24 maggio 2024

Tradizione e tradizioni …

 



 

Ancora un viaggio missionario, passando per le Comunità e celebrando la vita degli uomini e delle donne, nella vita del Risorto. Maggio è il mese della Madonna nella tradizione cattolica, ma qui le due feste maggiori sono la “festa della mamma” e la “festa del Divino” (Pentecoste). Prima di partire Gabri mi dice: “sai domenica è la festa dell’Ascensione, così ho detto al gruppo liturgico di scegliere canti adeguati. Hanno scelto tutti canti della Madonna per la messa. Ho chiesto perché? E la risposta è stata ovvia: era la Festa della Mamma!”.



Sono partito come sempre il 10 del mese e domenica 12 è stata la Festa della Mamma, quale maggiore esempio si poteva usare per parlare dell’amore di Dio. Come una mamma che dona la vita, la porta in sé, la genera e la nutre, così il Signore prima di morire in croce, assassinato dal potere religioso e politico, offre la sua vita per amore e per tutti. È questo che l’Eucaristia rende attuale e contemporaneo a ciascuno di noi. Oggi Dio ci ama con la sua presenza di amore incondizionato e per tutti. La gratuità dell’amore sconfigge il male e neutralizza la morte. Chi dona la sua vita non muore, ma risorge!


Nel risalire il fiume ci fermiamo nella Comunità di Nuova Speranza, qui il patrono è il Divino Spirito Santo, ci fermiamo per avvisare che faremo il possibile per arrivare domenica 19 e celebrare insieme la Messa di Pentecoste. Il nostro viaggio prosegue in pace, il livello dell’acqua un giorno sale per le piogge e l’altro scende, così ci sono molti insetti che rendono più difficile il viaggio, bisogna continuamente bagnarsi con alcool per il prurito e le ferite lasciate su tutto il corpo, gambe, piedi, pancia, non si salva niente, neppure le parti più nascoste! Ma non mi lamento, quando penso che la mia gente, bambini, donne, anziani e giovani vivono tutti i giorni e tutto il giorno in questa situazione, forse ci si abitua, ma non è facile!



Arriviamo fino ad Ipiranga, pitturiamo la porta della chiesa perché il sole ha ormai scalfito anche il legno, cinque mani di vernice non sono sufficienti a renderla lucida, ma il barattolo è finito e così ci arrendiamo. Ipiranga è una Comunità in difficoltà, molte famiglie se ne sono andate e le poche rimaste spesso litigano fra loro aiutate dal grande consumo di alcool. I militari, che potrebbero aiutare, di fatto rendono la situazione più difficile per la relazione molto conflittuale con i civili. Mi preparo a trovarmi la chiesa vuota la sera, deciso a scuotere la polvere dai calzari per provare a scuotere le coscienze. Ma la sera, per mia meraviglia, la chiesa si riempie di bambini e anche alcuni adulti, la moglie di un tenente, l’infermiere del villaggio, due mamme, un sergente con la sua donna e il loro figlioletto. Così mi ricredo e parlo loro dell’essere testimoni di speranza, perché conosciamo il fatto della risurrezione che il Signore ha affidato come missione ai suoi e a noi oggi: essere testimoni di speranza in un mondo segnato dal potere della violenza e delle armi, dall’ingiustizia istituzionalizzata che ormai da troppo tempo caratterizza la nostra Patria amata, escludendo milioni di persone da una società che fabbrica ancora nuove povertà.



Al mattino presto partiamo per il viaggio di ritorno, ci aspettano molte ore di navigazione, passeremo in tre Comunità prima di arrivare per celebrare la Festa del Divino. Mangiamo senza fermarci, uno guida e l’altro mangia, poi ci si cambia. Così riusciamo ad arrivare verso le due del pomeriggio, la Messa è prevista per le quattro e mezza. C’è molta gente, molti giovani e ragazzi, tutti impegnati a giocare a calcio, musica a sballo, bagno nel fiume e, naturalmente, qualche incontro amoroso sporadico. Il clima è molto bello, sono arrivate due lance dalla città portando i parenti della signora che ha iniziato la Festa del Divino. Entriamo anche noi nella mischia e condividiamo il momento ludico, parlando del più e del meno, della vita, i giovani, la politica (quest’anno ci sono le elezioni amministrative), del cammino della Chiesa e anche della fede e i sacramenti. Naturalmente giovani e adulti erano un poco alticci, reduci da una notte di molta musica e danze, tutto innaffiato da molta birra e caipirinha. Torno alla barca per prepararmi per la celebrazione eucaristica con un buon bagno che con questo caldo è indispensabile per la sopravvivenza. Mentre mi faccio la doccia, dalla finestra della barca vedo un gran movimento di persone che salgono sulle due lance caricando armi e bagagli, e in pochi minuti tutti partono per rientrare in città prima della notte. Non nascondo la mia amarezza, mi ero illuso che tutta quella gente, quei giovani e adolescenti fossero venuti per partecipare a un momento festivo, della religiosità popolare, che la loro nonna aveva preparato con cura offrendo cibo a volontà per tutti, senza risparmiarsi. Chiunque arrivasse, anche se sconosciuto, aveva il diritto di mangiare a sazietà, di riempirsi la pancia in onore della promessa fatta al Divino. Perché così cominciano le feste: la signora ha avuto una bimba con la sindrome di Down e si impegna a festeggiare il Divino tutti gli anni, offrendo cibo e festa per tutti, oltre alla preghiera e alla recita del rosario, in cambio della salute e protezione divina per questa bambina eccezionale. Ormai da più di cinquant’anni la promessa è mantenuta e questa religiosità popolare tiene unita la famiglia e la fede di quanti vengono annualmente a partecipare dei festeggiamenti. Almeno così pensavo anch’io. La bellezza e la forza della religiosità popolare come veicolo della fede. Ma, purtroppo, lo scrosciare dell’acqua del bagno si confonde con l’acqua che i motori delle lance schizzano, portandosi via tutti coloro che erano venuti alla festa. Faccio buon viso a cattiva sorte e vado per celebrare con i pochi rimasti, la signora e la figlia Down, il contadino che si prende cura delle mucche e pochi vicini ticuna che abitano il territorio.

 


Per mia grande sorpresa, entrando in chiesa, guidato dal suono della campana, vedo una ‘moltitudine’ di persone venute come d’incanto dalle piccole Comunità vicine: San Crisostomo, Unione della buona fede, Manacapuru, san Vincenzo, Santa Maria. Mi guardo intorno, ancora commosso e sorpreso, li conosco tutti per nome, famiglie, giovani, bambini che frequentano le nostre Comunità Ecclesiali di Base. Sono li. Sono venuti per festeggiare il Divino, per celebrare la Festa di Pentecoste. Ora con gioia tutto può cominciare, i canti, la Parola, l’Eucaristia, l’abbraccio della pace, la comunione per tutti, i biscotti per i bambini che piacciono anche agli adulti, ormai una buona abitudine alla conclusione della Messa. Poi le cinque bandiere rosse del Divino, e una bianca del responsabile per la festa, cominciano a danzare al ritmo del tamburo che un provetto Ticuna suona con solenne rispetto. Una bambina è coperta con un telo bianco e prende in mano la colomba del Divino. Tutti usciamo e gli uomini fanno cadere il “mastro”, un alto palo che portava la bandiera e annunciava a tutti la festa. Alla caduta del Mastro un giovane corre a prendere la bandiera, sarà lui il responsabile per la festa del prossimo anno, il 2025, anno santo della redenzione. E così ci si incammina verso una grande canoa di otto metri, viene caricato il Mastro che percorrerà un tratto del grande fiume prima di essere gettato alle acque che lo porteranno fino all’Atlantico. Poi si ritorna in chiesa e la signora intona un vecchio cantico allo Spirito Santo, un ‘Bendito’, e ogni volta che si pronuncia il nome del Divino le bandiere si inchinano davanti alla grande colomba, fino a creare un tunnel nel quale i presenti che lo desiderano possono passare per fare le loro richieste di fede. Al termine tutti invitati nella casa grande della signora per condividere un’ultima ‘calderada’, zuppa di pesce, dandosi appuntamento per il prossimo anno, “se Deus quizer”, se Dio lo vorrà.

 


Allora mi chiedo, mentre mi preparo per la notte, quale valore ha ancora la religiosità popolare? Quanto le tradizioni degli uomini possono ancora sostenere la Tradizione della Chiesa e la sua Missione? Certamente per le persone di una certa età, di un’altra generazione rimane un valore importante, quasi una impossibilità concreta di pensare la Fede al di fuori di questa religiosità. Ed è importante saper rispettare questo cammino. Ma per i giovani e per le nuove generazioni, per coloro che non hanno più un legame religioso e non conoscono più il Vangelo e la Chiesa, non è più un cammino di Fede. Rimane l’attrattiva per l’incontro, la festa, la musica e la danza, per l’occasione di mangiare e divertirsi, senza che tutto questo sia vissuto come cammino di Fede, ma è ormai una esperienza fine a sé stessa, chiusa nel suo consumarsi. Così molti “consumano” e pochi “camminano” verso la Fede. È diventata come una vetrata opaca che nasconde quel Mistero che ormai pochi possono e riescono ad incontrare. E mi venivano in mente le tante discussioni nelle nostre vecchie e stanche parrocchie, dove si devono salvaguardare le tradizioni degli uomini, che ormai non dicono più nulla alle nuove generazioni. Riti vuoti di significato nati in tempi e contesti che ormai appartengono a un passato già morto. Mi interrogavo: quale cammino viene dal Vangelo e non dalla tradizione degli uomini, quale luce ancora potrà brillare per condurre alla gioia della Fede, della Speranza e dell’Amore. Gli occhi erano ancora pieni di quei volti conosciuti, che riempirono i banchi della chiesa, provenienti da piccole Comunità che hanno accolto la sfida di celebrare la Parola, spezzare il Pane, condividere la Preghiera e prendersi cura della Vita gli uni degli altri, affinché nessuno sia bisognoso e abbandonato.

 


Forse dobbiamo ritornare lì, alla bellezza e semplicità del Vangelo che chiede a ognuno di noi di impegnarsi per la vita di tutti. Anche la religiosità popolare e le tradizioni dovranno passare al crogiuolo del Vangelo ed essere purificate dalle troppe incrostazioni del tempo e ritrovare la freschezza della fraternità sostenuta dalla gratuità dell’amore del Signore. Allora mi addormento pregando: Vieni santo Spirito e rinnova i cuori dei tuoi fedeli, vieni padre dei poveri, vieni datore dei doni, consolatore perfetto, dolcissimo sollievo; vieni e riempici della luce e della gioia dell’Amore gratuito e fedele del Dio che è con noi e per noi. Amen!

 

Gabriel Carlotti – missionario dell’Amazzonia

Santo Antonio do Içà, 17 maggio 2024 – giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia.   


sabato 7 ottobre 2023

Tempo di secca!

 




 

Gabriel Carlotti – missionario dell’Amazzonia

 

Davvero i cambiamenti climatici si fanno sentire, che uniti al fenomeno di “El Ninho” che surriscalda l’acqua dell’oceano Pacifico, hanno favorito un grande secca nel nostro “estate amazzonico”, così chiamato perché piove poco e per questo il caldo si fa sentire più intenso. Anche in Europa il caldo è stato davvero eccezionale, e continua ad esserlo. Il papa scrive una lettera per preparare la prossima Conferenza Mondiale sul Clima che si terrà a Dubai, nella speranza che non sia solo un bla bla bla, ma un atto di responsabilità collettiva ed effettiva, per essere anche efficace. Tutti siamo coinvolti e toccati dagli eventi che ci sovrastano. L’Amazzonia non poteva restarne fuori, nonostante il fatto di essere il più grande bacino acquifero del pianeta Terra.



Ma cosa sta succedendo? Come sapete il nostro grande fiume è anche molto tortuoso e la forza dell’acqua spesso rompe gli argini aprendo varchi e scorciatoie che tagliano le curve, qui chiamati “paranà”. Nel viaggio di settembre siamo dovuti rientrare prima del previsto perché passando per il “paranà Matintin”, già abbastanza secco e con punti di soli due metri di acqua, abbiamo toccato il fondo e spezzata in due l’elica in un grosso tronco giacente nel letto del fiume. Così, piano piano siamo rientrati lasciando la visita di alcune Comunità per il viaggio seguente. L’acqua alta copre tutto, anche i pericoli, ma in tempo di secca anche un vecchio tronco diventa pericoloso e occorre molta attenzione.



Anche nella Chiesa molti pericoli sono emersi, molte fragilità e incomprensioni, non c’è più l’acqua alta della cristianità che purtroppo ha coperto molte lacune e favorito molta corruzione. Il grido di papa Francesco all’Angelus: “Peccatori si, corrotti no!” ancora risuona nella piazza San Pietro simbolo di tutte le piazze. Così il tempo di secca può essere anche un tempo opportuno per ritrovare l’essenziale e ricostruire la “sua” casa. Benedetto Sinodo che possa aprire nuovi orizzonti e nuove opportunità di dialogo e di ricerca evangelica.



Tornati a casa abbiamo cambiato l’elica, verificato il motore e ci siamo preparati per il secondo viaggio, più lungo e più faticoso. Non si possono più prendere scorciatoie, bisogna percorrere tutto il lungo fiume e aggirare le grandi spiagge che sono emerse, dobbiamo stare attenti alla profondità, perché la superficialità, in questo tempo di secca, diventa un pericolo reale. Ritornare alle origini, al corso originario del fiume. Con Francesco ritornare alla semplicità e radicalità del Vangelo. Ci hanno insegnato che la Chiesa o è missionaria o non è Chiesa. La Missione è ancora la luce per il nostro tempo, non una missione generica, ma la Missione del Signore: inviati per annunciare la Buona Notizia ai poveri. Non c’è missione senza povertà. Una povertà scelta per amore: amatevi come io ho amato voi. Dove la dignità di ogni persona è il traguardo, senza distinzione di razza, de genere o di cittadinanza.



Pensavo in questi giorni alla fragilità del nostro servizio. Le Comunità cattoliche sono le più piccole dove ancora non c’è una vita di fraternità, spesso segnate da conflitti inter-familiari e da numerosi problemi legati alla sopravvivenza. A volte mi chiedo se valga la pena investire tante energie umane ed economiche. Ma ogni volta che incontro il volto di una mamma, di un bambino, del suo papà o di quel giovane che ancora non sa leggere e scrivere, che mi salutano perché ormai mi conosco: “cosa è successo che non sei arrivato, ti abbiamo aspettato, stai bene è tutto a posto…. Si, tutto a posto, abbiamo solo rotto l’elica, ma ora l’abbiamo sostituita e siamo qui, è questo che conta”.

Sono arrivati in città alcuni pescatori: “padre, anche gli emissari dei laghi sono seccati e i pesci sono in trappola, siamo riusciti a liberare alcuni pesci grandi, presi con le reti e gettati nel fiume, ma i piccoli stanno morendo, molti sono già morti per la temperatura elevata dell’acqua e la mancanza di ossigeno”.

 Li ascolto con attenzione, pensando al viaggio della prossima settimana. Se il pesce muore, anche la pesca dei prossimi anni sarà pregiudicata, tutto è interligato (tutto è in relazione): la vita degli uni dipende dalla vita degli altri. Anche nella Chiesa e nella Società, quando c’è stagnazione alcuni grandi si salvano, ma molti piccoli muoiono. Così nelle guerre, nelle grandi migrazioni, nelle relazioni internazionali e nel cammino della fede. In alcune Comunità la nostra ‘grande’ barca non potrà entrare, c’è solo un rigagnolo d’acqua, dovremo chiedere aiuto alle piccole canoe della gente, loro ci porteranno fino a casa loro, con gioia. Il passare per la porta stretta, ora si fa molto concreto, dobbiamo spogliarci del superfluo ed essere piccoli e poveri come bambini, perché di loro è il Regno dei Cieli. Quando non possiamo cambiare il Mondo, anche se lo vorremmo, possiamo cambiare noi stessi e farci fratelli e sorelle. Gli amici si scelgono, i fratelli no; questa è la grande rivoluzione del Vangelo: siamo tutti fratelli!

Un grande abbraccio e un saluto a tutti, con l’affetto di sempre.

 

 

   Santo Antonio do Içá, 7 ottobre 2023 – memoria della Beata Vergine del Rosario

lunedì 31 luglio 2023

Riconoscenza

 



Carissimi amici, vi scrivo per condividere la gioia della vita. Domani andrò nella Segreteria di Azione Sociale per farmi rilasciare il documento di anzianità: 60 anni compiuti. Qui in Brasile è importante perché c’è una legge che difende la dignità degli anziani, non solo gli riconosce il diritto alla pensione, ma anche la gratuità sui trasporti pubblici e la priorità nelle lunghe file negli uffici e nelle banche. Senza accorgermene ho raggiunto il significato del mio servizio: prete = presbitero = anziano. Alla scuola della vita impariamo a vivere.

La vita è la nostra grande maestra. Per questo, credo, che Gesù raccontasse spesso fatti di vita: il Regno dei Cieli è come il seminatore, la semente piccola, il lievito, il grano e la zizzania, il tesoro, la perla, la rete. Ormai da quattro anni, 21 in Brasile, mi trovo qui in Amazzonia. Un po’ fuori dal mondo, o forse al centro di un mondo nuovo. Nell’ultimo viaggio missionario la Comunità di Apaparì ci ha regalato un grosso pesce, un tambakì, e ci abbiamo mangiato per due giorni. L’amico colombiano ci ha dato parte del cerbiatto appena ucciso nella sua proprietà. Nella Comunità di Barro Alto quando siamo arrivati, stavano scuoiando due cinghiali, catturati vicino a una fonte d’acqua e hanno condiviso con lo stinco, parte pregiata. Nella notte, purtroppo, un bimbo piccolo è stato morsicato da uno scorpione, lo abbiamo medicato, ma il dolore è rimasto intenso e per molto tempo. Siamo poi arrivati a Mamurià e, dopo la messa, Assis mi annuncia, visibilmente contento: padre, oggi potrai provare una prelibatezza, scimmia bollita, e così, un poco titubante, apprezzo la carne scura di questo primate.



Nella Comunità di Nova Esperança c’è grande movimento, l’acqua del fiume che stava rapidamente scendendo si è fermata da due giorni e gli insetti hanno invaso i campi e le case. Non sono riuscito nemmeno a celebrare la messa, non avevo le calze per proteggermi e i piedi erano letteralmente martoriati dai morsi dei pappataci. Ma prima di ripartire, la nonna mi chiama e mi offre due grandi salsicce di carne scura; nella notte i nipoti avevano ucciso una grande Anta (una specie di asino selvatico), senza frigo perché non c’è energia elettrica, si cuoce la carne e si fanno insaccati. Così, mentre risaliamo sulla barca pensavo alla complicità tra Natura e Umanità, al respiro della vita. A quel tesoro nascosto nel campo che tante volte non riusciamo più a vedere perché abbiamo perso l’entusiasmo di cercare la bellezza di una perla di grande valore. Allora ancora mi domando quale sia l’autenticità della vita, dove sta correndo il nostro mondo frenetico e tecnologico, guerrafondaio. Cerco di lasciarmi coinvolgere dall’essenziale che dà il giusto valore al superfluo e che con gioia vende tutto per quel tesoro che ha trovato, per la luce di quella perla preziosa.



Nella prossima tappa ci aspettano quattro battesimi, in una Comunità dove i bambini non hanno ancora imparato a fare il segno della croce, ma sanno divertirsi con una palla di stoffa e sgranano gli occhi per pochi biscotti al cioccolato che giustificano il loro ‘sopportare’ la Messa dei grandi. Siamo ormai di ritorno verso la città, l’elica della barca ha toccato il fondo del fiume che sta rapidamente seccando, lasciando allo scoperto grandi banchi di sabbia dorata, tentazione per chi ancora cerca oro inquinando le acque e senza rendersi conto della sua inutilità: non serve come cibo, né per costruire le case, solo riempie gli occhi di chi si illude e attacca il cuore alla falsa ricchezza. In questi giorni è in atto una grande operazione della Polizia Federale, promossa dal governo Lula a salvaguardia dei popoli dell’Amazzonia. L’esercito brasiliano assieme ad un contingente colombiano e peruviano sono entrati nei territori del garimpo illegale, sul fiume Puretê, un affluente del rio Içá e stanno distruggendo le imbarcazioni per l’estrazione dell’oro e l’uso del mercurio. Nessuno parla, tutto tace, ma l’aria è molto pesante, c’è un senso di impotenza e di rabbia per chi vede sfuggire il sogno di ricchezza; un senso di giustizia e di liberazione per quanti costretti a subire le conseguenze di malattie provocate dall’acqua e dal pesce contaminati dal mercurio.



Arriveranno a breve cinque giovani inviati dal Centro Missionario Diocesano, che hanno scelto di “ascoltare” e di usare le loro vacanze per venire in Missione. Li aspettiamo con gioia perché possano fare esperienza del respiro della vita, del legame tra Natura e Umanità, perché sentano sulla loro pelle le ferite di un mondo diviso tra Nord e Sud, tra ricchi e poveri, tra bianchi e tutti gli altri…, sentano l’odore della morte provocata dall’ingiustizia di un sistema economico e politico preoccupato di accumulare ricchezza e capitale. Ma specialmente perché respirino a pieni polmoni la forza della vita che si fa resistente e sempre risorge. Ancora una volta chiediamo al Signore, come il giovane re Salomone, che ci insegni ad ascoltare per saper discernere tra il bene e il male, e usare del dono di una mente sapiente e intelligente. Al Signore che continua a chiederci: “Ma voi avete capito tutto questo?”, vogliamo rispondere “Si”, e tirar fuori dal nostro cuore cose nuove di pace, di giustizia, di perdono, di gratuità nell’amore, e cose vecchie di fedeltà e di perseveranza, per essere, anche oggi, suoi discepoli.  

 

Gabriel Carlotti, missionario dell’Amazzonia

Santo Antonio do Içá, 31 luglio 2023 – 60° della mia nascita    

CIAO A TUTTI! PRIMA LETTERA DI DON MARCO DALL'AMAZZONIA

  Il porto di santo Antonio do Iça, la città dove don Marco è arrivato per la missione in Amazzonia Prima di partire sono rimasto d’accordo ...