venerdì 18 dicembre 2020

FESTA È... FESTA!


 

Una domanda che mi sento fare spesso: “Ma come vive la gente in Amazzonia?” e in particolare: “Com’è la vita di chi vive lungo il fiume?”. É difficile trovare la parola giusta, posso affermare che le persone vivono di “essenzialità”. Tutto è ridotto ad alcune azioni indispensabili per la sopravvivenza. Dove non c’è luce elettrica, ma anche dove è arrivata da poco, si dorme presto, alle otto di sera tutto tace. Ma la notte è movimentata, a tutte le ore qualcuno si alza, accende la sua lampada portatile, prepara la canoa e parte per la pesca.


Dormendo sulla barca, quindi sulla riva del fiume, mi sono reso conto di come gli uomini siano un tutt’uno con la pesca. Non c’è orario per partire. Chi va per mettere la rete in punti strategici, chi preferisce pescare con l’arpione per prendere pesci più grandi... e quando ritorni con la canoa piena, tutti accorrono, i bambini e le donne per pulire il pesce e metterlo sotto sale o nel ghiaccio contenuto in grosse casse di polistirolo. Il pesce grande e bello non viene mangiato, ma venduto al mercato, così si parte per affrontare cinque o sei ore di viaggio, a volte due giorni, e raggiungere il porto della città per vendere il pesce e comperare altri generi alimentari o vestiti... una birra con i compagni di pesca, poi si riparte. Il pesce che serve per colazione e per pranzo lo si pesca sul momento, è un pesce piccolo che non serve per il commercio. Solo la domenica non si esce per la pesca, è giorno di riposo e di divertimento, spesso si mette la musica a tutto volume e si improvvisa una festa.



Le donne sono le vere “padrone di casa”, sono loro a fare tutto, dal cibo alla pulizia e al prendersi cura dei numerosi figli nati da un gesto di affetto tra una pesca e l’altra, o in una notte di pioggia grossa, quando anche la luce elettrica non funziona e non si può distrarsi con il calcio alla televisione. Sono tanti bambini, tanti i papà forse troppo giovani, tante le ragazze ancora adolescenti e già mamme! Divertimento tipicamente maschile, oltre al calcio praticato anche dalle giovani ragazze, è la caccia. Si parte in gruppo, armati di fucile e machete e si rimane in foresta anche alcuni giorni, tra i pericoli dei serpenti e degli animali feroci, per portare a casa la carne di cinghiali, scimmie, coccodrilli, cerbiatti e altra selvaggina, che verrà messa sotto sale per conservarla. Le piantagioni di mandioca, granoturco, banane... sono di tutto il nucleo famigliare, anche i bambini collaborano, ma sono le donne che si prendono cura del raccolto.



Così la vita scorre, come il fiume, lenta e ripetitiva, ogni giorno per giungere il giorno successivo. Si costruiscono case in legno e canoe con una tecnica tramandata di padre in figlio. Mi diceva un vecchio Cassique che i bambini devono andare a scuola per imparare a leggere e scrivere, ma non per conoscere le cose che servono per vivere, queste le imparano fin da piccoli. Ogni bimbo conosce tutti i tipi di pesci che il papà pesca – pirarucu, tambaqui, jaraqui, piranha, ... – ma non sa scrivere il loro nome e se vede un nome scritto non sa identificare a quale pesce si riferisce. Quindi, la scuola deve insegnare a dare un nome alle cose che la vita ha già insegnato e che gli adulti hanno trasmesso ai più giovani. La vita è dura per chi ogni giorno vive senza sicurezze, ma dipendendo dalla generosità della natura e dal frutto del proprio lavoro. In questa logica non esiste il concetto di “risparmio” e ancora meno di “accumulo”. Non si possiede niente se non ciò che si consuma per vivere.


Nella comunità União da Boa Fè, dopo la messa ci invitano sempre a pranzo, ma l’ultima volta c’era un certo disagio: “padre, abbiamo un pesce che ci hanno lasciato i nostri figli, scesi in città, ma il riso è finito e fino al loro ritorno è solo pesce e farina di mandioca...”; “grazie questo pesce è buonissimo e la farina aiuta ad apprezzarne il sapore”. Anche i bimbi si sono precipitati a spolpare il pesce, agilissimi nel togliere le lische, senza nessun imbarazzo, quasi per gioco, rubandosi con le mani i pezzi più grandi. Sul tavolo un contenitore con l’acqua e un unico bicchiere per chi volesse bere.

Passando nelle comunità di Nova Canaã e Novo Pendão non troviamo nessuno, le case chiuse. Ma dove sono andati? Sapevano che sarei passato oggi, abbiamo lasciato la data segnata già dal mese passato... e ci vogliono un giorno e mezzo di navigazione per arrivare fin qua! Porto la comunione eucaristica a due anziani peruviani che vivono sull’altra sponda del fiume, i loro figli e nipoti sono tutti della chiesa evangelica Assemblea di Dio, ma loro non lasciano la chiesa cattolica dove sono nati e sono stati battezzati. Così, ogni volta che passo porto loro la comunione e anche i numerosi nipoti che scorrazzano intorno a casa, entrano e pregano con noi: leggiamo il Vangelo, preghiamo per le persone, invochiamo lo Spirito Santo su tutti e chiediamo la protezione di Maria per piccoli e grandi. Poi, condividiamo il Pane della Vita e, con i piccoli, qualche biscotto e caramelle sempre attese e gradite. Mi dicono: “padre, non c’è nessuno, sono andati tutti alla festa della comunità di Santa Terezinha, una comunità non cattolica, ma della cruzada che oggi ricorda il giorno del suo inizio, quando il pastore ha piantato la croce, dando inizio al cammino della chiesa”. Festa, è festa. Non importa il motivo o la chiesa di appartenenza: è festa! Una opportunità di incontro, di relazioni, di rivedere persone che da anni non si erano incontrate. É opportunità per divertirsi e mangiare qualcosa di diverso... per una avventura amorosa, anche se solo per una notte... La vita è così dura, ogni giorno, scorre così lenta e piena di cose indispensabili da fare, senza tempo per se stessi.... è una opportunità da non perdere, è l’assaporare la vita nella sua umanità. Festa... è festa!


Bene, lascio l’invito per il prossimo mese, passerò in gennaio. Riprendiamo il nostro viaggio, abbiamo ancora tre comunità nei prossimi due giorni, prima di rientrare. E durante il viaggio di ritorno, scrutando il fiume che scorre lento e le nuvole che giocano sull’acqua, tra le fronde della foresta, ripenso a questa gente, alla mia gente che vive una vita essenziale nella sua semplicità e durezza, ma che non perde ogni opportunità di incontro, di condivisione, di gioia. Penso alla parola del profeta: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le mie vie non sono le mie via”. E sorrido delle nostre programmazioni pastorali, scardinate dalla vita reale. Festa, è festa! É vita per il popolo di Dio! É gioia per i suoi figli! Poi la vita riprende il suo corso, come il grande fiume, verso il mare.


 Passerò la notte di Natale nella comunità di Ipiranga, sul confine colombiano, avamposto militare e ‘città fantasma’ di circa duecento abitanti. É l’ultima comunità anche geograficamente, forse quella con meno identità, fatta da persone provenienti da molti posti diversi, mescolando portoghese e spagnolo per una convivenza non sempre scelta, ma imposta dalle circostanze della vita. Betlemme perduta in mezzo alla foresta pluviale più grande del mondo, da cui nascerà il Salvatore, l’Emmanuele – Dio con noi. Betlemme casa del pane e della speranza.

Feliz Natal! Feliz Navidad! Buon Natale a tutti! 


lunedì 30 novembre 2020

Incredible... ma vero!

 



Gabriele Carlotti – missionário diocesano in Amazzonia

 

 

Dopo le elezioni amministrative riprendiamo i nostri viaggi missionari. Il nuovo sindaco è uno del partito repubblicano, quindi non molto di sinistra e abbastanza legato alla classe dirigente. Comunque migliore del suo avversario che possiamo definire del partito “opportunista”: è già stato sindaco per dodici anni e ha fatto ben poco per la popolazione, specie per i più poveri. Si è limitato a distribuire soldi per comprare voti e chiudere bocche che reclamavano. Il nuovo sindaco, per i prossimi quattro o otto anni se sarà rieletto, é forse la persona più ricca della città, commerciante che ha anche una impresa di costruzione e due chiatte per trasportare merci da Manaus a qui, ogni mese. La sua é stata una campagna politica abbastanza ‘pulita’, non ha fatto grandi promesse e, almeno sembra, non ha comprato voti. Il suo discorso è stato questo:

 

“Non ho bisogno dei soldi del Comune, ne ho abbastanza per me e per la mia famiglia, vorrei che fossero spesi bene per chi vuol lavorare e quindi merita di avere un lavoro, e cominciando dai più poveri, cercherò di amministrare per chi davvero ha bisogno. Non posso e non darò soldi a uno o all’altro, aiuterò le comunità in quello di cui hanno più bisogno: casa, sanamento basico, infrastrutture, scuola e salute”.

 


Così ha ripetuto anche nel suo primo discorso da sindaco eletto. E così gli ho scritto un WhatsApp quella notte, ricordandogli le sue parole in favore dei più poveri e assicurandogli il nostro accompagnamento che ad ogni occasione, opportuna o non opportuna, gli ricorderà di questa parola data.

Così, passate le elezioni, riprendiamo il nostro viaggio missionario diretti a Ipiranga, ultima comunità, posto militare sul confine colombiano. Ci fermiamo a “Itu” a circa sette ore dal confine, arriviamo di notte con un temporale che non consiglio a nessuno: cielo plumbeo, fulmini e tuoni, il fiume agitato che si diverte a sballottare la barca e, dulcis in fundo, visibilità zero per la pioggia scrosciante. Guidati dalle luci della comunità, approdiamo e mettiamo in sicurezza la barca, ancora tremante per il forte vento. Bene, due uova fritte e due salcicce, un succo di limone e sull’amaca per una notte di meritato riposo. Il giorno dopo ci riuniamo con la comunità: due nonni con le tre figlie sposate, una già vedova, e molti nipoti. Hanno anche un figlio piccolo, portatore di Handicap, ma che tengono nascosto. Quando inizio la celebrazione della Messa, nel tardo pomeriggio, arriva anche la famiglia vicina, un colombiano con la moglie e i suoi sei figli, alcuni già grandi di 17/20 anni e altri minori di 13/15 anni. É la festa di Cristo Re così chiedo ai bambini: Quando finisce l’anno? Silenzio assoluto! In che mese siamo? Silenzio! Sapete quando siete nati? Quanti anni avete? I volti smarriti. Il sorriso della mamma e lo sguardo che dice: “Ma cosa ci chiedi... a cosa serve...?”. Volevo semplicemente introdurre il tempo dell’Avvento come inizio di un nuovo anno liturgico in preparazione alla festa del Natale... ma ho lasciato perdere. Così mi limito a domandare: “Sapete quando è Natale quest’anno?” Provo ad aiutarli... “Alla fine del prossimo mese, il 25 di.....?” Nessuno risponde, appena tanti sorrisi e tanti occhi sgranati. “Ma sapete in che mese siamo?” Silenzio! Anche i ragazzi grandi sembrano cadere dalle nuvole, chiedo se sanno leggere e scrivere... “Poco e con difficoltà, abbiamo frequentato solo la 1° e la 2° serie. Normalmente la scuola funziona una settimana o dieci giorni al mese, poi il professore va in città per ricevere lo stipendio e si ferma un tempo in casa con la famiglia; spesso non c’è la merenda che viene data dallo Stato, e così alle nove si ritorna a casa... nessuno resiste a scuola senza mangiare! Ma la preghiera è stata molto bella, partecipata e gioiosa. Anche i bimbi più piccoli si sforzavano di rimanere svegli... per non perdere le caramelle e i biscotti alla fine della celebrazione!

Nel viaggio di ritorno a “São João do lago grande” troviamo solo la famiglia del professore, che si scusa perché non c’è nessuno, sono andati tutti a pescare e torneranno solo domani dopo la notte di pesca. Lasciamo i fogli che abbiamo preparato per le celebrazioni dell’Avvento e del Natale e ricordiamo che passeremo il 25 nel pomeriggio per celebrare con loro la festa del Natale.

Proseguiamo per la comunità di “São Pedro” a circa una ora e mezza di distanza. Scendo e incontro tre mamme, due stanno allattando i loro bambini e la terza pettinando la sua bimba. Saluto, sento come stanno, se c’è qualche ammalato nella comunità. Tutto bene, padre! Chiedo se sanno che oggi c’è la Messa, mi dicono di no, che non hanno sentito niente, ma il cassique sta in casa, lui deve sapere. Osservo i bimbi e tutti portano una piccola croce al collo, probabilmente sono simpatizzanti della ‘chiesa della croce’ o semplicemente la usano come protezione contro il male. Vado nella casa di Isaia, il cassique, la moglie è sdraiata sull’amaca, chiedo del marito, sta lì nell’altra stanza, vedo un’amaca appesa... aspetto un po’, ma solo silenzio... così saluto e vado in un’altra casa, piena di bambini. Il papà è sdraiato sul pavimento di assi, pancia in giù, non da segni di vita, i bimbi giocano saltando su di lui, saluto la mamma, sull’amaca, che ricambia gentilmente il saluto e... silenzio. Rimango ancora cinque minuti sulla soglia, poi vedo un uomo che sta preparando la ‘cuia’ per la sua canoa, così vado ad incontrarlo. “Si, padre, il cassique ha avvisato per la Messa, ma ci sono molti ammalati, con febbre alta e diarrea”. Chiedo se sia malaria... no, perché non hanno i brividi e sudano molto. 



Chiedo che acqua bevono. Quella del fiume, mi risponde. Qui non ci sono igarapé (piccole sorgenti). Ma la trattate con il cloro...? no, è finito e qui non abbiamo nessuno della salute pubblica. Sono già stato a Juì (paese a cinque ore di canoa motorizzata), ma dicono che non possono darlo senza una richiesta del responsabile della salute... che qui non abbiamo. Mi ricordo in questo momento di una frase ironica di fr. Gino, mio predecessore: “Bevete l’acqua del fiume, è così inquinata che anche i microbi e i batteri muoiono!”. Ricordandomi della mia Bahia chiedo: “Ma non potete usare l’acqua piovana? Qui piove spesso, quasi tutti i giorni...”. “Sarebbe bello, mi risponde, ma qui nessuno ha una cassa di plastica per raccogliere l’acqua, solo qualche pentola, ma finisce subito. E i prossimi quattro anni saranno difficili perché il nostro candidato ha perso...”. Rispondo che il nuovo sindaco ha detto che non ci sarà persecuzione politica, ma aiuto per i più bisognosi, e che la Chiesa proverà ad accompagnare questo processo. Ma so che lui ha ragione e non sarà facile! Più tardi quest’uomo viene sulla barca e mi avvisa che la gente vuole celebrare la Messa, alle 18, perché alla sera non c’è luce, è finita la benzina e il motore non funziona... Mentre preparo l’occorrente per la celebrazione e i biscotti per i bambini, penso tra me: “Incredibile, ma vero”, nel più grande bacino acquifero del mondo, l’Amazzonia, non c’è acqua pulita da bere! Il Vangelo di questa ultima domenica dell’anno liturgico ci coinvolge: “Avevo sete e mi avete dato da bere”. Così lascio alcune medicine per la febbre e la diarrea, e chiedo quante case ci sono, mi rispondono cinque, bene proverò a cercare cinque casse da 500 litri ciascuna, voi pensate a come fare una specie di grondaia e al prossimo viaggio, il 12 dicembre, ve le porto. Non saranno di proprietà individuale, ma della comunità, non si possono vendere né portare via, serviranno per voi e i vostri figli, per bere ‘acqua viva’.




Così, durante la notte, ripenso a quante famiglie devono affrontare questa situazione... ripenso alle cisterne fatte nella secca Bahia e mi ripropongo de vedere, nei prossimi viaggi, la necessità concreta di acqua potabile, in questa Amazzonia dove piove tutti i giorni e i fiumi sono una ricchezza enorme di acqua dolce. Incredibile, ma vero!

 

 

1° domenica di avvento, 29 novembre 2020

giovedì 19 novembre 2020

ANALISI E SINTESI DI UN ANNO DI MISSIONE IN AMAZZONIA



Dopo circa un anno dal nostro arrivo, abbiamo pensato di scrivere e inviare una sintesi del percorso che stiamo facendo nella nostra missione reggiano-amazzonica in Santo Antonio do Içá – Amazonas, oltre alle lettere piú dettagliata che sempre inviamo.  Dividiamo il testo in due parti perché don Gabriele Carlotti sta incontrando le comunitá lungo i fiumi e don Gabriele Burani quelle della cittá. 


Comunitá lungo il fiume. Santo Antonio do Içá, ottobre 2020

Il fiume Içá, o Putumayo, segna- per un lungo tratto -  il confine tra Perú e Colombia, poi attraverso la Colombia entra in Brasile, percorrendo tutto il territorio della nostra parrocchia di Santo Antôno do Içá,  per poi gettarsi nel Rio Solimões ( Rio delle Amazzoni): 358 Km di fiume, da Ipiranga, sede di una caserma dell’ esercito brasiliano sul confine con la Colombia, fino alla cittá di Santo Antonio dove si incontra con il Rio Solimões.  Lungo il fiume ci sono diverse comunitá ‘ribeirinhas’, alcune di indigeni Tikuna e Kokama.  Inizialmente erano tutte comunitá cattoliche, oggi alcune sono evangeliche della Chiesa Battista, della Assemblea di Dio, altre della Chiesa della Croce (Cruzada), fondata da fratel José, un profeta itinerante che aveva scelto il fiume Içá come luogo privilegiato di salvezza; morto da pochi anni, il suo corpo é in una di queste comunitá.  Ci sono 35 comunità, alcune formate da poche famiglie, altre organizzate come “aldeias” e piccoli villaggi di un centinaio di persone. Solo Betania si distingue con i suoi cinque mila abitanti, tutti Tikuna e protestanti della Chiesa Battista.  I frati cappuccini hanno accompagnato la vita religiosa di questo popolo con il metodo della cosiddetta “desobriga”: arrivare una volta l’anno (o poco più) e celebrare tutti sacramenti; finora non c’é stata la possibilitá di una presenza che aiutasse a creare un senso di appartenenza alla Chiesa Cattolica con un minimo di organizzazione.  Un popolo che professa la sua fede in Dio senza conoscerlo ma confidando nella sua presenza e il suo aiuto.  Tutte le Chiese presenti nel nostro territorio parlano di Gesú e per questo le persone rimangono disorientate e passano da una confessione a un’altra; dipende dai missionari che arrivano nella comunità con la offerta di una salvezza per loro. Dobbiamo dunque passare da una pastorale di semplice visita ad una pastorale di presenza; dalla ‘desobriga’ alla catechesi; dal fatalismo alla fede.
Qualcuno conserva ancora le tradizioni religiose del suo popolo, ma le nuove generazioni non conoscono piú la sapienza degli anziani e neppure hanno avuto la possibilitá di conoscere il vangelo, abbandonando ogni pratica religiosa o lasciandosi influenzare dalla predicazione fondamentalista di chi vuole fare proseliti.



Iniziamo il nostro cammino, come diceva Francesco di Assisi, non abbiamo fatto ancora nulla ma siamo in cammino.  Abbiamo visitato tutte le comunitá riattivando un legame con la Chiesa Cattolica e abbiamo constatato una grande fragilitá nella coscienza di essere Chiesa a causa di un senso di abbandono.  Molti sono passati ad altre Chiese perché non hanno avuto nessun accompagnamento liturgico o catechetico o semplicemente una vita di comunitá con un minimo di sacramentalizzazione. Per ora iniziamo accompagnando le comunitá cattoliche, senza escludere nessuno e accettando con gioia la presenza di cristiani di altre confessioni nei nostri incontri e celebrazioni. Abbiamo progettato due viaggi al mese, di dieci giorni, per essere presenti e celebrare l’eucaristia in tutte le comunitá una volta al mese. Ogni comunitá sa che il prete arriva un giorno fisso del mese per celebrare la Vita e la Fede assieme ai cristiani del luogo; questo perché non abbiamo la possibilitá di comunicare, né per telefono, né via radio (che raggiunge solo pochi villaggi).  Siamo alla ricerca di leaders per animare e presiedere la celebrazione domenicale della parola di Dio.   Durante i viaggi un ministro della Parola accompagna il presbitero e presiede la liturgia della Parola della Messa, per manifestare che tutti possono celebrare la fede e per incentivare la ministerialitá.  Per ora stiamo approfittando delle celebrazioni liturgica per fare una catechesi che coinvolga la vita delle persone.
Il cammino é lento, come l’acqua del fiume, ma non si ferma.   Dopo tre mesi alcune comunitá hanno iniziato a celebrare il giorno del Signore e condividono con noi le loro gioie e difficoltá. Altre ancora non sono riuscite, per mancanza di persone che sappiano dirigere.   Stiamo aiutando a ristrutturare le poche cappelle, appena quattro, e sosteniamo le altre comunitá ad avere un luogo nel quale riunirsi per la preghiera e la condivisione di vita.  Le case sono piccole e non sempre c’é la scuola nella “aldeia”; due delle nostre chiese servono anche come scuola per i bambini della comunitá. Abbiamo scelto come segno il colore giallo, colore della luce della risurrezione, e la Croce con la scritta “Gesù è risorto” sui bracci.



Crediamo che una presenza costante e rispettosa delle persone e delle tradizioni possa incentivare e promuovere una appartenenza alla Chiesa, non per dividere ma per dare la possibilità di un dialogo fraterno con le altre confessioni che formano con noi la Chiesa, Popolo di Dio.  Siamo coscienti che abbiamo davanti un lungo cammino ma sappiamo che lo Spirito soffia come e dove vuole e per questo cerchiamo di riconoscere la sua presenza nel popolo.  Abbiamo la speranza di raggiungere la visione di una Chiesa di Comunitá Ecclesiali di base, comunitá fraterne che promuovano la vita e la speranza nella nostra cara Amazzonia. 

Don Gabriele Carlotti

 

 

Santo Antonio do Içá. Ottobre 2020. Comunitá della cittá.

Il municipio di Santo Antonio do Içá ha il capoluogo cittadino sitato nel punto di incontro del fiume Içá con il Solimões (Rio delle Amazzoni); tutto il comune dovrebbe avere circa 22.000 abitanti ( non abbiamo i dati sicuri perché l’ultimo censimento risale al 2010) di cui metá in cittá e gli altri nei villaggi lungo il fiume.  La parrocchia è suddivisa in comunitá – come avviene di solito in Brasile- e in cittá ci sono 6 comunitá con la loro cappella e 2 comunità in via di formazione (senza cappella per il culto, né altre strutture se non le case).  Nella comunitá centrale di Santo Antonio abbiamo la Chiesa madre (la ‘matriz’), la casa parrocchiale, la segreteria e altre strutture per la attivitá pastorale.  Con auto o moto anche le comunitá piú lontane si raggiungono in breve tempo; celebriamo la messa in tutte le cappelle una volta la settimana e ogni due settimane nelle due comunitá che stanno iniziando e che per ora sono formate dalla famiglia che ospita la liturgia con poche altre persone.    Un dato rilevate è la presenza di molte chiese protestanti (o ‘evangeliche’), perlopiù neo-pentecostali; come cattolici siamo in minoranza, le nostre comunitá hanno una scarsa partecipazione e questo ci sfida ad assumere una presenza limitata e povera. Ma anche a stimolare la missionarietá, l’incontro con le famiglie nei loro luoghi di vita.



Dopo alcune settimane di convivenza con i frati cappuccini, in dicembre 2019 il vescovo Adolfo ci ha affidato ufficialmente la parrocchia.  In febbraio 2020 giá siamo coinvolti dal problema della pandemia- Covid19, e il nostro municipio presenta subito uno dei tassi piú alti di contagiati di tutto il Brasile. Come in Italia, la vita parrocchiale vive una situazione di sospensione, con la chiusura delle chiese e il blocco della maggior parte delle attivitá pastorali. A fine giugno abbiamo ripreso le celebrazioni nelle comunitá, ma l’attivitá pastorale è molto lenta nel ricominciare; le scuole non hanno riaperto, non è facile incontrare e riunire la gente. In questo momento poi, in vista delle elezioni del nuovo sindaco e consiglieri, la maggioranza delle persone sono coinvolte in un partito o un altro, e dobbiamo sospendere – o ridurre- per quasi due mesi varie attivitá progettate. Dal 16 novembre si dovrebbe ritornare ad una certa normalitá!

- In questi mesi abbiamo affrontato i lavori di ristrutturazione della casa parrocchiale, almeno per renderla abitabile e ci stiamo ancora lavorando ( in questi giorni il muro di cinta e staccionata che é in parte crollata).
Non dobbiamo dimenticare poi le strutture delle comunità: dovremo costruire le cappelle nelle due nuove comunitá, altre devono essere concluse o ristrutturate; per questo chiediamo aiuti alla nostra chiesa reggiana.     


Indubbiamente stiamo incontrando una realtá nuova per noi; anche se abbiamo giá vissuto anni in Brasile, la Bahia non è Amazzonia e quindi il nostro lavoro è quello di conoscere e farci conoscere e entrare in relazione con la gente; lavoro molto lento per la natura delle persone di questi luoghi e ulteriormente rallentato dalla situazione di isolamento dovuto alla pandemia ma si tratta di una esperienza progressiva e positiva.
Eravamo abituati a parrocchie caratterizzate dalla  presenza di preti diocesani, qui siamo entrati in una storia di decenni di presenza dei religiosi cappuccini, e questo dato comporta per noi entrare in contatto  con una forma diversa di impostare le cose con la conseguente necessitá di mediazioni.

  - Come ci stiamo muovendo, quali sono le nostre scelte e prioritá?

In sintesi direi che nostra priorità è dare forma alle  Comunitá Ecclesiali di Base e alle Strutture essenziali della Pastorale Parrocchiale.  
questo cosa comporta?  

 De-centralizzare; molte attività (come la catechesi, celebrazione dei battesimi…) erano soprattutto nel centro; stiamo dunque cercando di dare vitalitá, nei limiti del possibile, a tutte le comunitá e non solo a quella centrale.
- Ministeri. Servizi.  In tutta la parrocchia abbiamo solo 3 ministri della Comunione e altri 3 che sono anche ministri della Parola. Sto facendo formazione ad un gruppo, per il momento molto piccolo, per formare altri ministri, in modo che ogni comunitá possa celebrare anche quando il presbitero non è presente; non è un traguardo che si raggiungerá in poco tempo, ma giá abbiamo qualcuno in cammino.  

Catechesi. Formazioni.  Analogamente abbiamo pochissimi catechisti e quasi nessuno che si occupa di Pastorale Giovanile.  Il mio desiderio è formare gruppi di catechesi e evangelizzazione a tutti i livelli (bambini, adolescenti, giovani, adulti), possibilmente in tutte le comunitá. Per ora abbiamo solo tre comunità un poco attive a livello di catechesi e molti genitori e catechisti hanno ancora  timore di riunirsi per la questione del contagio Covid19 quindi il nostro lavoro è ancora a livello sporadico e da organizzare.
-  Non appena ci saranno le condizioni – dopo le elezioni - inizierò incontri con i catechisti; vorrei arrivare ad elaborare qualche indicazione adatta a noi, sulla base dei Direttori di catechesi della Chiesa universale e del Brasile; per ora regna la anarchia! (e la buona volontà dei catechisti).
- Tra le cose che più mi interessano è la Pastorale Giovanile; qui è particolarmente difficile formare qualcosa di stabile perché molti giovani vanno a studiare in altre cittá o si spostano per altri motivi, oltre al fatto che trovare adulti disposti a lavorare pastoralmente con i giovani è una raritá.  Ció che vorrei fare nei prossimi mesi, è formare un piccolo Coordinamento, per accompagnare le poche esperienze che abbiamo e fare nuove proposte a livello della cittá.

Vorrei formare un piccolo gruppo di Pastorale Battesimale per accompagnare le famiglie che chiedono il battesimo per i loro figli; ho trovato 4 adulti disponibili per assumere questo servizio molto bello e quando sará possibile per i loro orari di lavoro li incontreró per impostare la nostra piccola catechesi battesimale.



Lettura orante della Bibbia. Abbiamo proposto un giorno di formazione biblica ( meditare e pregare la liturgia della Parola domenicale)  settimanale nelle varie comunitá: è ancora piuttosto faticoso e difficile riunire le persone con lo scopo di ascoltare la Parola,  è  una novitá per loro;  la loro spiritualitá è fondata sulle devozioni ai santi  oltre a devozioni apprese dalla televisione, novene di vario tipo,  ma manca un alimentarsi alla fonte della Sacra Scrittura. Con pazienza stiamo tentando di integrare le loro tradizioni con l’annuncio della Parola; sappiamo che occorreranno vari anni per mettere un po’ più al centro la Scrittura nella vita parrocchiale; stiamo seminando…..

-- Abbiamo constatato che le cappelle sono prevalentemente luoghi di celebrazione liturgica dei pochi cattolici che si riuniscono, e tutto si risolve lí; non è ancora Comunitá di Base.  Le Comunitá di Base dovrebbero essere luoghi di incontro, di relazione, di evangelizzazione, di missione, di formazione, di interesse per i problemi sociali del quartiere…. Questo in parte lo vediamo quando organizzano la festa del patrono o qualche altra festa; per il momento è ancora poco lo spirito di missionarietá e una attenzione verso i piú poveri; chi frequenta le nostre liturgie cattoliche  in cittá sono in genere persone della classe media locale(certo, con i criteri europei sarebbero tra i poveri: la maggior parte vive in piccole case di legno con quasi nulla dentro, ma hanno comunque un lavoro, non sono persi sulla strada e sono scolarizzati) e finora non ho visto da parte loro una spinta missionaria, o un organizzarsi per accogliere e sostenere i piú poveri. 
-  Abbiamo fatto qualche incontro per impostare una Caritas Parrocchiale, ma i tempi non sono maturi per ora; i nostri cattolici é difficile che  si organizzino per raggiungere i piú poveri. Forse la cosa migliore, sará visitare le famiglie nei ‘bairros’  e pensare  a qualche azione-segno iniziale.



- Abbiamo riunito rappresentanti delle comunitá per formare un Consiglio Pastorale Parrocchiale e un Consiglio Affari Economici che ancora non esistevano; da questo punto di vista dovremo aiutare ad assumere una mentalitá ampia, che pensi alla parrocchia intera, alla diocesi e non solo agli interessi della piccola comunitá di appartenenza.  

Che il regno di Dio possa diffondersi in questa terra e questo popolo che amiamo.
Don Gabriele Burani, Santo Antonio do Içá - Amazonas

 

martedì 17 novembre 2020

Mezzo vuoto.... o mezzo pieno?

 



 

 

Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

É proprio così, quando ti offrono un bicchiere di vino e il livello è proprio a metà, lo guardi e ti chiedi: questo bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno? Io preferisco sempre essere positivo e apprezzare quanto mi viene offerto e può essere accolto con gioia. É pur sempre il “vino” che rallegra il cuore dell’uomo!

Così, ad ogni viaggio il cuore raccoglie le fatiche e le gioie della realtà incontrata. Non mi nascondo che a volte il disanimo si fa sentire. Dopo una giornata iniziata alle sei del mattino per raggiungere una Comunità e poter ripartire per un servizio nella parrocchia vicina di Amaturà, perché il prete colombiano si è preso le ferie, preferendo rimanere lontano in questo tempo di politica a volte violenta. Arrivo dopo sette ore di navigazione e trovo la chiesa chiusa:

 padre, ci deve essere un errore, il parroco si è confuso perché qui la messa è sempre al mattino, non abbiamo ancora energia nella cappella”,

 

non ci sono problemi, dormo sulla barca e domani mattina celebriamo nella chiesa parrocchiale che è domenica” rispondo.

 

E così è stato, alle 7:30, con poche persone celebriamo, fortuna che c’era un giovane che suonava e una ragazza che cantava e hanno aiutato a ringraziare, poi una signora di mezz’età che cantando il salmo mi ha fatto venire la pelle d’oca, l’ho ringraziata per il suo canto di lode e di fede!




Nel viaggio di ritorno facciamo sosta a Patià, comunità indigena per celebrare l’Eucaristia. Vengo a sapere che l’animatore non ha avvisato nessuno, c’è un forte contrasto politico che ha diviso la Comunità. Così passiamo di casa in casa e, scusandoci, avvisiamo le famiglie che benevolmente accettano di prepararsi per la celebrazione domenicale.

 

A Moinho avevo una grande aspettativa, il mese passato ci eravamo riuniti a casa del Cassique (lìder della comunità) e concordato di spostare la messa alla sera per una maggiore partecipazione delle famiglie e di preparare la festa del patrono, Santa Lucia, il tredici dicembre, cominciando anche la costruzione della cappella come luogo di incontro e segno della fede, che potesse esse usata anche dai fratelli evangelici nel segno dell’unità. Ma quando arrivo, nel pomeriggio, mi avvisano che non c’è quasi nessuno, solo due famiglie e pochi bambini. Sono tutti sul lago a pescare, già da tre giorni e torneranno domani... quando io sarò già a sei ore di navigazione, risalendo il fiume per raggiungere la prossima Comunità. Sorrido e prepariamo la celebrazione con i bimbi e le due mamme, una è molto interessata e ravviva la mia speranza, le lascio le dispense preparate per il cammino dell’Avvento/Natale e le chiedo di riferire agli altri che non sono presenti. Passiamo la notte e all’alba ripartiamo.

 


Chiedo agli amici di São Lazaro di anticipare la celebrazione nel pomeriggio, invece che alla sera, so che alcuni non ci saranno, ma pazienza, domani alle 8:00 ho la messa e un battesimo con due famiglie giovani che vivono in un ramo secondario del fiume, molto isolate. Così, dopo la celebrazione, sempre gioiosa per la partecipazione dei piccoli, ripartiamo per passare la notte due ore più avanti, dovremo navigare accendendo il faro perché il sole sta già rientrando. Arriviamo al porto e vediamo un movimento di canoe, trasportando viveri e caricando bambini...:

 padre abbiamo pensato di partire questa notte per arrivare domani a Santo Antonio per le elezioni”.

 Rispondo che c’è tempo e possono partire domani dopo il battesimo. “Lasciamo per il prossimo mese, anche i padrini stanno partendo con noi...” “Bene, state attenti che viaggiare di notte è pericoloso”. Ringrazio il Signore e mi addormento sull’amaca, stanco e pensieroso, che neanche le zanzare riescono più ad infastidirmi.

 


A Nova Canaan, quasi sette ore di navigazione, scendo per vedere se si ricordano che la sera, nella scuola, abbiamo la Celebrazione Eucaristica. Sembrano sorpresi, ma una signora interviene:

Si padre, non ci sono problemi, apriamo la scuola e può venire a celebrare la ‘sua’ messa”.

Mi si rivolta lo stomaco e sorrido: “Certo, faccio un bagno e ci vediamo verso le sette e mezza per pregare insieme, ringraziare il Signore e celebrare la ‘nostra’ messa!”.

 

É ancora molto difficile il cammino di una fede che sia anche vissuta e condivisa fraternamente, in Comunità, è difficile far crescere una appartenenza ecclesiale, il sentirsi Chiesa – Popolo di Dio. Erano abituati a vedere il frate 2 o 3 volte all’anno, solo per battezzare i loro figli; ora una presenza mensile è quasi troppo esigente, senza parlare della difficoltà di riunirsi per ascoltare la Parola e pregare insieme nel giorno del Signore... il cammino è davvero lento e lungo!

 


Quale gioia quando mi dissero, andremo alla casa del Signore”, così nella Comunità di São Vicente hanno iniziato a riunirsi tutte le domeniche per celebrare la Parola di Dio e pregare insieme. Si fermano per conversare della vita delle loro famiglie e festeggiano i compleanni. Ora vogliono costruire la cappella della Comunità, hanno già scelto il luogo, vicino alla scuola, al centro dell’aldeia. Il Cassique incentiva tutti a collaborare e ad essere presenti. Anche gli uomini ci sono e i giovani, alcuni dei quali già papà a 16/18 anni, vengono con i loro bimbi e le loro mogli. É bello vedere che il seme produce frutto e questo ravviva la speranza in una Fede che sia davvero possibilità di una vita fraterna. Certo, rimangono dei segni di vecchie incrostazioni religiose. Una giovane mamma, che animava il canto, viene a cercarmi sulla barca per chiedere spiegazioni. Ho avuto un figlio da un mese e ancora non ho fatto il rito di purificazione, come Maria nel tempio. L’ascolto con rispetto e le chiedo da dove venga questa preoccupazione. Mi risponde che alcune amiche che frequentano l’Assemblea di Dio, chiesa evangelica, le hanno detto che è impura e deve chiamare il pastore per essere purificata, così pure le donne, quando hanno il mestruo, non possono entrare in chiesa, né fare la comunione. Ho già 57 anni e ho sentito parlare che anche nella chiesa cattolica si facevano questi riti, e mi vieni in mente che già in un’altra comunità alcune donne non facevano la comunione. I mariti mi dissero che non potevano perché stavano nei ‘loro giorni’. Spiego a questa mamma da dove vengono queste cose, legate all’associare il sangue alla vita, la perdita di sangue con l’impurità. Ma spiego che la verità è esattamente il contrario: la donna perde sangue quando non rimane incinta perché il suo organismo si rinnova e si prepara per la possibilità di accogliere una nuova vita nella prossima ovulazione. Quindi la rassicuro e le dico che la Fede ha cancellato queste pratiche religiose e riconosce la bellezza della vita presente anche nel come il Signore ha voluto le sue creature, anche nel funzionamento del corpo. E mi chiedo: quando, finalmente, ci libereremo da paure ancestrali che le religioni hanno usato, perdendo la gioia e la bellezza della vita! La Fede ci rende uomini e donne liberi, nuovi nel cuore e nella mente. Purtroppo queste nuove chiese evangeliche stanno riprendendo tutte queste norme religiose della legge di Mosè, così rivendicano e legano le persone caricandole di pesanti fardelli. Ma la Parola del Vangelo, che annunciamo, ci ha liberato dalla Legge!

 


E come non ricordare la gioia di 5 fratelli, orfani di padre (brasiliano morto nel traffico di droga) e di madre (peruviana morta di malattia), che non hanno registro e quindi non esistono per la società. La gioia di essere battezzati, di essere accolti e sentirsi riconosciuti, membri di una Comunità. La possibilità ora di fare anche il registro civile, perché hanno un documento che attesta chi sono: il registro di battesimo.    

 

A Novo Pendão chiedo se possiamo anticipare la celebrazione alle quattro del pomeriggio, perché il giorno seguente vorremmo partire presto alle 6:00 del mattino, ci vorranno dodici ore ininterrotte per arrivare a casa alle 6:00 del pomeriggio del sabato e così la domenica poter votare e scegliere il nuovo sindaco. “Certo padre, senza problemi!” Chiedo se davvero non ci sono problemi e se avevano programmato altre cose.

 

Solo volevo uscire a pescare un pesce per pranzare, ma non ci sono problemi”.

 

Cosi prendo alcune salsicce sulla barca, un chilo di riso, uova e biscotti e li ringrazio condividendo ciò che era rimasto per il viaggio di ritorno. Noi mangeremo in casa, assaporando quel mezzo bicchier di vino che rallegra il cuore dell’uomo!

 

Santa Elisabetta di Ungheria, 17 novembre 2020

 

venerdì 6 novembre 2020

Che bella! La religiosità popolare

 



Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

 

 

Quando abbiamo fatto il calendario delle celebrazioni mensili dell’Eucaristia, nelle 25 Comunità del rio Içà, ci siamo preoccupati che fossero in una data vicina alla festa dei patroni, proprio per valorizzare la festa della Comunità. In rarissimi casi siamo riusciti a far coincidere il giorno della festa del Santo con il giorno mensile della Messa, appena per 5 Comunità i giorni coincidono, tutte le altre dovranno accontentarsi di avere il prete per la Messa e i battesimi una sera della novena di preparazione. Chiaramente, le prime due Comunità sono state favorite: São João de Japuacuà  il giorno 24, il patrono è Giovanni il Battista (24 di giugno) e Nossa Senhora de Nazaré il giorno 25, la festa della Madonna di Nazaret è proprio il 25 ottobre.



Così, passando nello scorso 25 settembre avviso le famiglie che abitano a Nazaré, che ci rivedremo il giorno della festa. Tutti mi guardano seri e si scambiano sguardi fra di loro, fino al momento in cui la signora più anziana, dona Maria – è lei che invita tutti per la festa della sua devozione – si alza e mi chiede: non potrebbe venire il giorno 24... facciamo uno scambio con l’altra Comunità vicina... solo per questa volta. La guardo stupito e ribatto: ma non è più bello il giorno stesso della festa della Madonna? Tutti sorridono e un signore di mezza età, la butta lì: venga pure il 25, ma non ci saranno le condizioni per celebrare la Messa, saremo tutti “porre”, alticci, ubriachi.... Bene, dico io, vedo con l’altra Comunità, ma credo non ci siano problemi, ci vediamo il 24 pomeriggio verso le cinque.

Così il 24, senza molto entusiasmo partiamo da Santo Antonio alle 12:30 e arriviamo a Nazaré verso le 5 e mezza del pomeriggio, il fiume si è ulteriormente abbassato e in diversi punti sono apparse altre spiagge, bisogna stare attenti a non insabbiarsi e a non prendere qualche ramo o radice, che sono pericolosi perché capaci di bucare il fondo della barca. C’è molta gente, saranno state un centinaio di persone, molti bambini, anche lattanti, tanti giovani e giovani coppie, oltre, chiaro ai veterani. Sentono il motore della barca da lontano e, incuriositi, tutti sono sulla riva ad aspettarci. “Padre è la prima volta che c’è la messa proprio il giorno della festa, non era mai sucesso, seja bem vindo!”. Così dopo alcune chiacchiere in libertà, entro convinto di celebrare subito, ci sono anche due battesimi, “filhos do boto”, di ragazze madri. Ma la sala è deserta, solo una candela accesa davanti all’immagine della Santa. Mi guardo attorno e comincio a girare... chi sta prendendo il latte dalla mamma, chi sta furtivamente mangiando in cucina, una sala senza porte e senza pareti, aperta a tutti, chi sta morosando e si è appartato un poco, chi si beve una birra in compagnia e scoppia mortaretti. Finalmente vedo dona Maria, è lei che organizza la festa della Madonna, viene sorridendo, con i capelli sciolti, una simpatica vecchietta quasi ottantenne. Le chiedo: “quando celebriamo la Messa?” La risposta è pronta: “pazienza padre, alle 8 saranno tutti pronti, li lasci “tomar bagno (fare la doccia)”, di fatto tutti sono scesi al fiume ed è una festa di bimbi saltando in acqua, le donne sono più riservate e fanno il bagno vestite, gli uomini più spartani. Chiaro, tutto a suon di musica a balla! Comincio a preoccuparmi di come sarà la celebrazione... ci penserà Dio!

 


Verso le 7:30 cominciano ad arrivare, così ne approfitto per chiedere di dove sono. La maggioranza viene dalla città, da Santo Antonio, tutti amici e parenti. Chiedo se partecipano di qualche comunità, la maggioranza no. Qualcuno a volte va in qualche chiesa evangelica. Una coppia giovane viene da São Paulo de Olivença, sul rio delle Amazzoni, hanno fatto 16 ore di canoa, con i loro genitori e altri della famiglia, per arrivare e partecipare alla festa della bisnonna! Bene, ho scelto alcuni canti tra i più semplici e conosciuti, il fedele Mosè mi aiuterà a cantare, perché una Messa senza canto è molto triste. All’improvviso tutti escono, c’è una canoa in arrivo. È il cantante con il suo compagno che suona la tastiera e, naturalmente, due casse acustiche stratosferiche, con tanto di luci laser... Con un po’ di pazienza cominciamo...  La celebrazione dura circa una ora e mezza, con i due battesimi, e per mio grande stupore la partecipazione è delle più belle che abbia già vissuto. Il silenzio, l’ascolto della Parola, la riflessione dialogata con qualcuno che nella semplicità interviene. Anche le preghiere dei fedeli sono spontanee, quasi un miracolo! Poi la devozione di chi partecipa alla Messa in ginocchio e stringendo l’immagine di Maria di Nazaret, per ‘pagare’ una promessa fatta in tempo di malattia. Il musicista è proprio bravo e riesce ad improvvisare un accompagnamento dei canti religiosi. Tutti sono presenti, corpo e anima, lo si percepisce nell’aria, tutti stanno pregando davvero, giovani, adulti e bambini. Una delle mamme che battezza il suo bambino ha un nuovo compagno, molto giovane, lui mi chiede se ho un piccolo crocifisso da mettere al collo di quel bimbo che da oggi sarà già suo figlio, guardo nel mio zaino e trovo un Tau di Assisi... è la gioia di questo novello papà che come Giuseppe accoglie la sua donna col suo bambino. Vedo una coppia giovane, quella venuta da lontano, da sedici ore di canoa, che mi guarda come se volesse dirmi qualcosa, la celebrazione va avanti, verso la fine. Molti fanno la comunione, loro no. 



Alla fine, quando inizia la festa e la musica diventa assordante, si avvicinano. Possiamo parlare? Dite pure. Stiamo insieme da sei mesi, viviamo a Tabatinga perché frequentiamo la stessa università, non siamo sposati... possiamo fare la comunione? Ci manca molto questo momento di incontro con il Signore... Rispondo: c’è una legge e c’è la vostra coscienza. Per la legge non potreste, e spiego loro i motivi. Ma dovete decidere in coscienza, qual è il vostro progetto di vita? Noi vogliamo sposarci, essere una famiglia, ma adesso non possiamo, ci mancano troppe cose... ma è il nostro sogno. Ascoltate il vostro cuore, non si fa la comunione perché si è in regola..., ci nutriamo del Signore Gesù, della sua Parola e del suo corpo e sangue per avere la forza di camminare e realizzare il bene, per conservare la fede e non mollarci nelle sfide della vita. Pregate il Signore insieme, ogni sera e ogni mattina, e ascoltate il vostro cuore, la vostra coscienza che vi indicherà la strada migliore, con umiltà e con gioia. Se no il prossimo prete che incontrerete potrebbe dirvi il contrario... Grazie padre, le vogliamo bene. Vogliatevi bene l’un l’altra e siate sereni, il Signore vi ama!



 Così, ormai sono le undici di sera e decidiamo di ritirarci sulla barca, prepariamo le amache e proviamo a dormire. La musica ci accompagna la notte intera. Alle 6 ci alziamo, prepariamo un caffè in fretta perché alle 8 ci aspetta un’altra comunità, quella di São João. L’alba ormai rischiara il giorno, usciamo dalla barca e, sorpresi, ci accorgiamo che sono tutti svegli. O meglio, non hanno dormito e si vede dalle facce! Mamme con i bambini, giovani e ragazze, gli uomini riuniti a discutere di politica e delle elezioni amministrative ormai imminenti. Salutiamo, per riprendere il viaggio, ma dona Maria ci chiama: “non potete andare senza provare il latte e cioccolato, nescau, che sempre viene offerto nella festa dei Santi. Così, scendiamo e ci prepariamo per una seconda colazione in compagnia di tutti i presenti. Padre, possiamo chiederle un favore? Certo, se posso. Lasci guidare il suo compagno di viaggio, Mosè, e dia una volta sul lago venendo verso la nostra Comunità, e ci benedica rimanendo in piedi sulla barca... come fa il papa. E così fu, papa per 15 minuti. In un silenzio profondamente carico di fede, all’aurora di un nuovo giorno, scende la benedizione del Signore su coloro che hanno fatto festa alla Madonna di Nazaret, e con applausi e mortaretti riprendiamo il viaggio. “Padre, non era mai successo di avere la Messa il giorno della festa. L’aspettiamo il prossimo anno, ci saremo tutti”. È la fede semplice della nostra gente, la religiosità popolare. Che bella!

 

 

 1° venerdì del mese, 6 novembre 2020

 


giovedì 22 ottobre 2020

UN FIUME "FIORITO"!


 


Nossa Senhora de Nazaré, 25 ottobre 2020

 

 

Gabriele Carlotti, missionario diocesano in Amazzonia

 

 

Questa mattina alle 8:30 scendo al porto, incontro Moises, fedele compagno di viaggio, e usciamo con destinazione “Nazaré”, una Comunità sul fiume Solimões (rio delle amazzoni) a un’ora e mezza di navigazione scendendo... ci vorranno almeno due ore per risalire al ritorno. Due manovre per schivare le imbarcazioni che ci avevano stretto e, finalmente, sull’immensità dell’acqua. Il fiume é ancora basso, deve crescere nei prossimi mesi di almeno cinque o sei metri. Ci dirigiamo verso l’altra sponda per evitare spiagge ancora visibili e altre appena sotto un metro d’acqua, ostacolo pericoloso... e mentre allungo lo sguardo, qualcosa mi sembra strano: l’acqua ha uno strano colore verde! Poi metto a fuoco e vedo il fiume completamente coperto di fiori verdi della dimensione di dieci o venti centimetri, che galleggiano e rendono la superficie dell’acqua come fosse un giardino fiorito. Non credo ai miei occhi e chiedo a Moises di dove viene questo spettacolo. È il temporale di ieri, il vento forte e l’acqua agitata hanno portato nel fiume i fiori dei laghi. Per lui cosa normale, già vista dopo i temporali. Quello di ieri me lo ricorderò per un po’, stavo al volante dell’imbarcazione e nel giro di dieci minuti il cielo è diventato cupo e il vento ha cominciato a farci ballare, poi le onde si sono ingrossate e la pioggia ci ha tolto quasi totalmente la visione. Mi sono portato subito vicino alla costa, a pochi metri per riuscire a vedere il tragitto, ma non è stato facile... bella esperienza! Ma ritorniamo a noi, dopo un temporale il fiume si trasforma in un giardino fiorito! Dopo la Croce viene la Risurrezione! Dopo la prova, la Speranza. Così ripenso ai giorni passati dal 9 al 18 ottobre, da Santo Antonio al confine con la Colombia, percorrendo tutta l’estensione della nostra Parrocchia.

 

Nella Comunità di “São Vicente”, la prima lungo il fiume, ci sono proprio tutti, dal cacique all’ultimo bimbo che prende ancora il latte al seno della madre. Alcuni giovani commentano sottovoce: già erano quattro o cinque anni che non venivo alla messa... e ne avevo proprio bisogno! Una gioia grande, la Comunità ha preso sul serio l’impegno a ritrovarsi la domenica mattina per la preghiera, e anche la colazione comunitaria, una mano aiuta l’altra. Così piano piano mamme, figli, uomini e giovani si sono riavvicinati al Vangelo. Preghiamo Dio per il dono della perseveranza!

 

Già a “Nossa Senhora das Dores” continua la difficoltà di riunirsi solo quando arriva il prete. Battezziamo alcuni bambini e benediciamo le nozze di una coppia che vive insieme da dieci anni e hanno cinque figli. Speriamo che qualcosa si muova e che questa famiglia possa aiutare le altre a scegliere di celebrare insieme il giorno del Signore.

 


A “Santa Maria” non siamo mai arrivati perché la notte era proprio scura e ci siamo incagliati nella sabbia di una spiaggia apparsa nel mezzo del fiume. Così dopo tre tentativi ci siamo arresi, gettiamo l’ancora e appendiamo le amache per dormire. Ci fermeremo al ritorno, due case piene di bambini, lascio il foglio della programmazione mensile e così mi accorgo che nessuno sa leggere e scrivere, né gli adulti né i ragazzi che non frequentano la scuola. Ci vorrebbe un insegnante disponibile la sera... perché di giorno si lavora la terra...

 

La Comunità di “Moinho” è in subbuglio, stanno riorganizzandosi, c’è un cacique molto giovane anche se già padre di quattro bambini, celeriamo alla sera nella sua casa. Vogliono costruire la chiesa, ma hanno il problema di due famiglie evangeliche, che celebrano il culto. Dico loro che la chiesa può essere di tutta la Comunità, senza divisioni di religione, anzi può essere un luogo per sentirsi tutti figli e figlie dell’unico Padre. Importante è che ci sia rispetto per le devozioni e i modi complementari di vivere la fede.

Passiamo la notte in “São Sebastião” e giungiamo a São Lazaro dopo diverse ore di viaggio. É una Comunità tutta cattolica e vorrebbero rifare la chiesetta, ma l’olio per il moto serra è molto caro... porterò loro un po’ di benzina e l’olio che devo cambiare nel motore della barca (serve per lubrificare quando si tagliano le assi di legno), così non avranno più scuse. Staremo a vedere.

 


Ripartendo da “Nova Canaan” un bambino mi chiama e mi disse: ne hai ancora di quelle collanine (rosario) perché ho due sorelline che la vorrebbero.... Esco dalla barca e vedo un papà sulla canoa con i suoi tre figli. Mi chiede perché non sono andato da loro, nella Comunità di “Pronto Soccorro”, rispondo che sono passato, ma una donna mi ha detto che non c’era bisogno perché erano passati tutti alla chiesa evangelica della Croce. Il papà mi guarda serio e triste, poi mi disse: no, padre, può venire perché abbiamo bisogno della preghiera. Così concordiamo che dal prossimo mese, prima di celebrare nelle Comunità di Nova Canaan e di Novo Pendão, passerò da loro nel pomeriggio e potremo pregare insieme.

 

A “Itù” ci sono solo due mamme con i loro molti bambini, la nonna e il marito sono partiti al mattino presto per vendere pesce a cinque ore di distanza, perché non c’era più niente in casa. Ma con i bimbi è sempre una festa, anche se piove e sei scivolato nel fango e nonostante i molti carapanã (zanzare) che partecipano all’incontro.

 

A “Mamurià”, per la festa di san Francesco, hanno pitturato la chiesa e anche la staccionata di giallo, hanno già messo la Croce con la scritta: JESUS RESSUSCITOU e sono orgogliosi del loro lavoro. Pranziamo insieme, uova di pesce, pirarucou, grandi come uova di gallina.

 


La comunità di “Nova Esperanza” la troviamo deserta, solo una famiglia. Gli altri sono scesi in città (due giorni di viaggio) perché hanno alcune persone ammalate. Non celebriamo, ma ci raccontano della caccia. Hanno rischiato la vita, ma sono riusciti a uccidere sette cinghiali. Incuriosito chiedo se ci sono altri animali, e la risposta è positiva. C’è molta cacciagione e anche animali feroci come le “onçe” (pantere) che spesso si avvicinano alle abitazioni. Già in altre comunità si sono lamentati perché le scimmie distruggono il raccolto di granoturco e rubano le banane. In compenso qui un buono spezzatino di macaco (scimmia) è all’ordine del giorno!

 

Finalmente “Ipiranga”. Ci presentiamo ai militari per registrare i nostri documenti. Visitiamo alcune famiglie e la sera celebriamo sotto una veranda. La partecipazione è un po’ migliorata, ma credo che la mancanza di un luogo di preghiera sia una difficoltà in più. Così ne parliamo la sera tra una birra e carne arrostita di ‘porco do mato’ (cinghiale), nella casa del tenente responsabile. Chiedo se fosse possibile avere un pezzo di terra per una piccola cappella in legno, visto che tutta la proprietà é dell’esercito. La risposta è positiva, poi all’improvviso: Venga padre, che le faccio vedere un deposito in muratura che non stiamo usando da diversi anni.... Ottimo, sarà la nostra chiesetta di Santo Espedito, patrono dei militari. Noi ripartiamo il mattino presto, alle cinque e trenta, perché ci aspettano due giorni di viaggio per rientrare a casa, ma alcuni animatori, presenti all’incontro, si incaricano di riunire la gente e di discutere la proposta. Vedremo il prossimo mese se ci saranno novità.

 


Il fiume è molto largo, ci sono molte insidie nell’acqua che scorre lentamente e impetuosa, ma alcuni fiori ci riempiono di gioia e mantengono viva la Speranza. “Non abbiate paura, io ho vinto il Mondo” ci diceva Gesù. Non abbiate paura ci ripete oggi di fronte alle sfide che la Vita ci presenta. Coraggio!   

 


 

 

 

 

Cammini di libertà e di liberazione

  "La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". 
 Il Verbo continua a parlare nella storia e a servirsi di chi è ch...