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giovedì 25 agosto 2022

Nostra Signora di Guadalupe: lavori in corso

 






Lettera dalla missione in Amazzonia, n.20. (25 Agosto 2022)

La comunità di NS di Guadalupe è una delle comunità cittadine, ma un po’ fuori dal centro, e già tra la vegetazione della foresta; la visione della natura affascina. Abbiamo due comunità vicine, San Salvador e San Gabriel; san Gabriel è quasi interamente abitata da famiglie della religione della Croce-Cruzada ( un misto tra cattolicesimo, evangelismo, ebraismo ma che si propone come la ultima e definitiva rivelazione di Dio); in San Salvador  ci sono protestanti e cattolici e la comunità è stata dedicata a Maria, NS di Guadalupe. Una ventina di famiglie, con le case in mezzo agli alberi ma anche vicine al fiume e non distanti dal paese. Una comunità di etnia indigena Kokama; poche famiglie ma che partecipano con fedeltà: circa 25-30 persone alla messa domenicale e una decina il venerdì quando facciamo la Lectio Divina. Per passare dalla città alla comunità bisogna attraversare due ponti di legno che erano malmessi, con le assi rotte o mancanti e pericolo soprattutto per i bambini.

Dopo sollecitazioni al sindaco da parte di don Gabriele Carlotti, un ponte è stato riparato (anche se ha già ceduto in un punto); per l’altro il responsabile della comunità (cacique) ha tentato di parlare con il sindaco ma non è stato ricevuto. Così, abbiamo deciso di aiutare la comunità a ricostruirsi il ponte, pagando il legname che serviva. E così, in gruppo hanno ricostruito la parte rovinata e pericolosa del ponte.


Inoltre, da tempo si parlava di rinnovare la cappella, che in effetti aveva bisogno di una sistemazione: il tetto doveva essere rifatto in toto; le travi di legno erano tutte piene di buchi; la cappella era aperta, con la impossibilità di lasciare dentro qualcosa perché ci sono sempre molti ladri in giro!  La facciata non aveva proprio l’aspetto di una cappella; abbiamo inoltre visto che si poteva ampliare un poco, cioè allungare di 3 metri, costruire una piccola sacristia- deposito, e una copertura a lato della cappella per eventuali incontri.  Abbiamo parlato con la comunità e fatto un progetto tentando di limitare le spese, ma in corso di opera appaiono nuove necessità: si scopre che non era state fatte fondamenta, i muri cioè poggiavano semplicemente sulla terra. E dunque bisogna rifare tutto, scavare le fondamenta, mettere il cemento e rifare tutti i muri… di fatto la costruzione di una nuova chiesa al posto della vecchia, e di uno spazio per incontri. 



Un lavoro necessario è stata la rimozione della terra addossata al retro della cappella per spostarla di fianco e costruire lo spazio per incontri.
In realtà, non sono grandi cose, ma siamo sul limitare della foresta, e la ruspa, la bitumiera, i camion non possono arrivare qui. Il trasporto per attraversare i ponti viene fatto a mano o con un piccolo automezzo a 3 ruote; scavare e trasportare la terra: tutto a mano, col badile. Nelle prime settimane la necessità di molti operai per questi lavori di base per poi continuare con qualche muratore più esperto e molti aiutanti.  Abbiamo dato lavoro a 30 persone della comunità (in maggioranza giovani); la comunità vive di pesca e qualche coltivazione per la sopravvivenza della famiglia, non hanno soldi, così stiamo costruendo con le offerte che ci arrivano dall’Italia tramite il Centro Missionario.



Cerco di far fare alla comunità anche qualche giorno di lavoro volontario, anche se non è molto facile perché il servizio gratuito non è un dato spontaneo…. Ma insisto nel proporlo. Ora che i muri sono stati innalzati, aspettiamo che arrivino da Manaus, via nave, le parti di ferro e alluminio per la copertura.  Per ora abbiamo speso 20.000reais per materiali (mattoni, cemento, sabbia, legname.) e 25.000 per i muratori e operai vari, circa 9.500 euro.  Dovrà arrivare tutto il materiale per il tetto (altri 20.000 reais) e il lavoro per la pavimentazione, la facciata con la torre per la campana, intonacare, imbiancare, mettere le porte e finestre e pensare alla sistemazione interna della cappella. Ci teniamo a portare avanti questo lavoro per dare comunque un riferimento a questa comunità piccola ma tra le più fedeli nella nostra parrocchia.  Gli spazi per la vita della comunità, come ben sapete, sono importanti, per questo ci stiamo dedicando alla costruzione di varie cappelle, anche per essere un segno visibile nei vari quartieri, accanto a innumerevoli cappelle dei gruppi evangelici neo-pentecostali.



Un caro saluto riconoscente, don Gabriele Burani, Santo Antonio do Içá – Amazonia

Brasile, 25 agosto 2022 

sabato 20 febbraio 2021

“Libertà non è uno spazio libero... Libertà é partecipazione!” G. Gaber

 



Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

Nel mese di febbraio, come ho scritto nell’ultima lettera, abbiamo scelto di non celebrare nelle Comunità per lasciare il tempo e l’impegno di fare una verifica del cammino appena iniziato. Vedremo in marzo quale risposta incontreremo, speriamo davvero sia una possibilità di condivisione e di riflessione per rafforzare lo spirito di comunità.   In questo periodo abbiamo però visitato tutte le Comunità ricordando loro che inizia il cammino della Quaresima e che sarà una buona occasione per iniziare con decisione a celebrare la Parola riunendo la Comunità alla domenica, giorno del Signore. Abbiamo inoltre celebrato la festa della Madonna della salute e di San Lazzaro, patroni di quattro Comunità. Momenti belli e carichi di una fede segnata dalla cultura popolare.

Non sono poi mancate le difficoltà del viaggio, ormai avrete capito che viaggiare per giorni sull’acqua è sempre rischioso, perché sempre succede qualche imprevisto. Eravamo a Ipiranga, sul confine colombiano, ci fermiamo per l’identificazione al posto militare, dove ci fanno anche i controlli per il Covid 19, visto la situazione in peggioramento. Tutto a posto, rientro sulla barca e metto la retromarcia per dirigermi verso il porto. Sento un grosso rumore, come di un ferro che batte contro un altro ferro e i comandi non rispondono più, la barca è in balia della corrente che ci trascina per oltre un chilometro fino a sbatterci contro la sponda, dove riusciamo ad ancorarci ad una pianta sporgente. Esperienza già vissuta nella notte precedente, quando un forte temporale ci ha tolto completamente la visibilità, facendoci perdere l’orizzonte e facendoci girare a vuoto sul grande specchio d’acqua del fiume in piena. Fino a costringerci a prendere la decisione di fermarci per la notte legati a un grande albero ai margini del fiume, aspettando l’alba del nuovo giorno per riprendere il viaggio in sicurezza. Che fare, il cellulare non funziona, nuotare neanche a pensarci, attraversare a piedi la fitta vegetazione della foresta con stivali di gomma e machete alla mano sembra la soluzione migliore, anche se vi confesso che non me ne avanzava perché la foresta riserva sempre incontri speciali: serpenti, scimmie, cinghiali... oltre naturalmente alle pantere e ai coccodrilli. Ci prepariamo per affrontare 4 o 5 ore di cammino, prima che venga la notte, ma, grazie a Dio, sentiamo avvicinarsi una lancia dell’esercito. Ci hanno visti e sono venuti a prenderci.... Pensavamo si fosse rotto l’ingranaggio delle marce, ma no, semplicemente avevamo perso l’elica... e un motore senza elica davvero non serve! Fortuna che ne avevo acquistata una di scorta e con l’aiuto di due simpatici giovani militari, che hanno lavorato come sommozzatori, siamo riusciti a installare l’elica nuova, pronti a ripartire il mattino seguente, verso casa.

Passiamo la notte nella Comunità di San Giovanni Battista del “lago grande”. Al mattino, mentre prepariamo il caffè per la colazione, si avvicinano due giovani mamme e mi dicono: “frei (per loro continuo ad essere un frate!), non ti fermi per la messa oggi? Perché volevo battezzare il mio bambino...”. Mi informo se il papà è presente e, come sospettavo, non abita più con la mamma. Le dico che se così stanno le cose, visto che sono separati, possiamo battezzarlo anche senza il papà, ma lo faremo nella messa del prossimo mese, perché in febbraio non abbiamo le celebrazioni, ma è tempo di verifica. Tutto bene, la mamma è contenta, aspettare quindici giorni non è problema! Riprendo a far colazione, visto che le banane sono cotte e possiamo condividerle. Ma la mamma mi chiama ancora:

 frei, ho un’amica che abita a Juì/Villa Alterosa e ha tre bambini, vorrebbe battezzarli, posso dirle che può venire anche lei nella prossima messa?”

 


Juì è un paese di 2.500 abitanti fondato da Irmão José, sede della chiesa della Cruzada.

Dal libro di storia di Celestino Ceretta - Storia della Chiesa nell’Amazzonia   centrale”: “Il fenomeno di Irmão José da Cruz è cresciuto molto tra gli indigeni Tikuna nella parte brasiliana, sulla frontiera con il Perù e la Colombia, fenomeno nato nel 1972 creando molta confusione tra le popolazioni con poca formazione religiosa. Il nome originario del cittadino era José Nogueira Fernandez, originario dello Stato di Minas Gerais. José Nogueira da giovane provò ad entrare nella vita religiosa, poi si è sposato e ha avuto sette figli, è stato militante in diverse organizzazioni religiose e assistenziali. Nel 1944 ha dichiarato che il Figlio di Dio gli aveva donato la croce e il vangelo e lo aveva incaricato di salvare il mondo. Così ha lasciato la famiglia, si è vestito con una veste bianca e si è messo in viaggio per predicare. La sua predicazione era dura e apocalittica, insistente, ripetitiva e molto personalizzata. Dove arrivava piantava una grande croce e faceva i suoi discorsi religiosi, organizzava una piccola comunità, sceglieva i responsabili e poi seguiva il suo cammino. In quegli anni è sorto molto fanatismo intorno al fenomeno di Irmão José.



Nella nostra città Irmão José è stato cacciato e, fuggitivo, si è fermato lungo il fiume Içá, circa a metà, a 280 km dalla città, e ha fondato un paese dando vita a questa nuova setta religiosa, dicendo che la chiesa cattolica e le chiese evangeliche/pentecostali sono come le due braccia della croce per raccogliere tutti i fedeli nella vera chiesa apostolica cattolica evangelica degli ultimi tempi. Lungo il fiume Içá abbiamo 25 comunità cattoliche, 6 comunità evangeliche/pentecostali e 21 comunità della chiesa della croce o Cruzada. A Juì/Villa Alterosa dove è sepolto Irmão José  e dove è stata costruita la cattedrale della cruzada, non ci sono comunità cattoliche, anche se ormai molti non seguono più questa setta. Mentre i primi erano tutti battezzati nella Chiesa cattolica e poi sono entrati nella Cruzada ricevendo un nuovo battesimo nelle acque vive del fiume, oggi alla terza generazione, la maggioranza dei giovani è stata battezzata solo nella Cruzada, battesimo non riconosciuto dalla nostra Chiesa cattolica.

Solo ora, con queste due mamme mi rendo conto di questa situazione strana, e, quasi per curiosità, chiedo loro che battesimo hanno ricevuto, scoprendo che anche loro, come molti, hanno ricevuto il battesimo della Cruzada. Chiedo alla mamma: “perché la tua amica vuole battezzare i suoi bambini nella Chiesa cattolica se lei appartiene alla chiesa della croce?” Risposta: “molta gente non partecipa della Cruzada e ora il Pastore (unico responsabile e padrone di tutto, successore di Irmão José) non accetta di battezzare i figli di chi non è sposato, ancor meno della mia amica che è ragazza madre...”

Mi viene in mente quel passaggio degli Atti degli Apostoli in cui si chiede quale battesimo avessero ricevuto, quello di Giovanni il Battista, e per questo furono battezzati nel nome di Gesù. Per me non ci sono problemi, credo che il Signore si serva di molti battesimi e di molte acque, senza troppi scrupoli, ma chiederò anche il parere del vescovo per vedere se battezzare solo i bambini o anche le mamme. Già ho dovuto ri-battezzare un papà per poter realizzare il matrimonio, visto che aveva ricevuto solo il battesimo della Cruzada. Ci lasciamo con l’impegno di ritornare nella prossima messa con una risposta chiara che possa essere un cammino, una strada per chi vuole seguirei il Vangelo e accogliere l’amore che Dio ha per tutti e che ci ha mostrato nelle parole e nei gesti di Gesù di Nazaret, il suo amore gratuito che vince la morte e, nella luce della risurrezione, ci apre un cammino di speranza e di gioia, un cammino di vita eterna.



Nella notte ripenso a questo incontro e mi risuonano le parole del Signore: “perché legate pesanti fardelli sulle spalle della gente, e voi non volete sollevarli neppure con un dito!?”. Ripenso alla semplicità e all’immediatezza di tante persone che chiedono il battesimo per i loro bambini; ripenso alla confusione che gli uomini delle chiese mettono nella mente e nel cuore della gente. E mi confermo nella certezza che il Vangelo di Gesù non sia un nuovo insegnamento religioso; che il Signore Gesù non abbia voluto fondare una nuova religione. Sento forte la gioia della libertà del Vangelo da tutte le religioni e da tutte le forme di coercizione; sento la libertà dell’amore gratuito di Dio che chiede umilmente di essere accolto, perché l’amore non si impone, ma accoglie e chiede di essere accolto. Sento l’invito, la chiamata ad essere chiesa, non appena appartenere ad una chiesa, ma essere incontro e partecipazione per vivere una fraternità che si offre come possibilità di vita nuova. Anche la Campagna della Fraternità ecumenica di questa Quaresima ci invita al dialogo e all’accoglienza dei ‘diversi’, denunciando gli abusi di potere e la mancanza di responsabilità di alcuni politici di governo e di alcune chiese pentecostali. Così afferma il Vangelo: “Il tempo è pieno e il Regno di Dio si è fatto vicino, è una possibilità per tutti di vita nuova e fraterna. Convertitevi e credete al Vangelo!”. Quindi, restiamo liberi di partecipare...

 

Prima domenica di Quaresima, 21 febbraio 2021

venerdì 18 settembre 2020

Il Signore farà per te una casa

 



É il terzo viaggio sul fiume Içá, per completare la visita a tutte le famiglie e le piccole comunità, fino al confine colombiano nell’avamposto militare di Ipiranga. Questa volta abbiamo fatto il ghiaccio in casa, due blocchi 40x60, sperando che duri di più di quello tritato che si compera, visto che dovremo andare fino al confine. Qualche provvista in più per essere tranquilli, anche se dopo il disgelo, la carne non si conserva e dovremo trattarla con il sale. Ma tutto é pronto e domenica 6 settembre si parte.

Ci fermeremo nella Comunità della Madonna Addolorata per celebrare la Messa, battezzare e così aprire la festa che durerà nove giorni. Appena arrivati, alle cinque del pomeriggio, la gente ci aspettava per alzare il “mastro”, un palo di legno molto alto che sorregge la bandiera della Comunità. Tutti accendono le loro candele e si fanno tre giri intorno al Mastro recitando il padre nostro e l’ave Maria. Poi entriamo in casa per celebrare l’Eucaristia. Battezziamo due bambini e un papà di 35 anni, peruviano che ha già 5 figli e abita da 10 anni qui in Brasile. Nel prossimo mese realizzeremo il matrimonio con la mamma dei cinque bambini, così poi Adolfo, il papà, potrà anche fare i documenti civili e chiedere la naturalizzazione brasiliana, e cominciare ad esistere anche sul nostro territorio. Dormiamo qui la notte, dopo aver condiviso la cena e la festa con le famiglie presenti.

Il giorno dopo, ben presto, all’alba, si parte, perché dobbiamo percorrere molti chilometri per riprendere la visita alle Comunità da dove l’avevamo lasciata nell’ultimo viaggio. Dormiamo lungo il cammino e nel giorno seguente, verso le 4 del pomeriggio, arriviamo alla Comunità di “Pronto Socorro”, parliamo con alcune persone e ci informano che tutti sono passati alla chiesa della Croce (Cruzada) e non ci sono più cattolici nel paese. Salutiamo e li invitiamo comunque alla Messe che celebreremo la sera nella Comunità di “Nova Canaã”, a dieci minuti di canoa sul fiume. Sulla sponda opposta c’è la Comunità di “Santa Clara”, tutti evangelici dell’Assemblea di Dio. Solo due anziani, peruviani, sono rimasti fedeli alla chiesa cattolica: portiamo loro la comunione e preghiamo con loro in casa. Anche la Comunità di “Novo Pendão” appartiene ormai completamente alla Cruzada, solo la famiglia del signor Antonio è cattolica: visitiamo la moglie che è ammalata con febbre alta, preghiamo con loro e offriamo loro la Comunione eucaristica, una grande gioia in questo momento di prova. Finalmente visitiamo le famiglie di Nova Canaã, molti portano al collo il segno della croce, di appartenenza alla chiesa della Croce, ma si dicono cattolici e concordiamo per celebrare l’Eucaristia alle 9 del giorno seguente. Molti bambini, le donne e il professore della scuola; gli uomini sono andati a pescare. Le mamme conoscono alcuni canti e si impegnano a riunirsi la domenica con i loro figli per pregare insieme, lasciamo il materiale di catechesi e riprendiamo il nostro viaggio.




Dopo cinque ore giungiamo alla Comunità di Itù. Qui la sponda del fiume è rocciosa e, naturalmente, nell’attraccare ci incagliamo, così Mosè, mio fedele compagno di viaggio, deve farsi un bel bagno e con non poco sforzo, riesce a smuovere la chiglia della barca, io accelero il motore e siamo liberi. Ci accoglie una famiglia della Croce, molto gentile, che ci offre anche banane da friggere e della carne secca e salata, ottima per i prossimi giorni. Gentilmente ci accompagnano dalle famiglie che sono cattoliche, una povertà molto grande, quattro famiglie che sono legate alla Madonna Aparecida, la patrona del Brasile, da una promessa che ha salvato una neonata da morte sicura. Celebriamo alla sera, e, per mio grande stupore, tutti i bambini, anche piccoli, sapevano le preghiere e anche alcuni canti; in più il papà ha partecipato con molta gioia alla Messa. É il segno che la fede viene trasmessa dalla famiglia. Dall’ultima volta che fr. Gino aveva celebrato con loro erano già passati quasi due anni.

Il giorno dopo ci dirigiamo verso la Comunità di Mamurià, qui c’è un Ministro della Parola e anche un responsabile della pastorale dei bambini. Hanno una piccola chiesetta intitolata a San Francesco di Assisi. Questa é una Comunità che tutte le domeniche si ritrova per celebrare la fede, condividere la Parola e fare catechesi ai bimbi. É forse l’unica lungo tutto il fiume che ha una vita regolare di preghiera comunitaria. Abbiamo battezzato un papà con i suoi 4 figli, non era battezzato perché quando ancora piccolo i suoi partecipavano della chiesa della Croce, ma ora sono ritornati tutti alla chiesa cattolica. Più avanti, forse, faremo anche il matrimonio. Dopo la celebrazione tutti ci fermiamo per il pranzo comunitario: pesce, farina di mandioca, e una grande torta fatta in casa per il compleanno di una bambina.

Siamo ormai in direttiva di arrivo, la Comunità di Santa Teresina è tutta della Cruzada, ci fermiamo a salutare un amico e proseguiamo verso l’ultima Comunità indigena Kocama: Nova Esperança. Anche qui celebriamo 4 battesimi e prendiamo il nome di due copie che, nel prossimo viaggio, vorrebbero sposarsi. Il giorno dopo siamo a Ipiranga, avamposto militare sul confine colombiano. Lungo l’ultimo tratto di fiume siamo abbordati da una vedetta militare abbondantemente armata, ma è la barca del prete, quindi salutano cortesemente e ci lasciano proseguire... meno male perché ancora la barca non è registrata e non ho i documenti! Ipiranga sembra una cittadina fantasma, tante case vuote e decadenti, molti se ne sono andati. C’è una chiesa evangelica dell’Assemblea di Dio e tutti, anche i cattolici, partecipano al culto, perché non c’è altro, tanto, dicono, Dio è lo stesso. Manca un senso di appartenenza e di cammino fraterno e comunitario, così ognuno cerca di alimentare come può la sua fede: chi attraverso la televisione e chi partecipando del culto evangelico. Vittoria, una ragazzina di 17 anni, è la responsabile della Comunità. Ci incontriamo e insieme visitiamo le famiglie, invitandole alla celebrazione che faremo la sera nella “toca da onça”, luogo di divertimento dei militari. Qui il sabato 12 settembre ho ringraziato il Signore dei miei 33 anni di servizio, come prete, al suo Popolo, 15 a Reggio Emilia e 18 in Brasile, proprio in questa ultima comunità all’estrema periferia della nostra parrocchia. La chiesa di Santo Espedito, patrono delle forze armate, è caduta e ora il pavimento serve come deposito per i trattori. Un signore ha donato un terreno, proprio di fianco alla scuola; per incentivarli dico che la parrocchia può offrire il tetto della chiesa, di zinco, che è la parte più cara, ma che loro dovrebbero procurare le assi di legno e metterci la mano d’opera: anche i militari potrebbero aiutare visto che la chiesetta è intitolata al loro patrono ufficiale. Vedremo se si muove qualcosa. Vittoria e anche le mogli di due ufficiali si impegnano a riunire la comunità nel giorno del Signore e anche a cominciare la catechesi dei bambini.



Il giorno dopo riprendiamo il viaggio, ci aspettano due giorni di navigazione continuata per arrivare a casa. Sempre che il motore non ci dia problemi! Ci affidiamo al Signore, Bom Jesus dos Navegantes, e domenica mattina alle sei, appena il cielo diventa chiaro, partiamo alla volta di casa. Arriveremo lunedì sera, un po’ provati dal motore che nel secondo giorno ci fa tribolare e spesso perde potenza e si ferma...

Dopo un giorno di meritato riposo, ora bisogna preparare un piano di azione, con l’aiuto anche di Gabriele Burani programmiamo di provare a celebrare in tutte le Comunità, sono rimaste 20 effettive, tutti i mesi. Pensiamo a due viaggi di 10 giorni ognuno, intervallati da 5 giorni di riposo e anche per preparare il materiale per la formazione dei laici. Nel prossimo viaggio, che inizierà il 24 di settembre porteremo una proposta per celebrare la novena del patrono collocando al centro della riflessione e della preghiera il nostro “essere chiesa”, comunità, popolo di Dio in cammino. Di fatto ogni mese vivrò per 10 giorni in casa in città e per 20 giorni dentro una piccola barca che tutte le sere approderà in un nuovo porto per incontrare persone e famiglie, celebrare in Comunità e riposare la notte, preparandosi per un nuovo viaggio, il mattino seguente. La casa è sempre stata per me un punto di riferimento, pur nel mio vagabondare per il mondo, sapere di avere un luogo “mio” di riposo e di identità, mi ha sempre aiutato. Ora non ho più casa, o meglio, il Signore mi ha dato una casa itinerante e ha fatto del cammino, di una barca che scorre lungo il fiume, la “mia” casa. La barca è sempre stata l’immagine bella della Chiesa del Signore Gesù e allora mi ritrovo e gioisco di essere parte della Chiesa, Popolo di Dio in cammino... sulle acque!

 

   Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

San Giovanni Crisostomo, 13 settembre 2020




Cammini di libertà e di liberazione

  "La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". 
 Il Verbo continua a parlare nella storia e a servirsi di chi è ch...