É il terzo viaggio sul fiume Içá, per completare la
visita a tutte le famiglie e le piccole comunità, fino al confine colombiano
nell’avamposto militare di Ipiranga. Questa volta abbiamo fatto il ghiaccio in
casa, due blocchi 40x60, sperando che duri di più di quello tritato che si
compera, visto che dovremo andare fino al confine. Qualche provvista in più per
essere tranquilli, anche se dopo il disgelo, la carne non si conserva e dovremo
trattarla con il sale. Ma tutto é pronto e domenica 6 settembre si parte.
Ci fermeremo nella Comunità della Madonna
Addolorata per celebrare la Messa, battezzare e così aprire la festa che durerà
nove giorni. Appena arrivati, alle cinque del pomeriggio, la gente ci aspettava
per alzare il “mastro”, un palo di legno molto alto che sorregge la bandiera
della Comunità. Tutti accendono le loro candele e si fanno tre giri intorno al
Mastro recitando il padre nostro e l’ave Maria. Poi entriamo in casa per
celebrare l’Eucaristia. Battezziamo due bambini e un papà di 35 anni, peruviano
che ha già 5 figli e abita da 10 anni qui in Brasile. Nel prossimo mese
realizzeremo il matrimonio con la mamma dei cinque bambini, così poi Adolfo, il
papà, potrà anche fare i documenti civili e chiedere la naturalizzazione
brasiliana, e cominciare ad esistere anche sul nostro territorio. Dormiamo qui
la notte, dopo aver condiviso la cena e la festa con le famiglie presenti.
Il giorno dopo, ben presto, all’alba, si parte,
perché dobbiamo percorrere molti chilometri per riprendere la visita alle
Comunità da dove l’avevamo lasciata nell’ultimo viaggio. Dormiamo lungo il cammino
e nel giorno seguente, verso le 4 del pomeriggio, arriviamo alla Comunità di “Pronto
Socorro”, parliamo con alcune persone e ci informano che tutti sono passati
alla chiesa della Croce (Cruzada) e non ci sono più cattolici nel paese.
Salutiamo e li invitiamo comunque alla Messe che celebreremo la sera nella
Comunità di “Nova Canaã”, a dieci minuti di canoa sul fiume. Sulla
sponda opposta c’è la Comunità di “Santa Clara”, tutti evangelici
dell’Assemblea di Dio. Solo due anziani, peruviani, sono rimasti fedeli alla
chiesa cattolica: portiamo loro la comunione e preghiamo con loro in casa.
Anche la Comunità di “Novo Pendão” appartiene ormai completamente alla
Cruzada, solo la famiglia del signor Antonio è cattolica: visitiamo la moglie
che è ammalata con febbre alta, preghiamo con loro e offriamo loro la Comunione
eucaristica, una grande gioia in questo momento di prova. Finalmente visitiamo le
famiglie di Nova Canaã, molti portano al collo il segno della croce, di
appartenenza alla chiesa della Croce, ma si dicono cattolici e concordiamo per
celebrare l’Eucaristia alle 9 del giorno seguente. Molti bambini, le donne e il
professore della scuola; gli uomini sono andati a pescare. Le mamme conoscono
alcuni canti e si impegnano a riunirsi la domenica con i loro figli per pregare
insieme, lasciamo il materiale di catechesi e riprendiamo il nostro viaggio.
Dopo cinque ore giungiamo alla Comunità di Itù.
Qui la sponda del fiume è rocciosa e, naturalmente, nell’attraccare ci incagliamo,
così Mosè, mio fedele compagno di viaggio, deve farsi un bel bagno e con non
poco sforzo, riesce a smuovere la chiglia della barca, io accelero il motore e
siamo liberi. Ci accoglie una famiglia della Croce, molto gentile, che ci offre
anche banane da friggere e della carne secca e salata, ottima per i prossimi
giorni. Gentilmente ci accompagnano dalle famiglie che sono cattoliche, una
povertà molto grande, quattro famiglie che sono legate alla Madonna Aparecida,
la patrona del Brasile, da una promessa che ha salvato una neonata da morte
sicura. Celebriamo alla sera, e, per mio grande stupore, tutti i bambini, anche
piccoli, sapevano le preghiere e anche alcuni canti; in più il papà ha
partecipato con molta gioia alla Messa. É il segno che la fede viene trasmessa
dalla famiglia. Dall’ultima volta che fr. Gino aveva celebrato con loro erano
già passati quasi due anni.
Il giorno dopo ci dirigiamo verso la Comunità
di Mamurià, qui c’è un Ministro della Parola e anche un responsabile della
pastorale dei bambini. Hanno una piccola chiesetta intitolata a San Francesco
di Assisi. Questa é una Comunità che tutte le domeniche si ritrova per celebrare
la fede, condividere la Parola e fare catechesi ai bimbi. É forse l’unica lungo
tutto il fiume che ha una vita regolare di preghiera comunitaria. Abbiamo
battezzato un papà con i suoi 4 figli, non era battezzato perché quando ancora
piccolo i suoi partecipavano della chiesa della Croce, ma ora sono ritornati
tutti alla chiesa cattolica. Più avanti, forse, faremo anche il matrimonio. Dopo
la celebrazione tutti ci fermiamo per il pranzo comunitario: pesce, farina di
mandioca, e una grande torta fatta in casa per il compleanno di una bambina.
Siamo ormai in direttiva di arrivo, la Comunità di
Santa Teresina è tutta della Cruzada, ci fermiamo a salutare un amico e
proseguiamo verso l’ultima Comunità indigena Kocama: Nova Esperança. Anche
qui celebriamo 4 battesimi e prendiamo il nome di due copie che, nel prossimo
viaggio, vorrebbero sposarsi. Il giorno dopo siamo a Ipiranga, avamposto
militare sul confine colombiano. Lungo l’ultimo tratto di fiume siamo abbordati
da una vedetta militare abbondantemente armata, ma è la barca del prete, quindi
salutano cortesemente e ci lasciano proseguire... meno male perché ancora la
barca non è registrata e non ho i documenti! Ipiranga sembra una cittadina
fantasma, tante case vuote e decadenti, molti se ne sono andati. C’è una chiesa
evangelica dell’Assemblea di Dio e tutti, anche i cattolici, partecipano al
culto, perché non c’è altro, tanto, dicono, Dio è lo stesso. Manca un senso di
appartenenza e di cammino fraterno e comunitario, così ognuno cerca di
alimentare come può la sua fede: chi attraverso la televisione e chi partecipando
del culto evangelico. Vittoria, una ragazzina di 17 anni, è la responsabile
della Comunità. Ci incontriamo e insieme visitiamo le famiglie, invitandole alla
celebrazione che faremo la sera nella “toca da onça”, luogo di divertimento
dei militari. Qui il sabato 12 settembre ho ringraziato il Signore dei miei 33
anni di servizio, come prete, al suo Popolo, 15 a Reggio Emilia e 18 in
Brasile, proprio in questa ultima comunità all’estrema periferia della nostra
parrocchia. La chiesa di Santo Espedito, patrono delle forze armate, è caduta e
ora il pavimento serve come deposito per i trattori. Un signore ha donato un
terreno, proprio di fianco alla scuola; per incentivarli dico che la parrocchia
può offrire il tetto della chiesa, di zinco, che è la parte più cara, ma che
loro dovrebbero procurare le assi di legno e metterci la mano d’opera: anche i
militari potrebbero aiutare visto che la chiesetta è intitolata al loro patrono
ufficiale. Vedremo se si muove qualcosa. Vittoria e anche le mogli di due
ufficiali si impegnano a riunire la comunità nel giorno del Signore e anche a
cominciare la catechesi dei bambini.
Il giorno dopo riprendiamo il viaggio, ci
aspettano due giorni di navigazione continuata per arrivare a casa. Sempre che
il motore non ci dia problemi! Ci affidiamo al Signore, Bom Jesus dos
Navegantes, e domenica mattina alle sei, appena il cielo diventa chiaro,
partiamo alla volta di casa. Arriveremo lunedì sera, un po’ provati dal motore
che nel secondo giorno ci fa tribolare e spesso perde potenza e si ferma...
Dopo un giorno di meritato riposo, ora bisogna
preparare un piano di azione, con l’aiuto anche di Gabriele Burani programmiamo
di provare a celebrare in tutte le Comunità, sono rimaste 20 effettive, tutti i
mesi. Pensiamo a due viaggi di 10 giorni ognuno, intervallati da 5 giorni di
riposo e anche per preparare il materiale per la formazione dei laici. Nel
prossimo viaggio, che inizierà il 24 di settembre porteremo una proposta per celebrare
la novena del patrono collocando al centro della riflessione e della preghiera
il nostro “essere chiesa”, comunità, popolo di Dio in cammino. Di fatto ogni
mese vivrò per 10 giorni in casa in città e per 20 giorni dentro una piccola
barca che tutte le sere approderà in un nuovo porto per incontrare persone e
famiglie, celebrare in Comunità e riposare la notte, preparandosi per un nuovo
viaggio, il mattino seguente. La casa è sempre stata per me un punto di
riferimento, pur nel mio vagabondare per il mondo, sapere di avere un luogo
“mio” di riposo e di identità, mi ha sempre aiutato. Ora non ho più casa, o
meglio, il Signore mi ha dato una casa itinerante e ha fatto del cammino, di una
barca che scorre lungo il fiume, la “mia” casa. La barca è sempre stata
l’immagine bella della Chiesa del Signore Gesù e allora mi ritrovo e gioisco di
essere parte della Chiesa, Popolo di Dio in cammino... sulle acque!
Gabriele Carlotti – missionario
diocesano in Amazzonia
San Giovanni
Crisostomo, 13 settembre 2020
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