Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia
Quando pensiamo all’Amazzonia, pensiamo subito alla
foresta e alla sua bio-diversità. Ma gli elementi principali affinché la
foresta possa vivere, con le sue piante e animali, perché la vita sia possibile
per i popoli indigeni e per quanti sono venuti qui cercando una vita migliore,
questi elementi sono il sole e l’acqua. É strano pensare al “freddo” nella
foresta amazzonica, eppure come avviene anche per il deserto, ci sono giorni di
pioggia e notti dove, se non hai una coperta non dormi dal freddo. Ma quando il
sole splende, anche se spesso il cielo si riveste di nuvole, quando non piove
il “calore” diventa insopportabile: un caldo umido che il tuo corpo percepisce
più forte della realtà, fino a raggiungere i 40/50 gradi e farti grondare di
sudore dalla testa ai piedi. Anche per questo, oltre che per il cibo meno
grasso e unto dell’ottima cucina emiliana, chi viene qui perde alcuni chili nei
primi mesi di permanenza, poi il corpo si adatta e riesce anche a recuperare. É
nota la simbiosi dei popoli indigeni con l’acqua, e oggi anche dei cabocli
provenienti in maggioranza dal nord-est per sfuggire alle grandi secche, o in
cerca di terre da coltivare, oppure discendenti di coloro che vennero per l’estrazione
della gomma dalle piante qui chiamate di ‘siringa’. I bambini stanno
praticamente tutto il giorno dentro e fuori dall’acqua del fiume. Le donne
lavano i vestiti e le stoviglie al fiume, sedute nell’acqua e bagnandosi
continuamente. Gli uomini escono a pescare con la loro canoa che, lungo il
viaggio, imbarca acqua, che prontamente viene rigettata nel fiume. Spesso si
pesca durante la notte e tutti i giorni, quasi tutti segnati dalla pioggia, a
volte in forma di temporale, altre volte come pioggia fina battente tutto il
santo giorno. Così, durante il passare delle ore, il corpo è bagnato e
asciugato più volte, naturalmente. É difficile adattarsi a vivere in città,
dove l’acqua è solo quella che scende dal rubinetto, quando non viene a
mancare. In questo periodo (dicembre – giugno) l’acqua del fiume è alta e sta
ancora crescendo allagando case e specialmente i terreni coltivati, così
bisogna correre ai campi per raccogliere la mandioca e la macaxeira prima che
si perda per l’inondazione che arriva in fretta e non ti lascia il tempo di
organizzarti. È un lavoro tutto fatto a mano e pesante: donne e bambini sono
coinvolti, anche costretti a lasciare la scuola per aiutare i genitori a non
perdere il raccolto. E quando l’acqua è alta gli insetti si moltiplicano e
collaborano affinché ci si mantenga in movimento per ammazzarli a ‘manate’ sul proprio
corpo o, nel peggiore dei casi, per grattarsi un po’, cercando sollievo. La malaria e la denghi
sono due malattie che portano febbri molto alte e pericolose, dovute proprio
a certe zanzare ‘amiche’. Più pericolosi sono i serpenti
velenosi che, grazie all’acqua alta,
riescono ad entrare anche dentro alle case, e non sempre si accontentano di
giocare con i bambini. Oggi l’acqua del fiume ha una temperatura di 26°C e può
arrivare nei mesi di luglio – ottobre fino a 33/34 °C, dando origine a
temporali improvvisi e violenti, con pioggia e vento impetuosi e impietosi, se
sorprendono le agili e fragili canoe a lottare contro alte onde, capaci anche
di spezzare o affondare le imbarcazioni con i loro equipaggi.
Fratello sole è come il fuoco, indispensabile per
cucinare; ma sorella acqua ci dà l’alimento: feconda la terra per il raccolto,
offre il pesce quotidiano alle famiglie e disseta il nostro organismo. Proprio
in questo contesto, l’acqua potabile è uno dei problemi vitali per la gente che
vive lungo il fiume. Senza luce elettrica e senza internet si può vivere anche
bene. Senza acqua no!
Alcuni bevono l’acqua dell’igarapé (ruscelli), la
maggioranza quella del fiume e pochi quella della pioggia. Il fiume, e spesso
anche le sorgenti, sono molto inquinati dovuto al fatto che il fiume raccoglie
tutti gli scarichi che vengono dalla Colombia, dal Perù e, per ultimo, dal
Brasile. In più l’attività illecita dei ‘garimpeiros’ che estraggono oro e
altri minerali, inquina con mercurio e altre sostanze chimiche gettate nel
fiume. Quando l’acqua è alta, da novembre a giugno, allaga e contamina tutto.
Viene trattata con cloro (quando c’è), ma spesso i batteri sono resistenti. E
diarrea e vomito sono all’ordine del giorno, specie per i bambini, ma anche per
gli adulti, provocando febbri e dolori muscolari. Chi beve l’acqua della
pioggia sta meglio. Così abbiamo pensato che un
aiuto importante per le famiglie potrebbero essere delle casse di plastica omologate,
di 500 litri ognuna, per raccogliere l’acqua piovana dai tetti delle case,
visto che pochi hanno contenitori grandi e decenti, con coperchio, per mantenere
pulita l’acqua raccolta. Chiaro che questo non basta e non risolve il problema.
Ci vuole tutta una educazione per come raccogliere, trattare e conservare
l’acqua perché non sia contaminata. In alcune Comunità il potere pubblico sta
installando delle torri con una cassa grande di 3.000 litri e un depuratore.
Solo dove arriva l’energia elettrica, e spesso la linea elettrica è interrotta
e a volte sono più i giorni che manca energia di quelli che l’energia funziona.
Certo, il potere pubblico, Governo e Comune, hanno una loro responsabilità e
anche le condizioni economiche per risolvere la “questione acqua”, ma sappiamo
come funzionano queste cose e, senza una volontà politica impegnata sulla
qualità della vita, non succede niente. Oggi il Brasile certamente non può fare affidamento su
questa volontà politica in favore della vita! Anche il disboscamento della foresta è
aumentato a dismisura, lasciando il posto all’agro-negozio e all’allevamento
dei bovini. Così pure l’estrazione illecita dei minerali, senza nessun
controllo, sta distruggendo molti luoghi che erano fino ad oggi incontaminati,
come la nostra regione. Nonostante tutto questo, aspettando tempi migliori, la
gente vive e spesso muore! Per questo crediamo che, almeno come supporto
tecnico, offrire la possibilità di avere acqua pulita, come quella della
pioggia, sia comunque un grande passo avanti nel rispetto della vita dei più
deboli.
Il Rio Içá (è
il nome che il fiume/rio Putumaio
colombiano/peruviano prende entrando in Brasile), affluente del Rio delle
Amazzoni, qui chiamato Rio Solimões, percorre tutto il nostro territorio per
più di 350 Km. Lungo le sue rive ci sono piccole e grandi Comunità ribeirinhas
(della riva del fiume), alcune di poche famiglie, altre veri e propri paesi.
Sul confine colombiano troviamo il paese di Ipiranga (300 abitanti circa
- cattolica), a metà del percorso del fiume in territorio brasiliano il paese
di Villa Alterosa (4.000 abitanti circa - cruzada) e al suo inizio, a 5
km dalla città di Santo Antonio do Içá, il paese di Betania (5.000
abitanti circa - evangelica). Le altre Comunità sono relativamente piccole, e
anche più abbandonate.
Noi percorriamo il fiume due volte al mese, con la
piccola barca che ci avete aiutato a ristrutturare, per incontrare 25 di queste
Comunità, quelle cattoliche. Ma ci sono anche 6 Comunità evangeliche e 21 che
appartengono ad un movimento religioso fondamentalista sorto nel secolo scorso
denominato “cruzada”. In questo ultimo mese (marzo) abbiamo cercato di capire
quale sia il fabbisogno reale delle 25 Comunità che conosciamo, e abbiamo
rilevato la necessità di circa 250 casse per l’acqua di 500 litri. Chiaro, che
non vogliamo fare discriminazioni religiose, solo non conosciamo e non abbiamo
avuto l’opportunità di passare nelle altre 27 Comunità, anche per la difficoltà
dei trasporti fluviali e i tempi di percorrenza. Sarà un secondo passo che
comporta programmare alcuni viaggi (oltre ai due che già facciamo tutti i
mesi), viaggi che durano 8/10 giorni, per incontrare le altre Comunità e
iniziare un dialogo per conoscersi e conquistare la fiducia, cosa non
immediata, né scontata. Ma, come dicono i nostri
anziani, “visto che la Terra non è stata fatta in un giorno solo”, vale la pena
cominciare! E abbiamo già cominciato, portando nella Comunità di São
Pedro, 5 casse per raccogliere l’acqua piovana, nel mese di dicembre 2020.
All’epoca una cassa di 500 litri costava 275,00 reais. Oggi, marzo 2021 il
costo è di 300,00 reais. Qui l’inflazione è grande!
Nel paese di Ipiranga, avamposto militare sul confine
colombiano, ultima delle nostre Comunità, stiamo studiando la possibilità di
viabilizzare 3/4 punti di “acqua comunitaria”, con casse grandi di 2/3 mila litri
che servano per più famiglie, quelle della stessa strada o quartiere. Chiaro
che servirebbero grondaie, tela per filtrare l’acqua o filtri già pronti... Ma
non è giusto dare il pesce, crediamo importante insegnare a pescare: la cassa
per l’acqua ricevuta in dono dovrà produrre frutti affinché le famiglie si
prendano cura della loro acqua. É una questione di educazione ambientale. Sappiamo che non
tutti lo faranno, ma crediamo che, comunque, valga la pena rischiare e
provocare un cambiamento della situazione attuale anche con la collaborazione
dei diretti interessati. Cambiare la mentalità/cultura è un processo molto
lento perché chi è nato in questi luoghi è abituato a raccogliere quello che
viene spontaneamente dalla natura: il pesce, la cacciagione e la frutta.
Inoltre, con le politiche populiste degli ultimi governi, sono stati abituati a
ricevere senza impegnarsi per i propri diritti e compiere i propri doveri.
Programmi del governo federale che dovevano essere per l’emergenza, sono
diventati la normalità per assicurarsi il voto della gente. Così accade anche
per il governo statale e per quello municipale. Tutto crea una mentalità del
ricevere e dell’aspettare che venga da altri: il sindaco, il governo, la chiesa….
Cambiare questa cultura indotta è una sfida e un impegno anche nostro.
Quasi sempre la
celebrazione dell’Eucaristia è alla sera, per aspettare chi rientra dalla
pesca. Verso le sei del pomeriggio,
quando il sole sta entrando, è l’ora del bagno. Una festa per i bambini che
approfittano per gli ultimi tuffi prima di insaponarsi. Il bagno,
all’imbrunire, è pure occasione per i giovani e le ragazze di morosare un po’,
scambiando due parole, passandosi il sapone, lavando una maglietta o tuffandosi
ripetutamente in acqua. Anche gli adulti, spesso in momenti diversi, prima le
donne e poi gli uomini, non mancano a questo appuntamento quotidiano. Il bagno è
anche opportunità di incontro, di raccontarsi la giornata vissuta in casa o
sulla canoa a pescare. A volte mi è capitato di vedere famiglie unite dove
prima i genitori lavano i figli piccoli, attenti a non lasciarli cadere in
acqua, perché il bagno è fatto su piccole zattere poste in corrispondenza delle
case, che chiamano comunemente “porti”. Dopo aver lavato i piccoli, anche gli
adulti fanno il bagno, regolarmente vestiti e, con un pudore sereno, il sapone
passa dai vestiti alla pelle. Anche al mattino presto, quando tutti vengono al
fiume per lavarsi i denti, mi è capitato di vedere papà con i loro piccoli in
braccio, già pronti per il primo bagno della giornata; e mamme che insegnano
alle figlie a lavare le stoviglie della sera appena passata. Così mamme e papà molto giovani, con
la tenerezza di Dio, si prendono cura dei loro bambini, iniziando ancora un
nuovo giorno, che sarà rischiarato da fratello sole e troverà ristoro in
sorella acqua.
E penso... quando riusciremo a capire che la vita vale
molto di più che la tecnica e un ipotetico progresso! Che la salvaguardia del creato
e l’abbandono dello sfruttamento delle risorse, e la lotta contro tutti i tipi
di inquinamento, stanno alla base di una rinnovata qualità della vita. L’essere
ancora rinchiusi ci fa sentire la nostalgia delle vacanze all’aria aperta, ai
monti o al mare. Ma... perché accontentarsi di un
brevissimo periodo di vacanze e non impegnarci affinché la natura e il creato
ci siano fratelli e sorelle di vita nuova?
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