sabato 7 giugno 2025

RIPARTIRE DOPO BRASILIA

 



Ciao a tutti e tutte!

Vi scrivo mentre aspetto che venga il momento di partire dal Centro Cultural Missionário di Brasilia per prendere l’aereo che mi porterà a Manaus. Ad attendermi ci sarà d. Paolo Cugini. Resterò con lui per la Pentecoste, che qui si celebra in un’unica “mega Messa” per tutta la diocesi, ed il lunedì; poi martedì partirò per S. Antonio ove arriverò mercoledì, in tempo per la grande festa della parrocchia e del paese.

A tutti gli effetti è una seconda partenza, perché tornerò con competenze che prima non avevo, ma anche con la coscienza di dover “ri-partire” quasi da zero, inserendomi in una modalità nuova e tutta da costruire: se fino ad ora è stato solo ascolto, ora dovrà essere pieno ascolto – con un po’ di capacità per capire – ed al contempo inizio di una relazione con le persone e la comunità che fino ad ora non è stata possibile. Sono partito che ero un bambino di due anni, torno che sono un bambino di sei – sette anni, che può rispettosamente parlare con chi lo sta generando alla sua nuova vita, la mia comunità.

L’ultima settimana di corso non è stata facile, perché alcune cose di questi tre mesi, prolungate fino alla fine, mi hanno molto infastidito, e le tensioni accumulate non sono certamente di aiuto nelle relazioni (soprattutto quando anche le altre persone vivono la medesima stanchezza e le loro tensioni). Ho sperimentato la forza della preghiera, mettendo tutto davanti al Signore e chiedendo di essere una presenza costruttiva, esprimendo le cose in modo che potessero essere di aiuto. Devo dire che il Signore si è proprio fatto sentire, perché parto senza essermi tenuto nulla sullo stomaco ed al contempo con una buona relazione con i responsabili – ai quali non ho risparmiato le dovute critiche – e con tutti i compagni e le compagne del corso.

Racconto solo una cosa piccola, ma significativa. Uno dei partecipanti più giovani, un seminarista vietnamita, si era espresso con me in un modo molto forte e senza rispetto e la cosa mi aveva molto innervosito; sul momento ho fatto esercizio di silenzio, chiudendomi nell’attività che stavo facendo. Poi la sera e la mattina ho pregato anche per questa situazione ed alla cena ci siamo trovati di fianco a lavare i piatti, senza altre persone presenti nel lavatoio. È stata l’occasione ottima per parlargli con calma, facendogli presente la necessità di rivolgersi con rispetto alle persone più anziane, anche e soprattutto quando sarà in parrocchia. Oggi ci siamo salutati con molto affetto e ed è stato davvero bello.

 


La scorsa settimana abbiamo vissuto il sabato e domenica in una parrocchia, ospitati da famiglie. Io e d. Giuseppe – altro prete italiano – eravamo in una famiglia con tre figli di 18, 15 ed 11 anni. Il marito è Alexandre, la moglie Liliane. La quindicenne è autistica, di una certa gravità. Una famiglia della classe medio-alta, con la moglie insegnate da 26 anni (salario di 9.000 $R al mese) ed il marito con una attività con alcuni dipendenti, quindi presumibilmente con una reddita più alta. Vivono nella casa dei suoceri, con un loro appartamentino che per cinque persone a noi sembrerebbe molto piccolo; come in tutte le case monofamiliari della città recinzioni e cancelli non mancano, anche se a Brasilia i furti domestici non sono uno dei problemi più rilevanti.

È stato interessante parlare della loro vita. Il problema di mandare i figli nelle scuole private – qui numerosissime – per la bassa qualità della scuola pubblica: per ogni figlio sono più di 3000$R al mese. Il problema della figlia autistica: con il governo Lula nel percorso scolastico vi è una certa assistenza, ma con il precedente governo Bolsonaro tutti i fondi erano stati tagliati e non si sa come andranno le elezioni del prossimo anno. Il problema della sanità pubblica quasi inesistente e dei costi molto alti della sanità privata.

Tutto questo però vissuto con una fede bella e carica di speranza (e di devozioni ai santi che fanno miracoli, siamo in Brasile…) e con uno grande attenzione all’etica della vita pubblica. Quando abbiamo detto che entrambi siamo in nell’area della foresta amazzonica hanno mostrato di conoscere bene i problemi del disboscamento, del latifondo, delle ricerche minerarie, condividendo la preoccupazione per l’avanzare di leggi che favoriscono tutte queste cose.

Siamo andati anche a visitare un santuario dedicato a Maria Regina Vittoriosa (altra cosa che ai Brasiliani piace molto…) e durante il percorso Liliane mi faceva osservare condomini ed aree ove altri condomini rischiano di sorgere. Perché ne parlo? Perché qui “condominio” non sono i nostri palazzi plurifamiliari (che anche qui esistono, ma con altro nome), ma ben altra cosa. “Condominio” è una grande area recintata, a volte quasi fortificata, spesso con un ingresso vigilato da personale armato, all’interno della quale si trovano diverse abitazioni; se è un condominio grande e di qualità può avere anche le aree verdi, le aree sportive, i negozi per la vita quotidiana. In pratica, un quartiere chiuso e vigilato. “E i poveri stanno fuori…”, commentava amaramente Liliane.

Qualcuno potrà pensare che è una legittima ricerca di sicurezza in una situazione di pericolosità, vera o presunta: dov’è il problema? Il problema è questa “sicurezza” anziché crescere cala, per chi è fuori e per chi è dentro.

Per chi è fuori, perché chiaramente aumentano le discrepanze sociali, l’emarginazione dei ceti più poveri, i reciproci sentimenti di risentimento e paura, le false e stereotipate immagini del “altro” sia per chi è fuori che per chi è dentro: quindi aumentano le tensioni sociali e la criminalità.

Per chi è dentro, perché vivere nell’isolamento ed in una illusoria sicurezza aumenta i sentimenti di diffidenza, paura, estraneità, insicurezza… con il conseguente bisogno di chiudersi ed armarsi sempre più: chi è “fuori” è comunque un pericolo dal quale devo difendermi, e stranamente anche quando sono dentro non mi sento più al sicuro… perché il mondo è pieno di nemici.

I condomini sono un problema serio, ancora di più quando assumono le dimensioni di una nazione o di un continente.

Grazie a Dio a S. Antônio non ci sono…


p.s. il vino che si vede è un lambrusco rosato che viene da Gattatico, ma che fa 7.5°… comunque qui va bene lo stesso

Il Signore vi doni una Pentecoste piena dello Spirito che apre a tutti i popoli!

(ed anche un buon referendum…😉)

 

d. Paolo

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