Ciao a tutti e tutte!
Vi scrivo mentre aspetto
che venga il momento di partire dal Centro Cultural Missionário di Brasilia per
prendere l’aereo che mi porterà a Manaus. Ad attendermi ci sarà d. Paolo
Cugini. Resterò con lui per la Pentecoste, che qui si celebra in un’unica “mega
Messa” per tutta la diocesi, ed il lunedì; poi martedì partirò per S. Antonio
ove arriverò mercoledì, in tempo per la grande festa della parrocchia e del
paese.
A tutti gli effetti è una
seconda partenza, perché tornerò con competenze che prima non avevo, ma anche
con la coscienza di dover “ri-partire” quasi da zero, inserendomi in una
modalità nuova e tutta da costruire: se fino ad ora è stato solo ascolto, ora
dovrà essere pieno ascolto – con un po’ di capacità per capire – ed al contempo
inizio di una relazione con le persone e la comunità che fino ad ora non è
stata possibile. Sono partito che ero un bambino di due anni, torno che sono un
bambino di sei – sette anni, che può rispettosamente parlare con chi lo sta
generando alla sua nuova vita, la mia comunità.
L’ultima settimana di
corso non è stata facile, perché alcune cose di questi tre mesi, prolungate
fino alla fine, mi hanno molto infastidito, e le tensioni accumulate non sono
certamente di aiuto nelle relazioni (soprattutto quando anche le altre persone
vivono la medesima stanchezza e le loro tensioni). Ho sperimentato la forza
della preghiera, mettendo tutto davanti al Signore e chiedendo di essere una
presenza costruttiva, esprimendo le cose in modo che potessero essere di aiuto.
Devo dire che il Signore si è proprio fatto sentire, perché parto senza essermi
tenuto nulla sullo stomaco ed al contempo con una buona relazione con i
responsabili – ai quali non ho risparmiato le dovute critiche – e con tutti i
compagni e le compagne del corso.
Racconto solo una cosa
piccola, ma significativa. Uno dei partecipanti più giovani, un seminarista
vietnamita, si era espresso con me in un modo molto forte e senza rispetto e la
cosa mi aveva molto innervosito; sul momento ho fatto esercizio di silenzio,
chiudendomi nell’attività che stavo facendo. Poi la sera e la mattina ho
pregato anche per questa situazione ed alla cena ci siamo trovati di fianco a
lavare i piatti, senza altre persone presenti nel lavatoio. È stata l’occasione
ottima per parlargli con calma, facendogli presente la necessità di rivolgersi
con rispetto alle persone più anziane, anche e soprattutto quando sarà in
parrocchia. Oggi ci siamo salutati con molto affetto e ed è stato davvero
bello.
La scorsa settimana
abbiamo vissuto il sabato e domenica in una parrocchia, ospitati da famiglie.
Io e d. Giuseppe – altro prete italiano – eravamo in una famiglia con tre figli
di 18, 15 ed 11 anni. Il marito è Alexandre, la moglie Liliane. La quindicenne
è autistica, di una certa gravità. Una famiglia della classe medio-alta, con la
moglie insegnate da 26 anni (salario di 9.000 $R al mese) ed il marito con una
attività con alcuni dipendenti, quindi presumibilmente con una reddita più
alta. Vivono nella casa dei suoceri, con un loro appartamentino che per cinque
persone a noi sembrerebbe molto piccolo; come in tutte le case monofamiliari
della città recinzioni e cancelli non mancano, anche se a Brasilia i furti
domestici non sono uno dei problemi più rilevanti.
È stato interessante
parlare della loro vita. Il problema di mandare i figli nelle scuole private –
qui numerosissime – per la bassa qualità della scuola pubblica: per ogni figlio
sono più di 3000$R al mese. Il problema della figlia autistica: con il governo
Lula nel percorso scolastico vi è una certa assistenza, ma con il precedente
governo Bolsonaro tutti i fondi erano stati tagliati e non si sa come andranno
le elezioni del prossimo anno. Il problema della sanità pubblica quasi
inesistente e dei costi molto alti della sanità privata.
Tutto questo però vissuto
con una fede bella e carica di speranza (e di devozioni ai santi che fanno
miracoli, siamo in Brasile…) e con uno grande attenzione all’etica della vita
pubblica. Quando abbiamo detto che entrambi siamo in nell’area della foresta
amazzonica hanno mostrato di conoscere bene i problemi del disboscamento, del
latifondo, delle ricerche minerarie, condividendo la preoccupazione per
l’avanzare di leggi che favoriscono tutte queste cose.
Siamo andati anche a
visitare un santuario dedicato a Maria Regina Vittoriosa (altra cosa che ai
Brasiliani piace molto…) e durante il percorso Liliane mi faceva osservare
condomini ed aree ove altri condomini rischiano di sorgere. Perché ne parlo?
Perché qui “condominio” non sono i nostri palazzi plurifamiliari (che anche qui
esistono, ma con altro nome), ma ben altra cosa. “Condominio” è una grande area
recintata, a volte quasi fortificata, spesso con un ingresso vigilato da
personale armato, all’interno della quale si trovano diverse abitazioni; se è
un condominio grande e di qualità può avere anche le aree verdi, le aree
sportive, i negozi per la vita quotidiana. In pratica, un quartiere chiuso e
vigilato. “E i poveri stanno fuori…”, commentava amaramente Liliane.
Qualcuno potrà pensare
che è una legittima ricerca di sicurezza in una situazione di pericolosità,
vera o presunta: dov’è il problema? Il problema è questa “sicurezza” anziché
crescere cala, per chi è fuori e per chi è dentro.
Per chi è fuori, perché
chiaramente aumentano le discrepanze sociali, l’emarginazione dei ceti più
poveri, i reciproci sentimenti di risentimento e paura, le false e stereotipate
immagini del “altro” sia per chi è fuori che per chi è dentro: quindi aumentano
le tensioni sociali e la criminalità.
Per chi è dentro, perché
vivere nell’isolamento ed in una illusoria sicurezza aumenta i sentimenti di
diffidenza, paura, estraneità, insicurezza… con il conseguente bisogno di
chiudersi ed armarsi sempre più: chi è “fuori” è comunque un pericolo dal quale
devo difendermi, e stranamente anche quando sono dentro non mi sento più al
sicuro… perché il mondo è pieno di nemici.
I condomini sono un
problema serio, ancora di più quando assumono le dimensioni di una nazione o di
un continente.
Grazie a Dio a S. Antônio
non ci sono…
p.s. il vino che si vede è un lambrusco rosato che viene da Gattatico, ma che fa 7.5°… comunque qui va bene lo stesso
Il Signore vi doni una
Pentecoste piena dello Spirito che apre a tutti i popoli!
(ed anche un buon
referendum…😉)
d. Paolo
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