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domenica 5 febbraio 2023

Lasciate che i bambini vengano a me

 



Gabriel Carlotti – missionario dell’Amazzonia

 

 

Anno Nuovo, vita nuova! Dopo nove giorni di navigazione siamo finalmente arrivati a casa: Manaus – Santo Antonio do Içá, 1.200 km risalendo il Rio delle Amazzoni. Avevamo le carte nautiche di vent’anni fa, che fr. Gino ci ha fornito, per orientarci sul fiume. Ci hanno aiutato molto a non perdere la rotta e anche ad approfittare dei ‘paranà’, le scorciatoie che si formano quando il fiume rompe le sponde e cambia il suo corso. In vent’anni alcune isole sono scomparse, letteralmente mangiate dall’acqua; altre si sono formate nell’accumularsi della sabbia e dei detriti. Ma il giorno 15, domenica, siamo finalmente arrivati alla nostra destinazione finale. Ora “Sempre Encontrando”, la nuova imbarcazione della parrocchia, è pronta per il suo viaggio di evangelizzazione. Così, il 24 gennaio siamo partiti con destinazione Ipiranga, avvisando le Comunità che al ritorno ci fermeremo per celebrare con loro la fede nel Signore Risorto e la Speranza di una vita giusta e fraterna. Arriviamo il venerdì pomeriggio e verso sera ci vengono a cercare alcuni bambini, quelli che lo scorso anno si sono preparati per la Prima Comunione. “Padre, c’è la Messa questa sera?”, mi chiedono. “No, domani sera alle 8 celebriamo la Messa nella cappellina, voi ci sarete?” rispondo. “Certo, che bello! Avvisiamo anche i nostri amici, ci vediamo domani sera, allora”.

 


 Durante il sabato visitiamo alcune famiglie, purtroppo dopo la partenza dei due militari che animavano le celebrazioni, la Comunità non si è più riunita. Incontro i bambini lungo le strade e. sorridenti, mi accompagnano; “Ci vediamo questa sera, allora, verrà anche quel giovane che suona la chitarra, così possiamo cantare…”. La sera siamo in pochi, ma loro, i bambini, ci sono tutti. È sempre bello celebrare con loro! Chiedo un piccolo impegno alla Comunità, due signore tengono già pulita la cappella, ora bisogna riprendere a celebrare, così chiedo ai bambini di venire la domenica sera e, assieme a due mamme che sono disponibili, pregare il rosario. È la preghiera semplice che tutti conoscono, ricominciamo dalla fede del popolo: pregare il rosario e leggere insieme il vangelo della domenica. “Sì, padre, noi ci saremo”. La semente è gettata, speriamo il bene! Anche nella Comunità di Nova Esperança sono i bimbi che ci accolgono gioiosi e ci prendono per mano. “Oggi il papà e la mamma si sposano, lo sai padre?” “Che bello!” rispondo, non lo sapevo, ma sono molto contento. Ci sono anche due battesimi di bambini, un ragazzo di 14 anni e… lo sposo. In verità era già battezzato e circonciso nella chiesa della croce, ma non costa nulla rinnovare il battesimo e completarlo con l’olio della fortezza e il crisma che ci configura a Cristo. Così, tra un canto e un segno di salvezza, celebriamo i battesimi e accogliamo la promessa di amore e fedeltà di chi ha già generato la vita e chiede la benedizione del Signore.  A São João do Lago grande non incontriamo nessuno, sono tutti andati a preparare la terra per piantare e torneranno solo fra due giorni. Un signore anziano ci accoglie e ci offre macaxeira e granoturco. La cena sarà più appetitosa: friggiamo la macaxeira che assomiglia alle patate fritte, e cuociamo il granoturco nuovo e dolce da sgranocchiare. A São Pedro, quindici bambini ci portano a casa della nonna, che non c’è perché è andata in città a prendere la pensione e a fare rifornimento di cibo. Poi arrivano due mamme e tre papà. “Oggi sono solo perché mia moglie è andata in città, tornerà fra tre giorni, speriamo che sia stato depositato il ‘reddito di cittadinanza’, perché in casa non c’è più niente, solo il pesce che peschiamo e ci alimenta”.

 


I bimbi non sanno il mese in cui siamo, non sanno quanti giorni ci sono in gennaio, non sanno neppure in che anno siamo, ma sono contenti di vederci e ci fanno festa. Preghiamo il Padre Nostro e l’Ave Maria, raccontiamo il vangelo della figlia di Giairo e della donna che viene curata perché tocca con fede il vestito di Gesù. Condividiamo i biscotti e le caramelle, poi noi adulti cominciamo a parlare… i bambini, piano piano, ci lasciano e si tuffano nel fiume, è l’ora del bagno per alleviare il calore del giorno. Arriviamo a São Lazaro, non c’è la luce perché il temporale ha fatto cadere una pianta sull’unico filo che porta energia. Non è un problema, alcune candele illuminano la nostra celebrazione questa sera. Ne approfitto per visitare la famiglia del professore, che ha finalmente costruito la sua casa. Mi avvicino alla porta e batto le mani per chiamare, subito arrivano due bambini piccoli, correndo, e scostano la tenda, perché ancora non c’è la porta. Poi arriva anche la moglie con un terzo bambino che sta allattando e mi invita ad entrare. Così mi accorgo che non solo manca la porta, ma anche le finestre, e la parete del fondo della casa è un telo di plastica. Chiaro, anche le pareti interne, per ora, sono fatte con materiale di fortuna, ma già delimitano gli spazi delle due camere, del soggiorno e della cucina. “Ciao, padre! Sei venuto a conoscere la nostra casa? Entra… ancora dobbiamo finire molte cose, ma per ora siamo contenti così, abbiamo un tetto sulla testa e ci siamo trasferiti dalla scuola alla ‘nostra’ casa. “Coraggio, piano piano riuscirete a portare a termine il vostro sogno, il più è fatto”, le rispondo. “Dov’è tuo marito?” le chiedo. “È andato a vedere la piantagione dall’altra parte del fiume, ma tornerà verso sera. C’è la Messa oggi?” “Sì, questa sera al lume di candela”. “Bene, faccio il bagno ai bimbi e ci prepariamo, grazie!” Così ritorniamo sulla barca per preparare la cena. Vedo arrivare il professore con la canoa, dall’altra parte del fiume e, ancora prima che si avvicini alla riva, ecco i suoi bambini corrergli incontro. È una festa! Lo prendono per mano e lo accompagnano a casa, dove la moglie lo aspetta per friggere il pesce che lui ha portato. Così mi vengono alla mente molte scene di pesca. Al mattino presto o verso sera, quando i pescatori ritornano, stanchi dalla lunga pesca, sono i loro bambini i primi ad accoglierli. Corrono gioiosi, schiamazzano e vanno subito a vedere se c’è pesce nella canoa, poi abbracciano il papà e cominciano a caricare tutto quello che possono e a portarlo a casa. Poi arriva la mamma con un grande cesto per caricare il pesce. Mi ricordo così della Parola del Signore: “Lasciate che i bambini vengano a me, non li allontanate, perché il Regno dei Cieli appartiene a chi è come loro”. E ancora: “Se non sarete come bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli”. Nella notte ripenso a questi incontri e lodo il Padre perché ha tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti, ma le ha fatte conoscere ai piccoli, perché così è piaciuto a Lui. E ci ha affidato la missione del suo figlio Gesù: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò ristoro… Perché il mio giogo è leggero e il mio carico è dolce”. Un’alba nuova sorge e un nuovo giorno ci invita alla vita. Buon cammino a tutti e un grande abbraccio nel sorriso e nella gioia dei bambini.

 

São Lazaro, 2 febbraio 2023 – Festa della presentazione al tempio di Gesù

domenica 24 aprile 2022

Impressioni dopo il ritorno in diocesi durante il mese di marzo 2022

 



RITROVANDO REGGIO EMILIA


Ho passato il mese di marzo a Scandiano, con la mia famiglia, ma continuando un ‘vagabondaggio’ missionario, visitando molte parrocchie della diocesi, incontrando diverse persone.  È bello rivedere la famiglia e riunirsi dopo molto tempo, è bello ritrovare molti volti amici e comunità conosciute (e qualcuna nuova). Ho avuto modo di dialogare con il vescovo Giacomo, il vicario don Alberto, con don Pietro e la equipe del Centro Missionario: è importante mantenere un confronto aperto e costante per noi che viviamo così lontani.

Dopo pochi giorni dal mio arrivo sono giunte tante richieste: celebrazione delle messe, incontri sulla missione, visita ad alcune famiglie, incontri con alcune persone…. Questo per tutti i giorni della mia permanenza nel mese di marzo, tempo di quaresima, in particolare dedicato alle nostre missioni diocesane. (E non sono nemmeno riuscito ad arrivare in tutte le comunità e a incontrare tutte le persone che mi avevano contattato.)
Cosa pensare? Evidentemente una sensibilità missionaria nella nostra diocesi non è morta, forse solo affievolita rispetto agli anni passati.  Ho pensato che - malgrado tendenze mondiali a proteggere con la forza i propri spazi, a enfatizzare la propria identità nazionale anche contro gli altri, a costruire muri per difendere i propri privilegi, a non avere scrupoli nello sfruttamento degli altri-  ci sia nel cuore delle persone un grande desiderio di pace, di comunione, di giustizia, di fratellanza, che si manifesta anche in una necessaria apertura alla mondialità ( fraternità universale).  
 - Sono stato piacevolmente sorpreso dalle tante richieste ricevute per dare testimonianza della nostra presenza in Amazzonia;  credo ci sia anche la curiosità nei confronti di questa nuova esperienza missionaria, situata in un luogo di periferia da tanti punti di vista; un luogo di richiamo per le sue particolarità geografiche ma piuttosto sconosciuto riguardo la vita ecclesiale.



Ho notato interesse per le nostre attività e una sincera partecipazione, una disponibilità ad accompagnare e aiutare e questo è molto nobile e bello da parte della chiesa reggiana, e veramente tante persone hanno manifestato la loro vicinanza e amicizia. Un segno dello Spirito Santo, che tende a unire anche ció che sembra lontano, che crea comunione, e che spinge alla evangelizzazione.   Si, un segno dell’incontro con il Cristo Risorto e della presenza dello Spirito è la spinta alla evangelizzazione, il desiderio di annunciare la Parola di salvezza a tutti, senza confini, e che il Regno di Dio sia visibile già su questa terra.

Mi sono interrogato: come è possibile che con tutti i problemi che abbiamo in diocesi, che abbiamo in Italia e in Europa, ci sia una attenzione ad una povera missione nel cuore della Amazzonia? Probabilmente alcune comunità reggiane hanno maturato la consapevolezza che le missioni diocesane sono parte della pastorale ordinaria e che quindi tutti siamo partecipi della vocazione evangelizzatrice anche in terre che non corrispondono al territorio della provincia di Reggio.  A servizio della diocesi di Alto Solimões siamo per ora in due preti, non a titolo individuale, ma a nome di tutti voi! E in attesa di altri fratelli e sorelle disponibili a spendersi in questa terra per un periodo della propria vita.



Nelle mie visite nel reggiano ho incontrato comunità messe a prova dalla pandemia ( sinceramente ho provato fastidio per le liturgie ancora irrigidite dalle norme anti-Covid: la distanza, alcool di continuo, il green-pass, le maschere, vietati i contatti, non ci sono processioni alla presentazione dei doni e alla comunione: una liturgia innaturale, e spero si possa arrivare presto a cambiare e a umanizzare le celebrazioni - però non sono un medico e forse queste norme sono necessarie, anche se mi sembrano eccessive!-).
Ma credo che le comunità siano in difficoltà anche per altri motivi, e un sintomo tra i più evidenti è che gli adolescenti e i giovani sono poco presenti, sembra che la Chiesa non offra nulla di significativo per loro; certo, in qualche luogo i giovani ci  sono, forse dove si dà spazio all’ascolto dei loro vissuti e sensibilità e si fanno proposte chiare e evangeliche. Credo sia forte il desiderio di Dio nei giovani, e il Vangelo di Gesù è parola di salvezza per tutti ma dobbiamo imparare ad annunciarlo in modo significativo nella situazione storica attuale, lasciandoci guidare dallo Spirito e amando le persone così come sono, anche con gli errori e contraddizioni che ci caratterizzano. Mi chiedo: siamo una chiesa che sa accogliere gli adolescenti e giovani, che sa comunicare, che è appassionata e trasmette speranza?

-         Ho incontrato vari preti e diaconi, molto impegnati, perseveranti anche se denunciando stanchezze e qualche delusione. Qualcuno ammalato, molti anziani. Il nuovo vescovo Giacomo è stato accolto bene, e il suo stile amichevole, sereno e comunicativo sta aiutando il nostro clero a ritrovare uno spirito di comunione, la libertà di manifestarsi, di aiutare e essere aiutati dai confratelli. La presenza paterna e disponibile del vescovo è sempre desiderata dai preti e diaconi, che sono i primi collaboratori.

-         Incontrando il gruppo dei preti giovani, e in seguito i seminaristi, ho dato la mia testimonianza missionaria, desiderando anche suscitare nuove disponibilità per le missioni; e mi fa piacere che ci sia la libertà di interrogarsi riguardo questo tipo di chiamata.



-         Ho incontrato diverse persone desiderose di parlare, di confrontarsi, di sfogarsi, di chiedere consiglio; ciò conferma che la disponibilità dei preti e altri ministri ad incontrare le persone, a visitare le famiglie, ad ascoltare senza pregiudizi, è sempre un dato essenziale per il futuro della evangelizzazione.

-         Dovremmo però essere più liberi dagli eccessi burocratici- istituzionali per avere la calma e apertura per ascoltare con il cuore le persone.

Ringrazio tutti per gli incontri fatti in questo mese, per la partecipazione, l’interesse, l’amicizia e per gli aiuti che continuate ad offrirci per la missione amazzonica! Noi continueremo a comunicare con le nostre lettere e a leggere quelle che vorrete inviarci.
La animazione del Centro Missionario aiuterà a mantenere vivi i rapporti e a realizzare un nuovo modo di essere Chiesa nel nostro tempo, per una evangelizzazione efficace.
Rimane aperto un interrogativo, la cui risposta dipende dal contributo di tutti: quanto la Chiesa reggiana vuole continuare a impegnarsi per la missione in Amazzonia e per le missioni in generale? 

Don Gabriele Burani, Santo Antonio do Içà, 21 aprile 2022

 

 

martedì 16 novembre 2021

Vita di pescatori ...

 



  Gabriel Carlotti, missionario in Amazzonia.

Dopo due mesi e mezzo costretti a rimanere in città, a Santo Antonio do Içá, finalmente il 2 novembre, giorno festivo per la ricorrenza di tutti i morti, anniversario di due anni del nostro arrivo in questa parrocchia di Santo Antonio di Lisbona, finalmente ripartiamo. Segno bello di risurrezione: la vita è annuncio e missione; è ripartire sempre per andare verso l’altro, i fratelli e le sorelle con cui condividiamo il cammino e nei quali incontriamo il Mistero del ‘Totalmente Altro’. Così intimo a noi stessi da lasciarsi riconoscere nella bellezza di ogni incontro che ha sapore di umanità.

Ripartiamo perché il motore della barca ha ripreso a funzionare anche grazie alla solidarietà di persone e comunità reggiane che condividono e sostengono il cammino della missione. Visiteremo e celebreremo la vita insieme a 28 comunità: 25 lungo il fiume Içá e 3 sulle sponde del fiume Solimões, più conosciuto come Rio delle Amazzoni.

Già di ritorno dal confine colombiano, dopo aver celebrato nella comunità di Ipiranga, ci fermiamo a “Itu”. Mamma Eléna ci aspetta con le sue due figlie e i suoi molti bambini. Il marito è sdraiato sull’amaca perché sono alcuni giorni che ha la febbre molto alta, forse malaria, con aggravanti di vomito e dissenteria. Gli do alcune medicine per abbassare la temperatura e controllare vomito e diarrea; se questa notte non migliorerà domani dovrà affrontare un viaggio di quattro ore di canoa, probabilmente sotto la pioggia perché il cielo è cupo, per raggiungere il posto medico più vicino, a Villa Alterosa, chiamata anche Juí, dove riposa Irmão José fondatore della Chiesa della Croce, ultima chiamata per accedere al Cielo.



 Molte comunità lungo il fiume hanno lasciato la Chiesa Cattolica per seguire questo movimento fondamentalista che annuncia la fine imminente. Le necessità della vita così difficile e spesso abbandonata da tutti, tranne che da Dio, e la mancanza di catechesi, conoscenza ed esperienza di Chiesa, ha portato molti a seguire questo cammino segnato dalla testimonianza austera di Irmão José ormai sepolto nel paese da lui fondato, Villa Alterosa, già santo e in cielo secondo la fede di tante persone. Le Chiese Evangeliche e la Chiesa Cattolica sarebbero i due bracci orizzontali della croce che portano i fedeli alla vera Chiesa della Croce, ultimo cammino offerto per il paradiso.



Arriviamo nella comunità di Itu sotto una pioggia battente, riusciamo ad entrare con la barca tra un grande albero caduto sul fiume e una grande canoa carica di molto pesce. É un porto sicuro perché qui passeremo la notte. In questo periodo l’acqua è bassa e per raggiungere la casa dobbiamo affrontare la ‘scalata’ a una montagna di fango; i bambini si divertono a scivolare, noi un po’ meno, e aiutati dai cespugli di erba, piano piano, riusciamo a salire. A scendere, dicono, tutti i santi aiutano, e lo speriamo davvero! Come sempre qui la Messa è molto bella, la presenza di tanti bimbi e alcuni giovani venuti di canoa dal vicinato, rendono la celebrazione gioiosa, anche se nessuno conosce le risposte convenzionali della liturgia e i canti sono sostenuti solo da mamma Eléna e dalle sue due figlie. Per l’occasione anche una scimmietta, due cagnolini e alcuni pulcini rallegrano la preghiera, sempre molto partecipata col cuore e la vita. I bambini hanno adocchiato subito le caramelle sulla mensa e aspettano con ansia il canto finale. La scimmietta, ‘gabigou’ è il suo nome, prova ad anticipare, ma viene prontamente redarguita e si conforma.



Dopo la celebrazione salutiamo e scendiamo nella barca, stanno rientrando i pescatori, 2...3...4... canoe con Pirarucu, Pirapitinga, Surubì, Tucunaré...,  frutto della pesca notturna nei laghi che impreziosiscono il corso del fiume con la loro abbondanza di pesce. La pesca fuori dai laghi è più difficile e meno abbondante. Cinque bambini corrono all’incontro del papà, ancora molto giovane, ma già vedovo, e dei tre fratelli maggiori, adolescenti dai 16 ai 21 anni. È la gioia dell’incontro, che lascia subito il tempo al lavoro: bisogna pulire il pesce e passarlo nel sale perché possa resistere fino all’arrivo in città, dove sarà venduto. Tutti si danno da fare, i piccoli corrono a prendere i sacchetti di sale, i giovani, come esperti chirurghi, squartano i pesci e li preparano lavandoli accuratamente, il papà con mano veloce ed esperta passa il sale per garantire che la carne resista al tempo e al calore del giorno. Se ci fosse del ghiaccio tutto sarebbe più semplice, ma dove manca l’energia elettrica, questo rimane un sogno impossibile. Il sole è già tramontato, ma sulla barca a lato c’è ancora un grande movimento. Tutto il pesce è coperto con grandi teli plastici, bisogna pulire la barca e lasciarla pronta per il domani che sarà ancora un giorno di pesca. Tutti si lavano al fiume e lavano anche pantaloncini e magliette, indossando indumenti asciutti per la notte.



Con le torce sulla fronte li vedo mangiare qualcosa, pesce fritto con farina di mandioca e riso che mamma Eléna e le sue figlie hanno preparato con cura. Poi tutto tace e anche noi apriamo le nostre amache e ci prepariamo per la notte. Sono le 9 di sera. Mi chiedo come dormiranno visto che zanzare e papatacci nella notte sono più intraprendenti... Poi cullati dalle onde del fiume ci addormentiamo. Penso a Gesù che ha chiamato dei pescatori per essere i primi discepoli di una nuova avventura.

Mi sveglio alle 4:30, è ancora notte, il sole sorge puntuale alle 6 del mattino tra il tropico e l’equatore. Nella barca accanto c’è già gran movimento, i giovani preparano il materiale per la pesca e il papà controlla i piccoli motori delle canoe. I bambini dormono ancora tra un pesce salato e il caffè che mamma Eléna e le sue figlie hanno portato agli uomini. Tutto è pronto e si riparte per un nuovo giorno di pesca, il cielo è cupo, carico di pioggia, ma bisogna andare, i pesci aspettano e scivolando sull’acqua del fiume, riparati da un telo dall’acqua del cielo, questi uomini gettano ancora le reti. E mi ricordo le parole del Maestro: “Venite, vi farò pescatori di uomini”. Rimango ancora sull’amaca, cullata dalle onde, ormai non posso più dormire pensando a quei ragazzi gettando le reti, con fiducia che il duro lavoro porterà abbondanza di vita. Così è l’essere pescatori di uomini, e tutti lo siamo per la speranza del nostro battesimo, per la promessa della fede. Gettare la rete sempre, nei tempi di bonaccia e in quelli di tempesta. Lavorare tutti uniti, dal più piccolo al più grande, senza differenze, ma nella gioia di poter fare la nostra parte con tenacia e disponibilità. Senza stancarsi e senza lamentarsi, facendo nostre le parole di Pietro, il primo dei pescatori: “Signore, abbiamo pescato tutta la notte e non abbiamo preso niente, ma sulla tua Parla getterò la rete”.



 

Santo Antonio do Içá, 15 novembre 2021 – festa della proclamazione della Repubblica brasiliana

 

mercoledì 24 marzo 2021

Niente paga il sorriso di un bambino: Buona Pasqua!

 



 

  Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

In questo mese di marzo stiamo raccogliendo le risposte alla verifica che abbiamo chiesto alle Comunità. Verifica sul nostro operato e sulla nostra presenza, verifica anche del cammino della Comunità e del suo vivere la fede. In questo primo viaggio siamo arrivati fino ad Ipiranga, anche se non abbiamo potuto celebrare l’Eucaristia a causa del covid 19, c’erano infatti due casi positivi e i militari hanno, giustamente, proibito ogni assembramento di persone. Siamo comunque andati per incontrare l’equipe che coordina la Comunità. Le ultime cinque ore del viaggio le abbiamo fatte in una specie di gara con una grande nave, la maggiore che solca il fiume. Si tratta dell’UBS – Unità Basica di Salute. Siamo arrivati praticamente insieme al porto di Ipiranga e qui, giustamente, l’abbiamo lasciata passare. L’UBS è una specie di ospedale fluviale. C’è il medico generico, gli infermieri, il dentista e alcuni specialisti di settore come malaria o altre malattie. In questo tempo di pandemia c’è tutta una equipe per i testi del covid 19 e il primo intervento. Non mancano poi i rappresentanti della società civile organizzata: il consiglio dei bambini e adolescenti; l’area indigena con tanto di traduttore ufficiale; tutto l’apparato inerente alla documentazione di cui le persone hanno bisogno. Manca solo il prete e i “servizi religiosi”, ma per questo c’è la nostra piccola barca indipendente.

 

Domenica passata, la 5° di quaresima, celebravo in città e sono giunte molte richieste per pregare per tutti gli ammalati di coronavirus, in ospedale e in casa. In questo momento la situazione in Brasile è davvero complicata: più di 2.300 morti al giorno, circa 70.000 nuovi contagi giornalieri, gli ospedali ‘chiusi’ per tutto esaurito, file enormi di gente che deve essere ricoverata e che abbisogna di ossigeno, che manca! E se non bastasse, un quadro politico demenziale.

 

Abbiamo già cambiato 4 ministri della salute e attualmente ce ne sono due perché devono inventare un nuovo Ministero per evitare che il ministro uscente vada in prigione. Rimanendo ministro sarebbe protetto dalle leggi speciali dei parlamentari. Sembra che inventeranno il “Ministero dell’Amazzonia” per proteggere la situazione penale dell’ex-ministro della salute. Abbiamo un presidente che continua a negare la gravità della situazione. Non usa maschera e paragona la pandemia a un piccolo raffreddore, è contro il vaccino e riunisce folle di persone quando si muove. Ora sta litigando in un braccio di ferro con i Governatori e i Sindaci che stanno muovendosi autonomamente, anche nell’acquisto di vaccini, per far fronte in modo scientifico e intelligente alla situazione ormai caotica. Ad oggi neppure il 5% della popolazione è stata vaccinata. In questa situazione lo Stato dell’Amazzonia, per la sua bassa densità di popolazione, va meglio che altri Stati molto più evoluti. Le nostre sfide sono più di carattere locale: difficoltà nei trasporti e isolamento dei popoli della foresta, mancanza di strutture e di personale medico, corruzione dei politici locali nei diversi livelli municipale e statale, dove spesso le cose funzionano solo se paghi salate tangenti. A peggiorare poi la situazione abbiamo alcuni pastori di chiese evangeliche pentecostali che stanno dicendo che il vaccino è il marchio della bestia dell’apocalisse, o, altri, che i cinesi vogliono controllarci, oppure che se ti fai vaccinare potresti correrai il rischio di trasformarti in un coccodrillo. Cose assurde dovute ad un fondamentalismo crasso o a giochi politici sostenuti da una religione asservita al potere. Fatto sta che molti indigeni hanno rifiutato di farsi vaccinare, e questo certamente non aiuta la situazione, ma la complica.

 

Ritornando alla 5° domenica di quaresima che ci ha regalato la Parola di Gesù: “Chi vuol salvare la propria vita tenendola per sé, la perderà, ma chi la dona la serverà”; e ancora: “Se il chicco di grano, nella terra, non muore rimane solo, ma se muore dà molto frutto”; mi chiedevo: ma per chi davvero dobbiamo pregare? Che cosa possiamo chiedere a Dio in questo momento così difficile e devastante? Per che cosa ci preoccupiamo? Che cosa abbiamo paura di perdere e di non avere più? Certamente portiamo nella preghiera i deboli, gli ammalati, gli abbandonati, i soli e quanti sono segnati dalla perdita di un familiare o di un amico. Ma vorrei pregare anche per tutti coloro che non hanno speranza. Per coloro la cui vita è ancora rinchiusa nel tempo tra la nascita e la morte. Per coloro che si affannano per possedere cose e privilegi e, per difenderli, diventano violenti. Per coloro che rimpiangono le vacanze e non sanno che la maggioranza non le conosce. Per quanti sono preoccupati di chiudere i porti e i confini e non si rendono conto del cammino dell’Umanità e della morte per invecchiamento del nostro Bel Paese. Di quanti si sono abituati alle notizie del telegiornale che mostrano tanti fratelli e sorelle nei nuovi campi di concentramento dell’esclusione, dei muri e delle tendopoli di rifugiati e, semplicemente, spengono la TV. Di quanti sui social esprimono la loro rabbia contro un comunismo che non esiste più; e sostengono un individualismo socio-economico che fa paura. Di chi si lamenta e violentemente critica la parola di un papa pellegrino di speranza e di umanità riconciliata, e ostentano un fondamentalismo religioso e un cattolicesimo clericale. Ma come ci siamo ridotti! Ma che umanità è questa che ancora non si riconosce fraterna, nonostante la sofferenza provata nella solitudine di morire intubati o rinchiusi senza il calore di un affetto sincero?

 


Così nella 5° domenica di quaresima, l’ultima prima della Pasqua, abbiamo pregato per questa nostra Umanità sofferente e che fatica a ritrovare il sentiero della vita. Gesù ci ha detto: “Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me”. Proviamo a guardare a quell’uomo nudo e essenziale sulla croce, quell’uomo vero, e riconosciamolo nell’Umanità senza discriminazioni narcisiste e violente. Guardiamo a quel Dio crocifisso, senza potere e senza privilegi e sentiamoci amati nella nostra debolezza e povertà. Amati da Colui che si è abbassato fino a noi per aiutarci a vedere oltre la morte, a scoprire la profondità dell’amore che ci fa tutti fratelli e sorelle.

Anche nella Comunità di São Pedro si riflette questa umanità. Siamo giunti nel primo pomeriggio, sono passato a salutare in tutte le case, gli uomini giocando a calcio e le donne in filosso con i loro neonati in braccio. Era una domenica pomeriggio. Verso le 6 facciamo il bagno, l’acqua del fiume è più fredda del solito, 26° al posto dei 31° di sempre, sta piovendo molto. Poi mangiamo qualcosa e andiamo alla scuola per la celebrazione della Messa. É domenica, ci saremo in molti! Aspettiamo un po’, arrivano i bambini, tutti i bimbi che giocavano nel pomeriggio, fortuna che avevo le caramelle. Aspettiamo ancora e arriva una nonna con la nipotina, e una giovane mamma, ragazza madre perché il marito se n’è andato.

 

Padre, possiamo cominciare... credo non verrà più nessuno, siamo noi.

 

Mi guardo intorno e decido di non celebrare la Messa, leggiamo il Vangelo e proviamo a parlarne un po’ insieme... “chi tiene per sé perde tutto... chi dona riceve di più...”. Così distribuisco una caramella a ogni bambino, un piccolo la scarta e se la mette in bocca voracemente. Richiamo la loro attenzione e dico che se qualcuno dona la sua caramella ad un altro bambino ne riceverà due di caramelle. Più avanti: chi dona due caramelle, ne riceverà tre; e così inizia un gioco bello e interessante, i bambini, come esperti banchieri, fanno fruttare le loro caramelle, chi dona di più riceve molto di più. Alla fine anche colui che si era giocato/mangiato la sua unica caramella, si ritrova con le mani piene...    Ci salutiamo e ci diamo appuntamento al prossimo mese.

Ritornando sulla barca, preparandoci a dormire, con un filo di tristezza, chiedo a Mosè, mio compagno di viaggio: ma perché non è venuto nessuno? Poi sentiamo la musica e vediamo arrivare canoe dal vicinato, tutti cominciano a bere e far festa fino alle sette del mattino... Davvero l’Umanità si assomiglia molto ad ogni latitudine!




Il mattino, ancora assonnati, ci prepariamo a partire verso la prossima Comunità a 4/5 ore di viaggio. Alzo lo sguardo e uno dei bambini, forse ancora sveglio da una notte agitata, viene verso di noi, ci sorride e accenna con la mano: grazie padre, ti aspettiamo il prossimo mese, ‘vai com Deus’ – che Dio ti accompagni! Questo sorriso ci ha ripagati di tutto, davvero impagabile e imperdibile il sorriso di un bambino!

 

Grazie a tutti che ci accompagnate nella preghiera e nella solidarietà:

BUONA PASQUA di RISURREZIONE!

 

San Oscar Romero - giornata di preghiera per e con i missionári martiri, 24 marzo 2021

Cammini di libertà e di liberazione

  "La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". 
 Il Verbo continua a parlare nella storia e a servirsi di chi è ch...