Gabriel Carlotti, missionario in Amazzonia.
Dopo due mesi e mezzo costretti a rimanere in città, a
Santo Antonio do Içá, finalmente il 2 novembre, giorno festivo per la
ricorrenza di tutti i morti, anniversario di due anni del nostro arrivo in
questa parrocchia di Santo Antonio di Lisbona, finalmente ripartiamo. Segno
bello di risurrezione: la vita è annuncio e missione; è ripartire sempre per
andare verso l’altro, i fratelli e le sorelle con cui condividiamo il cammino e
nei quali incontriamo il Mistero del ‘Totalmente Altro’. Così intimo a noi stessi da
lasciarsi riconoscere nella bellezza di ogni incontro che ha sapore di umanità.
Ripartiamo perché il motore della barca ha ripreso a
funzionare anche grazie alla solidarietà di persone e comunità reggiane che
condividono e sostengono il cammino della missione. Visiteremo e celebreremo la
vita insieme a 28 comunità: 25 lungo il fiume Içá e 3 sulle sponde del fiume
Solimões, più conosciuto come Rio delle Amazzoni.
Già di ritorno dal confine colombiano, dopo aver celebrato
nella comunità di Ipiranga, ci fermiamo a “Itu”.
Mamma Eléna ci aspetta con le sue due figlie e i suoi molti bambini. Il marito è sdraiato sull’amaca perché sono
alcuni giorni che ha la febbre molto alta, forse malaria, con aggravanti di
vomito e dissenteria. Gli do alcune medicine per abbassare la temperatura e
controllare vomito e diarrea; se questa notte non migliorerà domani dovrà
affrontare un viaggio di quattro ore di canoa, probabilmente sotto la pioggia perché
il cielo è cupo, per raggiungere il posto medico più vicino, a Villa Alterosa,
chiamata anche Juí, dove riposa Irmão José fondatore della Chiesa della Croce,
ultima chiamata per accedere al Cielo.
Molte comunità lungo il fiume hanno lasciato
la Chiesa Cattolica per seguire questo movimento fondamentalista che annuncia
la fine imminente. Le necessità della vita così difficile e spesso
abbandonata da tutti, tranne che da Dio, e la mancanza di catechesi, conoscenza
ed esperienza di Chiesa, ha portato molti a seguire questo cammino segnato dalla
testimonianza austera di Irmão José ormai sepolto nel paese da lui fondato,
Villa Alterosa, già santo e in cielo secondo la fede di tante persone. Le
Chiese Evangeliche e la Chiesa Cattolica sarebbero i due bracci orizzontali
della croce che portano i fedeli alla vera Chiesa della Croce, ultimo cammino
offerto per il paradiso.
Arriviamo nella
comunità di Itu sotto una pioggia battente, riusciamo ad entrare con la barca tra un grande albero caduto sul fiume e
una grande canoa carica di molto pesce. É un porto sicuro perché qui passeremo
la notte. In questo periodo l’acqua è bassa e per raggiungere la casa dobbiamo
affrontare la ‘scalata’ a una montagna di fango; i bambini si divertono a
scivolare, noi un po’ meno, e aiutati dai cespugli di erba, piano piano,
riusciamo a salire. A scendere, dicono, tutti i santi aiutano, e lo speriamo
davvero! Come sempre qui la Messa è molto bella, la presenza di tanti bimbi e
alcuni giovani venuti di canoa dal vicinato, rendono la celebrazione gioiosa,
anche se nessuno conosce le risposte convenzionali della liturgia e i canti
sono sostenuti solo da mamma Eléna e dalle sue due figlie. Per l’occasione
anche una scimmietta, due cagnolini e alcuni pulcini rallegrano la preghiera,
sempre molto partecipata col cuore e la vita. I bambini hanno adocchiato subito
le caramelle sulla mensa e aspettano con ansia il canto finale. La scimmietta,
‘gabigou’ è il suo nome, prova ad anticipare, ma viene prontamente redarguita e
si conforma.
Dopo la celebrazione salutiamo e scendiamo
nella barca, stanno rientrando i pescatori, 2...3...4... canoe con Pirarucu, Pirapitinga, Surubì, Tucunaré..., frutto della pesca notturna nei laghi che
impreziosiscono il corso del fiume con la loro abbondanza di pesce. La pesca
fuori dai laghi è più difficile e meno abbondante. Cinque bambini corrono
all’incontro del papà, ancora molto giovane, ma già vedovo, e dei tre fratelli
maggiori, adolescenti dai 16 ai 21 anni. È la gioia dell’incontro, che lascia
subito il tempo al lavoro: bisogna pulire il pesce e passarlo nel sale perché
possa resistere fino all’arrivo in città, dove sarà venduto. Tutti si danno da
fare, i piccoli corrono a prendere i sacchetti di sale, i giovani, come esperti
chirurghi, squartano i pesci e li preparano lavandoli accuratamente, il papà
con mano veloce ed esperta passa il sale per garantire che la carne resista al
tempo e al calore del giorno. Se ci fosse del ghiaccio tutto sarebbe più semplice,
ma dove manca l’energia elettrica, questo rimane un sogno impossibile. Il sole
è già tramontato, ma sulla barca a lato c’è ancora un grande movimento. Tutto
il pesce è coperto con grandi teli plastici, bisogna pulire la barca e
lasciarla pronta per il domani che sarà ancora un giorno di pesca. Tutti si
lavano al fiume e lavano anche pantaloncini e magliette, indossando indumenti
asciutti per la notte.
Con le torce sulla fronte li vedo mangiare
qualcosa, pesce fritto con farina di mandioca e riso che mamma
Eléna e le sue figlie hanno preparato con cura. Poi tutto tace e anche noi
apriamo le nostre amache e ci prepariamo per la notte. Sono le 9 di sera. Mi
chiedo come dormiranno visto che zanzare e papatacci nella notte sono più
intraprendenti... Poi cullati dalle onde del fiume ci addormentiamo. Penso a
Gesù che ha chiamato dei pescatori per essere i primi discepoli di una nuova avventura.
Mi sveglio alle 4:30, è ancora notte, il
sole sorge puntuale alle 6 del mattino tra il tropico e l’equatore. Nella
barca accanto c’è già gran movimento, i giovani preparano il materiale per la
pesca e il papà controlla i piccoli motori delle canoe. I bambini dormono
ancora tra un pesce salato e il caffè che mamma Eléna e le sue figlie hanno
portato agli uomini. Tutto è pronto e si riparte per un nuovo giorno di pesca,
il cielo è cupo, carico di pioggia, ma bisogna andare, i pesci aspettano e
scivolando sull’acqua del fiume, riparati da un telo dall’acqua del cielo,
questi uomini gettano ancora le reti. E mi ricordo le parole del Maestro: “Venite,
vi farò pescatori di uomini”. Rimango ancora sull’amaca, cullata dalle
onde, ormai non posso più dormire pensando a quei ragazzi gettando le reti, con
fiducia che il duro lavoro porterà abbondanza di vita. Così è l’essere
pescatori di uomini, e tutti lo siamo per la speranza del nostro battesimo, per
la promessa della fede. Gettare la rete sempre, nei tempi di bonaccia e in
quelli di tempesta. Lavorare tutti uniti, dal
più piccolo al più grande, senza differenze, ma nella gioia di poter fare la
nostra parte con tenacia e disponibilità.
Senza stancarsi e senza lamentarsi, facendo nostre le parole di Pietro,
il primo dei pescatori: “Signore, abbiamo pescato tutta la notte e non
abbiamo preso niente, ma sulla tua Parla getterò la rete”.
Santo Antonio do Içá, 15 novembre 2021 – festa della
proclamazione della Repubblica brasiliana
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