Gabriel
Carlotti, missionario in Amazzonia. Gabriel Carlotti, missionario in Amazzonia.
Purtroppo il secondo viaggio di agosto non è stato
possibile. Nel primo viaggio di questo mese il motore si era fermato e Burani
era rientrato a traino della grande canoa dei militari di Ipiranga. Per
fortuna, hanno visto la barca del prete in panne e si sono fermati per aiutare,
così hanno legato la nostra barca alla loro e hanno riportato a casa Moises,
Moacir e don Gabri. Subito ho chiamato il meccanico che ha smontato
letteralmente il motore, scoprendo che un pezzo interno che permette la
circolazione dell’olio si era crepato non compiendo più la sua funzione
essenziale. Per avere il pezzo di ricambio ci sono voluti alcuni giorni perché
viene di barca da Manaus, e non tutti i giorni c’è il trasporto fluviale, poi, dulcis
in fundo, sollevando a braccia il motore si sono rotti i supporti di alluminio,
così ci sono voluti altri giorni per saldare il tutto e lasciare pronta la base
di appoggio. Forse lunedì riusciremo a rimontare il motore che poi dovrà essere
allineato all’albero di trasmissione... insomma speriamo che ai primi di
settembre si possa ripartire! Così questo 26° viaggio non si è mai realizzato e
le nostre Comunità ci hanno aspettato inutilmente. Meno male che questo popolo
è paziente e ci insegna ad aver pazienza.
Pensavo
alle difficoltà, allo sforzo e alla buona volontà, ma anche all’impossibilità
di questo viaggio, e al desiderio frustrato di incontrare le Comunità. Alcuni
sono passati qui in città e sono venuti a cercarmi:
“ti abbiamo aspettato..., poi abbiamo
pensato sia successo qualcosa... va tutto bene?”; altri sono passati per
confermare il prossimo incontro: “allora ci vediamo in settembre, vieni presto
che mangiamo qualcosa insieme..., abbiamo invitato i vicini per inaugurare la nostra
chiesetta che finalmente è finita, l’abbiamo desiderata tanto e ci siamo
impegnati, è proprio bella e siamo contenti!”.
Così anche un viaggio che non si è mai
realizzato può portare frutti di comunione e di relazione attesi e desiderati.
La realtà rimane una grande sfida, qui piano piano si
riprendono le varie attività, ma le chiese sono ancora poco frequentate, la
pandemia ha interrotto bruscamente una abitudine; ma anche lì da voi mi sembra
che non ci sia proprio molto entusiasmo nel riprendere la vita di comunità! Allora
pensavo... anche provocato dal Vangelo di questa domenica che smaschera
l’ipocrisia dell’apparenza e di una superficialità che ci illude e ci priva
dell’essenziale e della gioia. Pensavo a come
l’ipocrisia di una liturgia formale e di relazioni molto superficiali abbiano
addomesticato il Vangelo, abbiano fatto dell’annuncio straordinario della
Risurrezione di Colui che ha creduto nell’amore di una vita offerta e donata, un
sistema religioso chiuso in se stesso, spesso giudicante e scostante,
certamente non attraente né desiderabile. Dio
ci salvi da “questa” chiesa!
Al contrario, la Comunità rimane una opportunità di
relazioni semplici e vere, senza giudicare nessuno perché il nostro giudice è
il Signore, ma luogo per vivere la fiducia fraterna e l’abbandono fiducioso nel
Signore risorto. Prima che le persone possano dire: “guardate come ci amano”,
devono poter constatare: “guardate come si amano”. Non siamo cristiani
per fare delle cose o obbedire a dei comandamenti, piuttosto perché crediamo e
abbiamo incontrato un cammino per vivere relazioni positive e profondamente
umane, perché inspirate a Colui che così ci ha voluto quando ci ha pensati e
creati. Per non vivere secondo la “carne”, nell’egocentrismo e nell’egoismo, ma
secondo lo “spirito”, nel servizio amoroso e nella gratuità del dono. È la
qualità delle relazioni che sta in gioco. E non possiamo nasconderci che molto
delle nostre relazioni dipende dalla nostra volontà, sostenuta da una scelta
libera e consapevole. La vita che noi scegliamo
di vivere è il frutto di ciò in cui crediamo col cuore e non solo con la
ragione. È per la fede nella croce e nella risurrezione di Gesù che
siamo nuove creature!
Credo
allora che “questa” chiesa sia davvero una possibilità di gioia, perché è
fondata sulla fede e non solo sulle nostre capacità. Ma bisogna crederci
davvero! Il frutto della libertà della fede è poi l’amore fraterno che fugge
ogni ipocrisia e formalismo. Questa chiesa sarà bella e attraente e per questo
missionaria, capace di annunciare la gioia e offrire un cammino di vita e di
fraternità.
Benedetta pandemia che ha distrutto e fatto
crollare i nostri castelli ormai vuoti e spesso diroccati, ora siamo invitati ad abitare sotto le tende
dell’insicurezza e a trovare nelle mani e nel cuore dell’altro quella fiducia
che ci aiuterà nel cammino di una vita alternativa, lieta di aver scelto la
bellezza della sobrietà, e per questo attraente. “Beati i poveri in spirito, perché
di essi è il Regno dei cieli”.
Così sarà la Chiesa di domani!
Santo Antonio do
Iça, 28 agosto 2021 – memoria di Santo Agostino
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