domenica 23 febbraio 2025

IL DONO DELL' AMICIZIA

 




Paolo Bizzocchi

Ciao a tutti e tutte, 

vi scrivo al termine di questo mese particolare, perché vissuto nell’amicizia di d. Luigi, di sr. Alessandra e di Isabela. Le loro presenze sono state un dono davvero grande perché ci hanno aiutato a guardare alla nostra realtà con occhi differenti, direi più aperti e sereni. 

Fin dalla partenza avevo pensato che la maggior difficoltà della missione amazzonica non sarebbero state le condizioni climatiche, o il cibo, o le necessità pastorali, ma l’isolamento da altri missionari e dallo stesso contesto della chiesa di Alto Solimoes della quale facciamo parte. Di fatto è così: la nostra missione amazzonica è diversa dalle altre missioni della chiesa di Reggio e Guastalla, perché la bella tradizione della nostra chiesa è di missioni composte sempre da equipe di sacerdoti, consacrati, laici, quando possibile anche famiglie. Nei limiti del possibile, ci si è sempre mossi insieme non solo per un aiuto reciproco, ma per passare alle chiese ospitanti il messaggio che non si trovavano davanti ad un missionario isolato, ma ad una chiesa che voleva entrare in comunione con loro. Al momento nella nostra missione amazzonica questo non è stato possibile, se non in modo sporadico: non per una cattiva volontà, ma per una serie di vincoli che la particolarità del luogo e del nostro inserimento ha comportato. Di certo questo è un punto sul quale io e chi condividerà gli anni della missione con me saremo chiamati a lavorare: rendere possibile la presenza nella nostra missione di volontari, consacrati, magari anche famiglie, che per un periodo consistente vengono a condividere l’impegno missionario. Questo implica anche individuare possibilità di impegno, di servizio e anche di lavoro che i missionari potrebbero svolgere in loco. A questo punta anche la necessità di completare la sistemazione della casa ove viviamo: per persone come me o d. Gabriele va benissimo, ma non si può negare che una certa provvisorietà della struttura ci sia e che un’accoglienza di lungo periodo chiederebbe di dare al tutto una forma più razionale e completa.

Al momento però siamo io e d. Gabriele, sperando per lui in una successione in tempi ragionevoli. D. Luigi ci ha detto che per vivere qui ci vogliono “persone contemplative”. Io non so se io e d. Gabriele siamo dei contemplativi o semplicemente siamo un po’ orsi, che quando hanno il loro pezzo di terreno se la cavano discretamente. Forse un po’ l’uno ed un po’ l’altro… Tra l’altro tra la mia partenza per Brasilia (e poi forse per Manaus) ed i suoi viaggi sul fiume, di certo fino a fine estate non ci pesteremo molto i piedi ed i periodi nei quali vivremo “soli” (come italiani) saranno diversi (anche per questo il mio portoghese urge come non mai). 
Ma in fondo credo che d. Luigi abbia un po’ ragione. Orsi un po’ lo siamo, ma se fosse tutto lì l’Amazzonia diverrebbe una triste esperienza di chiusura o di coraggiosa ed (evangelicamente) inutile dedizione del “grande missionario”. Invece ci stiamo impegnando seriamente per vivere la comunione, cominciando dall’accoglierci nelle reciproche e grandi particolarità e differenze, e continuando nel cercare di intessere relazioni ed essere fermento di unità con un popolo che viene da un’esperienza di chiesa indubbiamente significativa, ma molto connotata, e che vive la sofferenza di un cristianesimo sbriciolato nelle mille chiese e chiesuole che costellano il territorio. 

Se riusciamo a fare un po’ questo, significa che lo sguardo del cuore, della mente e dei piedi verso il Padre, il Figlio Gesù e lo Spirito Santo lo stiamo tenendo. Allora un po’ dei contemplativi lo siamo, non in un monastero di pietre, muri e grate, ma in questo più grande “monastero” fatto di acqua, di alberi e vegetazione, di insetti, di innumerevoli cani ed altri animali delle più diverse fatture, di persone concentrate in pochi chilometri quadri o disperse sulle rive di un fiume. Un “monastero” diverso, ma nel quale vale lo stesso imperativo che guida tutta la vita contemplativa: “Querere Deum” – “Cercare Dio” prima di ogni cosa, come scriveva S. Benedetto, e da lì costruire fraternità in Lui.

Potremmo tenerlo come primo invito: al momento non abbiamo da offrire esperienze missionarie prodigiose, ma se qualcuno vuole crescere un po’ nella ricerca di Dio forse l’Amazzonia è una buona proposta…

d. Paolo

sabato 15 febbraio 2025

DI GRAZIA RICEVIAMO E GRATUITAMENTE DONIAMO

 




Paolo Bizzocchi

Ciao a tutti e tutte!

Spero che stiate bene e che possiate un po’ condividere la mia gioia di questi giorni, perché alla presenza di d. Luigi si è unita quella di sr. Alessandra, sempre della Case della Carità di Ruy Barbosa, e di Isabela, la giovane e simpaticissima novizia brasiliana che ora la accompagna e presto sarà in Italia. D. Luigi partirà il 18 e loro il 23, quindi per un’altra settimana potrò godere di una casa “abitata” da volti amici, che in questi giorni suppliscono alla mancanza di D. Gabriele in viaggio sul Rio Iça. Purtroppo, io non ho ancora la familiarità con l’ambiente, le persone, soprattutto la lingua, per poter essere per loro una valida guida (giacché da vedere in 30 kmq non c’è molto…), ma la condivisione della fede e l’amicizia suppliscono a tanto, se non proprio a tutto.

Isabella, novizia della Casa di Caritá di Ruy, Barbosa, don Gibellini,
Suor Alessandra e don Paolo

Oggi vi scrivo per una cosa particolare… per I SOLDI. 

Si, perché anch’io sono chiamato a partecipare alla “raccolta fondi” per il mantenimento della nostra missione così come hanno fatto i miei validi predecessori; i miei riferimenti per fare questo sono l’Unità Pastorale Gioia del Vangelo e questo gruppo di comunicazione ed informazione.

Qualcuno dirà: ecco, ci siamo… gira che ti gira, dopo la poesia si arriva al portafoglio. Beh… anche… perché la condivisione dei beni è uno dei segni qualificanti della comunità cristiana fin dalle origini e lo è anche oggi.  Però prima di arrivare alle cose tecniche vorrei mettere due parole sul perché e sul come. 

Cappella di Nostra Signora di Guadalupe, nella primissima periferia di Santo Antnio 


Innanzitutto, sul perché abbiamo bisogno anche di soldi. Lo dico con grande franchezza: l’impressione è che il fatto che noi abbiamo comunque una disponibilità economica maggiore di buona parte degli abitanti locali ed anche della chiesa di qua, tante volte si presenta più come un ostacolo che come un vantaggio. Si, un ostacolo: perché siamo percepiti come quelli che possono fare cose (anche pastorali) che altri non fanno, che se gli chiedi un aiuto possono dartelo, che non vivono certi problemi immediati che loro vivono. Tutto questo in qualche misura può fare da schermo all’annuncio del Vangelo, non va nascosto. Soprattutto ci richiama ad una grande responsabilità nell’utilizzo sia personale che pastorale dei soldi; la responsabilità di una vita sobria ed anche di una pastorale sobria, che non dice “facciamo, tanto possiamo pagarlo” (e domani che noi non ci saremo più, come faranno?); la responsabilità di un uso oculato anche nella carità, che non si limiti ad una erogazione, ma aiuti una comunità a responsabilizzarsi verso i bisognosi ed i bisognosi a prendersi cura di sé. 

A volte persone legate alla vita della chiesa me lo hanno detto esplicitamente: “tanto voi italiani avete soldi”, ed io ho risposto “si, perché gli italiani sono persone generose”.

Quindi si arriva al “come” li utilizziamo, perché solo questo motiva il “perché” delle richieste. 



I campi di utilizzo sono soprattutto tre: 

- La vita pastorale della città, non per le spese ordinarie o straordinarie di importo limitato che le comunità si impegnano a sostenere, ma per le spese che vanno al di là della necessità immediata. Così è stato per l’acquisto della cappella di Taraquá o di un pezzo di terreno in una zona di nuova edificazione, per avere poi la possibilità di mettere anche lì una nostra cappella. Così è per la messa in sicurezza dell’impianto elettrico della “quadra”, del quale loro non vedono la necessità, perché tante cose sono fatte in modo molto provvisorio. Così è per il pagamento di un educatore o due che fanno attività con gli adolescenti. Questo ed altre cose simili: non uno sconto al loro necessario impegno, ma lo sviluppo di attività che loro non potrebbero sostenere sia per motivi economici che culturali. In questa voce mettiamo anche la carità ai poveri, che però è un capitolo che devo approfondire…

- La vita pastorale sul fiume, molto costosa soprattutto per il carburante della barca e le manutenzioni della stessa. A questo si aggiungono le medicine che vengono portare nei villaggi e la risposta ad altre necessità che si presentano.

- la nostra vita nella comunità. Qui vi è soprattutto il grande capitolo della sistemazione della casa ove abitiamo. Quando i nostri sono arrivati pioveva dentro a causa del deterioramento del vecchio tetto di amianto, che è ancora lì. Su questo è stata costruita una sovrastruttura in cemento e lamiera che in breve tempo ha assicurato la copertura della casa. Ma è un lavoro fatto a metà e che ora sarà da completare con la rimozione del vecchio tetto, l’innalzamento dei muri, il rifacimento di parti dell’abitato e dell’impiantistica decisamente desueta.

QUINDI, se non avete ancora chiuso il file e volete partecipare, chiediamo di farlo per quanto possibile non con un’offerta una tantum, ma con una quota fissa mensile di qualsiasi valore. 

Il mezzo per farlo è il conto corrente che troverete nel file allegato. Il tutto verrà gestito dall’Unità Pastorale Gioia del Vangelo ed ogni mese verrà comunicato il totale di quanto raccolto.



Dio ama chi dona con gioia. I soldi ci servono, ma non sono certamente questi che fanno la Missione. 

L’invito è a rifletterci e pregarci un attimo, magari anche con i vostri familiari, e poi decidere cosa fare. L’importante è che non ci siano né sensi del dovere né sensi di colpa; quello che doniamo con gioia serve alla missione, ma innanzitutto serve a chi fa il dono.

Il Signore ci benedica e ci accompagni tutti e tutte!

d. Paolo


domenica 9 febbraio 2025

IN PARTENZA PER BRASILIA

 

Le foto sono del novenario nella cappella di san Lazzaro


Paolo Bizzocchi

Ciao a tutti e tutte!

Gli Esercizi Spirituali sono finiti, ma continuano ad accompagnarmi: domani (oggi per voi che ricevete…) c’è proprio il Vangelo che mi ha accompagnato a casa: AVANCE PARA AGUAS MAIS PROFUNDAS… getta le reti in acque più profonde… Si, bisogna entrare in acque profonde, perché la realtà qui è davvero complessa e da quanto sento lì da voi non lo è di meno (le notizie su quanto sta accadendo in Italia e nel mondo mi preoccupano non poco…). 

Ma per andare in acque profonde occorre saper nuotare, per non affogare. Ora il mio “nuoto” nella realtà brasiliana è la conoscenza della lingua, ed il Signore che chiama alle acque profonde mi è venuto incontro: agli Esercizi ho imparato dell’esistenza di un corso trimestrale di lingua, storia e cultura brasiliana che si tiene a Brasilia, la capitale del grande paese. Ne ho accennato a d. Gabriele e d. Luigi e senza che io lo chiedessi loro hanno convenuto che è bene che io vada. 

È un dono grande, che chiede un investimento sostanzioso di tempo e di denaro (20-22.000 reais, 3.500€), ma ne vale la pena: ringrazio molto d. Gabriele, che ha cambiato tanti suoi programmi per permettermi di fare questa formazione, e ringrazio il Signore, perché se ne sono venuto a conoscenza è perché lui ci ha messo lo zampino! 

Tre mesi non sono molti ed al contempo sono tanti: di certo sufficienti per tornare a S. Antonio con gli strumenti per iniziare ad interagire in modo diverso con la popolazione e la realtà.

Ma ora il portoghese non né più allo zero assoluto e vi racconto alcuni piccoli episodi che mi hanno dato sollievo ed al contempo mi hanno fatto sentire la necessità di un serio impegno di studio della lingua.



La maggior parte si riassumono in una passeggiata serale, quando esco a camminare e prego con il Rosario. In una sola serata ho avuto tre incontri che mi hanno toccato.

- Il primo è stato con “il vecchietto”, uno dei mendicanti che vivono sulla piazza e spesso viene a dormire sulle panchine davanti alla nostra porta. Una sera ha iniziato a parlarmi e visto che lui parla molto lentamente e con un vocabolario minimo, sono riuscito a capirlo. Ho imparato che ha 65 anni, faceva il motorista e poi, dice lui, gli hanno rubato tutto ed è andato in rovina. Probabilmente beve, come tanti altri. In quella occasione lo avevo invitato a partecipare alla “Pastoral da Sobriedade”, un gruppo parrocchiale che si occupa soprattutto di persone con dipendenze ed attiva un primo percorso di aiuto. Avevamo fissato un appuntamento, ma non si era fatto vedere. La sera della passeggiata mi ha visto e con un sorriso a piena bocca sdentata mi ha comunicato che era andato e voleva impegnarsi per aiutare se stesso, come gli avevano suggerito. Poco portoghese, ma il cuore del vecchietto aveva capito il bisogno di lasciarsi aiutare!

- Proseguendo il cammino ed il Rosario, mentre ero vicino alla cappella di S. Francisco mi ha visto e fermato un giovane (16-18 anni), di aspetto bello e curato. Ho riconosciuto che era lo stesso che settimane prima mi aveva fermato per chiedermi il Rosario che stavo usando perché gli piaceva e se lo era messo al collo. Poco portoghese, ma con due chiacchiere che sono arrivate al cuore (almeno al mio…): “come stai?” “alti e bassi…” “guarda agli alti ed affida al Signore i bassi…” (penso che mi abbia capito…) “E tu cosa fai? Segui questa chiesa?” “Le seguo tutte… e tu come ti chiami” “Wresli (o qualcosa di simile)” e ci siamo salutati con simpatia. Magari ci ritroveremo e ripartiremo da dove siamo arrivati.



- Sulla via del ritorno altri giovani erano sulla strada ed evidentemente stavano pasteggiando a cocaina o simili, sempre più diffusa (qui costa poco, siamo nella zona di transito). Ad un incrocio mi ha fermato un altro giovane che non è uno che si droga, ma un drogato pesante: si riconoscono per la magrezza, gli occhi persi, i vestiti ridotti a stracci e perché a volte raccolgono le lattine per vendere l’alluminio. Appena uscito dal carcere (per un furto) era arrivato in canonica da noi e per alcuni giorni era tornato, poi era nuovamente sparito, inghiottito dal vortice. “Hai bevuto?”, “no padre, non bevo”, “ma ti droghi ancora? (domanda inutile…)” “si…”. “Hai cenato? (altra domanda inutile)” “no…, mi offri qualcosa?” e gli ho preso un churrasco, che è carne fatta alla brace, qui molto popolare. Poi ci siamo salutati e mi ha ringraziato. Poca roba, ma davanti ad una solitudine così immensa nulla è poco.

- Ultimo episodio sono i bambini: sono quelli che più mi fanno sentire l’esigenza della lingua, perché a loro le parole lette e corrette che ora uso nell’omelia non dicono nulla. Hanno bisogno di un saluto, di una parola semplice, spontanea e chiara: ma le cose semplici sono quelle che chiedono maggior competenza e preparazione… 

Stavo lavorando all’impianto elettrico nel nostro “palazzetto”, mentre bambini e ragazzi giocavano a pallone; mentre ero perso tra fili e viti sento una voce che viene dal campo: “ciao padri!”, mi guardo intorno e la voce si ripete due o tre volte. Era la bambina che stava facendo da portiere che mi guardava lavorare, mi sorrideva e mi salutava. Le ho risposto con un sorriso ed un saluto, ma che tristezza non riuscire a dirle una parola, a chiederle chi sono la mamma ed il papà (se c’è…), se va a scuola, se si stava divertendo… 

Ok: ALLORA C’É PROPRIO BISOGNO CHE PARTA PER BRASILIA, il 8 marzo vado e fino al 9 giugno non torno!!!


Buona domenica, 

il Signore ci accompagni verso acque profonde (e non provate a galleggiare, andate giù senza paura…)!


d. Paolo


sabato 1 febbraio 2025

AVANZARE IN ACQUE PIU’ PROFONDE

 




Riflessioni dagli esercizi spirituali del clero


Paolo Bizzocchi

Ciao a tutti e tutte.

Finisco ora gli Esercizi Spirituali e fra poco partirò per S. Antonio, ove arriverò domani in mattinata. 

Ho visto e conosciuto un pezzo di Amazzonia diversa, che mi fa cogliere che quando racconto di S. Antonio sto parlando di un luogo ben specifico, non dell'intera Amazzonia né del Brasile, un paese grande 27 volte l'Italia. Quando parlo di S. Antonio parlo di una periferia dell'Amazzonia,  che è una periferia del Brasile, che l'occidente vede un pó come una periferia. Questo mi fa dire che quello che vedo a S. Antonio è importante,  perché le periferie rivelano ciò che i centri più importanti tendono a nascondere. Nelle periferie, anche nelle nostre "periferie" personali ed esistenziali, veniamo rivelati nella nostra verità più semplice, che spesso tendiamo a nascondere. Quindi,  quando racconto di S. Antonio parlo di un pezzetto di terra Amazzonica, che però rivela tante realtà nascoste. Insomma,  sono in un osservatorio privilegiato. 

La casa in mezzo alla foresta dove si sono tenuti gli esercizi spirituali


La prima bella esperienza degli esercizi è stato l'incontro con i preti delle tre diocesi partecipanti.  Alto Solimoes,  che siamo noi, Tefé o medio Solimoes, Coarí o basso Solimoes. Noi eravamo il numero più piccolo, 8 vescovo compreso, su una quarantina di presenti; la nostra diocesi è però anche quella con meno clero, 17 preti in tutto. Siamo periferia anche in questo.

I presenti erano un clero multietnico.  Oltre i Brasiliani di diversa estrazione ho potuto identificare e conoscere i miei "vicini di casa", entrambi colombiani, un vescovo ed un prete polacchi, il nostro vescovo spagnolo ed infine molti missionari africani, di diverse nazioni: Congo,  Nigeria, Madagascar, Namibia... La terra di missione africana è ora anche una grande chiesa missionaria, dalla quale provengono buona parte dei religiosi degli istituti missionari nati in Europa. Italiani eravamo in due: io ed il padre predicatore,  missionario comboniano di Brescia da 20 anni in Brasile,  p. Siro Stocchetti. Io, ultimo arrivato, sono stato trattato con molto affetto, un pó come la mascotte del gruppo...



Cosa porto a casa dagli Esercizi? Due testi biblici, che vi riporto in portoghese come li ho letti (la Bibbia italiana l'ho lasciata Praticello).


AVANCE PARA AGUAS MAIS PROFUNDAS...

Gesù invita gli apostoli a gettate le reti in acque più profonde. Il mio secondo arrivo a S. Antonio mi chiede un salto di qualità, innanzitutto nello studio della lingua. Anche perché il 7 marzo d. Gabriele partirà per due settimane sul fiume e sarò solo...


TU NÃO VAIS LAVAR OS MEUS PÉS, NUNCA!

SE EU NÃO O LAVAR, VOCÊ NÃO TERÁ PARTE COMIGO

La resistenza di Pietro a farsi lavare i piedi da Gesù e la risposta di Gesù.  Ho visto le mie resistenze a lasciarmi aiutare da chi è in Italia ed anche da chi è qui, perché amo molto la mia autonomia. Ho colto che chi mi aiuta e mi sta vicino è Gesù che mi lava i piedi, e devo lasciarlo fare...

Sul battello veloce di ritorno dagli esercizi spirituali



Il Signore ci accompagni!


P.S. del P.S Un grande grazie a tutte le persone che in tanti modi si fanno per me Gesù che mi lava i piedi! Il Signore vi ricompensi


domenica 12 gennaio 2025

LA MISTERIOSA PRESENZA DI DIO

 

Una giovane mamma con la maglietta di san Sebastiano



Paolo Bizzocchi

Rieccomi… per la verità in questo momento dovevo essere nella comunità di S. José per la Messa domenicale, ma quando sono arrivato mi hanno informato che stanno facendo il novenario di S. Sebastião in una famiglia ed andranno a pregare tutti la stasera, quindi niente Messa… A noi pare incomprensibile, ma occorre molto silenzio ed ascolto per entrare nella complessità di questo popolo estremamente permeato di religiosità, ma con una visione profondamente diversa dalla nostra. 

Mi perdonerete se torno sul fatto della fede e della vita ecclesiale, ma ho due buona motivazioni. Una è indubbiamente che la prima cosa della quale inizio ad avere un minimo di coscienza, la seconda – più importante – è che mi sembra sempre più impossibile capire questo popolo senza entrare nella sua visione della realtà e della vita. Ed in questa visione di vita, la presenza di Dio è indubbiamente qualcosa di forte ed immediato, con risvolti concreti e tangibili. Presenza di Dio non vuol dire forzatamente fede cristiana come noi la intendiamo, né una vita morale secondo certi canoni: vuole dire – mi pare – più semplicemente che Dio c’è ed agisce; che Dio non è quel “di più eventuale ed inoffensivo” che la cultura illuminista ha instillato in Europa, ma è presenza che compare in mille risvolti della vita, fin sui nomi dei negozi, sulle magliette, nelle scritte sulle macchine e sulle moto… è una delle componenti della vita inscindibile da tutto il resto. 

Forse è un po’ come nell’Europa del medioevo, fino all’avvento della modernità; quell’Europa della quale ci hanno installato l’idea dell’età buia ed oscurantista, ma che sempre di più studiosi seri, anche di area laica, mostrano come epoca di grande splendore culturale ed umano.

Quindi guardando al Brasile, ed ancora di più all’Amazzonia, dobbiamo partire da qui, da un luogo nel quale “Dio”, comunque lo intendiamo, c’è e vive: nella natura, nei fatti che avvengono, nei Santi, nella musica, nella politica, nell’economia, nell’amore… un qualche “Dio” c’è, e la sua benedizione è importante.

Allora, voglio raccontarvi un fatto che sta accadendo e la cui importanza si può capire solo nel contesto che dicevo. Una settimana fa’ d. Gabriele, che non è uno che si sorprende per nulla, è arrivato a casa turbato dall’aver visto davanti ad una delle nostre chiese pentecostali una turba di gente, con molti giovani, che cantavano e ballavano in mezzo ad un tripudio di luci. La cosa è strana, perché i pentecostali religiosamente e moralmente sono molto rigidi e condannano tante cose, se non arrivano da loro. Allora ho provato ad indagare su internet… ed ho scoperto il nuovo fenomeno della chiesa della “Parete Preta”, cioè del “Muro Nero”: chiese dipinte di nero che propongono soprattutto ai giovani, ma non solo, momenti di ritrovo – predicazione - preghiera organizzati con musiche accattivanti – sempre di tematica religiosa o circa - e luci da discoteca, con una grande libertà nell’abbigliamento e nei comportamenti. Le altre chiese pentecostali sono furibonde e gli anatemi cadono con grande forza; loro rispondono con canti che mostrano la debolezza del pentecostalismo classico, diviso in mille gruppi, e della sua predicazione. 

È triste da dire, ma sotto c’è una grande questione di mercato e gli uni accusano gli altri di aver trasformato le chiese in ricche organizzazioni commerciali (beh… ogni tanto avviene anche da noi cattolici, non possiamo certamente farci giudici…).

Noi cattolici “normali” (cioè non tradizionalisti) veniamo lasciati stare, probabilmente non siamo considerati pericolosi perché attiriamo poche persone e pochi capitali… Intanto vediamo cosa succede…

Intanto però vediamo che a Betania, il paese comandato dal pastore della Cruzada, tre ragazze tra i 13 ed i 16 anni si sono suicidate. Purtroppo non succede solo in questa località, ma fa riflettere il fatto che in questo paese non esiste una palestra, perché il pastore non vuole che facciano sport… Insomma, c’è di che riflettere.

Adesso però vi faccio vedere alcune cose belle:



- A Taraquá, dove abbiamo “finanziato” la cappella, avendo un posto ove ritrovarsi come cattolici e come quartiere dopo tanti anni hanno ricominciato a fare pubblicamente il “Novenario” a S. Sebastião, innalzando il mastro: una grande festa, anche se a Messa poi non sono venuti in tanti: . Non può mancare il filmato dell’innalzamento del mastro di S. Sebastião ed un po’ di musica tradizionale, con una foto della cappella con l’ingresso dipinto e di una mamma che porta la maglietta del santo.



- Da noi fanno sport: l’adulto presente nella foto è Alcines (si legge Ausines), che da vent’anni allena a calcio bambine e bambini ed è un punto di riferimento per tutti i bambini e ragazzi del Bairro Centro, anche i più disgraziati (qui le bambine avevano appena vinto 5-0 contro il Bairro Álavaro Maia).

p.s. oggi per la prima volta ho tradotto io l’omelia… mi hanno detto che l’hanno capita quasi tutt

venerdì 3 gennaio 2025

Anno nuovo, scritto nuovo

 

Alcuni seminaristi della parrochia santo Antonio do Iça
Alex, Jonhas (non so) frei Luan


03\01\25

d. Paolo Bizzocchi

ho sulla punta delle dita il desiderio di scrivervi della realtà giovanile di qua, ma per onestà intellettuale e pastorale mi impongo di aspettare un poco. Ho visto cose, ho inteso cose, mi sono state dette cose… ma non ho ancora avuto l’occasione di interagire personalmente con loro. Quindi preferisco aspettare, anche perché da quanto sto capendo è una realtà con belle luci, ma anche paurose ombre. 

Al momento metto solo una bella luce – perché parlare delle cose belle è meno pericoloso ed invadente che entrare nelle sofferenze – in allegato trovate la foto di alcune delle nostre vocazioni di S. Antonio: un giovane (e simpaticissimo) frate francescano e tre seminaristi, tutti di S. Antonio; poi so che c’è un altro giovane in cammino per i frati ed uno per i gesuiti; poi ci sono le vocazioni femminili, ma di queste non so quasi nulla, mi pare un capitolo più difficile. Comunque, se vocazionalmente la diocesi continua con il tiro attuale (15\16 in cammino per il sacerdozio, a diversi livelli), in una ventina d’anni ci saranno sacerdoti autoctoni, e noi reggiani potremo tornarcene a casa (magari con un paio di loro che verranno a darci una mano…).

Il fiume torna a crescere grazie alle piogge del periodo


Perché per il resto non posso ancora parlare dei giovani? Per una questione molto semplice… perché ancora non posso parlare! O meglio, ancora non sono capace di parlare e di ascoltare quello che viene detto in portoghese… Il 11 saranno due mesi che sono in Brasile e tutti mi dicono che devo avere molta pazienza; hanno assolutamente ragione, ma non posso negare che non riuscire a comunicare diventa faticoso. Al contempo si scoprono tante cose interessanti ed importanti. Io sto scoprendo l’importanza di un sorriso ed un saluto (questo riesco…) a chi incrocio per la strada (ho sempre camminato a testa bassa, qui sto imparando a camminare lentamente ed a testa alta, per sentire e vedere le persone); sto scoprendo quanto sia importante la comprensione e l’incoraggiamento: qui sono molto gentili e non mancano di farmi notare i progressi che faccio ed il fatto che quando a Messa leggo capiscono, mentre non mi hanno mai fatto pesare il fatto che non conosco la lingua; sto scoprendo che non riuscire a comunicare a volte genera rabbia, anche contro il luogo ove si è arrivati e la sua lingua, perché lo si percepisce come una “prigione” (e penso agli immigrati che sono da noi, che a volte scaricano la loro rabbia e ci sorprendono…); sto scoprendo quanto sia importante comunicare con una voce amica, anche quando molto distante (ed anche qui penso ai nostri immigrati, più attaccati al loro telefono che al cibo… hanno le loro ragioni). Tutto questo lo vivo da una posizione privilegiata, perché comunque qui io sono “qualcuno”, sono il “Padri”, il prete… per tanti “signor nessuno” deve essere davvero difficile.



Poi, in questi giorni, penso a chi ha vissuto la mia situazione ed ha avuto una pazienza infinita. Penso a Gesù, che ha vissuto poco più di trent’anni e la gran parte di questi li ha passati nel silenzio obbediente di Nazaret per imparare la lingua degli uomini del suo tempo. Ha pazientemente imparato la lingua degli artigiani, la lingua dei pescatori, la lingua degli agricoltori, la lingua degli oppressi e dei poveri, la lingua dei capi e dei ricchi, la lingua degli ammalati… e l’ha trasformata in quelle immortali parabole ed in quegli insegnamenti che anche oggi paiono scritti ieri. Gesù ha ascoltato per trent’anni ed ha parlato per tre anni scarsi… ha avuto molta pazienza. Poi è molto bello anche il fatto che non ha voluto lasciare nulla di scritto – l’unica volta che ha scritto l’ha fatto sulla polvere, perché si cancellasse subito - : non ha voluto mettere pietre che bloccano, ma parole stimolanti affidate ai suoi ascoltatori e discepoli, che hanno poi trasmesso la sua vita scrivendola con le loro parole e la loro lingua (mi viene in mente anche il suo antesignano Socrate, che pure non volle scrivere per non bloccare la ricerca di ognuno…).

Quindi, posso avere un po’ di pazienza anche io…



Vi lascio qualcosa dal linguaggio delle immagini, in modo molto vario…

Oltre al nostro giovane frate ed ai seminaristi… il cielo pumbleo di questa stagione delle piogge, con il fiume che sta diventano larghissimo (al centro si vede l’isola che spezza il fiume in due che sta per essere sommersa)… una enorme farfalla che era entrata in chiesa (la scatola elettrica al suo fianco da idea delle dimensioni)… il pasticcio di tartaruga cotto nel guscio della tartaruga stessa, un piatto prelibato e costoso che ho avuto la carità di lasciar mangiare a loro…

A tutti e tutte voi un anno nella benedizione del Signore!

d. paolo

domenica 29 dicembre 2024

UN NATALE, TANTI NATALI

 



29\12\24

d. Paolo Bizzocchi

Tra tanti “natali”, abbiamo celebrato il nostro Natale, semplice e bello. La Messa della Notte, alle 21 nella Palestra della parrocchia; la chiusura dei festeggiamenti nella comunità del Menino Jesus; una Messa serale alle 19.30. La presenza non è stata certamente abbondante, ma il clima nella Messa della Notte ed in quella del 25 sera era sinceramente festoso. Nella Messa della Notte, presieduta da d. Gabriele, anziché concelebrare dall’altare ho preferito farlo con l’assemblea, prendendomi l’incarico di suonare; non so cosa farò in futuro, ma ora la cosa più importante è che loro colgano che questo prete italiano che ancora non parla la loro lingua è già uno di loro e non ha paura a mescolarsi con loro. Mi pare che il messaggio stia arrivando, tanto che mi risulta palpabile la loro voglia di poter interloquire in una lingua comune; per ora abbiamo utilizzato quella della preghiera e quella della musica, presto spero arrivino anche le parole.

È invece dispiaciuto il vuoto della celebrazione al Menino Gesù, dopo un novenario molto bello; la municipalità nello stesso momento ed a poche centinaia di metri di distanza aveva organizzato una distribuzione di regali per i bambini. Il Papa ha ricordato che Babbo Natale viene dopo Gesù, ma forse non è stato tradotto in portoghese… comunque nulla di nuovo sotto il sole.

Mi ha invece profondamente colpito un altro fatto. Tornato dal Menimo ed entrato in casa, sento fuori sulla piazza un frastuono di voci ad alto volume e di tamburi. Era la chiesa pentecostale più importante del paese - si chiama IDPB Promessa – cha nel giorno di Natale, che loro non celebrano, aveva organizzato una grande manifestazione finalizzata ad affermare la loro potenza. Un’auto piena di altoparlanti con relativo predicatore urlante; molta gente e giovani con divise da parata in perfetto ordine, con stendardi di Gesù e bandiere del Brasile, della loro chiesa e di altro; una banda di almeno quaranta giovani, tutta di tamburi suonati con forza, un seguito di moto a clacson spiegati, mortaretti a go go… Con questa sono passati dalla chiesa e da alcune vie circostanti, non so fino a dove. Una cosa certa è che non era un momento di preghiera, né in sé una festa: era un’affermazione della loro forza all’interno del paese. Una specie di “Esercito della salvezza” spiegato in atteggiamento di parata…

Questo ha fortemente sollecitato il mio interesse, ed ho cominciato a guardare materiale loro e di altri gruppi pentecostali in internet; anche perché alcune loro distorsioni stanno facendo, o hanno già fatto, presa anche nella chiesa cattolica, e questo è l’aspetto più importante. Si chiama “teologia della prosperità”; in due parole, se hai fede Dio ti fa avere successo, soldi e vita serena, che se non arrivano ora è perché sta provando la tua fedeltà, ma poi arriveranno (è una Promessa di Dio alla quale devi credere…). Questo nei predicatori Pentecostali è molto chiaro: lo sviluppo finanziario è sempre uno dei primi beni promessi, poi vengono il trovar moglie o marito e la stabilità della famiglia (che non è solo un fatto affettivo, ma di stima sociale – ecclesiale). Purtroppo anche cattolici dicono questo. In questo momento in Brasile è molto in auge un frate che propone il Rosario alle 4 del mattino ed in questa preghiera ha un seguito enorme; fin qui tutto ok, anzi! Ma il problema è che il fine è sempre risolvere problemi: avrai una buona famiglia, avrai successo, avrai soldi. Alla Messa di Natale alcune persone avevano una loro maglietta con quattro parole: fede, amore, speranza, successo.

Potere, soldi, successo, buona posizione familiare: ciò che si chiedeva a quelli che chiamiamo “dei pagani”. È il “dio utile”, che prego, rispetto ed adoro perché “mi serve” a qualcosa. Proprio nel Natale emerge tutto il contrasto con “l’inutile” Gesù, il Dio nato come bambino rigettato e perseguitato e morto come infame condannato. Un contrasto che fa risaltare ancora di più la bellezza di Gesù e del suo Vangelo, che è veramente la “parola nuova” che esalta “l’inutile essenziale” che è la sola cosa che può dare pienezza alla vita dell’uomo. 

Mi veniva alla mente una bella parola del Vangelo, quando Gesù dice ai suoi discepoli – quindi anche a noi – di considerarci “servi inutili”, che non creano utilità e non hanno un utile. Non l’ho mai sentita così bella e liberante come ora! Uscire finalmente dalla prigione dell’utile (soldi, potere, successo, rilevanza - anche nella vita pastorale), per entrare nella bellezza del vero e del buono… “Cosa vai a fare in Amazzonia? – Beh… il parroco – E basta? Allora potresti farlo anche qua…” Se vai solo a fare il prete, sei inutile: evviva!


Il Signore ci custodisca nel suo Amore, buon Giubileo della Speranza a tutte e tutti!


UN PRIMO BILANCIO

  Dopo la secca adesso il fiume è immenso Paolo Bizzocchi Ciao a tutti e tutte. Mentre aspetto la lancha (il battello veloce) che da S. Anto...