e la pazienza
produce una virtù provata (san Paolo)”
A fine gennaio, durante la visita di don Eugenio, don
Luigi e Marinella la nostra barca è affondata. Una grossa crepa ha fatto
entrare molta acqua e nella notte due terzi dell’imbarcazione erano sommersi,
solo la punta è rimasta fuori perché legata a un grosso palo. Subito il
pensiero è corso alle grandi inondazioni di questi giorni, nel sud del Brasile,
alle case mostrate dai telegiornali con l’acqua che arrivava al tetto; il fango
distruggendo tutto, e la gente impotente di fronte a questa catastrofe della
natura che si ribella allo sfruttamento dell’uomo incapace di ricuperare il
valore della vita sul pianeta Terra, perché schiavo di una economia che non
guarda in faccia a niente e a nessuno.
Ma la temperatura del
pianeta è già aumentata di un grado e mezzo e il clima è già cambiato, se
arriveremo ai tre gradi (continuando così tra circa quindici anni) molte realtà
saranno invase dall’acqua, città intere rischiano di scomparire sulle coste dei
continenti e molti fenomeni naturali metteranno in pericolo la vita sul pianeta
Terra, che sarà sempre più il pianeta acqua. Se arriveremo a questo punto,
saremo sulla soglia del non ritorno! Per questo, il dopo pandemia non può e non
deve essere il ritornare a come era prima, ma una profonda conversione sui
valori o disvalori, quindi sulle scelte economiche e politiche che guidano le
nazioni. E in questo “clima caldo”, c’è pure chi si permette di giocare a fare
la guerra, nell’est Europa, senza nessun rispetto per la vita innocente e per i
diritti internazionali, incurante di una situazione cosmica a dir poco preoccupante;
accecato da miseri interessi economici legati alle risorse del sottosuolo, o,
peggio ancora, preoccupato di mantenere forte il proprio imperialismo.
Così, la nostra barchetta non è un grande problema! Un
giorno di lavoro, con bravi marinai che, aiutati da alcune bottiglie di buona grappa,
sono riusciti a riportare a galla l’imbarcazione. L’abbiamo lavata e ripulita,
smontato il motore e asciugato, cambiato l’olio e il carburante, finalmente
siamo pronti a ripartire.
Domenica 6 febbraio facciamo
un viaggio non programmato, dobbiamo portare 36 casse per l’acqua in alcune
comunità che ci aspettavano a fine gennaio con gli amici italiani, viaggio che
purtroppo non abbiamo potuto fare. Al ritorno si accendono le spie del quadro
di controllo del motore, ci fermiamo subito e cerchiamo di capire... si è
furato il filtro che raffredda l’olio dei dischi delle marce avanti e indietro,
e entra acqua che si mescola all’olio rendendolo inutile al suo scopo.
Fiduciosi e fortunati, perché avevamo con noi quattro litri di olio, lo abbiamo
aggiunto piano piano, sostituendo quello annacquato, fino ad arrivare a casa.
Dovevamo ripartire il lunedì 7 per il grande viaggio fino ad Ipiranga, ma non è
possibile, dobbiamo riparare questo filtro che, chiaramente, non si incontra
nei negozi della città. Consultiamo diversi meccanici, ma nessuno ha il
coraggio di provare a far qualcosa. Finalmente, a mezzogiorno, un giovane
conosciuto per il suo amare donne e alcool, si cimenta nell’opera. Lui salda il
rame, come fanno i nostri Room e Sinti (zingari), che aggiustavano le pentole
di rame e di stagno; così Brito (questo è il suo nome) dopo tre ore di molta
pazienza conclude il suo lavoro:
“padre, non sarà come nuovo, ma funziona”, mi
disse tutto soddisfatto. Con Moises
rimontiamo il pezzo e sembra tutto a posto.
Carichiamo altre 25 casse per l’acqua piovana e siamo
pronti a ripartire, martedì
8 è il grande giorno.
Durante il viaggio lasciamo le casse nelle Comunità che ci aspettavano e alla
sera arriviamo a San Lazzaro. “Padre, ti aspettavamo per il pranzo, le donne
hanno preparato sei torte!”.
Mi ero completamente dimenticato di questo dettaglio, ma
prontamente rispondo:
“Grazie a Dio e
alle donne, dopo la messa continuiamo facendo festa. “Sì, padre, perché abbiamo
quasi terminata la nostra cappella e abbiamo quattro battesimi e anche un
matrimonio durante la messa”. Sorrido e mi faccio coraggio.
Consegno la Bibbia grande per la chiesetta e anche la
tovaglia per l’altare con la scritta: “Annunciamo la tua morte Signore,
proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”.
È il centro della nostra fede, annunciare la morte per
amore di Colui che è il vivente risorto, e aspettare, con una vita buona, il
suo ritorno. Moises mi chiama e io ritorno sulla barca, avevo dimenticato la
campana di 14kg che regaliamo alla conclusione dei lavori della cappella. Prendo
una grossa corda, alcuni giovani salgono sul tetto, ed è festa, la campana
chiama tutti per celebrare la vita, i battesimi e l’amore della famiglia,
durante la festa del patrono San Lazzaro. Non sappiamo se è il Lazzaro che Gesù
ha risuscitato, il fratello di Marta e Maria, o il povero Lazzaro che sedeva
alla porta del ricco epulone, mendicando. L’immagine del santo rimanda più al
secondo, ma la risurrezione del primo ne illumina l’ingiusta povertà. Verso le
undici di notte ci addormentiamo sull’amaca, cullati dalle onde del fiume.
In questo viaggio passeremo in tutte le 25
Comunità del fiume Içà, 11 erano presenti alla 1° Assemblea delle Comunità
ribeirinhas e indigene di fine gennaio, assieme alle 3 Comunità del fiume
Solimões, omonimo Rio delle Amazzoni. Il viaggio fino ad Ipiranga, sul confine
colombiano, è sempre molto lungo (358km) e c’è molto tempo per contemplare Dio
nella sua Creazione. Così, mentre lo sguardo si perde sullo specchio dell’acqua,
ripenso ai tre giorni vissuti in Assemblea con i
rappresentanti delle 14 Comunità presenti, un vero successo
insperato, il 50% delle Comunità sono venute a questo primo incontro, alcuni
animatori viaggiando due giorni e una notte per percorrere tutto il grande
fiume. Abbiamo seguito la metodologia ormai riconosciuta da tutti nella Chiesa
brasiliana: vedere – giudicare – agire.
Non voglio
annoiarvi con dettagli lontani dal vostro quotidiano italiano, ma non posso non
condividere, con soddisfazione, la mia gioia. Dopo
un anno e mezzo di presenza mensile negli ormai più di trenta viaggi missionari
sul fiume, alcune Comunità hanno iniziato a celebrare il culto alla domenica,
si riuniscono nella cappella o nella scuola per celebrare la Parola di Dio.
Incontrano il Cristo risorto nella parola del Vangelo e nella Comunità riunita
in assemblea orante, dove si condividono anche i problemi della settimana e la
vita dell’aldeia. Ma la cosa più interessante è che c’è una sete di crescere:
le Comunità chiedono formazione, chiedono presenza prolungata del prete per
conoscere di più e meglio la propria fede, per aprire il cuore a Dio e trovare
consolazione.
Apparentemente sono tante, troppe le cose che mancano,
dalla salute alla scuola, l’acqua potabile, il trasporto fluviale, e nelle case,
spesso precarie, nessuno ha il bagno. A volte manca il pesce e la farina di
mandioca, alimento primario dei nostri popoli indigeni. Manca attenzione e
giustizia, le Comunità sul fiume vivono quasi nell’oscurità e nella
dimenticanza politica. Nessuno le visita e le autorità vanno ogni quattro anni
solo per ingannare e chiedere voti. Come non ricordare qui, le parole di una signora sui cinquant’anni, che
all’Assemblea, dopo la celebrazione eucaristica, col volto raggiante ci ha
detto: “Ora, dopo la nostra messa nella
chiesa parrocchiale, la gente della città sa che anche noi esistiamo e abbiamo
dignità; adesso loro ci hanno visti e ascoltati!”.
Ma nonostante tutto, nonostante la mancanza delle cose
primarie e necessarie per la dignità della vita, gli animatori responsabili delle
Comunità, in assemblea, hanno chiesto presenza, formazione, incontro, Parola di
Dio, catechesi, fraternità. Come a dire che si può vivere anche senza tante
comodità o cose che sembrano indispensabili, ma non
può mancare lo spirito; non si può vivere senza relazioni fraterne, senza la
presenza di un Dio che parla al nostro cuore, senza un amore fedele. Quello
che ci ha sorpreso è stata anche la richiesta di promuovere alcuni incontri tra
gruppi di Comunità. Sarebbe molto bello e ci proveremo, anche se prevedo che sarà
molto impegnativo. Sono consapevole che il cammino è appena cominciato e sarà
lungo e in salita, ma ascoltare e vedere l’entusiasmo di giovani che a mala
pena sanno leggere, eppure celebrano la vita e la Parola con le loro Comunità,
questo, non lo nego, è una grande soddisfazione e fonte di gioia e
ringraziamento.
Poi il viaggio continua e fatichiamo abbastanza per
evitare di rimanere incagliati in qualche spiaggia mezzo sommersa e traditrice.
Il fiume è molto basso e il nostro apparecchio per misurare la profondità è
fuso, proprio quando serviva, pazienza, useremo la nostra vista acuta e
l’esperienza di Moises.
La celebrazione a Ipiranga é sempre un po’ faticosa,
poche persone, la maggioranza bambini. Ma ci sono due o tre signore, un giovane
che sta imparando a suonare la chitarra, una insegnante e il “santo” sergente
Alysson dell’esercito, che sta facendo un gran bel lavoro di animazione. Così
alla fine della messa propongo di formare una equipe e cominciare a preparare
insieme la celebrazione della domenica, aiutati dai fogli che sempre prepariamo
e lasciamo alle Comunità. Perché a fine anno l’insegnante e il sergente saranno
trasferiti e bisogna formare un piccolo gruppo locale che dia continuità. Si,
la “continuità” nelle cose è forse la sfida più grande nella vita di fede:
perseveranza e continuità, essere fedeli nel poco per provare la consolazione
delle cose che hanno valore e rimangono oltre le sfide e anche i fracassi della
vita.
Celebriamo il sabato sera, e la domenica ripartiamo, ci
aspettano otto ore di navigazione per raggiungere le Comunità di san Pietro e
san Giovanni del lago grande. Partiamo alle sei del mattino, appena fa giorno,
e verso le otto preparo la colazione con caffè e banane cotte nell’acqua.
Appoggio il piede sul tubo del motore che scarica l’acqua di raffreddamento e
lo sento vibrare in modo strano, avverto Moises e gli dico di fermare la barca
per controllare. Apriamo il motore e, increduli, vediamo che i due assi di sostegno si sono spezzati nel mezzo.
Ci ancoriamo ad una pianta che emerge dall’acqua e cerchiamo di capire che cosa
si possa fare. Abbiamo un pezzo di catena e lo usiamo per mettere in sicurezza
ed evitare che il motore cada, col rischio di furare il fondo della barca. Ma
non basta, occorre ridurre la vibrazione che potrebbe rompere l’asse di
trasmissione all’elica. Così, Moises taglia due grossi rami della pianta ancora
verde, e li mettiamo sotto il motore perché appoggi e sia sostenuto. Poi, alla
velocità massima di 13 km all’ora riprendiamo il nostro viaggio. Passeremo in
tutte le Comunità per avvisare che la prossima settimana non sarà possibile
vederci, solo a Pasqua, durante la Settimana Santa, perché in marzo rimarrò in
città in quanto Gabri viene in Italia per visitare la sua famiglia.
Arrivando nella Comunità di Manacapuru, encontro dona
Maria, lei si accorge subito della nostra fatica dovuta alla sempre
imprevedibile situazione che dobbiamo affrontare. E mi dice: “Coraggio
padre, Dio mette alla prova la nostra pazienza”. E subito mi risuonano le
parole dell’apostolo Paolo: “La pazienza produce una virtù provata”.
Così ricupero la serenità e ringrazio Dio anche delle disavventure che spesso
ci accompagnano. Riprendiamo il viaggio, stanchi di tanti imprevisti, ma
contenti e fiduciosi della presenza di Colui che prova la nostra pazienza e la
rende perseveranza.
Auguro a tutti di iniziare una buona Quaresima che porti
ancora alla Pasqua di risurrezione, affinché non ci scoraggiamo mai, nella
capacità di ricominciare sempre un nuovo cammino.
Gabriel Carlotti, missionario in Amazzonia.
Santo Antonio do Içá, 18 febbraio 2022 – solidali con
l’Ucraina e la sua sovranità nazionale
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