ALCUNE RIFLESSIONI DI DON
LUIGI GIBELLINI DAL VIAGGIO IN AMAZZONIA
S.Antonio do Iça, 20/01/22
Certamente quello che rimane impresso
all’arrivo a Tabatinga è il vedere, ma questo si era visto anche dall’alto, il
fiume, come un grande serpente che striscia nella foresta, camminando con
lentezza ma con grande maestria. Poi l’impatto con il caldo, abbastanza forte,
ma soprattutto, umido; poi l’accoglienza di dom
Adolfo che con grande semplicità e tranquillità ci
è venuto a prendere e ci ha accompagnato nella sua casa, dandoci molta
attenzione e tempo. Aveva voglia di parlare e noi gliene abbiamo dato l’occasione;
poi il rito della cena a base di pesce e poi il gelato, come ulteriore segno di
accoglienza e amicizia. E’ una persona molto semplice e con grande senso di
accoglienza. Alla mattina ci ha accompagnato alla barca e ha aspettato li
con noi fino al momento dell’imbarco; parabèns.
Il viaggio in barca, super lusso, forse è
stato il viaggio più confortevole che abbiamo fatto, al di là
dell’aria condizionata a bomba, ma certamente molto bello. Vedere
il fiume che è maestoso e che incontra sulle rive la popolazione
riberinha e poi il camminare lento che da un senso di tranquillità e di vita
differente. Otto ore di barca però sono pesanti,
ma pensando a chi facendo lo stesso percorso, con barche più piccole o
meno confortevoli, ci mette il doppio, non possiamo lamentarci. Arriviamo a S.
Antonio do Iça, e sulla banchina del porto sta’ aspettandoci pe. Gabriel
Carlotti, che con due pesci in mano ci accoglie e ci dice che quelli
saranno la cena di quella sera. Poi passando per una passerella, che sono due
tavoloni, ci avviamo verso la macchina per arrivare alla casa parrocchiale dove
ci attende l’altro Gabriele; un poco stanchi
ma molto contenti.
Il mattino seguente
ci mettiamo in viaggio ben presto, con pe.
Gabriel Burani, Moises, e un’altra persona che ci accompagna per
una visita a due comunità riberinhe che si incontrano sul fiume Solimões,
che in Manaus diventa il rio delle Amazzoni, una si chiama Piatã e
l’altra Nazarè. Arriviamo nella prima comunità dopo
quasi 3 ore di barca, un rumore abbastanza assordante ci accompagna
durante tutto il viaggio, tanto che è necessario avere le cuffie per proteggere
le orecchie. Arriviamo a Piatã verso le 10,30 e sulla riva si
vedono i bimbi che stanno aspettando l’arrivo del padre; scendiamo dalla
barca e con un poco di difficoltà risaliamo la riva che porta alle case della
comunità; sono circa 20 famiglie Tukuna e vivono in case a palafitta,
perché nei mesi di maggio giugno il fiume sale di almeno 5-6 metri dal
livello attuale e si arriva davanti alla cappella con la piccola barca
che serve come navetta. E’ una comunità ben strutturata, c’è la scuola con il
maestro residente, che è anche un animatore della comunità, suona la
chitarra ed è il marito della catechista; poi c’è il lider della comunità che è
anche ministro della Parola e poi tanti bimbi, molto belli e con i
tratti tipici indios. Comincia la celebrazione e all’inizio pe. Gabriel
ci presenta alla comunità, io e Marinella, perché don Eugenio non si è sentito
di venire; la celebrazione è accompagnata dai canti in lingua Tukuna e anche
l’omelia è fatta dal ministro; il tutto senza capire una
mazza. I bimbi si danno da fare per togliere le mosche dalle gambe di
Marinella, ma alla sera si vede un risultato penoso; molte picadas nas
pernas… Terminata la celebrazione gli avvisi, in modo particolare quello
dell’Assemblea che sarà alla fine del mese e dove tutte le comunità sono
invitate a partecipare.
Ci si rimette in cammino, o meglio in
navigazione per arrivare all’altra comunità, Nossa Senhora de Nazarè. Ci
arriviamo dopo due ore di navigazione; parcheggiamo la barca e ci prepariamo
per il pranzo a base di riso e pollo. Poi scendiamo per arrivare alla
piccola comunità composta di 5 famiglie, ma la salita non è stata molto facile,
dopo aver attraversato una tavola che affondò nell’acqua, mi sono inerpicato
sulla riva, ma il fango era demais, e ho cominciato ad affondare fino al
ginocchio, perdendo le ciabatte che poi Moisés ha recuperato. Marinella vedendo
questo spettacolo ha desistito e si è fermata sulla barca. Abbiamo
celebrato con una decina di persone delle quali metà erano bimbi che come nella
comunità precedente ci schiacciavano le mosche che aggredivano le nostre
gambe…poi una signora anziana con suo marito, Leonilda e Pedro, che hanno
vissuto tutta la loro vita in quell’aldeia (comunità). Poi il rientro a casa
dopo aver viaggiato sul fiume Solimões per circa 7 ore.
Il giorno seguente ci siamo recati al
porto per cominciare a caricare le cose necessarie per potere partire venerdì
per visitare alcune comunità riberinhe insieme con pe. Gabriel Carlotti e
la sorpresa, e che sorpresa, è stata vedere la barca affondata;
tutta la parte posteriore era sott’acqua e le cose che erano nella
barca galleggiavano dentro la barca. Ho visto Gabriel un po’ spaventato
ma non arrabbiato. Quindi con calma abbiamo cominciato a tirare fuori quello
che si poteva ma senza successo. Ci si è rivolti alla prefettura (Comune) che
con una chiatta e sollevatori sono riusciti a rimettere la barca a galla;
adesso bisogna vedere come fare per tamponare i buchi e rimettere in moto il
motore, sperando che non abbia subito grossi danni. Il programma quindi cambia,
non si va più per celebrare ma si va per avvisare le comunità che non ci
sarà celebrazione se non il prossimo
mese, barca permettendo.
Con una barca più
piccola con il motore fuori bordo, si parte venerdì mattina,
insieme con Moises, il fedele motorista e pe. Gabriel. Ci infiliamo sul fiume
Içã, affluente del Rio Solimões, che arriva fino ai confini con la Colombia
(358 km) e dopo 3 ore di navigazione arriviamo alla prima comunità, São
Vicente. Lasciamo il messaggio e invitiamo all’assemblea
che si terrà alla fine del mese a Sant’Antonio
do Içã; facciamo così in tutte le comunità, 5 in tutto e poi rientro. Il
paesaggio è da urlo, una vegetazione lussureggiante e di tanto in tanto si
vedevano spuntare il golfin (delfini di acqua dolce) e i
beloa grossi pesci di colore rosa…poi gli uccelli e i falci che si
dilettavano a procurarsi il cibo in queste ricche di pesce e i pescatori
che ritiravano le reti dopo averle messe la sera prima. E’ una vita che
accompagna il corso del fiume, con i suoi ritmi e con le sue
regole; adesso siamo nella stagione dove il fiume è basso, quindi per arrivare
alle comunità bisogna risalire la sponda, questo non
sarà così nei mesi di maggio-giugno quando il fiume si alzerà di almeno 5 metri e
anche le case che sono sulla sponda, nonostante che siano su palafitte,
rischieranno di essere allagate. Mangiamo mentre navighiamo sul fiume, e
verso le 15,30 siamo di nuovo a casa, rossi come i peperoni ma direi
contenti.
don Luigi Gibellini
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