Ciao a tutti e tutte!
Lettere, diari e notizie dalla missione in Amazzonia della diocesi di Reggio Emilia e Guastalla
Ciao a tutti e tutte!
Ciao a tutti e tutte,
oggi vi scrivo dalla casa
di Ana e Gilberto, la coppia che ci aveva ospitato a Pasqua: ho presieduto la
Messa nella loro comunità e loro hanno cantato "Resta qui con noi"
facendo l' ultimo ritornello in italiano. L'ospitalità brasiliana è veramente
da manuale...
Vengo da una settimana
molto intensa e la prossima sarà uguale: scuola ed incontri mattina e
pomeriggio, con relatori che danno per buono che ormai il portoghese scorra
nelle nostre orecchie come acqua di un torrente... Un po' scorre, ma sul
percorso ci sono ancora diverse dighe!
Vi racconto due cose, che
portano ad un medesimo obiettivo.
Abbiamo fatto due
giornate con una religiosa psicologa, che penso ci abbia riassunto in una
dozzina di ore il contenuto dei suoi corsi universitari. La quantità di
contenuti è stata notevolissima ed anche un po' pesante da digerire, perché ci
siamo trovati davanti tutti i problemi e le perversità affettive e sessuali
possibili sintetizzate in alcune slides: un esame di coscienza fatto a
martellate che non poteva lasciarci indifferenti. Tra l'altro ci ha anche
ammonito di stare attentissimi nella relazione con le situazioni LGBTQUA+,
perché la legislazione brasiliana ha portato la tutela a livelli quasi estremi
ed è molto facile ricevere una denuncia per discriminazione (e visto che la
chiesa ha soldi la tentazione di chiedere risarcimenti è molto forte...); la
cosa significativa è però che anche una legislazione così non ha aiutato una
vera integrazione. La legge non cambia i cuori, serve l'amore: in ogni campo ed
in ogni situazione.
La cosa più rilevante dei
due giorni è però stata il messaggio centrale che la relatrice ci ha voluto
lasciare e che ha guidato tutta l' esposizione: la missione siete voi ed il
vostro stile di relazioni . Non le opere che faremo, le chiese che potremo costruire,
la sontuosità delle nostre liturgie, ma la nostra umanità e la capacità di
intessere relazioni vere e mature. Da Gesù in poi, il Vangelo passa da lì. Lo
abbiamo appena ascoltato: "questo è il mio comandamento, che vi amiate
come io vi ho amato", il resto (opere, chiese, liturgie...) è in funzione
di questo. Da qui la necessità, per tutti e per noi missionari in particolare,
di curare la nostra umanità nella relazione con Dio e nell'impegno per una
maturazione personale.
L' altro momento molto
rilevante è stato la visita al Congresso Nazionale (la nostra Camera) ed al
Senato del Brasile, nello stupendo edificio che è uno dei capolavori
dell'architetto Oscar Niemeyer (quello con le due cupole, una verso il basso ed
una verso l'alto). Tutto molto rigoroso, con ineccepibile formalità e davvero
bello. Abbiamo dovuto visitare un po' in fretta il Senato (nella cupola verso
il basso): alle 10 iniziava un plenaria non deliberativa e mancavano pochi
minuti. Quando siamo arrivati, un senatore ci ha cordialmente salutato, poi è
arrivato il presidente ed alle 10.03 ha dichiarato l'inizio della seduta
plenaria... alla presenza del solo senatore che ci aveva omaggiato. Uno su
ottantuno, il relatore.
Anche la democrazia, come
la missione, si fa con la maturità e la serietà delle persone; anche la
democrazia e la libertà si fa con l'amore. Se non c'è quello, tanto le grandi
cattedrali come gli i bellissimi edifici statali non servono molto.
Una cosa bella é che
nell'aula i posti dei senatori, che sono tre per ognuno dei 27 stati della
federazione, sono divisi per stato e non per appartenenza politica: quindi il
senatore della sinistra si trova seduto al fianco del senatore della destra
dello stesso stato. Forse questo può aiutare ad un dialogo più civile, perché
il "diverso" é al mio fianco, non dall'altra parte dell'emiciclo.
Infine, siamo passati
dalla Piazza dei tre Poteri, con il palazzo del Presidente, quello del
Congresso e Senato, quello del Tribunale Supremo della Federazione. La trovate
sotto in una foto panoramica ove i tre edifici appaiono affiancati, ma in
realtà sono su tre fronti della piazza; nel quarto c'è la bandiera ed il
Monumento ai Caduti.
Passando da qui é
inevitabile ricordare l'ultimo tentativo di Colpo di Stato del 8 gennaio 2023,
quando dopo l'elezione del Presidente Lula una folla assalì i palazzi
provocando molti danni (avevano preso esempio dagli Stati Uniti...). É un
ferita che qui ancora sanguina, anche perché i processi sono tutt'ora in corso
e con molti fronti aperti. Il Brasile è una democrazia debole, uno stato nato
dalla colonizzazione con élite civili e militari che non hanno mai veramente
accettato la democrazia e detengono un forte potere mediatico ed economico.
Mi fermo qui. La sintesi
è che é inutile cercare di nasconderci dietro ad infrastrutture: il Vangelo e
la libertà passano inevitabilmente per la nostra umanità e la nostra
conversione e maturità è il primo compito. Del resto è la strada che ha scelto
Dio: non si è fatto Superman, né supermacchina, né superpotenza. Si è fatto
uomo debole e mortale, in tutto come noi, e così ci ha salvati.
Il Signore ci accompagni
sempre!
d. paolo
Ciao a tutti e tutte.
Vi scrivo alla fine di
una settimana molto normale e molto speciale.
Lo “speciale” lo intuite
da soli, con l’elezione di Papa Leone che segnerà il cammino della chiesa – ed
in parte dell’umanità - nei prossimi anni. “Ti piace il nuovo Papa?”, “Non ti
piace il nuovo Papa?”, “Come vestirà il nuovo Papa?”, “Che macchina userà il
nuovo Papa?”, “Dove abiterà il nuovo Papa?”…
È così: in questi giorni
abbondano le banalità ed il bisogno di conferme immediate, di qualcosa che ci
dica che il “nuovo Papa” è come lo vogliamo o è diverso, che possiamo amarlo
come l’amato Francesco o odiarlo come l’odiato Francesco…
Credo che la domanda più
opportuna invece sia: come ci disponiamo davanti al nuovo Papa? Con quale
capacità di accoglienza stiamo davanti a lui? Saremo capaci di accogliere le
cose che non ci piacciono o non entrano nelle nostre idee – e quindi sono utili
per la nostra conversione – come un’occasione per purificare la nostra fede ed
il nostro modo di essere chiesa? Saremo capaci di accogliere le cose più vicine
alla nostra sensibilità come uno stimolo per un rilancio purificato, che vada
al di là degli aspetti di contorno e colga sempre più il nucleo profondo del
nostro cammino cristiano? Oppure diremo, come i discepoli di Gesù nel Vangelo
di oggi: “questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?”… abbiamo già le nostre
belle idee, progressiste o conservatrici o mezze e mezze o nulla di tutto,
perché fare la fatica di andare oltre e di cambiare? (vedi Gv 6,60)
Scrivo questo stimolato
dall’esperienza che sto vivendo in queste settimane qui a Brasilia, guardando
alla comunità con la quale sto condividendo il cammino di formazione. Siamo più
di trenta missionari di diciotto paesi e quattro continenti (manca l’Oceania,
anche se la Indonesia vi confina): credo che sia un’esperienza unica e
difficilmente ripetibile.
Cosa posso dire di questa
esperienza “mondiale”? Tante cose, ma vi risparmio e ne dico solo una: la
grande esperienza di “differenza” all’interno del mondo missionario.
Noi (intendo noi italiani
e reggiani) abbiamo una nostra idea di missionario, legata in parte alla nostra
esperienza ed alla nostra situazione.
Abbiamo l’idea di un
missionario che “va ad aiutare” e “fa delle cose”, anche perché siamo una
chiesa ricca e generosa: quando dici che sei italiano la prima cosa che gli
altri pensano è che hai dei soldi e puoi usarli…
Abbiamo l’idea di un
missionario che “è avanti”, che ha una immagine di chiesa “profetica” e che
pensa e realizza cose che noi “chiesa vecchia” che è in Italia non riusciamo a
pensare e realizzare.
Abbiamo l’idea di un
missionario che “si sacrifica” e va a vivere in situazioni difficili
rinunciando a tante comodità che in Italia può avere e che quindi è un po’
“eroico”.
Ebbene, posso annunciarvi
che sono tutte idee molto “nostre”… e che, grazie a Dio, la realtà missionaria
è molto molto molto più variegata. Non dico che le nostre idee siano sbagliate,
ma è importante cogliere che sono “idee” e sono “nostre”, e quindi non vanno
assolutizzate.
Di fatto qui la nostra
composizione è molto variegata: vi è chi ha un interesse vivo per l’aiuto ai
poveri e chi non nasconde la tensione ad una vita sufficientemente agiata, chi
peggiora la propria condizione economica – abitativa e sociale e chi la migliora,
chi ha una forte coscienza ambientale e chi getta il cibo o mescola i rifiuti,
chi ha interessi che guardano al mondo e chi mi chiede se l’Italia è in America
(ma anch’io ho sperimentato di non conoscere bene la geografia asiatica…), chi
vive un intenso spirito missionario e chi legge il proprio trasferimento come
l’invio in una filiale all’estero, chi ha un atteggiamento “progressista” e chi
“conservatore” e chi è progressista a livello ecclesiale e conservatore a
livello sociale o l’opposto… Insomma, c’è di tutto.
Non si può negare che per
un certo numero di persone la vocazione missionaria è legata semplicemente al
fatto che nella loro parrocchia avevano religiosi missionari o con case in
diverse parti del mondo (sono cose diverse) e che quindi hanno fatto il loro
cammino vocazionale con quella congregazione religiosa anziché con altri.
Dico questo non per
screditare o togliere valore, anzi! La chiesa è bella nella sua varietà.
Racconto questo per
invitarci ad avere una mentalità aperta, capace di cogliere ed apprezzare anche
queste realtà nella loro complessità. Altrimenti restiamo chiusi nelle nostre
quattro idee e non vediamo la Grazia di Dio che opera fra noi. Ad esempio: anche
nelle nostre diocesi abbiamo religiosi, religiose e preti provenienti
dall’estero, che sono fra noi per diverse ragioni: li consideriamo “missionari”
come noi italiani che partiamo per l’estero, o semplicemente “stranieri”
capitati fra noi e che devono adattarsi ai nostri costumi?
Termino con due piccoli
avvenimenti sul tema:
- alcune persone mi hanno
visto mentre scrivevo per voi ed ho spiegato loro che per noi missionari
diocesani il contatto con la chiesa di provenienza è importante, perché
attraverso noi tutta la nostra chiesa deve sentirsi missionaria. Erano stupiti
di una cosa per loro nuova, ed hanno apprezzato molto!
- qui a Brasilia abbiamo
conosciuto un missionario Pavoniano di Brescia ora ottantenne, che è qui da
cinquant’anni. Rispondendo al carisma pavoniano ha fondato e fatto crescere un
grande istituto che segue soprattutto bambini e ragazzi sordi e muti ed ora
anche ragazzi autistici. Una cosa davvero bella, con più di cento dipendenti ed
un’alta professionalità.
Con il sorriso ironico di
chi ha imparato ad inghiottire molti rospi, ci ha confidato: “visto il lavoro
che faccio (di tipo dirigenziale e professionale) ci sono ancora persone che
dicono che io non sono un missionario…”.
Quando ci si ferma alle
proprie idee, si perdono tante occasioni di Grazia…
Ho parlato della nostra
comunità: vi saluto con le foto di alcuni momenti di festa che ci hanno
accompagnato!
d. paolo
Paolo Bizzocchi
Ciao a tutti e tutte!
Ciao a tutti e tutte!
Finita la celebrazione del Triduo, siamo tornati nella routine feriale di scuola, studio, servizi, preghiera, amicizie… anche se in un clima molto particolare e sospeso, con papa Francesco che continuava a guidare la chiesa ed a sollecitare il mondo dalla sua cassa mortuaria. Non so come l’avete vissuta voi, ma questo radunarsi di tanti capi di stato delle più diverse fatture attorno alla sua tomba, da molti criticato come “teatrino… ipocrisia…” e via dicendo, io l’ho letto come realizzazione del sogno di Francesco di farli incontrare e parlare, magari un po’ spiazzati e spogliati delle immagini, spesso poco gradevoli, che si sono costruiti ed in funzione delle quali agiscono. Se il famoso incontro di Zelensky e Trump su due seggiole appoggiate lì in mezzo a S. Pietro, senza nessun orpello, portasse a qualche risultato per i popoli dell’Ucraina e della Russia, credo che Francesco dal cielo farebbe salti di gioia per averli fatti incontrare con la sua morte; in un qualche modo si realizzerebbe ancora l’involontaria profezia di Caifa in Gv 11,50: “è conveniente che un solo uomo muoia per il popolo”.
Come l’abbiamo vissuta qui la morte di papa Francesco?
Perdonatemi se, non avendo molti fatti da raccontare, scrivo soprattutto dei ragionamenti…
Devo dire che per me è stata una cosa un po’ strana, perché in molti dei partecipanti al corso non ho sentito una partecipazione particolarmente sentita a quanto stava avvenendo. Nelle donne – una sposa e tutte le altre consacrate – la morte di Francesco è stata maggiormente sentita, ma in diversi uomini – preti o frati o in formazione, tutti di istituti missionari tranne noi tre italiani – in misura minore. Forse non apprezzavano Papa Francesco? Ho avuto anche questo cattivo pensiero, e forse per qualcuno potrebbe anche essere vero, ma poi ho cercato di andare un po’ più in profondità.
Credo che un fatto sia che a parte noi tre preti italiani e due sposi filippini, tutti gli altri sono religiosi di istituti missionari.
Cosa significa? Significa che per me, d. Alberto e d. Giuseppe è morto un padre, come avviene quando viene a mancare il vescovo. Poi questo padre può piacerci o può essere per noi una figura contrastante, può essere un padre dal quale ci sentiamo accompagnati e incentivati o un padre dal quale ci sentiamo abbandonati e castrati… ma è un padre.
Per noi diocesani – preti, e laici - la chiesa ed il nostro ministero ha questa forma essenziale, che è quella originaria: una comunità che ha nel Vescovo la figura di Gesù Pastore e nel Papa il vincolo di unità che ci dona un’apertura mondiale ed una tensione alla comunione. È questa e non altro.
Per un religioso la chiesa è questo ed è anche altro: è il suo istituto, è il santo o il fondatore di riferimento, è la specificità del suo carisma… Per questo può risultargli più connaturale che “morto un papa se ne fa un altro”, perché al di là del fatto istituzionale i suoi riferimenti sono anche (a volte soprattutto) altri. È un po’ quello che avviene anche in diversi movimenti ecclesiali, a volte con forme più cariche dal punto di vista affettivo e di appartenenza.
Non so se quello che sto scrivendo – soprattutto dal punto vista teorico - è tutto vero, ma di certo nella vita pratica non è tutto falso… Proprio oggi parlando con un giovane religioso gli ho chiesto: “da voi sul futuro papa si dice qualcosa? No, no, siamo impegnati con l’elezione dei nostri superiori…”
Una cosa bella è che sabato mattina dopo la Messa per il Papa abbiamo piantato un albero in sua memoria: una Jabuticaba, che è una pianta tipica molto robusta, che con il clima adatto produce frutti simili all’uva tutto l’anno: un po’ come Papa Francesco, che di frutti ne ha dati tanti.
Per chi ha pazienza, vi dico anche una cosa nuova su Brasilia. Abbiamo fatto una lezione con un po’ di storia della città e c’è un particolare che dice molto dello spirito brasiliano.
Brasilia venne edificata – nel suo nucleo – nel tempo record di cinque anni, dal 1955 al 1960: una fretta “politica” che costò la vita a molti lavoratori. L’idea della sua realizzazione era però molto precedente ed aveva l’origine nella necessità di spostare la capitale da Rio de Janeiro ad una località più lontana dal mare per ragioni di sicurezza militare.
La cosa “curiosa”, che dice molto dello spirito religioso brasiliano, è che la prima indicazione sulla scelta del luogo per costruire la nuova città venne fatta in base ad un sogno di S. Giovanni Bosco, fatto nell’agosto del 1883: sognò di essere in America Latina, fra il 15° ed il 20° parallelo, e di vedere li un luogo che sarebbe divenuto “una terra promessa”. In questa fascia di terreno il governo brasiliano cercò e trovò il luogo per costruire la città, che da subito assunse S. Giovanni Bosco come suo patrono.
Questo fatto, unito all’utilizzo di architetture avveniristiche, portò ad una concezione quasi “mistica” di Brasilia, come città del futuro e cuore di una umanità ad nuovo livello di sviluppo. La realtà fu ben diversa, perché pochi anni dopo l’inaugurazione, nel 1964, il governo trasferito a Brasilia fu occupato dall’esercito ed il sogno si trasformò nell’incubo di vent’anni di dittatura militare.
I sogni sono belli, ma vanno presi con attenzione –anche quelli dei santi -, perché il mondo creato e voluto da Dio trova pienezza solo nel terreno più concreto e quotidiano dell’amore…
Il Signore accompagni il nostro cammino pasquale!
d. Paolo
Ciao a tutti e tutte!
Continuo il mio viaggio in questa “città strana”, con il portoghese che timidamente sta iniziando a prendere un po’ di forma (con scivoloni evidentissimi…). Questo sta rendendo possibile la comunicazione fra noi corsisti e nel dialogo emergono cose belle: è un gruppo con una grande ricchezza umana e di fede.
La “città strana”, Brasilia. Domenica sono salito al terrazzo della Torre della TV (una mini-torre Eiffel), da dove ho potuto vedere e fotografare parte della struttura di questa città costruita a tavolino. Da qui nascono due storie, che hanno accompagnato un po’ questi giorni.
La prima la collochiamo dal lato rivolto al centro della città: i giardini, la Biblioteca nazionale, il Museo e la magnifica Cattedrale, tutti i ministeri e gli uffici amministrativi, le ambasciate, il Parlamento… fino alla residenza del presidente, il Palácio da Alvorada (Palazzo dell’Alba). Tutto armonico, con una rete di superstrade cittadine che indirizzano il traffico. Tutto (apparentemente) perfetto.
Poi, ieri con un amico camminavo su una di queste strade, per raggiungere la libreria delle Paoline. Passando sotto un ponte lui mi ha fatto notare alcuni fori nei cassoni di sostegno della strada, sulle rampe di salita: passando la mattina presto lui stesso aveva visto persone uscire da questi fori. Poveri che per dormire hanno “fatto casa” nel cassone di cemento sotto il manto stradale. Nella stessa occasione aveva visto diverse persone che la notte dormono in tendine nei parchi, e la mattina presto smontano tutto e se ne vanno, per tornare la notte seguente. Segni di questi “accampamenti” li avevo visti anch’io nei viali alberati (molto belli) che scorrono fra le superstrade. Una altra cosa che mi ha colpito è stato vedere in pieno centro molte persone con cartelli “compro oro”: la situazione è chiara, l’oro si vende e compra dove da una parte ci sono debiti da sanare, dall’altra denaro sporco da ripulire…
Tutte queste cose, unite alla prostituzione notturna delle ragazze ed al carattere decadente di diversi palazzi, dicono una cosa chiara: Brasilia è una città con molte povertà, che però devono rimanere nascoste. È la città del Presidente, dei Ministri, dei capi del potentissimo Esercito, delle diverse autorità, dei monumenti futuristici e dei mega shopping con prezzi europei. Dietro a tutto questo però vive una rete di povertà che deve rimanere invisibile, nascondersi nei cassoni stradali o ripiegare le tende la mattina per non deturpare il bel paesaggio. Brasilia non ha favelas, ma è molto peggio: la favelas è una comunità ricca di umanità, qui pare che tutto avvenga nel nascondimento ed in una terribile solitudine che amplifica la povertà.
Torniamo alla Torre TV. Guardando dalla parte opposta mi si è aperto il cuore, perché ho visto quello che pareva un mercato all’aperto, un posto dove va la gente normale. Sono andato subito a vedere. Nella prima parte c’è realmente uno stupendo mercato di artigianato con box all’aperto. Ma l’insieme colorato che più mi aveva attirato era ben di più: da tutto il Brasile stavano arrivano indigeni per una grande manifestazione di una settimana, per farsi conoscere, incontrarsi e discutere, marciare nella città ed andare al Parlamento e dal Presidente per rivendicare il loro ruolo ed i loro diritti. In tutto sono arrivate circa 12.000 persone, alcune anche da S. Antonio do Iça, ed almeno 6.000 hanno marciato. Nella settimana sono tornato un paio di volte in questo ambiente colorato ed un po’ caotico.
Ma non si è trattato di folklore, perché le questioni sono reali e gravi. Il titolo era “Per il clima e l’Amazzonia la risposta siamo noi”: la necessità di essere riconosciuti e sostenuti per il ruolo fondamentale che, come popolazioni indigene, svolgono nella difesa e nel mantenimento della foresta amazzonica e delle tradizioni ad essa connesse. La foresta amazzonica è un bene per tutta l’umanità e le popolazioni indigene ne sono la custodia e la tutela.
Non si tratta di folklore. In settimana mi è capitato di ascoltare in internet un giovane storico, tra l’altro afrodiscendente, che contestava la scuola brasiliana perché insegna ai bambini che il territorio brasiliano è stato “occupato” e depredato dai portoghesi. Nella sua visione si tratta di un insegnamento fuorviante, non perché il territorio fosse vuoto, ma perché le popolazioni indigene erano “primitive” e prive di una forma statuale, quindi senza diritti sul territorio ed i suoi beni. I portoghesi avevano tutto il diritto di prendere l’oro ed altro, perché non essendoci un’autorità locale sul modello delle autorità europee nessuno era proprietario di nulla.
Si tratta di un’equazione terribile, forse parzialmente comprensibile in un passato che non aveva coscienza storica, ma che non può certo giustificare i massacri avvenuti nel sud e nord America, come in Africa o altrove; sarebbe come dire che i nazisti non hanno colpe per il massacro degli ebrei, perché per la loro coscienza gli ebrei non erano uomini.
Inoltre, è chiaro che questo storico parlava del passato per parlare del presente, per affermare che anche oggi le tribù indigene non hanno di fatto diritti sui territori della foresta e che questi possono essere sfruttati secondo gli interessi dei gruppi politici ed economici. La storia ritorna, e siamo sempre chiamati a scegliere da che parte stare.
Vi auguro una Settimana Santa ricca di provocazioni, che aiuti ad entrare nel mistero della Passione e Risurrezione avvenute una sola volta in Gesù, ma sempre presenti nella storia dell’uomo, anche oggi. Il Signore ci aiuti a contemplarlo crocifisso nei popoli massacrati della Palestina, dell’Ucraina, del Congo e di altre nazioni colpite dalla guerra, nel popolo dimenticato di Myanmar ed in tutti i popoli colpiti da disastri naturali e da povertà, nelle famiglie colpite da improvvisi licenziamenti dovuti a politiche economiche voraci, in tutti i sofferenti: solo così la Luce della Risurrezione potrà avere per noi un significato vero e potente.
Gabriele Carlotti
Un saluto dal grande fiume, ora é davvero grande, proprio in piena e l'acqua penetra in tutti i luoghi. La foresta é allagata e i pesci sono spariti dal letto del fiume, la pesca é difficile e anche in città il pesce scarseggia. Ma dove sono andati? Anche loro in foresta, fra le radici degli alberi per nutrirsi della frutta che cade abbondante. Beati loro, sfuggono ai pescatori e mangiano bene. Così potrebbe essere anche l'Umanità, lontano dai predatori che per interessi meschini uccidono e fanno guerre commerciali per favorire quella maledetta fabbricazione di armi, che dopo la droga é il più grande giro di soldi. In verità qui non ci facciamo mancare niente, la droga corre libera, la violenza cresce ogni giorno e le autorità costituite lo sono solo per i propri interessi.
Poveri pesci! Costretti a nascondersi per sopravvivere. É difficile parlare della Pasqua, eppure siamo circondati da molti segni: l'acqua abbondante, la gratuità dei frutti della foresta che chiedono solo di essere raccolti, i molti animali che abitano la terra e che sono sempre una risorsa in tempi difficili. In Amazzonia non si muore di fame, si muore per droga, alcool, violenza, ingiustizia e oppressione; tutte cose che dipendono dagli uomini, e anche questo fa riflettere. In questa Quaresima abbiamo riflettuto sulla bontà della Creazione e sul fatto che tutto, mondo vegetale, animale e umano, tutto sia molto intrecciato e interdipendente. A noi, all'Umanità é affidato il compito di prendersi cura del Creato. A noi é lanciata la sfida di vivere in armonia. Anche gli astri ci rassicurano, ogni giorno il sole si pone e nel giorno seguente sorge per dare vita. Anche la luna compie il suo corso, diminuisce fino a scomparire, per poi compiere il cammino inverso fino a tornare ad essere piena. Così è la Pasqua, luna piena che rischiara la notte e permette al navigante di trovare e non perdere la strada di casa. "Padre, mi disse il cassique di São Vicente, qui é molto buono per vivere, qui Dio non ci lascia mancare il cibo, l'acqua e la tranquillità"; poi ha aggiunto: "purtroppo sono apparsi pirati che rubano e squartano le persone per impadronirsi delle loro cose, sempre in cerca della droga che da denaro, allora dobbiamo unirci e fermare questa onda di violenza, per i nostri figli, perché torni la tranquillità". Anche questo é Pasqua, non rassegnarsi al male della violenza e delle armi, ma lottare per la tranquillità delle nuove generazioni, prenderci cura del futuro della vita.
La Pasqua, il passaggio dalla morte alla vita, ci dice che c'é sempre una speranza, c'é sempre qualcosa di nuovo che farà risorgere la vita. L'invecchiamento dei paesi europei sarà salvato dai giovani immigrati, non si può fermare l'acqua che cresce, lei entra ovunque. Il disgregarsi di tante famiglie troverà ancora, nell'amore e nella cura dei figli, un suo senso, che si aprirà a nuove unioni e nuove esperienze fino ad incontrare la stabilità così difficile e sempre ricercata. Anche la religiosità dovrà abbracciare l'umanità, in nome di Colui che ha scelto di farsi uomo. Senza rigidità e senza giudizi, ma nella ricerca del bene possibile. Pensiamo all'incoerenza del fatto che un prete può sposarsi, se lascia il sacerdozio, ma un divorziato no, deve aspettare la morte della prima compagna. Due pesi e due misure che non aiutano a ritrovare la speranza dopo un fallimento, molte volte non cercato. Anche i giovani non aspetteranno più i trent'anni per sposarsi, rimanendo ognuno a casa sua, ma apprezzeranno il dono e la forza della giovinezza al servizio di una paternità e maternità naturale e non sofisticata. I popoli originari dell'Amazzonia ci insegnano la virilità della giovinezza, e la vita che nasce é sempre un dono e una possibilità nuova, spesso aiutata dal clan famigliare e mai abbandonata. Anche questo é Pasqua.
Non permettiamo che la notte e la rassegnazione ci scoraggino, la luna continuerà a crescere fino ad essere piena, allora in quel Venerdì Santo potremo specchiarci nell'acqua cristallina dei ruscelli, e vedendo il nostro volto avremo la certezza del nuovo giorno, sarà ancora Pasqua e la vita trionferà su ogni tipo di oppressione. Coraggio, non lasciamoci rubare la Speranza. Buona Pasqua a tutti, e che sia di Risurrezione! Gabriel
Buona festa della Trinità a tutti e tutte! Rieccomi a S. Antonio, in un “secondo arrivo” non meno significativo del primo. Il cambiamento...