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Il gruppo dei corsisti |
Tra
storia, cultura e nuove sfide
Paolo
Bizzocchi
Ciao a tutti e tutte,
Vi scrivo mentre sono di
ritorno da Manaus, dove ho trascorso due settimane frequentando un corso
specifico sull'Amazzonia: la sua storia, la sua cultura, le sue sfide. Non è
stato facile, perché il mio portoghese non è all'altezza degli interventi che ho
ascoltato, ma ne è valsa la pena: l'Amazzonia è un territorio che ha
specificità uniche e chiede un lungo cammino di conoscenza. Lo testimonia anche
il fatto che una parte dei partecipanti era brasiliana: anche all'interno del
Brasile, l'Amazzonia è percepita come una realtà a se stante.
A cosa mi e servito?
Direi innanzitutto per tre cose: capire cosa sta succedendo oggi attorno a me,
che vivo qui; assumere lo sguardo dell'altro, che in questo caso sono le
popolazioni originarie, indigene; cogliere perché papa Francesco ha dato tanta
importanza a questo pezzo di mondo ove ho il privilegio di trovarmi.
È chiaro che si tratta di
prime intuizioni, ma cerco di dire qualcosa.
Cosa sta succedendo in
Amazzonia? È triste dirlo, ma sta succedendo quello che succede da 500 anni.
Nonostante si siano fatte legislazioni a tutela dei popoli originari e
dell'ambiente, la lotta per lo sfruttamento economico del territorio è ancora
pienamente in corso. É di queste settimane la notizia che il Congresso,
l'organo legislativo della repubblica, attualmente con una forte maggioranza di
estrema destra, abbia appena approvato una legge che di fatto permetterà un
ampio sfruttamento economico del territorio. Con la motivazione di snellire
complessi iter autorizzativi, di fatto si dá alle grandi aziende e
multinazionali la possibilità di agire senza dover rispettare le legislazioni
relative alla tutela dell'ambiente e dei suoi abitanti legittimi. A questo si
collega una forte lotta culturale che punta a legittimare e porre in buona luce
l'antica colonizzazione con lo scopo evidentemente di giustificare la
colonizzazione attuale. In questa linea di pensiero le popolazioni indigene non
hanno una dignità propria, sono considerate primitive ed improduttive, quindi
parassitarie e prive di diritti: occupare e sfruttare i loro territori diviene
un'opera positiva e meritoria, perché favorisce il progresso economico della
nazione.
Una seconda cosa che mi
ha colpito è la possibilità di guardare le cose dalla parte delle popolazioni
indigene o socialmente marginali. Questa secondo me è la cosa più importante ed
è una vera rivoluzione interiore. Se non si fa questo, al massimo si arriva ad
avere una posizione di difesa sociale o di assistenza, ma non si cambia il modo
di guardare la realtà. Non si tratta di passare dal mito del "cattivo
indigeno" al mito del "buon indigeno" o simili, ne di dire che
il nostro progresso è cattivo, ma di cogliere che il nostro sguardo sul mondo
ha paraocchi molto spessi.
A noi hanno sempre
insegnato a valutare l'umanità e la sua storia a partire dal progresso tecnico
ed economico, visti come unico criterio di valore. Per noi il progresso
dell'uomo è l'assunzione di nuovi strumenti tecnici capaci di aumentare il
nostro potere sulla natura, partendo dalla pietra per arrivare all'intelligenza
artificiale: l'umanità che ha più strumenti tecnici è la più progredita, la
migliore... fino ad affermare che "il progresso non si può fermare",
neanche quando viene a nostro danno. Le popolazioni indigene dell'Amazzonia ci
dicono che c'è un altro modo di leggere la vita ed il bene dell'uomo, nel quale
la capacità tecnica ha molto meno valore e la sapienza del vivere nell'armonia
della totalità è la vera fonte di felicità. Questa è davvero una grande
provocazione: non si tratta di respingere la tecnica o l'economia, ma di dargli
lo spazio che realmente serve per la felicità nostra e del creato.
Infine, se state ancora
pazientemente leggendo, la terza cosa è capire perché papa Francesco ha
profeticamente posto gli occhi in modo così forte su questa realtà. É stato un
suo pallino personale o c'è un'intuizione da non perdere? L'intuizione c'è, ed è
forte. L'intuizione, a mio parere, é aver colto che nei popoli amazzonici si
conserva una sapienza di fede e di umanità che il mondo tecnicamente evoluto ha
perso da tempo. Una sapienza che ha permesso a questi popoli millenari di
vivere un equilibrio col resto del creato che il nostro mondo non ha saputo
custodire.
Questo vale anche per la
nostra fede cristiana. Non è un caso che nella nostra fede l'importanza che
diamo all'opera di Dio e di Cristo nella Creazione sia minima: ci limitiamo a
dire che Dio ci ha affidato il mondo, e ce lo teniamo ben volentieri. La spiritualità
indigena può essere per noi un grande aiuto per riscoprire la presenza di Dio
nel Creato e ritrovare una sapienza di vita che pare perduta.
Ok... di certo oggi non
sono stato molto gradevole, ma credo che siano temi davvero importanti. Magari
potremo riprenderle una volta che faremo un incontro via web, perché con la
parola il confronto è più facile: sono cose che non toccano solo la testa, ma
anche il cuore!
Il Signore ci accompagni
tutti!
d. Paolo