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| Prima celebrazione di don Marco Lucenti |
Ciao
a tutti e tutte!
È
un po’ che non mi faccio sentire, ed anche ora sto approfittando di un “buco”
creato da una lunga assenza di corrente elettrica in buona parte della città,
che ha modificato i piani di questa serata.
Visto
che il computer ha la batteria, è il momento giusto per farmi sentire.
Perché
non ho scritto prima? Semplicemente perché nel giro di pochi giorni sono
cambiate tante cose ed il mio tempo si è improvvisamente ristretto e
“riempito”.
La
prima cosa sono i lavori in casa, che mi hanno tolto spazi e ritmi ai quali mi
ero ormai abituato; poi la grande gioia
dell’arrivo di d. Marco, una vera “bomba di vita” caduta sulla nostra comunità:
in dieci giorni sta già migliorando molto nel portoghese, dimostrandosi molto
rapido nell’apprendere (o forse sono io che sono un po’ lento…) e, soprattutto,
ha imparato a fare il cuoco in maniera più che eccellente…;
infine,
con l’Avvento ho cominciato a “fare il parroco” della città in modo più pieno,
con tutto quello che comporta, e questo mi ha riempito molto testa e cuore (poi
sarà la volta delle comunità del fiume, ma al momento quello che ho davanti mi
basta ed avanza…). Adesso è il momento
nel quale cominciare a decidere “quale parroco” voglio essere, che impronta
voglio dare al mio ministero qui. Fino ad ora ho sostanzialmente ascoltato, ora
sto cominciando a fare scelte soprattutto su di me, su come voglio pormi davanti
a questa realtà. È una questione importante, ma è ancora troppo presto per
parlarvene, perché quello che mi ronza dentro in questo momento è più un
minestrone che un piatto con ingredienti precisi: è una “sópa”, come la
chiamano qui, dove ci sta dentro carne, pesce, verdure ed altre cose che forse
è meglio non sapere…
Nell’attesa
che il mio “piatto pastorale” si definisca un poco, vi parlo di quello che
stiamo facendo qui, di cui ho più volte accennato. Stiamo mettendo a posto, qui si dice
“reformando”, la nostra casa parrocchiale. Si tratta di un edificio grande, di
almeno una cinquantina d’anni (che per le tecniche di qua sono un tempo già
rilevante). Era la casa dei frati, che per le attività parrocchiali
utilizzavano il “centro pastorale” posto dall’altra parte della chiesa.
Burani
e Carlotti l’hanno trovata in condizioni abbastanza precarie (segno che
probabilmente l’’uscita dei frati era già in programma da qualche anno…) ed
hanno fatto diversi interventi dettati anche dall’urgenza e dall’impossibilità
di fare un’opera più definitiva e strutturata.
L’intervento
più importante è stato l’innalzamento di un tetto superiore, a circa un metro e
mezzo da precedente e sostenuto da robustissime colonne, per impedire che
piovesse in casa. Nel contempo hanno portato in questo edificio la segreteria
parrocchiale ed i loro uffici, spostando qui il centro della vita parrocchiale,
ed adattato alcune camere per l’accoglienza. Il tutto senza una chiara
definizione dell’ambiente “casa dei preti” rispetto alle parti più dedicate
alla vita parrocchiale.
L’intervento
che stiamo facendo ora, pensando anche a chi verrà dopo di noi, ha soprattutto
tre obiettivi:
- Completare la parte superiore della casa,
innalzando le pareti fino al tetto attuale e facendo il sottotetto dove manca.
- Definire meglio gli spazi della nostra vita
privata, con chiari segni di separazione dagli spazi pubblici (in soldoni…
evitare di uscire dalla camera per trovarsi in mezzo ad una riunione…)
- Sistemare l’impianto elettrico ed idraulico,
che nella loro struttura sono ancora quelli dei frati.
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| Don Marco appena arrivato e subito al lavoro |
Lo
stile vuole essere quello di una ordinata sobrietà, evitando interventi che
abbiano puro carattere estetico o di confort non adeguato alla vita di qua
(cioè: è una casa grande e ordinata, chiaramene migliore di molte case del
nostro popolo, ma non deve essere assimilabile alle case delle persone ricche
della città). Per gli impianti, la
scelta è di fare cose funzionali, ma essenziali, usando soprattutto
impiantistica esterna perché in futuro gli interventi di modifica e riparazione
siano facilmente individuabili ed accessibili anche da personale non esperto.
È
un investimento grande di tempo, di energie ed anche di denaro (moltissimo
inferiore a quanto costerebbe da noi, ma per la media di qua indubbiamente
sensibile), ma che assicura alla parrocchia un edificio che potrà durare ancora
decine di anni.
Siamo
tutt’ora un po’ indecisi se fermarci a quello che è essenziale fare o
completare con un’opera più ampia, che riguardi l’intero edificio: riflettendo
pare che andremo nella prima direzione non tanto per una questione di spesa, ma
di utilizzo delle nostre forze. Il mio inizio di ministero come parroco ed il
tempo necessario a d. Marco per studiare ed iniziare a conoscere la realtà
sconsigliano di prolungare questa situazione troppo a lungo, con il dispendio
di forze che ciò comporta.
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| Alex, uno dei tre seminaristi di Santo Antonio do Iça, riceve il lettorato |
Magari
riprenderemo in mano la cosa fra qualche anno, o ci penserà chi verrà dopo di
noi; la cosa importante è che quello che facciamo ora sia ben fatto, organico e
razionale, completo per quanto gli compete. Non so se avete letto fino a qui,
perché di certo non ho parlato di cose intriganti ed appassionanti, ma la vita
è fatta anche di questo, anche nel cuore dell’Amazzonia…
Ne
approfitto per ringraziare tanto tutti coloro che ci stanno sostenendo
economicamente: Anche quello che stiamo facendo alla casa è frutto delle vostre
offerte e nelle scelte che facciamo ne teniamo ben conto.

Ristrutturazione di san Sebastiano, una delle cappelle della parrocchia
Il
Signore ci accompagni tutti e tutte e ci illumini con la luce del suo Natale!
pe.
Paolo









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