Gabriel
Carlotti – missionario dell’Amazzonia
È
il primo viaggio missionario del 2024, dal 10 al 23 gennaio, ogni Comunità ha
il suo giorno fisso, per aiutare a ricordare il giorno della messa mensile. Qualcuno
ricorda, molti no, ma noi continuiamo fedeli, secondo il proverbio: “Acqua
molle in pietra dura, tanto batte che alla fine fura”. Abbiamo incontrato le
tre Comunità del Solimões e siamo entrati nella foce dell’Içá. Nossa Senhora de Nazaré,
São João do Japacuá, Santa Maria e, finalmente, Vista Alegre, Comunità indigena
Ticuna. Sono 18 famiglie, la maggioranza molto giovani, ma non mancano i nonni, gli
anziani che si riempiono gli occhi di speranza vedendo crescere i molti nipoti.

Arriviamo
presto, verso le tre del pomeriggio e subito siamo accolti da un picchiettare
di martelli. Gli uomini stavano lavorando per rifare la copertura di una grande
cucina comunitaria, dove si prepara la farina di manioca e la macaxeira, con
tre grossi forni per cuocere e avere le provviste per il tempo in cui l’acqua
coprirà la terra e non si potrà più piantare. I più giovani stavano sul tetto e
gli anziani a terra passando il materiale per la copertura. Santiago e Moisés,
cassique e pajé, dirigono i lavori perché tutto sia fatto secondo una logica
comune. È bello vederli lavorare in armonia per qualcosa che non è di qualcuno
in particolare, ma appartiene a tutti, è per la vita della Comunità. Sentiamo
il motore di due canoe che si avvicinano, caricate fino al limite dell’acqua
con manioca e macaxeira. Sono le donne alla conduzione e alcuni adolescenti,
giovani e ragazze, le accompagnano. Raggiunta la terra, subito c’è un gran
movimento e vengono riempite grosse gerle di vimini e comincia una lunga processione
di donne, ragazze, giovani e anche alcuni bambini, tutti caricando il peso
appoggiandolo sulla testa con un robusto laccio di cipó ricavato da una pianta.
Io non riuscirei, da solo, a sollevare una di queste gerle, ma due aiutano il
portatore a caricarla sulla schiena e ad assicurare il laccio sulla testa. Così
il peso è spalmato sulla colonna vertebrale e ognuno riesce a portare la grande
gerla. Nel mentre, vedo alcuni anziani attivare una specie di grande grattugia
mossa a motore e man mano che arrivano le gerle piene, subito il prezioso
contenuto viene grattugiato. Dovrà essere pressato per togliere l’acqua
velenosa e cotto nei grandi forni della cucina comunitaria.

All’improvviso
un urlo interrompe l’armonia del lavoro comunitario. I bimbi si divertono a
tuffarsi nel fiume e le mamme si sgolano avvertendoli che è pericoloso ora che
l’acqua è alta, ci possono essere dei serpenti. Di fatto, dall’alto, gli uomini
vedono una sucurí (serpente velenoso che può raggiungere anche i cinque metri
di lunghezza) avvicinarsi. Immediatamente un giovane si tuffa e con un grosso
bastone e macete riesce a uccidere il pericoloso animale, ora collocato sulla
riva del fiume per ricordare il pericolo sempre presente. Vedo una mamma
correre alla canoa con un remo in mano, si allontana alcuni metri fino a
raggiungere un ragazzino, suo figlio, conosciuto da noi come “il pescatore”,
perché sempre intento a pescare. Lo chiama, lo fa salire sulla canoa, lo porta
a riva e appena scesi, con un balzo, gli mette il remo sul collo facendolo
sdraiare a terra e tenendolo ben fermo in quella posizione scomoda. Poi lo
lascia andare e segue un pianto inconsolabile. Ora “il pescatore” sa che deve
obbedire perché il pericolo è sempre alla porta e non si scherza con la sucurí.
Tutti gli altri hanno già ripreso il loro lavoro, non si sono ufficialmente
accorti dell’azione educativa di questa mamma, ma la guardano compiacenti, come
per approvare quel gesto così forte che potrà salvare la vita del suo bambino.
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Quest’anno
la Campagna della Fraternità, che accompagna il tempo che precede la Pasqua, un
modo brasiliano di vivere la quaresima, ha come tema: “Fraternità e amicizia
sociale” – “Voi siete tutti fratelli e sorelle (Mt 23,8)”. Vuole essere una
risposta, una medicina, per guarire la grande malattia del nostro tempo, un
super individualismo che produce una fobia verso tutto e tutti che sono diversi
da noi. L’ Amicizia Sociale è “l’amore che supera le barriere geografiche e
spaziali” (papa Francesco). Vuole essere la fine dell’indifferenza, dell’odio,
delle divisioni e guerre, superando questo sistema che gonfia l’individuo a
scapito delle grandi cause sociali e comunitarie. L’Amicizia Sociale non
esclude nessuno, è una fraternità aperta a tutti. Occorre andare oltre le
apparenze, fisiche e morali, e considerare l’altro come prezioso, degno,
apprezzabile e buono. Amare l’altro per ciò che è, questo ci spinge a cercare e
fare sempre il meglio per la sua vita. Pensando alla Campagna della Fraternità
di quest’anno e vedendo il lavoro fatto insieme e con armonia degli indigeni
Ticuna mi veniva in mente il volontariato della nostra terra reggiana, tanta
gente spendendosi per una causa comune, dalla Croce Rossa al Carnevale, dallo
Sport alle feste di paese. Come sarebbe importante che lo spirito del
volontariato, fiore all’occhiello di noi reggiani, illuminasse i nostri occhi e
il nostro cuore quando guardiamo all’altro, chiunque egli sia, senza giudizio e
senza preconcetti, ma come fratello e sorella con i quali condividere e
costruire un Mondo migliore, un Mondo giusto e fraterno. Che ci fosse una causa
comune, come la pace e la convivenza tra i popoli, come il valore inalienabile
della persona, come il futuro per il nostro pianeta Terra e pianeta Acqua, la
salvaguardia del Creato e il diritto alla vita per tutti, iniziando dai più
deboli; che ci fosse una causa comune capace di creare armonia. Come è
importante che le nostre Parrocchie riunite in Unità Pastorali imparino a
guardare con occhi positivi, senza giudizio e senza preconcetti a tutte le
persone e a ognuna in particolare. Promuovere e valorizzare la partecipazione
di tutti, senza esclusioni di appartenenza politica, di situazione
ecclesiasticamente ‘regolare’, di nazionalità e religione; accogliere tutti
come fratelli e sorelle per offrire una Speranza, per la costruzione di un
nuovo Umanesimo, ina nuova Società dove l’amicizia e il rispetto vincano
l’individualismo e la paura dell’altro. L’Amicizia non è qualcosa di naturale,
non è un legame di sangue, ma è una scelta libera e personale. Per questo è
frutto di conversione: occorre, liberamente e con gioia, scegliere di farci
amici, farci prossimi. Una Società dove sparisca l’interesse privato a favore
di un volontariato per il Bene Comune.
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Così
continuiamo il nostro viaggio, dobbiamo arrivare alla Comunità di San Pietro
per condividere una situazione spinosa. Abitano e piantano su questa terra ai
margini del grande fiume da più di 40 anni. Sono nati qui e qui sono nati i
loro figli. Ora è apparso un signore della città, accompagnato dalla polizia
locale e affermando di essere il proprietario di questa terra. Non vuole
mostrare i documenti, ma si presenta con un mandato del giudice locale,
notoriamente corrotto. Chiede 35.000 reais per vendere la terra a coloro che la
possiedono per diritto già da una generazione. Così, come equipe missionaria,
ci stiamo attivando, raccogliendo testimonianze e con l’aiuto de un avvocato
del CIMI (Consiglio Indigenista Missionario), una Pastorale della Chiesa
cattolica brasiliana, proveremo ad impedire una ulteriore usurpazione del
diritto dei popoli indigeni in favore delle leggi dei colonizzatori. Sarà una
lotta lunga e ardua, ma val la pena difendere il diritto alla vita di chi vive
di pesca e di agricoltura, nato su questa Terra madre, anche senza possedere un
titolo legale. Il diritto alla vita precede il diritto alla proprietà privata.

Mi
ricordo, nel tempo in cui ero missionario in Bahia, nella Diocesi di Ruy
barbosa, le prime occupazioni dei ‘Senza Terra’ per una riforma agraria, perché
la terra sia di chi la lavora e produce. Anche nell’ultima grande secca, che ha
distribuito viveri in quantità per le persone che stavano soffrendo, sono stati
i grandi Assentamenti di Riforma Agraria: il “Movimento dei Senza Terra” ha
condiviso ciò che la Terra madre ha prodotto con il sudore dei suoi figli. Nordest
o Amazzonia, cambia la latitudine, ma il grande problema del Brasile si
ripresenta: l’ingiustizia che produce povertà e miseria. Che la Quaresima sia
tempo di conversione riscoprendo la fraternità universale che ponga fine alle
guerre e ai conflitti di interesse. Conversione perché si faccia giustizia e si
riconosca il diritto universale di tutti i popoli: una Terra per abitarci e per
produrre l’alimento per vivere in pace. Quella pace che viene dal Dio della
Vita e che è frutto della giustizia. Buon cammino di Quaresima a tutti e a
tutte, Buona Pasqua di Risurrezione per una vita di fraternità e sororità tra
tutti i popoli, per costruire Amicizia e Convivenza Sociale.
Santo Antonio do Içá, 25 gennaio 2024 –
Festa della conversione di San Paolo apostolo