sabato 13 settembre 2025

LE GRANDI TENSIONI POLITICHE NEL BRASILE

 



Ciao a tutti e tutte!

Anche oggi vi mando un paio di pagine de “La caduta del cielo” di Kopenawa (è in PDF e non riesco a riportarlo nel blog -ndr.): pagine inquietanti, perché parlano della missione cristiana, ad opera di evangelici statunitensi, nel villaggio dell’autore. Pagine che fanno male, perché ci fanno capire come sia facile fare della religione una violenza alle coscienze ed un mezzo per comandare o perseguire altri interessi… pagine utili e purificanti, perché ci aiutano a guardare a noi stessi ed al nostro rapporto con la realtà nella quale viviamo.

Però sono pagine attuali, anche e soprattutto qui in Brasile. Come già vi scrivevo, assieme al ministero sincero di tanti preti e vescovi cattolici e pastori evangelici, il fenomeno di una fede cristiana posta al servizio di partiti e gruppi culturali molto dubbi qui è molto forte e portato anche con vanto. Sono di pochi giorni fa le notizie di un vescovo che, affiancato da un “angelico” fr. Gilson (personaggio che vedo sempre più ambiguo…), ha usato una grande processione per chiedere a Dio di liberare il Brasile dal “comunismo” (che significa il governo Lula) e di una parrocchia che ha tolto dal programma una Messa che p. Julio Lancellotti avrebbe dovuto celebrare in una mensa per i poveri: importanti sostenitori della mensa avevano minacciato di togliere i finanziamenti se il prete “comunista” avesse messo piede nel locale.

Abbiamo anche toccato con mano – io per la prima volta – la violenza della grande industria agraria. Abbiamo ospitato per una notte il rappresentante di una tribù indigena di una parrocchia a noi vicina. Insieme ad un’altra rappresentante, ospitata dalle suore, erano venuti a S. Antonio per incontrare il Procuratore di Giustizia ed atri enti di tutela dei popoli indigeni: un fazendeiro, a titolo personale o di qualche grande industria agraria, si è presentato in cinque villaggi del luogo ove diverse famiglie indigene vivono da quasi cinquant’anni, presentando un “documento” che attesta che la terra gli appartiene e minacciando le famiglie di chiamare la polizia se non se ne fossero andate al più presto.



D. Gabriele mi ha spiegato che in Bahia ha visto molte volte fatti come questi e che occorre sperare che la polizia o il giudice non siano stati adeguatamente remunerati da chi vuole impossessarsi della terra. In quanto al documento, già a Brasilia ci avevano parlato della notevole produzione di documenti falsi, che vengono anticati artificialmente (o semplicemente mettendoli in un cassetto con gli insetti giusti…) per appropriarsi dei terreni e fare agro negozio.

In questo momento qui in Brasile la situazione è molto delicata. Alla fine di un difficilissimo procedimento, il Supremo Tribunale Federale – l’organo giudiziario più alto del Brasile – ha condannato l’ex presidente Bolsonaro a 27 anni di carcere per tentato colpo di stato ed altro (è la pena minima per i reati contestati), assieme agli alti vertici militari e politici che avevano partecipato all’organizzazione ed esecuzione degli eventi del 8 gennaio 2023.

Su cinque giudici quattro hanno votato a favore, mentre l’unico contrario è stato il giudice nominato dallo stesso Bolsonaro. Dopo la mancata condanna degli esecutori del regime militare del 1964, per il Brasile questo atto rappresenta un’affermazione forte della democrazia brasiliana. Ora occorrerà vedere cosa succede: il fronte bolsonarista è molto forte ed aggressivo, Trump – che ospita uno dei figli di Bolsonaro – dopo l’imposizione di pesanti sanzioni e misure punitive contro il giudice che ha curato il procedimento, ha usato parole minacciose contro il Brasile… Speriamo che tutto finisca con le parole, ma guardando quanto sta avvenendo in Venezuela, nulla è certo.

In compenso, qui stiamo bene e procediamo con pace e serenità, con tanta coscienza del nostro poco, ma tanta fiducia nel tanto di Dio.

Per chi vuole, ci vediamo (via Meet) sabato prossimo alle 21.30 a Praticello!


Il pirarucù


PS.: Abbiamo avuto la pesca del Pirarucú, il grande pesce del Rio Solimoes, molto appetitoso. É un pesce con caratteristiche preistoriche. Le squame sono di osso, molto dure, per resistere agli attacchi dei Piranha!

 

Pe. Paolo

domenica 31 agosto 2025

RISOLVENDO PROBLEMI PRATICI A MANAUS

 

Santo Antonio do Iça


 

 

Paolo Bizzocchi

 

Ciao a tutti e tutte.

Vi scrivo dalla barca mentre torno da Manaus, dove ho fatto tre serate di corso per avere l'abilitazione alla guida brasiliana, cioè il riconoscimento della mia patente italiana. Ancora una volta devo riconoscere l'intervento puntuale della Provvidenza, perché stando in Manaus mi sono potuto avvalere del prezioso aiuto di un amministratore della nostra diocesi, Pedro Bonafé, per fare i documenti per il rinnovo del Visto di residenza: come al solito sono cose piuttosto complicate e da solo sarebbe stato veramente impossibile affrontarle. Ora speriamo che vada tutto bene e la procedura proceda, ma di certo un bel passo lo abbiamo fatto! É il permesso di residenza per due anni, poi dovrei avere quello definitivo: il Brasile è un Paese accogliente, costruito da immigrati che hanno la coscienza di esserlo.

Finché ero a Manaus ne ho approfittato anche per alcune compere - i prezzi di alcuni prodotti sono sensibilmente più bassi -, per visitare i nostri seminaristi - che ho trovato felici ed in forma - , per Confessarmi - perché a S. Antonio non saprei come farlo ed approfitto di queste occasioni. La "novità" e stata che con me c’era anche d. Gabriele, venuto a Manaus per seguire la situazione di salute di una persona vicina alla nostra comunità.  Quindi la nostra piccola comunità ha continuato la sua vita anche in questi giorni! Questo significa che per una settimana abbiamo lasciato la parrocchia "scoperta" e ricominceremo a celebrare domani (domenica) pomeriggio.

Per la nostra parrocchia, nella parte cittadina, è una novità, perché avendo i frati cappuccini godevano di una presenza di preti e religiosi numerosa, quindi qualcuno c'era sempre. Da quanto ho colto, anche Burani e Carlotti avevano sempre evitato di assentarsi nello stesso momento, con l'attenzione materna di accompagnare il difficile passaggio della parrocchia dopo l'uscita dei Cappuccini. Ora stiamo muovendoci con più libertà, sapendo che è una sfida positiva e che Mariana, la missionaria argentina, è un supporto forte e riconosciuto.

Qualche "mal di pancia" c'è, è inevitabile: io lo risolvo ricordando che le comunità del fiume hanno il prete e la Messa al massimo una volta al mese. So che è la cosa che i cittadini "doc" non vorrebbero mai sentirsi dire, perché non tollerano di essere paragonati alle povere comunità del fiume, ma proprio per questo e importante ricordarglielo.

È un po' l'italianissimo "perché mandiamo dei preti in Brasile quando noi ne abbiamo pochi...", come se i preti fossero una proprietà e le comunità italiane avessero più valore e diritti di quelle brasiliane o di altre parti del mondo: proprio per questo è così importante che preti e consacrati continuino a partire e che i missionari brasiliani... vadano una settimana a Manaus!

Così, un po' per forza ed un po' per amore, le nostre comunità crescono e si muovono. I ministri guidano le Liturgie, a volte in modo brillante ed a volte un po' meno, come noi preti, e le comunità prendono coscienza che nulla è scontato e che la presenza della Celebrazione Eucaristica non è un diritto o un dovere, ma un dono del quale farsi responsabili.

"E se muoio quando siete via? Io voglio la Messa quando muoio!"

Gli ho consigliato di aspettare una settimana prima di morire..., ma gli ho anche ricordato che, se proprio muore in nostra assenza, si farà quello che si può, come avviene per gran parte dell'umanità.  Come ci dice oggi il Vangelo, pensare sempre di essere quelli che al banchetto hanno il diritto di stare al primo posto non è molto saggio ed a volte è anche un po' ridicolo...

Il Signore ci accompagni tutti!

D. Paolo

sabato 16 agosto 2025

FEDE E POLITICA: UN INTRECCIO INESTRICABILE

 

la celebrazione nella comunità di São Sebastião seguita dal "aniversário" (compleanno) di due coordinatrici: una disarmante semplicità che fa a pugni con i torbidi giri di potere e soldi di molta politica del paese...



Paolo Bizzocchi

Ciao a tutti e tutte!

Oggi voglio parlarvi di una cosa spinosa, che sta succedendo da queste parti: parliamo di politica… o meglio, parliamo di fedi e politica, di chiese e politica, perché qui l’intreccio è fitto, a volte inestricabile… Questo soprattutto ora, che siamo avvicinandoci alle elezioni politiche del 2026: di fatto la campagna elettorale è già iniziata, o per meglio dire non è mai finita. Non più di due settimane fa’ ho “bloccato” un giro di video pre-elettorali che stavano iniziando a circolare nei gruppi WhatsApp della parrocchia; in uno di questi, legato alla destra - estrema destra, i protagonisti erano preti, pastori evangelici, leader di movimenti cattolici e non.

 

Campagna elettorale mai finita, perché il Brasile sta vivendo una fase delicatissima. Le ultime elezioni, della fine del 2022, furono vinte per pochissimi voti da Lula e l’ex presidente, Bolsonaro, non riconobbe la vittoria; una settimana dopo la presa di possesso vi fu un tentativo di colpo di stato con un devastante assalto di folla al Congresso ed il tentativo di coinvolgere l’esercito per uccidere il presidente eletto. Ora l’ex presidente Bolsonaro è sotto processo ed agli arresti domiciliari, con un forte movimento che continua a sostenerlo.

 


Ma veniamo all’intreccio tra la politica e le chiese, che è la cosa che qui mi preme di più.

Per capirci qualcosa, dobbiamo aver ben presente che non siamo in Europa. Sulla moneta brasiliana, il nuovo Reais coniato nel 2010, sta la scritta: “Deus seja louvado” – “Dio sia lodato”. Il Brasile è un paese laico, ma la mentalità è profondamente sacrale, con una religiosità che pervade ogni dimensione della vita. A noi che siamo abituati a ragionare in modo eurocentrico può sembrare strano, ma in realtà gli strani siamo noi: a parte quella minoranza sempre più ridotta di umanità europea o europeizzata, che ha vissuto l’illuminismo e le filosofie conseguenti, tutto l’umanità ha uno sguardo sacrale sulla realtà. Lo hanno gli africani, gli asiatici, tutto il medio oriente, a modo loro i nord americani, in modo forte i sud americani, non so gli australiani… Nella gran parte dell’umanità la relazione con Dio è un dato di fatto: la laicità intesa come ateismo o irrilevanza di Dio (qualunque egli sia…) è una cosa del nostro pezzetto di umanità nel pezzetto di tempo che va dal 1700 ad oggi e che ormai sta chiaramente tramontando (purtroppo o per fortuna, decidete voi…).

 

Detto questo: qui che succede? Succede che qui la politica, ed in modo specifico la politica di destra – estrema destra, assume un valore religioso. L’ex presidente Bolsonaro nell’ultima campagna elettorale aveva l’appoggio delle maggiori chiese evangeliche (in particolare le ricchissime e potentissime ADVEC e UNIVERSAL). Ma quando parliamo di “appoggio” non dobbiamo pensare ad un semplice consiglio su cosa segnare nell’urna: dobbiamo pensare a Jair Bolsonaro che dopo il battesimo nell’ADVEC viene rinominato “Jair Messia Bolsonaro”, a folle enormi che lo inneggiano come inviato di Dio per la salvezza del Brasile, a pastori che minacciano l’inferno per chi non lo vota, ai politici di sinistra definiti apertamente come “anti-cristo” ed inviati dal demonio, a persone che pregano e piangono perché dio sia vittorioso e governi il Brasile attraverso il suo messia…

Questo ha portato ad un potere fortissimo di queste chiese evangeliche, che nel Congresso e nei principali organi dello stato hanno messo pastori e persone strettamente legate ai loro vertici ecclesiali. Si è così formata la “bancata evangelica” (il gruppo dei deputati evangelici), che con la “bancata dell’agronegozio” (grandi produttori agricoli) costituiscono la destra più estrema dell’attuale parlamento. Sta uscendo ora la notizia che in diverse città le forze di Polizia sono inviate a fare la loro formazione nei templi della chiesa UNIVERSAL, con interventi formativi dei pastori…

 

La “novità” che mi pare ora di cogliere è che anche nel mondo cattolico vi sono importanti settori che stanno entrando in questa linea. Si sta realizzando una strana convergenza fra le chiese evangeliche più potenti, i settori più conservatori del cattolicesimo, il cattolicesimo carismatico: apparentemente diversissimi, ma alleati nel combattere il “comunismo” (che per loro indica qualsiasi persona attenta al sociale, anche il vescovo Helder Camara è apertamente definito “comunista”…). Vi sono settori del cattolicesimo, come i potenti “Araldi del Vangelo”, che apertamente professano la necessità di uno stato teocratico, governato dalla Chiesa, altri che negano ogni contributo positivo alla cultura moderna, che negano la validità del Concilio vaticano II, che professano una morale estremamente restrittiva e condannano ogni apertura avvenuta dopo papa Pio XII (a volte già considerato “pericolosamente modernista”)… Le accentuazioni sono diverse, ma i punti comuni sono una morale identitaria (o sei dentro o sei fuori) e l’idea di una di chiesa che vede nella ricchezza e nel potere strumenti importanti per affermare la propria identità ed i propri valori.

Il fatto è che non parliamo di piccoli segmenti, ma di gruppi molto forti, con mezzi di informazione estremamente efficaci e penetranti, con la chiara e dichiarata ambizione di essere la “vera chiesa cattolica”, che fa “resistenza” ed intende cacciare i finti cattolici di marca “comunista”.

Insomma, una situazione complessa e delicata. Che fare? Io intanto sto ascoltando e ci sto pregando sopra, il resto vedremo…

Il Signore ci accompagni tutti!

d. paolo

sabato 9 agosto 2025

RIPRENDENDO LA VITA PARROCCHIALE

 

Messa inculturata di un vesco di una diocesi vicina



Paolo Bizzocchi

 



Ciao a tutti e tutte,

 

Vi ho scritto pochi giorni fa, ma voglio raccontare qualcosa anche oggi.

Tornato da Manaus, sto riprendendo la vita parrocchiale. Verso fine mese dovrò tornare tre giorni a Manaus per fare un mini corso per avere la patente brasiliana e spero di poter fare anche la visita medica richiesta (dipende da un documento che deve arrivare dall’Italia…), altrimenti dovrò tornare un’altra volta. Vista dall’Italia può sembrare strano, ma è così: per fare un documento sto andando e venendo da Manaus più volte: se viaggio con la “lancha”, ogni volta sono 1770 reais e tre giorni effettivi di viaggio (uno stipendio minimo sono 1500 reais…), se viaggiassi con il barco la spesa sarebbe ben minore, credo 5-700 reais, ma i giorni di viaggio effettivi diventerebbero nove o dieci. Questa volta farò l’andata in barco, circa tre giorni, con Thomàs, il giovane architetto volontario che ha fatto servizio qui per sei mesi ed ora torna a casa, nel sud del Brasile. Per il ritorno invece farò con la lancha, perché non posso permettermi di stare fuori dalla parrocchia altri cinque giorni per il viaggio.

Grazie a Dio, nel periodo del corso recandomi al dipartimento del transito (DETRAN) per il documento, ho trovato una giovanissima impiegata che mi ha preso a cuore e mi ha permesso di fare tutta la procedura iniziale in quelle due settimane, altrimenti avrei dovuto viaggiare un’altra volta per fare qualche firma. Sperimentare queste accoglienze è una vera gioia, Dio benedica tutte le persone che aiutano gli immigrati!

Come dicevo, per noi italiani tutto questo appare strano e forse inaccettabile, ma è la vita di questi luoghi sperduti. I tempi sono diversi e il livello di pazienza anche. Ciò che serve per vivere, molte volte si trova a 900-1000 km e (soprattutto) a molti giorni e molti reais di distanza… ma si fa, con pazienza.

Sinceramente, spero che questi viaggi terminino presto, perché in questo momento ho molto bisogno di stare in parrocchia e fermarmi, sia per me che per le persone di qui: sta iniziando uno stile di vita, la presa di responsabilità, il vissuto di semplici relazioni, un minimo di familiarità con la lingua… tutto questo chiese stabilità e tempo. Di fatto se pensassi di tornare in Italia un mese per “fare ferie” ad un anno dalla partenza (novembre o dicembre) sarebbe una vera sciagura: significherebbe perdere buona parte del lavoro fatto fino ad ora, ed al ritorno dover ricominciare ancora una volta. Credo che passerò il prossimo anno verso settembre – ottobre: per allora spero che la lingua, le relazioni, l’impegno pastorale, si siano sufficientemente consolidati per potermi permettere alcune settimane di “interruzione” senza perdere ciò che ho acquisito.

Per questo autunno invece vivremo la gioia dell’arrivo di d. Marco, cercando di fargli buona accoglienza! Lo stiamo attendendo molto!

Qui che sta avvenendo?

D. Gabriele sta partendo per il viaggio mensile sul fiume, con una tenacia ed una pazienza che molte volte non viene appagata dai risultati visibili. È un segno bello del lavoro pastorale fatto in totale gratuità, senza attendere nulla in cambio. Può essere che in futuro arriviamo a ripensare un poco il modo di seguire queste piccole comunità del fiume, ma lo spirito non può che essere questo: una presenza semplice fra gli ultimi, che spesso non hanno nulla da restituire.

Io invece mi sono rimesso all’opera sia con le questioni burocratiche (non illudiamoci che qui non ci siano, anzi…) che pastorali.

Ora sto facendo il “novenario” di S. Clara (S. Chiara, che festeggeremo domani) nella comunità a lei dedicata. Abbiamo così inaugurato la nuova chiesa, quella dove ho fatto (e devo completare) l’impianto elettrico. Manca circa tutto, perché non è pitturata, non ha il pavimento, non ha seggiole proprie… ma ha il tabernacolo e custodisce l’Eucaristia, ha un piccolo ambone per proclamare la Parola di Dio, ha un altare nuovo. Quella dell’altare è una storia con due volti: uno triste, perché avevamo chiesto ad una comunità di mettere a disposizione un vecchio altare che loro non usano ed hanno rifiutato (il campanilismo è un male non solo italiano); uno gioioso, perché una famiglia della stessa comunità, scandalizzata dal comportamento degli amici, ha offerto un altare nuovo per la cappella nascente. Questa sera lo benediremo ed inizieremo ad usarlo!

Ciò che veramente manca a questa nuova chiesa è però la comunità, attualmente costituita da pochissime persone (direi che non arriviamo a dieci…). Del resto, parlando con la responsabile abbiamo calcolato che nei dintorni della nostra cappella (nel giro di poche centinaia di metri…) ci sono almeno otto chiese evangeliche di diverse denominazioni.

Ci sarà da lavorare tanto, con pazienza e senza tante aspettative.

Pensando che la cappella è dedicata a S. Chiara, mi è venuto in mente che la chiesetta di S. Damiano, ove Chiara visse tutta la sua vita monastica, fu restaurata da Francesco all’inizio della sua vocazione, quando udì la voce di Gesù, “Và e ripara la mia chiesa, che è in rovina!” Come prima cosa Francesco si mise a fare il muratore per questa chiesetta abbandonata, senza sapere se poi qualcuno l’avrebbe usata… e divenne la dimora di Chiara e delle sue sorelle. Che sia così anche per la nostra S. Clara? Io non ho fatto il muratore, ma l’elettricista… ad ognuno il suo.

Un’ultima cosa. Ieri sera nella stessa cappella abbiamo celebrato per la prima volta i Battesimi, con sei bambini e bambine di diversa età. Dopo l’incontro di preparazione i genitori di due bambini mi chiedono cosa devono fare per sposarsi in chiesa… e scopro che non sono battezzati, come non lo è la madrina: “da piccoli abitavamo sul fiume, il frate veniva a battezzare una o due volte all’anno, ma a noi non è stato fatto”. Nella liturgia battesimale li ho visti convinti ed al Padre Nostro hanno pregato, quindi lo conoscono. Hanno visto il battesimo dei figli, vediamo cosa germina in loro: potrebbero essere il seme di una nuova comunità!

 

Il Signore ci accompagni tutti!

martedì 5 agosto 2025

DAL CORSO SULLA REALTA’ AMAZZONICA

 


Il gruppo dei corsisti


Tra storia, cultura e nuove sfide

Paolo Bizzocchi

 

Ciao a tutti e tutte,

Vi scrivo mentre sono di ritorno da Manaus, dove ho trascorso due settimane frequentando un corso specifico sull'Amazzonia: la sua storia, la sua cultura, le sue sfide. Non è stato facile, perché il mio portoghese non è all'altezza degli interventi che ho ascoltato, ma ne è valsa la pena: l'Amazzonia è un territorio che ha specificità uniche e chiede un lungo cammino di conoscenza. Lo testimonia anche il fatto che una parte dei partecipanti era brasiliana: anche all'interno del Brasile, l'Amazzonia è percepita come una realtà a se stante.

A cosa mi e servito? Direi innanzitutto per tre cose: capire cosa sta succedendo oggi attorno a me, che vivo qui; assumere lo sguardo dell'altro, che in questo caso sono le popolazioni originarie, indigene; cogliere perché papa Francesco ha dato tanta importanza a questo pezzo di mondo ove ho il privilegio di trovarmi.

È chiaro che si tratta di prime intuizioni, ma cerco di dire qualcosa.



 

Cosa sta succedendo in Amazzonia? È triste dirlo, ma sta succedendo quello che succede da 500 anni. Nonostante si siano fatte legislazioni a tutela dei popoli originari e dell'ambiente, la lotta per lo sfruttamento economico del territorio è ancora pienamente in corso. É di queste settimane la notizia che il Congresso, l'organo legislativo della repubblica, attualmente con una forte maggioranza di estrema destra, abbia appena approvato una legge che di fatto permetterà un ampio sfruttamento economico del territorio. Con la motivazione di snellire complessi iter autorizzativi, di fatto si dá alle grandi aziende e multinazionali la possibilità di agire senza dover rispettare le legislazioni relative alla tutela dell'ambiente e dei suoi abitanti legittimi. A questo si collega una forte lotta culturale che punta a legittimare e porre in buona luce l'antica colonizzazione con lo scopo evidentemente di giustificare la colonizzazione attuale. In questa linea di pensiero le popolazioni indigene non hanno una dignità propria, sono considerate primitive ed improduttive, quindi parassitarie e prive di diritti: occupare e sfruttare i loro territori diviene un'opera positiva e meritoria, perché favorisce il progresso economico della nazione.

 


Una seconda cosa che mi ha colpito è la possibilità di guardare le cose dalla parte delle popolazioni indigene o socialmente marginali. Questa secondo me è la cosa più importante ed è una vera rivoluzione interiore. Se non si fa questo, al massimo si arriva ad avere una posizione di difesa sociale o di assistenza, ma non si cambia il modo di guardare la realtà. Non si tratta di passare dal mito del "cattivo indigeno" al mito del "buon indigeno" o simili, ne di dire che il nostro progresso è cattivo, ma di cogliere che il nostro sguardo sul mondo ha paraocchi molto spessi.

A noi hanno sempre insegnato a valutare l'umanità e la sua storia a partire dal progresso tecnico ed economico, visti come unico criterio di valore. Per noi il progresso dell'uomo è l'assunzione di nuovi strumenti tecnici capaci di aumentare il nostro potere sulla natura, partendo dalla pietra per arrivare all'intelligenza artificiale: l'umanità che ha più strumenti tecnici è la più progredita, la migliore... fino ad affermare che "il progresso non si può fermare", neanche quando viene a nostro danno. Le popolazioni indigene dell'Amazzonia ci dicono che c'è un altro modo di leggere la vita ed il bene dell'uomo, nel quale la capacità tecnica ha molto meno valore e la sapienza del vivere nell'armonia della totalità è la vera fonte di felicità. Questa è davvero una grande provocazione: non si tratta di respingere la tecnica o l'economia, ma di dargli lo spazio che realmente serve per la felicità nostra e del creato.

 


Infine, se state ancora pazientemente leggendo, la terza cosa è capire perché papa Francesco ha profeticamente posto gli occhi in modo così forte su questa realtà. É stato un suo pallino personale o c'è un'intuizione da non perdere? L'intuizione c'è, ed è forte. L'intuizione, a mio parere, é aver colto che nei popoli amazzonici si conserva una sapienza di fede e di umanità che il mondo tecnicamente evoluto ha perso da tempo. Una sapienza che ha permesso a questi popoli millenari di vivere un equilibrio col resto del creato che il nostro mondo non ha saputo custodire.

Questo vale anche per la nostra fede cristiana. Non è un caso che nella nostra fede l'importanza che diamo all'opera di Dio e di Cristo nella Creazione sia minima: ci limitiamo a dire che Dio ci ha affidato il mondo, e ce lo teniamo ben volentieri. La spiritualità indigena può essere per noi un grande aiuto per riscoprire la presenza di Dio nel Creato e ritrovare una sapienza di vita che pare perduta.

 

Ok... di certo oggi non sono stato molto gradevole, ma credo che siano temi davvero importanti. Magari potremo riprenderle una volta che faremo un incontro via web, perché con la parola il confronto è più facile: sono cose che non toccano solo la testa, ma anche il cuore!

 

Il Signore ci accompagni tutti!

d. Paolo

lunedì 28 luglio 2025

LE COMUNITA' DEL FIUME A MANAUS

 



Ciao a tutti e tutte.

 

Paolo Bizzocchi

Sono appena tornato dalla due giorni che abbiamo vissuto nelle comunità del fiume a pochi km da Manaus: introduco e vi mando alcune foto, che parlano più delle parole.

A differenza di quanto avviene nella nostra parrocchia, qui il Rio Solimoes non ha sponde naturali e la foresta nei pressi del fiume é diradata, lasciando ampi spazio liberi.

Questo ha fatto si che sulla riva del fiume e nei rami che si formano nel tempo di piena, vivano da sempre piccole comunità non indigene, in case di legno su palafitte o galleggianti. Ecclesialmente sono divise in piccole "comunità missionarie" che si ritrovano settimanalmente per la Liturgia della Parola guidata da ministre e ministri delle comunità ed una volta al mese per l'Eucaristia.



Cioè che sorprende é la vita di queste famiglie. Per circa sei mesi all'anno vivono nell'acqua o ai bordi di questa, pescando il pesce abbondante; poi con la metà di agosto viene la secca (ora l'acqua si sta lentamente abbassando). Man mano che la terra si scopre seminano manioca, mais, cocomere, banane ed altro: la terra che esce dal fiume é molto feconda, mentre quella della foresta è più povera. I sei mesi di secca sono sufficienti per fare il raccolto, che serve anche per il periodo di piena.

Paradossalmente, il periodo di piena é più favorevole per le comunicazioni, perché con la canoa arrivano dappertutto; quando viene la secca diverse aree si raggiungono solo a piedi o a cavallo, talvolta in moto.



La foresta ed il fiume sono densamente abitati. Ci sono i pesci da mangiare e quelli che ti mangiano, come il piranha, ci sono gli yakaré - i coccodrilli di questa zona - che mangiano e si mangiano volentieri, ci sono serpenti di un paio di metri che stringono la vittima fino ad ucciderla, poi la mangiano (ci hanno mostrato le foto di un paio che hanno ucciso vicino alle case).

 

Immagino che a sentir queste cose noi non siamo tranquilli, ma loro lo sono: è la loro vita. Con un percorso di mezz'ora in canoa in mezzo alla foresta abbiamo visitato una donna di 85 anni, che vive lì con un figlio non sempre presente: un sorriso ed una serenità incredibili! È una vita "diversa" fatta da persone "normali", con grandi televisioni e telefoni. Una vita diversa, ma possibile: i molto sorrisi e la bella ospitalità lo dimostrano.



 

Basta. Vi mando alcune foto e filmatini di questo ambiente unico ed affascinante.

 

Il Signore ci benedica tutti!

D. Paolo

martedì 22 luglio 2025

SETTIMANA DEDICATA AI GIOVANI

 



Ciao a tutti e tutte!

Vi scrivo mentre aspetto la "lancha", il traghetto veloce, che mi porterá a Manaus per le due settimane di corso sulla realtà amazzonica. Se tutto sarà regolare, arriverò domani a metà pomeriggio: ora che il fiume è ancora alto, é possibile che il tempo di percorrenza all'andata si riduca a 24-25 ore, rispetto alle 28-29 del tempo standard. Questo perché con l'acqua alta la lancha può tagliare alcune grandi anse del fiume nei canali che con acqua bassa non sono percorribili. Il Rio delle Amazzoni è infatti un fiume piatto, con pochissima pendenza: noi siamo a quasi 2.000 km dal mare, ma l'altitudine di S. Antonio sul fiume è 30 m sul livello del mare: il fiume un enorme pachiderma d'acqua che si muove sinuosamente. Anche per questo è difficile definire con precisione la lunghezza del corso d'acqua.

Ma veniamo a noi ed a questa settimana dedicata soprattutto ai giovani. 



L'inizio è stato triste, con un altro ragazzino di 11-12 anni morto nel fiume. Già era successo in maggio, in un' altra zona della città. Però se nel primo caso il fiume era stato la causa diretta del decesso, qui la dinamica è stata differente: probabilmente un attacco di epilessia che lo ha fatto cadere dalla canoa già privo di sensi. Questo non ha cambiato molto per il padre che lo ha ritrovato sul fondo, né per la madre, che era a Manaus per esami medici. Purtroppo l'assenza di mezzi di gestione della salma ha costretto a celebrare le esequie  il giorno seguente, mentre la madre era ancora in viaggio. Prima della sepoltura il padre è intervenuto in modo sofferto ed accorato, invitando i genitori ad avere cura dei figli, piú preziosi di ogni ricchezza materiale.

Avere cura dei figli... Da venerdì sera ad oggi abbiamo avuto il ritiro degli adolescenti e dei giovani. Un gruppo piuttosto numeroso e bello, che non avevo mai visto insieme (anche loro non sempre si conoscono, perché normalmente si trovano in piccoli gruppi, nelle comunità). Per la parte biblica e la preghiera hanno provveduto gli educatori, molto capaci di toccare il cuore dei ragazzi. La parte del leone l'ha peró fatta Oriana, psicologa italiana che sta facendo un anno di servizio civile in Brasile. Un po' parlando lei, un po' facendo lavorare loro ha affrontato temi pesantissimi: depressione, dipendenze, ansia... È rimasta impressionata dalla capacità dei ragazzi di seguirla per molto tempo e dal loro interesse concreto per tutte queste cose: è evidente che si stava parlando della loro vita. Ha sorpreso anche l'attività nella quale hanno elencato situazione problematiche che gli stanno a cuore: non si sono fermati a problematiche adolescenziali, ma hanno citato tematiche di grande respiro. Mi ha colpito che hanno citato anche la violenza dei figli verso i genitori (forse frutto della droga) e l'aborto, qui in Brasile totalmente vietato, ma praticato nelle famiglie con mezzi artigianali. 



Io ho confessato. Di questo ovviamente non posso dire nulla, se non la sorpresa per la loro capacità di apertura confidente con un adulto che pure fatica a capire quello che dicono (il portoghese strizzato, pestato e velocizzato degli adolescenti é veramente impossibile...). 

Posso solo dire che ho sinceramente rischiato di commuovermi...


Concludo, anche perché la lancia dovrebbe arrivare tra poco. Mentre finivo di scrivere ho sentito una mano sulla spalla... Una delle giovanissime partecipanti che passava per il porto, mi ha a visto ed è venuta a regalarmi un grande sorriso. Direi che questo basta per dire che vale la pena di essere qui.


Il Signore ci accompagni tutti!

D. Paolo

giovedì 3 luglio 2025

I CANI DI SANTO ANTONIO

 



Ciao a tutti e tutte!

Mentre dall’Italia mi giungono notizie di un caldo asfissiante, qui siamo in “inverno” e momenti più caldi si alternano a piogge brevi ed intense (molto intense…), che tengono la temperatura a livelli gradevoli.

Quindi per invidiarvi aspettiamo agosto – settembre, quando da voi le temperature inizieranno a calare e qui avremo il tempo della “secca” che io ancora non conosco, ma che dai racconti che ascolto non mi pare molto gradevole.

Vengo da una settimana tranquilla, continuando i primi passi da parroco con una serenità che non credevo di avere; ieri sera d. Gabriele è tornato dal viaggio sul fiume, sempre ricco di nuove idee da realizzare, che mi danno forza ed anche un po’ di mal di testa…

Come succede ad ogni nuovo parroco, le prime cose che arrivano sono le lamentele, le cose che non vanno, quelle che sarebbero da fare, etc etc etc… Grazie a Dio l’esperienza italiana nell’Unità Pastorale “Gioia del Vangelo” mi ha insegnato che non sono qui per risolvere i problemi (neanche Gesù li ha risolti, quindi…), ma per starci dentro con un po’ di amore del Signore.

Ora ascolto e tanto dovrò ascoltare. La comprensione del portoghese è realmente il primo compito: sto scoprendo che ho attorno a me tanti buoni maestri, che non mi esentano dall’impegno dello studio, ma continuamente mi consentono di esercitarmi ed aggiungere ogni giorno un pezzettino.

Credo che tante volte nella vita siamo circondati da buoni maestri, ma non sempre li vediamo perché pensiamo di non averne bisogno.

Fra le cose più significative e toccanti vi è stato il ritorno al carcere, che non visitavo da prima della partenza. Ora è pieno in modo impressionante: la stanza più grande accoglie dodici uomini, la piccola nove, con amache su più piani per dormire. Ora la temperatura è accettabile, ma quando verrà il caldo sarà molto dura.

Ho ritrovato facce note, uno di loro è dentro quella stanza da due anni: sono persone “in attesa di giudizio”, ma questa attesa può essere molto lunga.

Fra le facce nuove, quella spaurita di un diciottenne, Eduardo: “hai amici?” - “no, vivo con mio padre”; “hai avuto problemi con la droga?” – “no” (sembrava sincero). Ci siamo accordati che quando uscirà – spera la prossima settimana – passerà in parrocchia: di certo non abbiamo una soluzione, ma forse un po’ di amicizia buona potrà trovarla.

Poi, semplici chiacchiere alla sbarra, preghiere e canti (che tutti conoscevano benissimo...), consegna di alcuni libri, una fetta di torta ed una bibita. Gli ho raccomandato il giovane convivente: “in questo momento avete un figlio, trattatelo con cura”. Mi hanno chiesto una piccola cassa amplificata, perché quella che hanno è rotta: sapendo quanto può rilassare ascoltare un po’ di musica il giorno dopo l’ho fatta avere.

Volevo parlarvi di una cosa che può sembrare banale, ma che mi sta facendo riflettere molto: i cani di S. Antonio.

I cani? Perché?

S. Antonio è piena di cani che vivono in strada; alcuni sono di famiglie, altri forse fanno riferimento a qualcuno (come il nostro Miguel, che pur mancando di un occhio si è autoproclamato guardiano della parrocchia), molti sono semplicemente per strada.

Quello che impressiona è la loro integrazione nell’ambiente sociale. Sono rispettati (dormono tranquillamente in mezzo alla strada…) e - al di là delle feci sparse qua e là – non creano problemi particolari: sono parte della società cittadina e convivono pacificamente con la componente umana. Nessuno ha paura di lasciare i bimbi in giro perché “ci sono i cani…”.

Facevo il paragone con quanto succede da noi se in paese gira un cane senza collare.

In un primo momento è “un cane”, poi diventa un “cane randagio” – con il secondo termine più accentuato - poi diventa un “randagio”, perdendo la sua identità di cane e tenendo solo il termine dispregiativo (vi ricorda qualcosa in campo umano?).

Poi arriva l’allarme su facebook con commenti non citabili, poi le guardie comunali, i pompieri e se è il caso i carabinieri… Tutto questo nonostante che le cronache parlino più spesso di bambini uccisi da “Fido” domestici un po’ cresciutelli che da cani randagi.

Ed intanto il cane randagio è solo, magari affamato, spaventato, braccato… e diventa aggressivo, e tutti pensano che l’allarme sia più che giustificato e che il “randagio” non debba esistere perché inevitabilmente cattivo.

 

I cani italiani ed i cani di S. Antonio non hanno DNA diverso: l’unica differenza è che uno viene preventivamente escluso e considerato pericoloso (e quindi lo diventa), l’altro è integrato nel vivere sociale, anche accettando le problematiche che la sua presenza può dare (e quale presenza non genera problemi?).

I risultati dei due atteggiamenti sono molto differenti ed anche un anti-cinofilo come il sottoscritto ha iniziato a guardare i cani con simpatia, forse perché qui possono fare i cani come Dio comanda.

No, non sono diventato improvvisamente cinofilo: penso abbiate già capito cosa sto dicendo, perché quello che avviene con i cani avviene anche con altre creature, ad esempio gli uomini.

Forse parlare di cani ci aiuta a cogliere il pericolo che viene non dalle persone, ma dalle dinamiche di paura ed esclusione che generano uomini e donne considerati non-persone (non vengono nemmeno più indicati come tali, ma solo come “clandestino”, “drogato”, “prostituta”, etc…)

Forse parlare di cani “randagi e quindi pericolosi” ci aiuta anche a cogliere come un popolo può arrivare ad accettare la guerra, addirittura quella “preventiva”, le stragi, la nullificazione dei suoi fratelli e sorelle in umanità. Forse riguarda anche noi.


Il Signore ci accompagni tutti!

d. Paolo

lunedì 16 giugno 2025

RITORNO A SANTO ANTONIO

 



Buona festa della Trinità a tutti e tutte!

Rieccomi a S. Antonio, in un “secondo arrivo” non meno significativo del primo. 

Il cambiamento da Brasilia è grande. È passare da una città con le persone che passeggiano con cani da compagnia, ad un’altra con cani sulle strade assieme a persone di compagnia; da una città piena di automobili con una o due persone a bordo, ad un'altra piena di moto con tre, quattro, cinque persone a bordo; da una città con strade senza buche ad un’altra con buche a volte senza strada;  da una città ove un’apparente ordine nasconde situazioni di grande caos morale e civile, ad un’altra ove un reale disordine custodisce vite dure ed a volte un po’ selvagge, ma custodi di una grande umanità. 

È indubbio che preferisco la seconda alla prima…


Un secondo arrivo, con una conoscenza iniziale della lingua che mi sta permettendo primi e timidi contatti con la popolazione ed una diversa relazione con la vita pastorale delle comunità. Del resto d. Gabriele stamattina è partito sul fiume e, dopo un giro a casa domani, martedì ripartirà per il giro completo. Ed io mi ritroverò, per la prima volta, a fare il parroco “brasiliano”. Di certo un po’ di ansia non manca, ma la gioia di poter iniziare è maggiore. 

Il primo compito sarà quello di continuare a studiare la lingua (ma ora mi sono tutti un po’ maestri: ascoltandoli imparo), il secondo quello di ascoltare molto, il terzo quello di iniziare a fare programmazioni ed avvisi… per i quali d. Gabriele mi ha “ceduto” tutto il materiale necessario. Vediamo come andrà, ma di certo andrà bene perché la chiesa è nelle mani del Signore.


I primi giorni del ritorno sono stati caratterizzati da ascolto, celebrazioni e festa.

Ascolto, perché sembra che le persone abbiamo capito subito che adesso un po’ li capisco ed hanno iniziato a parlare. L’incontro più interessante è stato al porto, dove un gruppetto di uomini mi ha riconosciuto e salutato. Il primo era un pescatore, di notevole tonnellaggio, che voleva illustrarmi un suo progetto: sinceramente non ci ho capito molto, ma forse nemmeno lui si è capito, perché era indubbiamente un po’ bevuto; poi un altro uomo, che dopo avermi raccontato l’educazione al bene ricevuta dalla nonna mi ha spiegato che lavorava in un garimpo illegale (quelli che cercano l’oro nel fiume), che aveva costruito il garimpo con grande cura, ma che ora lui ed il suo amico sono senza lavoro, perché è arrivato l’esercito facendo fuoco e sono dovuti scappare… La manovalanza di un crimine condotto da chi non rischia e guadagna. 

È stato interessante che sia il pescatore che il garimpero, probabilmente legati ad una chiesa evangelica, mi abbiano interrogato sul culto alle immagini e sul fatto che io non abbia moglie, mentre i pastori hanno famiglia. È interessante cogliere che gli evangelici riescono ad intercettare questa fascia della popolazione, mentre noi cattolici facciamo molta più fatica: non è certo perché gli evangelici siano più poveri o “evangelici”, ci sono chiese evangeliche che sono imperi economici, ma pare che il loro messaggio riesca a suscitare un interesse che noi facciamo fatica ad intercettare. Vedremo, intanto ascoltiamo.

Poi c’è stata la grande celebrazione di S. Antonio, davanti alla quale non c’è Natale o Pasqua che tenga. Tredici giorni di preparazione, poi la processione per il paese con la statua del Santo e la Messa con la chiesa stracolma di persone. La devozione è molto forte (ed in questo caso forse anche qualche evangelico non resiste alla tentazione di chiedere un aiutino al Santo…) ed aiuta a cogliere il modo di credere di questo popolo: una fede concreta, che non si stacca mai dalle problematiche quotidiane della vita, che chiede e cerca e vuole ottenere, che si affida e spera, che desidera un contatto concreto che si rende possibile in Maria, in Antonio ed in tutti i Santi. 

Una fede con mille “buchi”, ma che Gesù ha sempre accolto e benedetto, lasciando che le folle lo cercassero per vederlo, toccarlo, cercare una guarigione o un risanamento interiore… come la donna emorroissa: “se riuscirò a toccare la sua veste sarò guarita… Donna, la tua fede ti ha salvato”. 

Una fede da accogliere ed accompagnare, sapendo che quando si passa al “piano superiore” del dono di sé e della Croce e Risurrezione non tutti salgono la scala.


Ed infine la festa, in questi giorni abbondantissima e rumorosissima. La comunità cattolica era contenta perché la Prefettura aveva chiamato per un concerto anche un gruppo musicale cattolico. Anche questo per noi può essere difficile da capire, ma in un panorama dominato dalle chiese evangeliche e dai loro gruppi musicali, nel quale i cattolici spesso si sentono un po’ disprezzati, avere un concerto cattolico è stato un motivo di gioia ed anche un po’ di orgoglio. Il concerto è stato bello, vedere giovani ed adulti della parrocchia che cantavano e ballavano sereni è stato consolante. Il programma avrebbe previsto anche un momento finale di Adorazione Eucaristica… ma visto il contesto rumoroso e per nulla adatto della piazza sono riuscito a convincere il gruppo a desistere.

Mi ha fatto soffrire quando il cantante centrale del concerto ha iniziato la filippica dicendo che noi siamo “cattolici-apostolici-romani” e che siamo i “veri credenti” e che “nessuno è meglio di noi” e che “siamo quelli che crediamo di più in Maria” (falsissimo, gli orientali hanno una devozione molto più radicata…) e via dicendo… 

Purtroppo questi gruppi musicali sono spesso legati alla corrente del tradizionalismo – pentecostalismo cattolico, che anziché percorrere le vie evangeliche del dialogo e della valorizzazione promosse dal Concilio Vaticano II e da tutti papi successivi, si schierano in posizioni di orgogliosa contrapposizione, che hanno ben poco di evangelico. 

Anche questo è un aspetto importante della storia attuale della chiesa brasiliana, sul quale ci sarà da lavorare tanto. Di guerre ce ne sono già abbastanza, se aggiungiamo anche la guerra fra cristiani cattolici e cristiani evangelici le cose non possono che peggiorare.

La Santa Trinità, comunità d’amore nella differenza delle tre Persone Divine, ci aiuti ad essere uomini e donne di comunione!

Il Signore ci accompagni!

d. Paolo

sabato 7 giugno 2025

RIPARTIRE DOPO BRASILIA

 



Ciao a tutti e tutte!

Vi scrivo mentre aspetto che venga il momento di partire dal Centro Cultural Missionário di Brasilia per prendere l’aereo che mi porterà a Manaus. Ad attendermi ci sarà d. Paolo Cugini. Resterò con lui per la Pentecoste, che qui si celebra in un’unica “mega Messa” per tutta la diocesi, ed il lunedì; poi martedì partirò per S. Antonio ove arriverò mercoledì, in tempo per la grande festa della parrocchia e del paese.

A tutti gli effetti è una seconda partenza, perché tornerò con competenze che prima non avevo, ma anche con la coscienza di dover “ri-partire” quasi da zero, inserendomi in una modalità nuova e tutta da costruire: se fino ad ora è stato solo ascolto, ora dovrà essere pieno ascolto – con un po’ di capacità per capire – ed al contempo inizio di una relazione con le persone e la comunità che fino ad ora non è stata possibile. Sono partito che ero un bambino di due anni, torno che sono un bambino di sei – sette anni, che può rispettosamente parlare con chi lo sta generando alla sua nuova vita, la mia comunità.

L’ultima settimana di corso non è stata facile, perché alcune cose di questi tre mesi, prolungate fino alla fine, mi hanno molto infastidito, e le tensioni accumulate non sono certamente di aiuto nelle relazioni (soprattutto quando anche le altre persone vivono la medesima stanchezza e le loro tensioni). Ho sperimentato la forza della preghiera, mettendo tutto davanti al Signore e chiedendo di essere una presenza costruttiva, esprimendo le cose in modo che potessero essere di aiuto. Devo dire che il Signore si è proprio fatto sentire, perché parto senza essermi tenuto nulla sullo stomaco ed al contempo con una buona relazione con i responsabili – ai quali non ho risparmiato le dovute critiche – e con tutti i compagni e le compagne del corso.

Racconto solo una cosa piccola, ma significativa. Uno dei partecipanti più giovani, un seminarista vietnamita, si era espresso con me in un modo molto forte e senza rispetto e la cosa mi aveva molto innervosito; sul momento ho fatto esercizio di silenzio, chiudendomi nell’attività che stavo facendo. Poi la sera e la mattina ho pregato anche per questa situazione ed alla cena ci siamo trovati di fianco a lavare i piatti, senza altre persone presenti nel lavatoio. È stata l’occasione ottima per parlargli con calma, facendogli presente la necessità di rivolgersi con rispetto alle persone più anziane, anche e soprattutto quando sarà in parrocchia. Oggi ci siamo salutati con molto affetto e ed è stato davvero bello.

 


La scorsa settimana abbiamo vissuto il sabato e domenica in una parrocchia, ospitati da famiglie. Io e d. Giuseppe – altro prete italiano – eravamo in una famiglia con tre figli di 18, 15 ed 11 anni. Il marito è Alexandre, la moglie Liliane. La quindicenne è autistica, di una certa gravità. Una famiglia della classe medio-alta, con la moglie insegnate da 26 anni (salario di 9.000 $R al mese) ed il marito con una attività con alcuni dipendenti, quindi presumibilmente con una reddita più alta. Vivono nella casa dei suoceri, con un loro appartamentino che per cinque persone a noi sembrerebbe molto piccolo; come in tutte le case monofamiliari della città recinzioni e cancelli non mancano, anche se a Brasilia i furti domestici non sono uno dei problemi più rilevanti.

È stato interessante parlare della loro vita. Il problema di mandare i figli nelle scuole private – qui numerosissime – per la bassa qualità della scuola pubblica: per ogni figlio sono più di 3000$R al mese. Il problema della figlia autistica: con il governo Lula nel percorso scolastico vi è una certa assistenza, ma con il precedente governo Bolsonaro tutti i fondi erano stati tagliati e non si sa come andranno le elezioni del prossimo anno. Il problema della sanità pubblica quasi inesistente e dei costi molto alti della sanità privata.

Tutto questo però vissuto con una fede bella e carica di speranza (e di devozioni ai santi che fanno miracoli, siamo in Brasile…) e con uno grande attenzione all’etica della vita pubblica. Quando abbiamo detto che entrambi siamo in nell’area della foresta amazzonica hanno mostrato di conoscere bene i problemi del disboscamento, del latifondo, delle ricerche minerarie, condividendo la preoccupazione per l’avanzare di leggi che favoriscono tutte queste cose.

Siamo andati anche a visitare un santuario dedicato a Maria Regina Vittoriosa (altra cosa che ai Brasiliani piace molto…) e durante il percorso Liliane mi faceva osservare condomini ed aree ove altri condomini rischiano di sorgere. Perché ne parlo? Perché qui “condominio” non sono i nostri palazzi plurifamiliari (che anche qui esistono, ma con altro nome), ma ben altra cosa. “Condominio” è una grande area recintata, a volte quasi fortificata, spesso con un ingresso vigilato da personale armato, all’interno della quale si trovano diverse abitazioni; se è un condominio grande e di qualità può avere anche le aree verdi, le aree sportive, i negozi per la vita quotidiana. In pratica, un quartiere chiuso e vigilato. “E i poveri stanno fuori…”, commentava amaramente Liliane.

Qualcuno potrà pensare che è una legittima ricerca di sicurezza in una situazione di pericolosità, vera o presunta: dov’è il problema? Il problema è questa “sicurezza” anziché crescere cala, per chi è fuori e per chi è dentro.

Per chi è fuori, perché chiaramente aumentano le discrepanze sociali, l’emarginazione dei ceti più poveri, i reciproci sentimenti di risentimento e paura, le false e stereotipate immagini del “altro” sia per chi è fuori che per chi è dentro: quindi aumentano le tensioni sociali e la criminalità.

Per chi è dentro, perché vivere nell’isolamento ed in una illusoria sicurezza aumenta i sentimenti di diffidenza, paura, estraneità, insicurezza… con il conseguente bisogno di chiudersi ed armarsi sempre più: chi è “fuori” è comunque un pericolo dal quale devo difendermi, e stranamente anche quando sono dentro non mi sento più al sicuro… perché il mondo è pieno di nemici.

I condomini sono un problema serio, ancora di più quando assumono le dimensioni di una nazione o di un continente.

Grazie a Dio a S. Antônio non ci sono…


p.s. il vino che si vede è un lambrusco rosato che viene da Gattatico, ma che fa 7.5°… comunque qui va bene lo stesso

Il Signore vi doni una Pentecoste piena dello Spirito che apre a tutti i popoli!

(ed anche un buon referendum…😉)

 

d. Paolo

sabato 31 maggio 2025

Per amare ed accogliere la nuova cultura dobbiamo amare e custodire la nostra

 



Ciao a tutti e tutte!

Ultime settimane a Brasilia: più volte mi è sembrato di avervi detto tutto quello che era dicibile da qui, ed invece c’è sempre qualcosa di nuovo che viene donato e che si può donare.

Quest’ultima parte del corso, unisce all’insegnamento della lingua incontri di formazione per aiutarci a comprendere la realtà nella quale andiamo ad inserirci ed il nostro compito, la nostra missione di annunciatori del Vangelo in un contesto storico e culturale ben determinato.

Vi riporto solo una cosa che ho raccolto, anche perché si collega a fatti di attualità italiana.

Abbiamo avuto un incontro con pe. Joachim Andare, missionario indiano in Brasile da 34 anni e professore universitario di antropologia, che ci ha parlato di “inculturazione e interculturalità”. È interessante che la lettura non è stata fatta dalla parte della nazione che accoglie, ma dalla parte dello straniero, che siamo noi missionari.

La questione era come considerare la nostra cultura di origine in rapporto alla nuova cultura nella quale ci stiamo inserendo, considerando che noi arriviamo come stranieri mediamente più ricchi e dotati delle popolazioni nelle quali siamo chiamati ad inserirci.

Innanzitutto, ci ha presentato un ventaglio di possibilità: da chi sta in missione anni, ma di fatto non si stacca mai da casa e vive nel nuovo contesto come un estraneo, a chi cerca di “cancellare” la sua identità originaria per immergersi completamente – e spesso un po’ ingenuamente – nella nuova cultura.

Ci ha quindi parlato di “interculturalità”, nome un po’ strano che significa la lenta e progressiva creazione di un qualcosa di nuovo in noi ed attorno a noi: essere chiaramente e coscientemente italiano, per poter accogliere ed amare la cultura brasiliana, che comunque non sarà mai la “mia” cultura. La cosa bella che ne esce, e che lui ci ha detto più volte, è che per amare ed accogliere la nuova cultura dobbiamo amare e custodire la nostra, in un incontro che può essere fecondo per l’Italia ed il Brasile, perché se ne esce entrambi un po’ cambiati, positivamente “contagiati” dall’altro. Lo diceva anche di lui stesso: sono qui da 34 anni e per quanto mi riguarda ci starò fino alla morte, ma sarò sempre un indiano che incontra ed ama il Brasile, non un brasiliano.

Ho letto questa cosa su di me e sui miei amici, ma l’ho letta anche dall’altra parte, pensando a chi arriva nel nostro paese.

Ho pensato quanto siano insensati i discorsi di “italianizzazione” che ogni tanto si sentono, un “devono diventare come noi” nel senso di dimenticare la loro origine e cultura. Invece, solo se potranno vivere e continuare ad amare la loro cultura, sentendosi profondamente accolti, potranno lentamente imparare ad amare anche la nostra e potranno nascere quei “nuovi italiani” che sono il futuro del paese (non è una tirata “caritatevole-moralistica”, i numeri sulla nostra natalità parlano chiaro…).

Ed allora, chiedendo perdono se per una volta esco dal confine brasiliano, “sentendo” le cose come italiano all’estero che non può esercitare il diritto di voto, in prospettiva dei prossimi referendum chiedo gentilmente a qualcuno di andare a votare anche per me, soprattutto sul referendum per semplificare le procedure per ottenere la cittadinanza. “Solo se amerete la vostra cultura potrete amare la cultura del Brasile” – “Solo se potranno amare e vivere la loro cultura potranno amare la cultura dell’Italia”. Solo se potranno vivere le tradizioni, i valori positivi, la religione nella quale sono nati e cresciuti potranno percepire positivamente il nostro paese, le nostre tradizioni, la nostra religione… e perché avvenga questo la cittadinanza è un requisito importante.

Quindi, grazie se votate anche per me.

 

Buona Ascensione del Signore!

Il Signore ci accompagni tutti e tutte!

LE GRANDI TENSIONI POLITICHE NEL BRASILE

  Ciao a tutti e tutte! Anche oggi vi mando un paio di pagine de “La caduta del cielo” di Kopenawa (è in PDF e non riesco a riportarlo nel b...