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Messa inculturata di un vesco di una diocesi vicina |
Paolo
Bizzocchi
Ciao a tutti e tutte,
Vi ho scritto pochi
giorni fa, ma voglio raccontare qualcosa anche oggi.
Tornato da Manaus, sto
riprendendo la vita parrocchiale. Verso fine mese dovrò tornare tre giorni a
Manaus per fare un mini corso per avere la patente brasiliana e spero di poter
fare anche la visita medica richiesta (dipende da un documento che deve arrivare
dall’Italia…), altrimenti dovrò tornare un’altra volta. Vista dall’Italia può
sembrare strano, ma è così: per fare un documento sto andando e venendo da
Manaus più volte: se viaggio con la “lancha”, ogni volta sono 1770 reais e tre
giorni effettivi di viaggio (uno stipendio minimo sono 1500 reais…), se
viaggiassi con il barco la spesa sarebbe ben minore, credo 5-700 reais, ma i
giorni di viaggio effettivi diventerebbero nove o dieci. Questa volta farò
l’andata in barco, circa tre giorni, con Thomàs, il giovane architetto
volontario che ha fatto servizio qui per sei mesi ed ora torna a casa, nel sud
del Brasile. Per il ritorno invece farò con la lancha, perché non posso
permettermi di stare fuori dalla parrocchia altri cinque giorni per il viaggio.
Grazie a Dio, nel periodo
del corso recandomi al dipartimento del transito (DETRAN) per il documento, ho
trovato una giovanissima impiegata che mi ha preso a cuore e mi ha permesso di
fare tutta la procedura iniziale in quelle due settimane, altrimenti avrei
dovuto viaggiare un’altra volta per fare qualche firma. Sperimentare queste
accoglienze è una vera gioia, Dio benedica tutte le persone che aiutano gli
immigrati!
Come dicevo, per noi italiani tutto questo appare strano e forse inaccettabile, ma è la vita di questi luoghi sperduti. I tempi sono diversi e il livello di pazienza anche. Ciò che serve per vivere, molte volte si trova a 900-1000 km e (soprattutto) a molti giorni e molti reais di distanza… ma si fa, con pazienza.
Sinceramente, spero che
questi viaggi terminino presto, perché in questo momento ho molto bisogno di
stare in parrocchia e fermarmi, sia per me che per le persone di qui: sta
iniziando uno stile di vita, la presa di responsabilità, il vissuto di semplici
relazioni, un minimo di familiarità con la lingua… tutto questo chiese
stabilità e tempo. Di fatto se pensassi di tornare in Italia un mese per “fare
ferie” ad un anno dalla partenza (novembre o dicembre) sarebbe una vera
sciagura: significherebbe perdere buona parte del lavoro fatto fino ad ora, ed
al ritorno dover ricominciare ancora una volta. Credo che passerò il prossimo
anno verso settembre – ottobre: per allora spero che la lingua, le relazioni,
l’impegno pastorale, si siano sufficientemente consolidati per potermi
permettere alcune settimane di “interruzione” senza perdere ciò che ho
acquisito.
Per questo autunno invece vivremo la gioia dell’arrivo di d. Marco, cercando di fargli buona accoglienza! Lo stiamo attendendo molto!
Qui che sta avvenendo?
D. Gabriele sta partendo per il viaggio mensile sul fiume, con una tenacia ed una pazienza che molte volte non viene appagata dai risultati visibili. È un segno bello del lavoro pastorale fatto in totale gratuità, senza attendere nulla in cambio. Può essere che in futuro arriviamo a ripensare un poco il modo di seguire queste piccole comunità del fiume, ma lo spirito non può che essere questo: una presenza semplice fra gli ultimi, che spesso non hanno nulla da restituire.
Io invece mi sono rimesso
all’opera sia con le questioni burocratiche (non illudiamoci che qui non ci
siano, anzi…) che pastorali.
Ora sto facendo il
“novenario” di S. Clara (S. Chiara, che festeggeremo domani) nella comunità a
lei dedicata. Abbiamo così inaugurato la nuova chiesa, quella dove ho fatto (e
devo completare) l’impianto elettrico. Manca circa tutto, perché non è pitturata,
non ha il pavimento, non ha seggiole proprie… ma ha il tabernacolo e custodisce
l’Eucaristia, ha un piccolo ambone per proclamare la Parola di Dio, ha un
altare nuovo. Quella dell’altare è una storia con due volti: uno triste, perché
avevamo chiesto ad una comunità di mettere a disposizione un vecchio altare che
loro non usano ed hanno rifiutato (il campanilismo è un male non solo
italiano); uno gioioso, perché una famiglia della stessa comunità,
scandalizzata dal comportamento degli amici, ha offerto un altare nuovo per la
cappella nascente. Questa sera lo benediremo ed inizieremo ad usarlo!
Ciò che veramente manca a
questa nuova chiesa è però la comunità, attualmente costituita da pochissime
persone (direi che non arriviamo a dieci…). Del resto, parlando con la
responsabile abbiamo calcolato che nei dintorni della nostra cappella (nel giro
di poche centinaia di metri…) ci sono almeno otto chiese evangeliche di diverse
denominazioni.
Ci sarà da lavorare
tanto, con pazienza e senza tante aspettative.
Pensando che la cappella
è dedicata a S. Chiara, mi è venuto in mente che la chiesetta di S. Damiano,
ove Chiara visse tutta la sua vita monastica, fu restaurata da Francesco
all’inizio della sua vocazione, quando udì la voce di Gesù, “Và e ripara la mia
chiesa, che è in rovina!” Come prima cosa Francesco si mise a fare il muratore
per questa chiesetta abbandonata, senza sapere se poi qualcuno l’avrebbe usata…
e divenne la dimora di Chiara e delle sue sorelle. Che sia così anche per la
nostra S. Clara? Io non ho fatto il muratore, ma l’elettricista… ad ognuno il
suo.
Un’ultima cosa. Ieri sera
nella stessa cappella abbiamo celebrato per la prima volta i Battesimi, con sei
bambini e bambine di diversa età. Dopo l’incontro di preparazione i genitori di
due bambini mi chiedono cosa devono fare per sposarsi in chiesa… e scopro che
non sono battezzati, come non lo è la madrina: “da piccoli abitavamo sul fiume,
il frate veniva a battezzare una o due volte all’anno, ma a noi non è stato
fatto”. Nella liturgia battesimale li ho visti convinti ed al Padre Nostro
hanno pregato, quindi lo conoscono. Hanno visto il battesimo dei figli, vediamo
cosa germina in loro: potrebbero essere il seme di una nuova comunità!
Il Signore ci accompagni
tutti!