domenica 12 gennaio 2025

LA MISTERIOSA PRESENZA DI DIO

 

Una giovane mamma con la maglietta di san Sebastiano



Paolo Bizzocchi

Rieccomi… per la verità in questo momento dovevo essere nella comunità di S. José per la Messa domenicale, ma quando sono arrivato mi hanno informato che stanno facendo il novenario di S. Sebastião in una famiglia ed andranno a pregare tutti la stasera, quindi niente Messa… A noi pare incomprensibile, ma occorre molto silenzio ed ascolto per entrare nella complessità di questo popolo estremamente permeato di religiosità, ma con una visione profondamente diversa dalla nostra. 

Mi perdonerete se torno sul fatto della fede e della vita ecclesiale, ma ho due buona motivazioni. Una è indubbiamente che la prima cosa della quale inizio ad avere un minimo di coscienza, la seconda – più importante – è che mi sembra sempre più impossibile capire questo popolo senza entrare nella sua visione della realtà e della vita. Ed in questa visione di vita, la presenza di Dio è indubbiamente qualcosa di forte ed immediato, con risvolti concreti e tangibili. Presenza di Dio non vuol dire forzatamente fede cristiana come noi la intendiamo, né una vita morale secondo certi canoni: vuole dire – mi pare – più semplicemente che Dio c’è ed agisce; che Dio non è quel “di più eventuale ed inoffensivo” che la cultura illuminista ha instillato in Europa, ma è presenza che compare in mille risvolti della vita, fin sui nomi dei negozi, sulle magliette, nelle scritte sulle macchine e sulle moto… è una delle componenti della vita inscindibile da tutto il resto. 

Forse è un po’ come nell’Europa del medioevo, fino all’avvento della modernità; quell’Europa della quale ci hanno installato l’idea dell’età buia ed oscurantista, ma che sempre di più studiosi seri, anche di area laica, mostrano come epoca di grande splendore culturale ed umano.

Quindi guardando al Brasile, ed ancora di più all’Amazzonia, dobbiamo partire da qui, da un luogo nel quale “Dio”, comunque lo intendiamo, c’è e vive: nella natura, nei fatti che avvengono, nei Santi, nella musica, nella politica, nell’economia, nell’amore… un qualche “Dio” c’è, e la sua benedizione è importante.

Allora, voglio raccontarvi un fatto che sta accadendo e la cui importanza si può capire solo nel contesto che dicevo. Una settimana fa’ d. Gabriele, che non è uno che si sorprende per nulla, è arrivato a casa turbato dall’aver visto davanti ad una delle nostre chiese pentecostali una turba di gente, con molti giovani, che cantavano e ballavano in mezzo ad un tripudio di luci. La cosa è strana, perché i pentecostali religiosamente e moralmente sono molto rigidi e condannano tante cose, se non arrivano da loro. Allora ho provato ad indagare su internet… ed ho scoperto il nuovo fenomeno della chiesa della “Parete Preta”, cioè del “Muro Nero”: chiese dipinte di nero che propongono soprattutto ai giovani, ma non solo, momenti di ritrovo – predicazione - preghiera organizzati con musiche accattivanti – sempre di tematica religiosa o circa - e luci da discoteca, con una grande libertà nell’abbigliamento e nei comportamenti. Le altre chiese pentecostali sono furibonde e gli anatemi cadono con grande forza; loro rispondono con canti che mostrano la debolezza del pentecostalismo classico, diviso in mille gruppi, e della sua predicazione. 

È triste da dire, ma sotto c’è una grande questione di mercato e gli uni accusano gli altri di aver trasformato le chiese in ricche organizzazioni commerciali (beh… ogni tanto avviene anche da noi cattolici, non possiamo certamente farci giudici…).

Noi cattolici “normali” (cioè non tradizionalisti) veniamo lasciati stare, probabilmente non siamo considerati pericolosi perché attiriamo poche persone e pochi capitali… Intanto vediamo cosa succede…

Intanto però vediamo che a Betania, il paese comandato dal pastore della Cruzada, tre ragazze tra i 13 ed i 16 anni si sono suicidate. Purtroppo non succede solo in questa località, ma fa riflettere il fatto che in questo paese non esiste una palestra, perché il pastore non vuole che facciano sport… Insomma, c’è di che riflettere.

Adesso però vi faccio vedere alcune cose belle:



- A Taraquá, dove abbiamo “finanziato” la cappella, avendo un posto ove ritrovarsi come cattolici e come quartiere dopo tanti anni hanno ricominciato a fare pubblicamente il “Novenario” a S. Sebastião, innalzando il mastro: una grande festa, anche se a Messa poi non sono venuti in tanti: . Non può mancare il filmato dell’innalzamento del mastro di S. Sebastião ed un po’ di musica tradizionale, con una foto della cappella con l’ingresso dipinto e di una mamma che porta la maglietta del santo.



- Da noi fanno sport: l’adulto presente nella foto è Alcines (si legge Ausines), che da vent’anni allena a calcio bambine e bambini ed è un punto di riferimento per tutti i bambini e ragazzi del Bairro Centro, anche i più disgraziati (qui le bambine avevano appena vinto 5-0 contro il Bairro Álavaro Maia).

p.s. oggi per la prima volta ho tradotto io l’omelia… mi hanno detto che l’hanno capita quasi tutt

venerdì 3 gennaio 2025

Anno nuovo, scritto nuovo

 

Alcuni seminaristi della parrochia santo Antonio do Iça
Alex, Jonhas (non so) frei Luan


03\01\25

d. Paolo Bizzocchi

ho sulla punta delle dita il desiderio di scrivervi della realtà giovanile di qua, ma per onestà intellettuale e pastorale mi impongo di aspettare un poco. Ho visto cose, ho inteso cose, mi sono state dette cose… ma non ho ancora avuto l’occasione di interagire personalmente con loro. Quindi preferisco aspettare, anche perché da quanto sto capendo è una realtà con belle luci, ma anche paurose ombre. 

Al momento metto solo una bella luce – perché parlare delle cose belle è meno pericoloso ed invadente che entrare nelle sofferenze – in allegato trovate la foto di alcune delle nostre vocazioni di S. Antonio: un giovane (e simpaticissimo) frate francescano e tre seminaristi, tutti di S. Antonio; poi so che c’è un altro giovane in cammino per i frati ed uno per i gesuiti; poi ci sono le vocazioni femminili, ma di queste non so quasi nulla, mi pare un capitolo più difficile. Comunque, se vocazionalmente la diocesi continua con il tiro attuale (15\16 in cammino per il sacerdozio, a diversi livelli), in una ventina d’anni ci saranno sacerdoti autoctoni, e noi reggiani potremo tornarcene a casa (magari con un paio di loro che verranno a darci una mano…).

Il fiume torna a crescere grazie alle piogge del periodo


Perché per il resto non posso ancora parlare dei giovani? Per una questione molto semplice… perché ancora non posso parlare! O meglio, ancora non sono capace di parlare e di ascoltare quello che viene detto in portoghese… Il 11 saranno due mesi che sono in Brasile e tutti mi dicono che devo avere molta pazienza; hanno assolutamente ragione, ma non posso negare che non riuscire a comunicare diventa faticoso. Al contempo si scoprono tante cose interessanti ed importanti. Io sto scoprendo l’importanza di un sorriso ed un saluto (questo riesco…) a chi incrocio per la strada (ho sempre camminato a testa bassa, qui sto imparando a camminare lentamente ed a testa alta, per sentire e vedere le persone); sto scoprendo quanto sia importante la comprensione e l’incoraggiamento: qui sono molto gentili e non mancano di farmi notare i progressi che faccio ed il fatto che quando a Messa leggo capiscono, mentre non mi hanno mai fatto pesare il fatto che non conosco la lingua; sto scoprendo che non riuscire a comunicare a volte genera rabbia, anche contro il luogo ove si è arrivati e la sua lingua, perché lo si percepisce come una “prigione” (e penso agli immigrati che sono da noi, che a volte scaricano la loro rabbia e ci sorprendono…); sto scoprendo quanto sia importante comunicare con una voce amica, anche quando molto distante (ed anche qui penso ai nostri immigrati, più attaccati al loro telefono che al cibo… hanno le loro ragioni). Tutto questo lo vivo da una posizione privilegiata, perché comunque qui io sono “qualcuno”, sono il “Padri”, il prete… per tanti “signor nessuno” deve essere davvero difficile.



Poi, in questi giorni, penso a chi ha vissuto la mia situazione ed ha avuto una pazienza infinita. Penso a Gesù, che ha vissuto poco più di trent’anni e la gran parte di questi li ha passati nel silenzio obbediente di Nazaret per imparare la lingua degli uomini del suo tempo. Ha pazientemente imparato la lingua degli artigiani, la lingua dei pescatori, la lingua degli agricoltori, la lingua degli oppressi e dei poveri, la lingua dei capi e dei ricchi, la lingua degli ammalati… e l’ha trasformata in quelle immortali parabole ed in quegli insegnamenti che anche oggi paiono scritti ieri. Gesù ha ascoltato per trent’anni ed ha parlato per tre anni scarsi… ha avuto molta pazienza. Poi è molto bello anche il fatto che non ha voluto lasciare nulla di scritto – l’unica volta che ha scritto l’ha fatto sulla polvere, perché si cancellasse subito - : non ha voluto mettere pietre che bloccano, ma parole stimolanti affidate ai suoi ascoltatori e discepoli, che hanno poi trasmesso la sua vita scrivendola con le loro parole e la loro lingua (mi viene in mente anche il suo antesignano Socrate, che pure non volle scrivere per non bloccare la ricerca di ognuno…).

Quindi, posso avere un po’ di pazienza anche io…



Vi lascio qualcosa dal linguaggio delle immagini, in modo molto vario…

Oltre al nostro giovane frate ed ai seminaristi… il cielo pumbleo di questa stagione delle piogge, con il fiume che sta diventano larghissimo (al centro si vede l’isola che spezza il fiume in due che sta per essere sommersa)… una enorme farfalla che era entrata in chiesa (la scatola elettrica al suo fianco da idea delle dimensioni)… il pasticcio di tartaruga cotto nel guscio della tartaruga stessa, un piatto prelibato e costoso che ho avuto la carità di lasciar mangiare a loro…

A tutti e tutte voi un anno nella benedizione del Signore!

d. paolo

domenica 29 dicembre 2024

UN NATALE, TANTI NATALI

 



29\12\24

d. Paolo Bizzocchi

Tra tanti “natali”, abbiamo celebrato il nostro Natale, semplice e bello. La Messa della Notte, alle 21 nella Palestra della parrocchia; la chiusura dei festeggiamenti nella comunità del Menino Jesus; una Messa serale alle 19.30. La presenza non è stata certamente abbondante, ma il clima nella Messa della Notte ed in quella del 25 sera era sinceramente festoso. Nella Messa della Notte, presieduta da d. Gabriele, anziché concelebrare dall’altare ho preferito farlo con l’assemblea, prendendomi l’incarico di suonare; non so cosa farò in futuro, ma ora la cosa più importante è che loro colgano che questo prete italiano che ancora non parla la loro lingua è già uno di loro e non ha paura a mescolarsi con loro. Mi pare che il messaggio stia arrivando, tanto che mi risulta palpabile la loro voglia di poter interloquire in una lingua comune; per ora abbiamo utilizzato quella della preghiera e quella della musica, presto spero arrivino anche le parole.

È invece dispiaciuto il vuoto della celebrazione al Menino Gesù, dopo un novenario molto bello; la municipalità nello stesso momento ed a poche centinaia di metri di distanza aveva organizzato una distribuzione di regali per i bambini. Il Papa ha ricordato che Babbo Natale viene dopo Gesù, ma forse non è stato tradotto in portoghese… comunque nulla di nuovo sotto il sole.

Mi ha invece profondamente colpito un altro fatto. Tornato dal Menimo ed entrato in casa, sento fuori sulla piazza un frastuono di voci ad alto volume e di tamburi. Era la chiesa pentecostale più importante del paese - si chiama IDPB Promessa – cha nel giorno di Natale, che loro non celebrano, aveva organizzato una grande manifestazione finalizzata ad affermare la loro potenza. Un’auto piena di altoparlanti con relativo predicatore urlante; molta gente e giovani con divise da parata in perfetto ordine, con stendardi di Gesù e bandiere del Brasile, della loro chiesa e di altro; una banda di almeno quaranta giovani, tutta di tamburi suonati con forza, un seguito di moto a clacson spiegati, mortaretti a go go… Con questa sono passati dalla chiesa e da alcune vie circostanti, non so fino a dove. Una cosa certa è che non era un momento di preghiera, né in sé una festa: era un’affermazione della loro forza all’interno del paese. Una specie di “Esercito della salvezza” spiegato in atteggiamento di parata…

Questo ha fortemente sollecitato il mio interesse, ed ho cominciato a guardare materiale loro e di altri gruppi pentecostali in internet; anche perché alcune loro distorsioni stanno facendo, o hanno già fatto, presa anche nella chiesa cattolica, e questo è l’aspetto più importante. Si chiama “teologia della prosperità”; in due parole, se hai fede Dio ti fa avere successo, soldi e vita serena, che se non arrivano ora è perché sta provando la tua fedeltà, ma poi arriveranno (è una Promessa di Dio alla quale devi credere…). Questo nei predicatori Pentecostali è molto chiaro: lo sviluppo finanziario è sempre uno dei primi beni promessi, poi vengono il trovar moglie o marito e la stabilità della famiglia (che non è solo un fatto affettivo, ma di stima sociale – ecclesiale). Purtroppo anche cattolici dicono questo. In questo momento in Brasile è molto in auge un frate che propone il Rosario alle 4 del mattino ed in questa preghiera ha un seguito enorme; fin qui tutto ok, anzi! Ma il problema è che il fine è sempre risolvere problemi: avrai una buona famiglia, avrai successo, avrai soldi. Alla Messa di Natale alcune persone avevano una loro maglietta con quattro parole: fede, amore, speranza, successo.

Potere, soldi, successo, buona posizione familiare: ciò che si chiedeva a quelli che chiamiamo “dei pagani”. È il “dio utile”, che prego, rispetto ed adoro perché “mi serve” a qualcosa. Proprio nel Natale emerge tutto il contrasto con “l’inutile” Gesù, il Dio nato come bambino rigettato e perseguitato e morto come infame condannato. Un contrasto che fa risaltare ancora di più la bellezza di Gesù e del suo Vangelo, che è veramente la “parola nuova” che esalta “l’inutile essenziale” che è la sola cosa che può dare pienezza alla vita dell’uomo. 

Mi veniva alla mente una bella parola del Vangelo, quando Gesù dice ai suoi discepoli – quindi anche a noi – di considerarci “servi inutili”, che non creano utilità e non hanno un utile. Non l’ho mai sentita così bella e liberante come ora! Uscire finalmente dalla prigione dell’utile (soldi, potere, successo, rilevanza - anche nella vita pastorale), per entrare nella bellezza del vero e del buono… “Cosa vai a fare in Amazzonia? – Beh… il parroco – E basta? Allora potresti farlo anche qua…” Se vai solo a fare il prete, sei inutile: evviva!


Il Signore ci custodisca nel suo Amore, buon Giubileo della Speranza a tutte e tutti!


sabato 21 dicembre 2024

PREPARANDO IL NATALE

 



Venerdì 20\12\24

Ciao a tutti e tutte!

Da una settimana sono tornato dal primo viaggio sul Rio Iça e tante cose sono cambiate (anche se da fuori non appare molto…): cambiate semplicemente perché… ho ricominciato a fare il parroco! Di fatto non faccio quasi nulla, perché non capisco e non riesco a comunicare e perché d. Gabriele generosamente provvede a tutto, ma le cose da parroco-appena-arrivato arrivano tutte: arriva l’ufficio da sistemare, arrivano i documenti di cui prendere visione, arriva l’appuntamento in prefeitura (municipio) per una proprietà da sistemare, arriva che c’è da andare in banca per mettere a posto le firme… In sé nonostante i tempi lunghi è tutto più semplice che in Italia, ma anche qui queste cose ci sono. 



Anche qui ci stiamo preparando al Natale… o meglio “ai natali”. Si, perché se in Italia di Natali ce ne sono sostanzialmente tre (quello dei cattolici o simili, quello degli atei o simili, quello della minoranza che appartiene ad altre religioni), qui le cose sono più molteplici e complesse. Per tutti la radice è quella ebraico – cristiana, l’Islam non c’è e l’ateismo diffuso non esiste (esiste a livello pratico, ma non è sostenuto da un movimento di idee), ma la molteplicità dei culti è notevolissima e ben difficile da inquadrare. I più vicini a noi cattolici sono gli evangelici (o “protestanti”), che qui sono presenti soprattutto con la chiesa Battista e che di certo sono cristiani; poi ci sono le chiese pentecostali ufficiali, come la “Assemblea di Dio”, con diffusione nazionale ed internazionale, che hanno un loro modo di vivere il cristianesimo; poi c’è la selva di “chiese” pentecostali locali che nascono come funghi anche una vicina all’altra, che è ben difficile capire cosa pensino e credano; poi ci sono quelli della “cruzada”, con una rigidissima morale; poi se vedi per strada una che sembra una suora o uno che sembra Mosé redivivo sono gli “Israeliti” (o “Ismaeliti”, non mi è chiaro); poi ci sono gli Avventisti, che celebrano il sabato anziché la domenica; poi ci sono i Testimoni di Geova; poi... 



Quale Natale celebrano questi credenti, che in qualche modo rapportano la loro fede a Gesù? Cosa credono o cosa non credono? Viene il sospetto (un po’ anche per i cattolici…) che a volte non lo sappiano nemmeno loro…

Di certo “i natali” qui rendono ben presente che in questo popolo la fede è qualcosa di radicato ed in qualche modo “naturale”, tanto che pur con una miriade di chiese su meno di 25.000 abitanti qui ci sono abbastanza credenti per tenerle tutte più o meno vive. Poi è chiaro che la fede cristiana si presenta con una divisione dolorosa, ma che forse loro non sempre colgono come tale (ce n’è per tutti…). 



Infine, non è facile capire cosa motivi tutta questa divisione che genera molte chiese e molti pastori. Di certo in tutte queste chiese ci sono pastori e credenti sinceri e motivati, ma un sospetto (più che un sospetto…) viene: che c’entrino molto i soldi ed il potere, o almeno l’illusione dei soldi e del potere. Perché qui in Brasile ci sono pastori ricchissimi, che sono vere star nazionali (poco tempo fa uno ha avuto un tentativo di rapina sulla sua macchina blindata seguita dalla scorta privata…): allora il tentativo di provarci viene. Magari non diventerò come quel pastore o come quell’altro, ma il mio gruzzoletto posso raccoglierlo anche qui... Di fatto la chiesa pentecostale più forte di S. Antonio esige livelli di offerte tali che la gente arriva ad indebitarsi per pagare il pastore e non essere esclusa. 

Poi c’è il potere. Qui è eclatante il caso della Cruzada: il paese ove è sepolto il fondatore (3-4.000 abitanti, su un affluente isolato del fiume) è retto dal proprio pastore con una sorta di ierocrazia dispotica, che si avvale anche di una “polizia privata” che ha una funzione simile alla polizia morale di stati guidati dall’Islam radicale. Tutto illegale, ma difficilmente perseguibile. 

Poi ci saranno anche i ben intenzionati…



Il nostro primo compito, come cattolici, è indubbiamente quello di non entrare nel gioco della competizione, perché finiremmo anche noi per agire in funzione della nostra fetta di soldi e potere. Fra tanti “natali”, celebriamo invece il “nostro” Natale fermandoci davanti alla culla del Dio così onnipotente da essersi fatto totalmente impotente, così Padre da essersi fatto figlio affidato alle cure di una madre (scelta bene…) e di un padre in tutto umani… Celebriamo il Natale guidato dall’umiltà del Dio-fatto-figlio-piccolo per noi e con lui usciamo dalle dinamiche competitive che guidano e distruggono il mondo, qualsiasi esse siano e qualunque fine esse presentino. Noi abbiamo il dono di poter annunciare che Dio è piena Misericordia, manifestata nel volto umano di Gesù: questo ci basta ed avanza. Poi le persone faranno il proprio cammino, forse andranno altrove e forse torneranno… Dio vede e conosce con Amore, non possiamo farci carico noi della libertà che il Signore ha donato all’uomo.



Un Natale di Pace a tutti e tutte!

Il Signore ci benedica!


d. paolo bizzocchi

C’è più gioia nel dare che nel ricevere

 




Pe Gabriel Carlotti


È ancora Natale, forse troppo infastiditi da troppe guerre in corso, da tanta gente chiedendo ospitalità, da molti disperati, rimasti senza niente e senza Patria, da teste vuote che governano e da una dilagante insoddisfazione che anche i regali natalizi non possono cambiare. Allora forse vale la pena ascoltare l’ultimo profeta, austero e minaccioso, che deve ammettere: “non sono io il Messia che deve venire, ma è già in mezzo a voi”. Farà fatica a riconoscerlo perché “Colui che deve venire” non giudica e non condanna, come era previsto dal copione antico, ma accoglie e perdona, ama e dona sé stesso, senza chiedere niente in cambio. Davvero strano questo Messia, che disattende le nostre attese! Eppure, Giovanni rimane profeta, indica il cammino della gioia: “chi ha due vestiti ne dia uno a chi non ne ha, e chi ha da mangiare lo condivida con chi ha fame”; “Non chiedete più di quel che è dovuto ed è giusto”; “Non usate violenza e accontentatevi delle vostre paghe”. Così il Battista indica il cammino della gioia. Non chiede di fare penitenza o lunghe preghiere, neanche di osservare i comandamenti e i precetti; non forza un atteggiamento religioso o pietoso; ma offre un cammino di umanità. 



Se vuoi essere felice, rendi felice le persone che incontri nella tua vita, dalla famiglia al lavoro, dalla casa alla strada, nella relazione di dono che puoi scegliere di vivere. Così il segreto della vera gioia è scoperto: solo se doni te stesso, anche attraverso la tua condivisione, l’onestà e il rispetto per gli altri, solo così potrai vedere la gioia negli occhi e nel cuore di tuo fratello, chiunque sia, e questa gioia-vera ritornerà a te e riempirà il cuore della tua vita. Davvero, dirà il Messia, “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”, per questo si è fatto Emmanuele, Dio-con-noi. Si è donato nella mangiatoia e nella croce, per amore nostro, per farci felici nel dono della sua vita per tutti. Si è donato perché anche la sua gioia sia piena. 



Quanta acqua è passata sotto i ponti, quante storie di vita donata durante la grande guerra e nel dopoguerra, quanta resistenza e resilienza nel popolo oppresso, quanti sogni di una costituzione e di un concilio per una Chiesa nuova e una Stato giusto, quanta sete di autenticità nei giovani che vivono il volontariato e che cercano la pace, quella vera!

 Non lasciamoci rubare la Speranza dai fumi delle nebbie inquinate di populismo, violenza, individualismo e interesse. Ritorniamo al dono e alla gratuità delle cose semplici e belle. Teniamo unite la povertà dei Pastori e la generosità del Magi perché ancora, nel silenzio di Maria e Giuseppe, la Vita vinca la morte. Buon Natale, per una nuova Umanità che risorge dalla cenere delle troppe guerre, capace di abbracciare l’Uomo e il Creato, libera dalla pesantezza del consumismo e di false sicurezze. Buon Natale de luce e di speranza per tutti. Da questa Amazzonia, terra per molti aspetti incontaminata nella natura e nei suoi popoli nativi, da qui lanciamo il grido della pace: restiamo umani!

 



Santo Antônio do Içá, 15 dicembre 2024 – domenica della gioia


domenica 8 dicembre 2024

CHE MUSICA E CHE LUCI!

 




Ci siamo sentiti una settimana fa, e dopo questo messaggio passerà almeno un’altra settimana, perché da domattina fino a sabato sarò sul fiume Iça con sr. Mariana ed un diacono permanente di una parrocchia vicina, Protasio. Con il pilota ed il figlio saremo in cinque e per sette giorni condivideremo lo spazio della barca e le soste nelle comunità che si trovano al limite nord-ovest della nostra parrocchia, più vicine al confine con la Colombia, a circa 300-350 km da S. Antonio. Solitamente questi viaggi li fa d. Gabriele Carlotti con il pilota e durano una dozzina di giorni; quest’esperienza più breve mi darà la possibilità di iniziare a familiarizzare con questa parte del ministero, in attesa di poterlo svolgere in modo completo tra alcuni mesi, sostituendo d. Gabriele. Questa è una delle esperienze “forti” di questi giorni, da unire all’altra non meno rilevante della partenza di d. Gabriele Burani per il ritorno definitivo in Italia, dopo dieci anni in Brasile. 

In pratica, ad un mese dall’arrivo in Amazzonia e due settimane dall’arrivo a S. Antonio mi trovo parroco (anche se di fatto fa tutto Carlotti…) e pienamente nella situazione, con un portoghese degno di un bimbo di un anno circa. Penso di poter dire che in poco più di un mese sto accumulando una serie di nuove esperienze, sensazioni e “nuovi sguardi” che mi pare sia passato quasi un anno… poi piano piano le assimilerò in compagnia del Signore e di quanti mi stanno vicino, come ha fatto Maria davanti alle novità molto più rilevanti che la colsero senza nessun preavviso quando un altro Gabriele, più angelico dei miei compagni, le fece visita.



Oggi però volevo parlare un poco delle feste, perché anche queste in poco tempo ho fatto una bella scorta…

Feste in grande, noi probabilmente diremmo “troppo in grande”. 

Dalla rumorosissima “Marcia di Gesù” organizzata dai Pentecostali (noi cattolici non c’entriamo, è un altro stile), con un camion di altoparlanti e luci a sostenere le musiche e le parole urlate di predicatori che pareva avessero più decibel che idee (il mio elementarissimo portoghese mi è bastato per capire che stavano dicendo ben poco…) il tutto concluso con il concerto gratuito di un famoso cantante al quale anche i cattolici, comprensibilmente, non hanno fatto mancare la partecipazione.

Poi l’accensione della piazza natalizia, con un allestimento di luci degno di una grande città. Al centro un presepe artistico ambientato sul fiume, anche qui con una quantità di luci e colori da far girare la testa. Poi musica, musica, musica, assieme a luci, luci, luci… pare che non vivano senza musica (spesso di importazione, come da noi) e senza luci.



Verrebbe da osservare: ma è giusto? Con tante case fatiscenti o anche meno, strade con buche che sono voragini, situazione sanitaria fragilissima e scolastica con tanti limiti, lavoro quasi assente… 

Da buoni occidentali industrializzati, il giudizio negativo lo portiamo sulla punta della lingua. Però ci fa bene ipotizzare anche solo per un attimo che forse hanno le loro ragioni anche loro. 

Da una parte ci basta provare a pensare cosa significa abitare in un posto così isolato, circa 25 kmq di centro abitato (un’area come il comune di Campegine) nel quale si svolge tutto, perché andare nelle città più grandi, Tabatinga e soprattutto Manaus, costa una parte significativa dello stipendio mensile e\o giorni di viaggio; se non fanno festa qui, dove la fanno? Se non sperimentano un po’ di “bellezza” qui dove la sperimentano? “Andiamo a fare un giro a…”, semplicemente non esiste, a meno di investire una cifra ed una quantità di tempo considerevole.



Poi, soprattutto, possiamo chiederci: chi ha ragione? Noi abbiamo impostato la nostra società e la nostra vita su lavoro, sulla produttività, sull’efficienza, sul raggiungimento degli obiettivi… è indubitabile che questo ha portato anche cose positive, ma indubbiamente ha anche tanti limiti. Se leggiamo la Scrittura ed ascoltiamo la parola della Fede, una cosa è certa: il lavoro è una necessità, ma l’obiettivo della nostra vita non è il lavoro, ma la festa. Dio non ci ha creati per il duro lavoro, questo è conseguenza del “peccato originale”, ma per la festa e la gratuità. La Creazione presentata da Genesi è festa, conclude con il riposo del Sabato; la nuova Creazione presentata da Apocalisse è una festa di nozze… Gesù tante volte ci parla di un banchetto nuziale e degli stolti che per impegni più importanti non vanno…

Forse i nostri amici amazzoni un po’ esagerano (soprattutto con i volumi…), ma forse non hanno tutti i torti; con poco o pochissimo si vive, ma senza festa non è vita!


Poi ci sono le feste piccole… la Madonna di Guadalupe, l’inaugurazione della cappella a Taracuà, il saluto a d. Gabriele… davvero belle. Ma di queste vi parlerò un’altra volta…


d. Paolo Bizzocchi

domenica 1 dicembre 2024

DUE VISITE SIGNIFICATIVE

 



Sabato 30\11\24


Ciao a tutti e tutte e buon inizio di Avvento!

Qui fervono grandi preparativi, tanto che la piazza è già tutta una luminaria, con un particolarissimo ed artistico – tecnologico presepio di Gesù che nasce sul fiume col bambino già presente, come fosse Natale. Di fatto stanno entrando nel periodo delle ferie, con la chiusura delle scuole per un paio di mesi a partire da Natale, ed il clima è già quello.

Di questo però vi parlerò poi, perché al Natale mancano ancora quattro settimane… 


Oggi voglio raccontare di due luoghi che ho visitato in settimana con d. Gabriele Burani: il luogo di più grande chiusura, il carcere di S. Antonio, ed un luogo di grande apertura, una “aldeia” – villaggio indigeno – collocato nella foresta a pochi km dalla città.



Partiamo dal carcere. Non un vero carcere, ma due celle di contenimento – senza cortile né strutture di servizio - che teoricamente dovrebbero servire per custodire per alcuni giorni le persone arrestate in attesa di essere trasferite nel vero carcere. Di fatto poi rimangono lì per tutto il periodo della detenzione, che trattandosi di piccoli criminali può durare da alcune settimane ad alcuni mesi. Due alte stanze con un bagno interno, che grazie all’opera del nuovo comandante della stazione sono state recentemente pitturate e riordinate. L’aspetto del luogo quindi non è così terrificante, ma in queste stanze sono racchiuse persone, molte delle quali giovani, che condividono lo spazio 24 ore al giorno, dormendo per terra su un pavimento di materassini o su amache poste anche su diversi piani. Attualmente abbiamo visto in tutto una dozzina di carcerati, ma d. Gabriele dice che possono essere anche molti di più. Con loro abbiamo detto una preghiera, alla quale in molti hanno partecipato, e lasciato prodotti per l’igiene, biscotti ed alcuni libri. Hanno chiesto fogli di carta colorata e colla, per fare lavoretti che poi troveranno modo di vendere. Si tratta soprattutto di ladri e spacciatori, spesso accumunati dall’uso di droghe che qui circolano con abbondanza.

Don Gabriele Burani


Pochi giorni fa si è presentato alla nostra porta un giovane chiedendo da mangiare: era appena uscito dal carcere. Facendolo tornare, si è riusciti ad entrare in dialogo con lui ed ora sta facendo alcuni lavoretti di giardinaggio per i quali gli si dà qualcosa, oltre all’accesso alla nostra mensa. Intanto pare sia stato riaccolto in casa dal padre e quindi non dorma più sulla strada. Ha 24 anni, una moglie di 19 ed un figlio di 7, ma non stanno insieme: si erano sposati (forse) perché lui mentre era ubriaco (così dice) l’aveva messa incinta, prima che lei compisse i 13 anni. Queste storie qui non sono così strane: se vedi una ragazzina con un bambino la prima domanda è se è la sorella o la madre…


Un ambiente totalmente diverso lo abbiamo invece trovato nella Aldeia Kuarachikuema: si tratta di insediamenti indigeni tutelati dallo stato, nei quali le persone, qui della tribù Kokama, vivono avendo una certa autonomia legislativa. Al centro vi è il luogo comune, di grandi dimensioni, e la scuola indigena, intorno le diverse abitazioni. Abbiamo salutato il capo villaggio, il cacique, ed una famiglia con quattro figli arrivata recentemente dal Perù, che al momento vive in una casa provvisoria in attesa di costruirne una più protettiva. Ci hanno accolto in modo semplice e gioioso. Inoltrandoci abbiamo visto anche le loro coltivazioni di manioca e banana (lo sapevate che crescono rivolte all’insù?) ed un uomo intento alla lavorazione della manioca, per renderla commestibile. Tornando ci siamo inoltrati per un centinaio di metri in un sentiero della foresta, incontrando una famiglia che dalla foresta procura e lavora il legno da costruzione, dalla quale anche noi ci riforniamo.

Come descrivere la foresta, anche in un contatto così rapido e vicino la vita cittadina? Direi che viene una sola parola: fascino. Il fascino di una natura che supera le misure, che al contempo spaventa (giustamente…) ed attrae. Noi sappiamo costruire grandi città, ma non credo che saremo mai capaci di costruire una piccola foresta, semplicemente perché la foresta è vita che cresce seguendo la propria elementare ed a volte violenta dinamica: vita che si sovrappone a vita, in un apparente disordine che in realtà segue un perfetto ordine che da migliaia di anni custodisce e moltiplica una rigogliosa e molteplice vita.

La tapioca


Scusate se mi sono prolungato molto… ma la ricchezza respirata da queste due esperienze contrapposte è tanta. Quello che non rendono le parole ve lo diranno in minima parte le poche foto. Del carcere invece bastano le parole.

Una sola considerazione finale, derivata da queste due esperienze contrapposte: e se le cose della vita, in fondo, fossero molto più semplici di come noi le rendiamo? 


Che il tempo di Avvento risvegli in noi la semplice speranza che viene da un Bambino che nasce!


d. Paolo Bizzocchi


IN PARTENZA PER BRASILIA

  Le foto sono del novenario nella cappella di san Lazzaro Paolo Bizzocchi Ciao a tutti e tutte! Gli Esercizi Spirituali sono finiti, ma con...