lunedì 28 luglio 2025

LE COMUNITA' DEL FIUME A MANAUS

 



Ciao a tutti e tutte.

 

Paolo Bizzocchi

Sono appena tornato dalla due giorni che abbiamo vissuto nelle comunità del fiume a pochi km da Manaus: introduco e vi mando alcune foto, che parlano più delle parole.

A differenza di quanto avviene nella nostra parrocchia, qui il Rio Solimoes non ha sponde naturali e la foresta nei pressi del fiume é diradata, lasciando ampi spazio liberi.

Questo ha fatto si che sulla riva del fiume e nei rami che si formano nel tempo di piena, vivano da sempre piccole comunità non indigene, in case di legno su palafitte o galleggianti. Ecclesialmente sono divise in piccole "comunità missionarie" che si ritrovano settimanalmente per la Liturgia della Parola guidata da ministre e ministri delle comunità ed una volta al mese per l'Eucaristia.



Cioè che sorprende é la vita di queste famiglie. Per circa sei mesi all'anno vivono nell'acqua o ai bordi di questa, pescando il pesce abbondante; poi con la metà di agosto viene la secca (ora l'acqua si sta lentamente abbassando). Man mano che la terra si scopre seminano manioca, mais, cocomere, banane ed altro: la terra che esce dal fiume é molto feconda, mentre quella della foresta è più povera. I sei mesi di secca sono sufficienti per fare il raccolto, che serve anche per il periodo di piena.

Paradossalmente, il periodo di piena é più favorevole per le comunicazioni, perché con la canoa arrivano dappertutto; quando viene la secca diverse aree si raggiungono solo a piedi o a cavallo, talvolta in moto.



La foresta ed il fiume sono densamente abitati. Ci sono i pesci da mangiare e quelli che ti mangiano, come il piranha, ci sono gli yakaré - i coccodrilli di questa zona - che mangiano e si mangiano volentieri, ci sono serpenti di un paio di metri che stringono la vittima fino ad ucciderla, poi la mangiano (ci hanno mostrato le foto di un paio che hanno ucciso vicino alle case).

 

Immagino che a sentir queste cose noi non siamo tranquilli, ma loro lo sono: è la loro vita. Con un percorso di mezz'ora in canoa in mezzo alla foresta abbiamo visitato una donna di 85 anni, che vive lì con un figlio non sempre presente: un sorriso ed una serenità incredibili! È una vita "diversa" fatta da persone "normali", con grandi televisioni e telefoni. Una vita diversa, ma possibile: i molto sorrisi e la bella ospitalità lo dimostrano.



 

Basta. Vi mando alcune foto e filmatini di questo ambiente unico ed affascinante.

 

Il Signore ci benedica tutti!

D. Paolo

martedì 22 luglio 2025

SETTIMANA DEDICATA AI GIOVANI

 



Ciao a tutti e tutte!

Vi scrivo mentre aspetto la "lancha", il traghetto veloce, che mi porterá a Manaus per le due settimane di corso sulla realtà amazzonica. Se tutto sarà regolare, arriverò domani a metà pomeriggio: ora che il fiume è ancora alto, é possibile che il tempo di percorrenza all'andata si riduca a 24-25 ore, rispetto alle 28-29 del tempo standard. Questo perché con l'acqua alta la lancha può tagliare alcune grandi anse del fiume nei canali che con acqua bassa non sono percorribili. Il Rio delle Amazzoni è infatti un fiume piatto, con pochissima pendenza: noi siamo a quasi 2.000 km dal mare, ma l'altitudine di S. Antonio sul fiume è 30 m sul livello del mare: il fiume un enorme pachiderma d'acqua che si muove sinuosamente. Anche per questo è difficile definire con precisione la lunghezza del corso d'acqua.

Ma veniamo a noi ed a questa settimana dedicata soprattutto ai giovani. 



L'inizio è stato triste, con un altro ragazzino di 11-12 anni morto nel fiume. Già era successo in maggio, in un' altra zona della città. Però se nel primo caso il fiume era stato la causa diretta del decesso, qui la dinamica è stata differente: probabilmente un attacco di epilessia che lo ha fatto cadere dalla canoa già privo di sensi. Questo non ha cambiato molto per il padre che lo ha ritrovato sul fondo, né per la madre, che era a Manaus per esami medici. Purtroppo l'assenza di mezzi di gestione della salma ha costretto a celebrare le esequie  il giorno seguente, mentre la madre era ancora in viaggio. Prima della sepoltura il padre è intervenuto in modo sofferto ed accorato, invitando i genitori ad avere cura dei figli, piú preziosi di ogni ricchezza materiale.

Avere cura dei figli... Da venerdì sera ad oggi abbiamo avuto il ritiro degli adolescenti e dei giovani. Un gruppo piuttosto numeroso e bello, che non avevo mai visto insieme (anche loro non sempre si conoscono, perché normalmente si trovano in piccoli gruppi, nelle comunità). Per la parte biblica e la preghiera hanno provveduto gli educatori, molto capaci di toccare il cuore dei ragazzi. La parte del leone l'ha peró fatta Oriana, psicologa italiana che sta facendo un anno di servizio civile in Brasile. Un po' parlando lei, un po' facendo lavorare loro ha affrontato temi pesantissimi: depressione, dipendenze, ansia... È rimasta impressionata dalla capacità dei ragazzi di seguirla per molto tempo e dal loro interesse concreto per tutte queste cose: è evidente che si stava parlando della loro vita. Ha sorpreso anche l'attività nella quale hanno elencato situazione problematiche che gli stanno a cuore: non si sono fermati a problematiche adolescenziali, ma hanno citato tematiche di grande respiro. Mi ha colpito che hanno citato anche la violenza dei figli verso i genitori (forse frutto della droga) e l'aborto, qui in Brasile totalmente vietato, ma praticato nelle famiglie con mezzi artigianali. 



Io ho confessato. Di questo ovviamente non posso dire nulla, se non la sorpresa per la loro capacità di apertura confidente con un adulto che pure fatica a capire quello che dicono (il portoghese strizzato, pestato e velocizzato degli adolescenti é veramente impossibile...). 

Posso solo dire che ho sinceramente rischiato di commuovermi...


Concludo, anche perché la lancia dovrebbe arrivare tra poco. Mentre finivo di scrivere ho sentito una mano sulla spalla... Una delle giovanissime partecipanti che passava per il porto, mi ha a visto ed è venuta a regalarmi un grande sorriso. Direi che questo basta per dire che vale la pena di essere qui.


Il Signore ci accompagni tutti!

D. Paolo

giovedì 3 luglio 2025

I CANI DI SANTO ANTONIO

 



Ciao a tutti e tutte!

Mentre dall’Italia mi giungono notizie di un caldo asfissiante, qui siamo in “inverno” e momenti più caldi si alternano a piogge brevi ed intense (molto intense…), che tengono la temperatura a livelli gradevoli.

Quindi per invidiarvi aspettiamo agosto – settembre, quando da voi le temperature inizieranno a calare e qui avremo il tempo della “secca” che io ancora non conosco, ma che dai racconti che ascolto non mi pare molto gradevole.

Vengo da una settimana tranquilla, continuando i primi passi da parroco con una serenità che non credevo di avere; ieri sera d. Gabriele è tornato dal viaggio sul fiume, sempre ricco di nuove idee da realizzare, che mi danno forza ed anche un po’ di mal di testa…

Come succede ad ogni nuovo parroco, le prime cose che arrivano sono le lamentele, le cose che non vanno, quelle che sarebbero da fare, etc etc etc… Grazie a Dio l’esperienza italiana nell’Unità Pastorale “Gioia del Vangelo” mi ha insegnato che non sono qui per risolvere i problemi (neanche Gesù li ha risolti, quindi…), ma per starci dentro con un po’ di amore del Signore.

Ora ascolto e tanto dovrò ascoltare. La comprensione del portoghese è realmente il primo compito: sto scoprendo che ho attorno a me tanti buoni maestri, che non mi esentano dall’impegno dello studio, ma continuamente mi consentono di esercitarmi ed aggiungere ogni giorno un pezzettino.

Credo che tante volte nella vita siamo circondati da buoni maestri, ma non sempre li vediamo perché pensiamo di non averne bisogno.

Fra le cose più significative e toccanti vi è stato il ritorno al carcere, che non visitavo da prima della partenza. Ora è pieno in modo impressionante: la stanza più grande accoglie dodici uomini, la piccola nove, con amache su più piani per dormire. Ora la temperatura è accettabile, ma quando verrà il caldo sarà molto dura.

Ho ritrovato facce note, uno di loro è dentro quella stanza da due anni: sono persone “in attesa di giudizio”, ma questa attesa può essere molto lunga.

Fra le facce nuove, quella spaurita di un diciottenne, Eduardo: “hai amici?” - “no, vivo con mio padre”; “hai avuto problemi con la droga?” – “no” (sembrava sincero). Ci siamo accordati che quando uscirà – spera la prossima settimana – passerà in parrocchia: di certo non abbiamo una soluzione, ma forse un po’ di amicizia buona potrà trovarla.

Poi, semplici chiacchiere alla sbarra, preghiere e canti (che tutti conoscevano benissimo...), consegna di alcuni libri, una fetta di torta ed una bibita. Gli ho raccomandato il giovane convivente: “in questo momento avete un figlio, trattatelo con cura”. Mi hanno chiesto una piccola cassa amplificata, perché quella che hanno è rotta: sapendo quanto può rilassare ascoltare un po’ di musica il giorno dopo l’ho fatta avere.

Volevo parlarvi di una cosa che può sembrare banale, ma che mi sta facendo riflettere molto: i cani di S. Antonio.

I cani? Perché?

S. Antonio è piena di cani che vivono in strada; alcuni sono di famiglie, altri forse fanno riferimento a qualcuno (come il nostro Miguel, che pur mancando di un occhio si è autoproclamato guardiano della parrocchia), molti sono semplicemente per strada.

Quello che impressiona è la loro integrazione nell’ambiente sociale. Sono rispettati (dormono tranquillamente in mezzo alla strada…) e - al di là delle feci sparse qua e là – non creano problemi particolari: sono parte della società cittadina e convivono pacificamente con la componente umana. Nessuno ha paura di lasciare i bimbi in giro perché “ci sono i cani…”.

Facevo il paragone con quanto succede da noi se in paese gira un cane senza collare.

In un primo momento è “un cane”, poi diventa un “cane randagio” – con il secondo termine più accentuato - poi diventa un “randagio”, perdendo la sua identità di cane e tenendo solo il termine dispregiativo (vi ricorda qualcosa in campo umano?).

Poi arriva l’allarme su facebook con commenti non citabili, poi le guardie comunali, i pompieri e se è il caso i carabinieri… Tutto questo nonostante che le cronache parlino più spesso di bambini uccisi da “Fido” domestici un po’ cresciutelli che da cani randagi.

Ed intanto il cane randagio è solo, magari affamato, spaventato, braccato… e diventa aggressivo, e tutti pensano che l’allarme sia più che giustificato e che il “randagio” non debba esistere perché inevitabilmente cattivo.

 

I cani italiani ed i cani di S. Antonio non hanno DNA diverso: l’unica differenza è che uno viene preventivamente escluso e considerato pericoloso (e quindi lo diventa), l’altro è integrato nel vivere sociale, anche accettando le problematiche che la sua presenza può dare (e quale presenza non genera problemi?).

I risultati dei due atteggiamenti sono molto differenti ed anche un anti-cinofilo come il sottoscritto ha iniziato a guardare i cani con simpatia, forse perché qui possono fare i cani come Dio comanda.

No, non sono diventato improvvisamente cinofilo: penso abbiate già capito cosa sto dicendo, perché quello che avviene con i cani avviene anche con altre creature, ad esempio gli uomini.

Forse parlare di cani ci aiuta a cogliere il pericolo che viene non dalle persone, ma dalle dinamiche di paura ed esclusione che generano uomini e donne considerati non-persone (non vengono nemmeno più indicati come tali, ma solo come “clandestino”, “drogato”, “prostituta”, etc…)

Forse parlare di cani “randagi e quindi pericolosi” ci aiuta anche a cogliere come un popolo può arrivare ad accettare la guerra, addirittura quella “preventiva”, le stragi, la nullificazione dei suoi fratelli e sorelle in umanità. Forse riguarda anche noi.


Il Signore ci accompagni tutti!

d. Paolo

RISOLVENDO PROBLEMI PRATICI A MANAUS

  Santo Antonio do Iça     Paolo Bizzocchi   Ciao a tutti e tutte. Vi scrivo dalla barca mentre torno da Manaus, dove ho fatto tre serate di...