lunedì 13 settembre 2021
sabato 28 agosto 2021
“Ho desiderato ardentemente ......”
Gabriel
Carlotti, missionario in Amazzonia. Gabriel Carlotti, missionario in Amazzonia.
Purtroppo il secondo viaggio di agosto non è stato
possibile. Nel primo viaggio di questo mese il motore si era fermato e Burani
era rientrato a traino della grande canoa dei militari di Ipiranga. Per
fortuna, hanno visto la barca del prete in panne e si sono fermati per aiutare,
così hanno legato la nostra barca alla loro e hanno riportato a casa Moises,
Moacir e don Gabri. Subito ho chiamato il meccanico che ha smontato
letteralmente il motore, scoprendo che un pezzo interno che permette la
circolazione dell’olio si era crepato non compiendo più la sua funzione
essenziale. Per avere il pezzo di ricambio ci sono voluti alcuni giorni perché
viene di barca da Manaus, e non tutti i giorni c’è il trasporto fluviale, poi, dulcis
in fundo, sollevando a braccia il motore si sono rotti i supporti di alluminio,
così ci sono voluti altri giorni per saldare il tutto e lasciare pronta la base
di appoggio. Forse lunedì riusciremo a rimontare il motore che poi dovrà essere
allineato all’albero di trasmissione... insomma speriamo che ai primi di
settembre si possa ripartire! Così questo 26° viaggio non si è mai realizzato e
le nostre Comunità ci hanno aspettato inutilmente. Meno male che questo popolo
è paziente e ci insegna ad aver pazienza.
Pensavo
alle difficoltà, allo sforzo e alla buona volontà, ma anche all’impossibilità
di questo viaggio, e al desiderio frustrato di incontrare le Comunità. Alcuni
sono passati qui in città e sono venuti a cercarmi:
“ti abbiamo aspettato..., poi abbiamo
pensato sia successo qualcosa... va tutto bene?”; altri sono passati per
confermare il prossimo incontro: “allora ci vediamo in settembre, vieni presto
che mangiamo qualcosa insieme..., abbiamo invitato i vicini per inaugurare la nostra
chiesetta che finalmente è finita, l’abbiamo desiderata tanto e ci siamo
impegnati, è proprio bella e siamo contenti!”.
Così anche un viaggio che non si è mai
realizzato può portare frutti di comunione e di relazione attesi e desiderati.
La realtà rimane una grande sfida, qui piano piano si
riprendono le varie attività, ma le chiese sono ancora poco frequentate, la
pandemia ha interrotto bruscamente una abitudine; ma anche lì da voi mi sembra
che non ci sia proprio molto entusiasmo nel riprendere la vita di comunità! Allora
pensavo... anche provocato dal Vangelo di questa domenica che smaschera
l’ipocrisia dell’apparenza e di una superficialità che ci illude e ci priva
dell’essenziale e della gioia. Pensavo a come
l’ipocrisia di una liturgia formale e di relazioni molto superficiali abbiano
addomesticato il Vangelo, abbiano fatto dell’annuncio straordinario della
Risurrezione di Colui che ha creduto nell’amore di una vita offerta e donata, un
sistema religioso chiuso in se stesso, spesso giudicante e scostante,
certamente non attraente né desiderabile. Dio
ci salvi da “questa” chiesa!
Al contrario, la Comunità rimane una opportunità di
relazioni semplici e vere, senza giudicare nessuno perché il nostro giudice è
il Signore, ma luogo per vivere la fiducia fraterna e l’abbandono fiducioso nel
Signore risorto. Prima che le persone possano dire: “guardate come ci amano”,
devono poter constatare: “guardate come si amano”. Non siamo cristiani
per fare delle cose o obbedire a dei comandamenti, piuttosto perché crediamo e
abbiamo incontrato un cammino per vivere relazioni positive e profondamente
umane, perché inspirate a Colui che così ci ha voluto quando ci ha pensati e
creati. Per non vivere secondo la “carne”, nell’egocentrismo e nell’egoismo, ma
secondo lo “spirito”, nel servizio amoroso e nella gratuità del dono. È la
qualità delle relazioni che sta in gioco. E non possiamo nasconderci che molto
delle nostre relazioni dipende dalla nostra volontà, sostenuta da una scelta
libera e consapevole. La vita che noi scegliamo
di vivere è il frutto di ciò in cui crediamo col cuore e non solo con la
ragione. È per la fede nella croce e nella risurrezione di Gesù che
siamo nuove creature!
Credo
allora che “questa” chiesa sia davvero una possibilità di gioia, perché è
fondata sulla fede e non solo sulle nostre capacità. Ma bisogna crederci
davvero! Il frutto della libertà della fede è poi l’amore fraterno che fugge
ogni ipocrisia e formalismo. Questa chiesa sarà bella e attraente e per questo
missionaria, capace di annunciare la gioia e offrire un cammino di vita e di
fraternità.
Benedetta pandemia che ha distrutto e fatto
crollare i nostri castelli ormai vuoti e spesso diroccati, ora siamo invitati ad abitare sotto le tende
dell’insicurezza e a trovare nelle mani e nel cuore dell’altro quella fiducia
che ci aiuterà nel cammino di una vita alternativa, lieta di aver scelto la
bellezza della sobrietà, e per questo attraente. “Beati i poveri in spirito, perché
di essi è il Regno dei cieli”.
Così sarà la Chiesa di domani!
Santo Antonio do
Iça, 28 agosto 2021 – memoria di Santo Agostino
lunedì 2 agosto 2021
venerdì 30 luglio 2021
Un anno camminando insieme ...
26 luglio, il giorno dei nonni, dei Santi Gioacchino e
Anna, i genitori di Maria, nonni di Gesù. Il pensiero va a Ziano, in Val di
Fiemme, nel nostro Trentino dove siamo cresciuti nei campeggi parrocchiali, nell’esperienza
di camminare insieme, perché tutti potessero arrivare alla meta, superando le
difficoltà dei percorsi e le sfide che le Dolomiti, nella loro attraente
bellezza, ci presentano. A Ziano la festa dei Santi Gioacchino e Anna era nel
mezzo dei campeggi, opportunità per fermarsi, riflettere e riprendere il
cammino.
Abbiamo appena lasciato la comunità di Moinho. Il fiume Içá
fino a Moinho dipende dal Rio delle Amazzoni, l’acqua sta scendendo in fretta
perché il grande fiume si sta abbassando di 30/40 cm al giorno, così l’acqua
del nostro Içá corre più veloce del solito verso il mare. Dopo Moinho il nostro
fiume dipende dalle Ande colombiane, l’acqua è più calma e ancora alta in tante
località. La comunità di Moinho è già sulla terra asciutta, ma non sappiamo
come troveremo la comunità di São João do Lago Grande, forse ancora allagata,
verso sera lo scopriremo.
Abbiamo iniziato a conoscere il fiume e le Comunità
nell’agosto del 2020, è già passato un anno e questo è il 24° viaggio missionario.
Abbiamo imparato a riconoscere quando sta scoppiando un temporale, quando il
vento si prende gioco della nostra piccola imbarcazione, quando il sole scalda
fino a bagnarti completamente di sudore. Ora sappiamo dove ci sono le spiagge
nascoste che tra pochi mesi cambieranno la fisionomia del fiume rendendolo più simile
a un grande ‘kenion’ con argini profondi e rocciosi. Ora i pesci stanno facendo
festa e giocano affiorando e accompagnandoci nel cammino, piccoli delfini grigi
e grandi delfini rosa, i famosi “botos”, protagonisti di molte leggende
amazzoniche.
E le nostre Comunità? Come stanno? Sono cresciute in
umanità e fede in quest’anno? La nostra presenza e il nostro servizio pastorale
è stato di aiuto o no? Come continuare il cammino? Che cosa ci dice il Vangelo?
Sono molte domande, forse non tutte hanno una risposta
chiara, ma è importante “pensare”, come diceva il card. Martini. È importante
“discernere”, come ci ha insegnato Sant’Ignazio di Loyola e ci ripete spesso
papa Francesco. Vedere la realtà, che precede sempre le nostre idee, ascoltare
la Parola e le difficoltà incontrate, per trovare una nuova sintesi e fare
scelte coerenti e coraggiose.
Quando siamo arrivati, il 1° novembre 2019, abbiamo
trovato una situazione che ci ha lasciato un po’ perplessi. In città una Chiesa
romanizzata, nelle vesti e nelle regole da osservare, dove tutto ruotava
intorno alle devozioni familiari legate alle feste dei santi, e a novene e
movimenti carismatici, incentivati dalle trasmissioni televisive. Una Chiesa che
nel suo celebrare la fede imitava le chiese pentecostali, appoggiata ai favori
dei politici e della classe benestante, dove a decidere se la festa del patrono
era stata buona o no, era l’incasso ottenuto nell’animazione di lotterie, tombole
e dalla vendita del cibo preparato per l’occasione. Sul grande fiume, visitato tre
volte all’anno dal fedele francescano di ormai 80 anni, le Comunità senza
possibilità di celebrare la fede perché prive di qualsiasi aiuto e fortemente
tentate di passare ad altre chiese evangeliche o alla chiesa della croce,
chiese fondamentaliste e pentecostali, che promettono prosperità e salvezza in
cambio di penitenze e offerte.
Così abbiamo cominciato a camminare insieme, don Gabri in
città e io lungo il fiume. Ricordando una parola chiave del vescovo Gilberto
Baroni che parlando alla città, nella festa di San Prospero, disse che un
cristiano deve tenere in una mano il Vangelo e nell’altra la Costituzione.
Guidati dalla luce della Parola, per essere cittadini responsabili nella
costruzione del Regno di Dio, di giustizia e di pace. Accompagnare le Comunità perché
sappiano vivere con fiducia e nella fraternità. In questa nostra Amazzonia
segnata dalla bellezza e dalla prosperità del Creato, ma anche dallo
sfruttamento e dall’ingiustizia di una società capitalista nella quale il
privilegio di chi domina nella politica e nell’economia, è la normalità. Qui la
povertà e la miseria sono il frutto della corruzione, del ladrocinio
istituzionalizzato e dello sfruttamento delle risorse naturali e umane.
Lascio a don Gabriele Burani, se vorrà, valutare il
cammino cittadino, qui mi limito a sottolineare alcune linee di cambiamento di una
“Chiesa di Comunità”, dove le devozioni personali e familiari, come anche i
movimenti carismatici sono al servizio della vita fraterna e della carità. La
centralità della Parola di Dio, anche se, purtroppo, non ancora desiderata e
ricercata. Una Liturgia che sia espressione della vita e celebrazione della
fede, non solo mossa dal sentimento, ma sostenuta da scelte concrete e coerenti
con una vita di discepoli-missionari del Signore Gesù. La Carità come frutto
privilegiato della fede. E finalmente, l’attenzione ai giovani e agli
adolescenti che qui rappresentano il 70% della popolazione, e sono il futuro
della Chiesa e della società.
Quanto alle piccole Comunità lungo il fiume, il primo
passo è stato quello di “visitare” tutte le famiglie, “entrare” in tutte le
case, “incontrare” tutte le persone. È stato un momento bello e importante,
provocato dalla necessità di conoscere, ma che ha aperto la porta del cuore:
“padre, nessuno prima era mai entrato in casa nostra, grazie!”, così spesso ci
siamo sentiti accolti dalle famiglie. Il secondo passo è stato quello dell’accoglienza
di tutti. Da chi segue le devozioni popolari a chi era passato ad altre chiese
pentecostali o della croce; di chi non era ancora battezzato e di chi non era
sposato e viveva già una seconda o terza unione. La Comunità della fede, la
Chiesa del Signore accoglie tutti, specialmente coloro che si sentono esclusi e
giudicati, cosa normale nelle altre espressioni religiose, e che ci ha
conquistato il titolo di “cattolici peccatori”. Ma il Signore Gesù è venuto proprio
per noi, non per i sani ma per i malati, non per chi si reputa santo ma per chi
si riconosce peccatore. Il terzo passo è stato incentivare la celebrazione
domenicale della Parola. Il prete può venire solo una volta al mese, ma noi
possiamo celebrare la nostra fede ogni domenica, giorno della risurrezione,
dell’ascolto della parola del Vangelo e della condivisione fraterna. Questo ha
comportato un grande sforzo nella preparazione dei sussidi per le celebrazioni
domenicali. Abbiamo offerto anche un aiuto didattico: libri di canto e registrazioni
per imparare nuovi canti liturgici delle Comunità Ecclesiali di Base. Materiale
per una catechesi fondata sulla Parola di Dio e il Vangelo in particolare.
Piccoli rosari accompagnati dai testi biblici per pregare i misteri della vita
del Signore Gesù. Normalmente la Celebrazione della Parola e anche
dell’Eucaristia avvengono nella scuola o in casa. Solo tre Comunità avevano una
piccola cappella. Così abbiamo incentivato, aiutando nel materiale di
costruzione, a edificare un luogo che fosse segno della Comunità. Oggi ci sono
nove cappelle finite e altre tre in progettazione. Sarebbe bello che ognuna delle
25 Comunità che accompagniamo avesse la propria chiesetta, ma il cammino è
ancora lungo. Anche all’interno delle cappelle abbiamo messo alcuni segni: a)
la tovaglia dell’altare con la scritta: Annunciamo
la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, vieni Signore Gesù.
Annunciamo la morte di colui che è vivo ed è il Signore perché risorto, e
attendiamo il suo ritorno. b) la Bibbia sull’altare come segno di accoglienza
di un Dio che ci rivolge la sua Parola. Bibbia che viene usata nelle
celebrazioni, per la proclamazione del Vangelo e delle letture. c) due croci, una
all’interno, dietro l’altare, e una davanti alla chiesa, pitturate di giallo –
colore della luce, con la scritta: Gesù è risorto. La croce è vuota perché il
Signore Gesù è vivo, è risorto. d) la campana di 15 kg che ci chiama alla
preghiera comunitaria. e) in due comunità c’è anche il tabernacolo perché nella
celebrazione domenicale della Parola, viene anche distribuita l’Eucaristia.
Speriamo che un giorno, non troppo lontano, questo possa essere la normalità in
tutte le comunità. L’ Eucaristia celebrata una volta al mese si prolunga nelle domeniche.
Fino a quando la Chiesa scoprirà e abbraccerà una risposta adeguata alla mancanza
dell’Eucaristia in molte Comunità ecclesiali.
Nella comunità di
Moinho, ieri, 25 del mese, abbiamo celebrato la Messa in una casa, presto
inizieranno la costruzione della loro cappella. Qui anche le poche famiglie
evangeliche partecipano insieme ai cattolici, per questo nella chiesa non
metteremo nessuna immagine di santi, nel rispetto della loro sensibilità.
L’unione della Comunità è più importante delle tradizioni specifiche, la
Parola, l’Eucaristia e la Carità fraterna rimangono il segno più grande della presenza
del Risorto. Domenica sera mancavano alla celebrazione alcuni adulti e anziani,
c’erano giovani e bambini, alcune mamme e i responsabili della Comunità, il
cassique con la moglie, il professore e la sua seconda compagna, una coppia evangelica
che anima il canto e la liturgia. Chiedo: “dove sono gli altri?”. Mi risponde il cassique, un giovane di 27
anni con già cinque figli: “vedi padre, abbiamo avuto due giorni d’incontro per
discutere molti problemi della nostra Comunità, e oggi, prima di concludere i
lavori, abbiamo celebrato il culto, come tutte le domeniche. Credo che alcuni
siano stanchi e, visto che avevamo già pregato insieme, questa sera hanno preferito
riposare”. Gli rispondo che se avessi saputo, avrei anticipato il viaggio per
essere presente, ma che ero molto contento del loro cammino di Comunità.
Da ultimo, abbiamo pensato a un piccolo segno della
presenza del Signore e del servizio. Un segno liturgico di una veste bianca,
col volto di Gesù, listata con disegni indigeni e alcune linee azzurre e verdi
richiamando l’acqua del fiume e gli alberi della foresta. Nella Comunità che si
riunisce, ascolta la Parola, condivide il pane della vita e vive l’amore
fraterno, il Signore si fa presente tutti i giorni, fino alla fine del mondo.
Certo, nella costruzione del Regno di Dio, l’annuncio del
Vangelo comprende la denuncia del male, in particolare ci siamo scontrati con
la presenza del garimpo illegale di oro che inquina l’acqua del fiume e provoca
la morte di pesci e il proliferare di malattie. Anche per questo ci stiamo
preocupando con la distribuzione di casse per raccogliere l’acqua della pioggia
e avere acqua da bere pulita e potabile. La denuncia di una politica federale e,
conseguentemente anche statale e comunale, di smantellamento degli organi di controllo
sulla foresta amazzonica e in difesa dei popoli indigeni. Così sono aumentate a
dismisura le aree disboscate per la vendita di legname pregiato, per fare
pascolo per l’allevamento di bestiame e per la monocultura su vasta scala. Come
pure l’impunità per la pesca anche nei periodi proibiti per la preservazione
del pesce, dell’estrazione indebita di oro e diamanti, come pure del traffico
di droga proveniente dalla vicina Colombia e destinato alle grandi città e ai
grandi mercati europei.
L’acqua del fiume corre verso il mare, a volte con una lentezza
disarmante, ma senza mai fermarsi! Così è il Regno di Dio, di notte e di
giorno, l’agricoltore non sa come, ma la semente cresce. E il piccolo grano di
mostarda un giorno servirà di riparo affinché gli uccelli del cielo possano
nidificare. Sono poche le Comunità che si incontrano fedelmente ogni domenica,
8 o 9 in tutto. Pochi gl’incontri di catechesi per i bambini, solo in 3 Comunità.
Ma tutto è in movimento, non c’è più acqua stagnante.
L’immagine tradizionale dei Santi Gioacchino e Anna li
rappresenta con la piccola Maria e una pergamena scritta che viene passata dai
genitori alla figlia: c’è un progetto di vita. Così credo sia importante
continuare con fedeltà il cammino di presenza e di fiducia che abbiamo
iniziato. Che cosa ci dice il Vangelo di oggi? “Felici voi perché i vostri
occhi vedono e le vostre orecchie ascoltano. Molti hanno desiderato, ma non
hanno visto né ascoltato quello che voi vedete e udite”. Così il Signore ci
invita a gioire e ad essere attenti all’oggi della sua presenza. Cosa fare
allora? Ecco tre sentieri che proveremo a percorrere:
Perseverare
senza stancarci e approfondire la nostra adesione al Vangelo. Non limitarci ai
sacramenti, ma fare del momento liturgico anche una opportunità di catechesi.
Proveremo a usare lo spazio della Liturgia della Parola, nella Messa e nelle
celebrazioni, come spazio di approfondimento della fede che incontra la nostra
vita. Proveremo a proporre e sostenere anche la catechesi dei bambini perché
tutti possano partecipare pienamente dell’Eucaristia.
Incentivare la
Comunità a prendersi cura dei suoi membri, specialmente dei più deboli e
sofferenti. Cosa non scontata perché, spesso, in una situazione di povertà diffusa,
vige il ‘si salvi chi può...’. ma il Vangelo ci ha insegnato che ‘o ci salviamo
insieme o non si salva nessuno’. Così con l’aiuto della Caritas parrocchiale
potremo imparare a prenderci cura delle situazioni più bisognose.
Realizzare un
grande incontro dei responsabili di tutte le Comunità per una tre-giorni di
confronto, studio e preghiera, per ascoltare tutti, discernere insieme e
aiutarci a servire meglio la vita. Questo comporterà uno sforzo economico eccezionale
perché sarà importante aiutare a pagare la benzina delle canoe che
trasporteranno le persone dalle comunità alla città. Ma i soldi servono anche
per questo, per rendere possibile un passo nuovo ritenuto importante nel
cammino comune.
Chiediamo l’intercessione dei Santi Gioacchino e Anna che
hanno saputo educare Maria nella fede affinché, come lei, anche noi e le nostre
Comunità, sappiamo ascoltare ed accogliere la Parola dello Spirito. Noi vi
custodiamo nel cuore, fiduciosi della vostra preghiera, perché il Signore Gesù sia
tutto in tutti, e regni la pace!
Gabriele Carlotti – missionario
diocesano in Amazzonia
Santo Antônio do Içá, Festa dei Santi Gioacchino e Anna,
lunedì 26 luglio 2021
P.S.
Agli amici che
ci accompagnano e ci sostengono, ai cristiani delle Unità Pastorali e ai
fratelli e sorelle preti, seminaristi e religiose/i della nostra Chiesa locale
di Reggio Emilia – Guastalla:
Dopo quasi due anni della nostra permanenza nella Missione
Amazzonia, dopo 24 lettere dei viaggi missionari e alcune lettere della realtà
cittadina, ci piacerebbe fare un passo nuovo di “dialogo” : non basta raccontare e non basta
ascoltare, è importante interagire.
Ci piacerebbe essere sollecitati dalle vostre domande
sulla realtà che abbiamo condiviso con voi, ma anche sul senso della vita,
sull’essere Chiesa, sui desideri e gli atteggiamenti, sulla Fede vissuta. Ci
piacerebbe confrontarci sul cammino pastorale, sulle scelte fondamentali, sul
servizio ai poveri. Ci piacerebbe condividere, senza giudizio, ma cercando
insieme il cammino.
Quindi aspettiamo qualche vostra provocazione a “pensare” ...
Grazie
e buon ferragosto!
mercoledì 21 luglio 2021
Un passo nuovo di ritorno alle origini ...
Gabriele
Carlotti – missionario
diocesano in Amazzonia
Su tredici Comunità che abbiamo incontrato, solo in 6 ho
potuto celebrare l’Eucaristia, il 50% sembrerebbe un buon risultato, ma se
penso alle ore di viaggio, in questi nove giorni, allora mi chiedo il perché...
e cosa stia mancando... quale passo sarebbe importante per rispondere a questa realtà?
É già passato un anno da quando è arrivata la nostra barca e il prossimo
viaggio del 24 luglio sarà il ventiquattresimo. Credo che nessuno prima di noi sia
stato così presente lungo il fiume e nelle piccole comunità. Anche la nostra
gente è un po’ spiazzata, non abituata a vedere il prete così spesso. Prima si lamentavano dell’assenza, ma ora sembra quasi che sia
troppo, e manca l’attesa, il desiderio. Quando arrivo spesso mi
sento dire: “C’è la messa oggi, si può battezzare? Perché il frate quando
veniva ci avvisava risalendo il fiume e sapevamo il giorno in cui si fermava,
quando scendeva”. E ogni volta li guardo sbigottito e sorridendo: “Ma, è un
anno che vengo tutti i mesi e sempre lo stesso giorno, così sapete che quel
giorno del mese il padre arriva, lo sapete un mese prima, e vi ho lasciato
anche un foglio con la data e l’orario...” “Hai ragione, ma ci siamo
dimenticati, chissà dove è finito il foglio...”. Così ogni volta mi rendo conto
che il tempo è relativo e il calendario non esiste, se non per il giorno in cui
si va in città a ritirare i soldi della pensione o degli aiuti del governo alle
famiglie, giorno sacrosanto! Già è successo, e più di una volta, di arrivare in
una comunità e non trovare nessuno, o solo una famiglia. “Ma dove sono andati
tutti?” - “Sono scesi oggi in città per la pensione e la borsa-famiglia” - “ma
sapevano che oggi c’era la messa della comunità, potevano andare domani... ho
impiegato sette ore per arrivare in tempo!” - “ha ragione, padre, ma.... se
vuole celebrare, noi ci siamo”. Così mi rendo
conto che la vita di preghiera come momento comunitario è ancora un sogno.
Sono poche le comunità che si riuniscono alla domenica per pregare e ascoltare
insieme, condividere la Parola. In questo i nostri fratelli evangelici sono
migliori e più fedeli al culto della loro chiesa! Mi rendo conto che il cammino
è ancora lungo. Tutto questo non mette in dubbio la Fede personale, non il
contenuto che è vicino allo zero, ma la fiducia in Dio e nella sua presenza e
provvidenza. In questa materia le nuove generazioni sono molto più deboli degli
anziani, questo ci fa pensare: come aiutarli?
Anche nei popoli indigeni, dove tutto è comune, questo
aspetto della religiosità è sempre più segnato dall’individualismo, frutto
prediletto di un certo sistema economico che ormai è davvero globalizzato. In
almeno cinque comunità erano presenti quasi solo bambini, una ventina, e alcune
mamme, così, prima della merenda, abbiamo preso spunto dal Vangelo e conversato
sull’essere parte della famiglia di Gesù, suoi fratelli, sorelle e madre. E ci
siamo chiesti dove sia, come chiamarlo nel bisogno, dove cercarlo... “Dì al
mio popolo che non c’è bisogno che mi cerchino e mi chiamino: io sono colui che
è sempre presente, io sarò lì al loro fianco, ho visto l’umiliazione del mio
popolo, ho udito il loro lamento e sono venuto per liberarli... e mando te –
questo è il mio nome”. Così Mosè ci
indica la strada, nell’andare incontro ai fratelli, nel fare con loro un
cammino di liberazione e di libertà, incontreremo Dio, ci renderemo conto della
sua presenza fedele. Così, un po’ improvvisato, con alcuni canti conosciuti,
abbiamo vissuto un momento di catechesi che ci ha coinvolti e ha provocato
interrogativi, risvegliando il desiderio di una vita fraterna perché amata e
desiderata dal Signore. Poi abbiamo fatto merenda con i biscotti che avevamo
portato, ed è stata una festa. I bambini riescono sempre a valorizzare la
presenza e sono i primi ad accoglierci e gli ultimi a lasciarci andare. Certo
Gesù ce lo aveva consigliato: “diventate come i bambini”. E aveva ragione,
bambini non si nasce, ma si diventa. Forse questo voleva dirci quando ci ha
chiesto di “rinascere dall’alto, dall’acqua e dallo Spirito”.
Quest’anno ci eravamo prefissati di celebrare tutti i
mesi in tutte le comunità, per iniziare, aiutare e sostenere una vita fraterna.
Qualcosa si è mosso: sette comunità celebrano la Parola alla domenica, due
hanno anche la condivisione del pane eucaristico e in otto è stata costruita o
ristrutturata la chiesetta, segno e luogo della Comunità. Ma non basta, è
urgente evangelizzare! Così, per il prossimo anno, iniziando ad agosto,
pensiamo di preparare una catechesi mensile, iniziare i nostri incontri
comunitari attorno a un tema e alla Parola, in agosto pensavamo di parlare di
Maria della sua figura di donna e giovane di fede, della sua libertà e della
sua fiducia che la fa rischiare, del suo farsi discepola del proprio Figlio,
visto che c’è la festa dell’Assunta e agosto è il mese vocazionale in tutto il
Brasile. Poi sceglieremo altri temi: settembre la Parola, qui è il mese della
bibbia, che il papa ha proposto per tutta la Chiesa; ottobre è il mese missionario
e potremo approfondire il nostro essere discepoli-missionari, la missione come
vita della Chiesa. Nelle comunità dove è possibile continueremo, dopo la
catechesi, con l’offertorio e la parte eucaristica della messa; in altre ci
limiteremo alla preghiera del Padre Nostro, dell’Ave Maria e della pace,
condividendo i biscotti o altro che a volte le persone ci offrono. Evangelizzare mantenendo forte il legame Fede-Vita per
riaccendere il desiderio di una vita fraterna. A questo mirano anche i segni di condivisione
presenti, come il doposcuola in chiesa a Ipiranga, la distribuzione delle casse
per l’acqua piovana, la denuncia dell’estrazione illegale dell’oro e il
conseguente inquinamento del fiume, come pure la distribuzione di generi
alimentari nelle situazioni familiari più difficili.
Così era stato per il Vaticano II°: ritornare
alle origini! Alla Parola per l’evangelizzazione dei poveri. Non
dare più per scontata la tradizione cristiana, la conoscenza dei suoi contenuti
che spesso non erano più vissuti, facendo scadere la Fede in ritualismo,
ideologia o movimento religioso. O la Fede è la Vita e la Speranza di una
persona che si riconosce parte di una Comunità, o non è Fede! È di questa
coscienza e scelta libera, di questo desiderio del cuore che sentiamo il
bisogno e intravediamo la forza dirompente. Pur nella coscienza che nulla è
scontato. Anche nel Concilio la questione dei poveri e della povertà della
Chiesa non ha avuto seguito! Eppure una liturgia
vuota di povertà rimane un aborto! Al contrario, la scelta di una
povertà dignitosa e fraterna è già una liturgia di lode che sa gridare per
giustizia senza mai maledire, ma fiduciosa nel suo Signore.
L’evangelizzazione qui è stata, di fatto, una
sacramentalizzazione. La gente chiede solo il battesimo, ma non c’è coscienza e
volontà, desiderio di una vita fraterna di Comunità. E a
peggiorare la situazione la ‘pratica’ religiosa si basa sulle feste dei santi una
volta all’anno. Ma quando scatta il cambiamento le persone sono felici di
essere parte di una nuova famiglia, la Comunità appunto, e si impegnano molto.
Noi continuiamo a gettare la semente, a piantare e irrigare. Il Signore farà
crescere. E altri raccoglieranno... tanto siamo in una ‘azienda familiare’ e
tutto appartiene a tutti. O meglio, tutti amiamo lo stesso Signore, poniamo in
lui la nostra fiducia e lavoriamo nel suo Regno di giustizia, di speranza e di
pace!
Per inciso, credo
che la situazione italiana non sia molto diversa nella sostanza, solo, a volte
e sempre meno, si presenta meglio; allora se avete
qualche suggerimento lo accogliamo con gioia e riconoscenza. Noi continuiamo a
trasmettere e condividere la nostra esperienza e la bellezza che qui
incontriamo nella vita dei poveri. Voi aiutateci a riflettere! Buon cammino a
tutti!
Santo Antônio do Içá, Festa di Santa Maria Maddalena, giovedì
22 luglio 2021
giovedì 15 luglio 2021
LAICI (IR)-RESPONSABILI
Lettera dalla Missione Santo Antonio
do Içá – Amazzonia
Don Gabriele Burani, 14 luglio 2021
‘Laos’ è il popolo in generale, ma in senso più specifico
uso qui il termine ‘laici’ per indicare i credenti cattolici delle nostre comunità.
Uno dei nostri obiettivi nella missione è incentivare la ministerialità dei
laici, aiutarli ad assumere responsabilità, a servire gratuitamente e a maturare
una certa autonomia.
Ci sono persone di fede, con uno spirito attivo e grande disponibilità che
aiutano molto il cammino della nostra parrocchia; laici responsabili, ma anche
irresponsabili! Soprattutto la coscienza
di essere Chiesa è ancora acerba; come in altre occasioni condivido con voi anche
le situazioni meno esaltanti e difficili da affrontare, per darvi una idea
realistica della missione.
Ad esempio, una piccola cronaca di qualche impegno pastorale dopo il viaggio
sul Rio Içá.
3 luglio, sabato. Comunità di NS di Guadalupe. Ore
18. Era stato deciso l’incontro con i giovani, il secondo incontro del
gruppetto di questa comunità indigena, nella zona al limite tra la città e la
foresta. Arriva qualche giovane,
aspettiamo, sistemiamo in circolo i banchi della cappella mettendo la statua di
Maria al centro; ma i responsabili che avrebbero dovuto preparare l’incontro
non arrivano. Dopo mezz’ora iniziamo a pregare, recitando il rosario, con
intenzioni di preghiera ad ogni decina. Mentre i ragazzi sono ancora riuniti li
lascio per celebrare l’eucaristia in un’altra comunità, NS della Salute. Quando arrivo la cappella è quasi vuota, nessuno
a suonare, una decina di persone partecipano alla messa; i ministri della
Parola che potrebbero-dovrebbero essere responsabili per la liturgia non ci
sono. L’incontro biblico settimanale che avevamo progettato di fare nelle case,
da tempo non si fa, i due animatori e la coordinatrice ancora non hanno
organizzato la cosa. Cosa aspettano? Mi
chiedo. I ministri aspettano l’invito della coordinatrice, la coordinatrice
aspetta i ministri nessuno fa niente!
Domenica 5, nella comunità di S. Giuseppe non
vedo quasi nessuno, solo una decina di persone della famiglia che abita accanto
alla cappella; mi dicono che sabato c’è stata una festa di compleanno, e che
probabilmente i partecipanti alla festa (famiglie cattoliche in maggioranza) si
stanno riposando; quelli che normalmente partecipano alla messa non si fanno
vedere (nemmeno alla messa della sera, nella Chiesa centrale).
Questa è la attuale coscienza della vita di comunità, dei sacramenti, del
giorno del Signore….
Alla sera, messa nella chiesa di santo
Antonio, la chiesa centrale: nessuno a suonare, nessuno a guidare
il canto (di solito qualcuno c’è), nemmeno hanno avvisato che hanno qualche
impedimento…È la prima domenica del mese e la equipe della pastorale della
decima, che dovrebbe preparare le letture e animare la messa, non ha fatto
nulla, quindi si improvvisa sul momento, con i pochi disponibili.
Lunedì 6, incontro con i giovani alle 18:00 in una
comunità della città: l’educatore non arriva; sta piovendo forte, arriva
qualche ragazzo, facciamo qualche gioco di animazione ma l’educatore non si fa
vedere.
Vado anche il lunedì seguente e l’educatore
non c’è; non manca invece il forte temporale equatoriale ma siamo al riparo;
quando cala di intensità e si riesce a dialogare , le ragazze presenti mi
dicono che hanno sentito che l’educatore responsabile non intende seguire più il gruppo, perché loro non prestano
attenzione… lui non mi ha parlato,
semplicemente non si fa più vedere…. Andrò
a trovarlo a casa.
Alle 19:30 ci sarebbe un incontro di preghiera e formazione biblica nella comunità
di S. Giuseppe, ma non avvisano in
quale famiglia si riuniscono, non arriva né telefonata né messaggio…. Non
saprei se si sono riuniti. (In seguito mi dicono che non si sono riuniti per
motivi di malattia di qualcuno)
E nella comunità del
centro è stato fissato un
incontro in preparazione al battesimo dei bambini, ci sono due catechisti
responsabili…. Nessuno dei due arriva.
Le due coppie di genitori se ne vanno!
Un esempio del nostro lavoro/ non-lavoro pastorale. Quando
si celebra qualche festa, molti sono presenti, poi nell’ordinario non ci
sono. La coscienza ecclesiale è ancora
agli inizi e a volte ci si sente disarmati; arrabbiarsi è la prima reazione,
poi non serve a molto. Rimangono vari
interrogativi, sul come muoversi, di quali persone fidarsi… comunque l’impegno
per favorire la ministerialità rimane e il nostro impegno continua. Con qualche
frutto? Vedremo, forse si, forse no!
Domenica 11, alle 6 comincia un forte
temporale, poi pioggia normale;
vado alle 8 per la messa nella comunità dello Spirito Santo, la chiesa è chiusa,
arriva solo una persona, un fedele animatore della comunità, ma nessun altro.
Aspettiamo quasi mezz’ora poi ritorno alla casa parrocchiale; ancora è
difficile per me capire perché le persone non vengono a messa se piove, almeno
chi abita vicino alla cappella. Chi abita lontano, se deve affrontare una
strada piena di acqua e fango, è comprensibile trovi difficoltà. Quando poi arrivo alla chiesa centrale vedo
tutto chiuso, e capisco che è avvenuta la stessa cosa: non è arrivato nessuno o
quasi. Poi vado alla comunità di NS di Guadalupe; arrivo, camminando nel fango,
alla cappella; suono la campana, aspetto, ma non si fa vedere nessuno. Ritorno
alla casa parrocchiale.
Al pomeriggio ritorna il sole, e l’incontro con i giovani che era stato programmato si fa.
E un buon gruppo di adolescenti-giovani arriva.
Certo non è sempre così, a volte è tutto ben organizzato,
ci sono laici responsabili, specialmente nelle feste speciali annuali, ma il senso della domenica- giorno del Signore
e della comunità è ancora vago.
martedì 6 luglio 2021
Beviamo l’acqua della pioggia
La parrocchia di Santo Antonio di Lisbona si trova nel comune di Santo
Antonio do Içá, nel cuore dell’Amazzonia brasiliana. Appartiene alla Diocesi
dell’Alto Solimões il cui vasto territorio, 131.000 kmq, è molto ricco e
interessante dal punto di vista naturalistico, anche se spesso è sfruttato da
potenze economiche straniere e anche locali. Nella nostra terra vivono diversi
popoli indigeni, il più numeroso dei quali è il popolo Tikuna, ma abbiamo la
presenza anche di Kocama e Caixana, oltre alla popolazione discendente di
europei e proveniente da altri stati del Brasile.
Nella parrocchia abbiamo 8 comunità nei quartieri cittadini, 3 comunità sul
fiume Solimões (Rio delle Amazzoni) e 25 comunità sul fiume Içá (il Rio
Putumaio che entra in Brasile dalla Colombia). Oltre a queste comunità
cattoliche, ci sono lungo il fiume Içá altre 26 comunità delle quali 6
evangeliche e 21 della chiesa della croce (nata nel secolo scorso dal missionario
irmão José). Cercheremo di accompagnarle tutte per la difesa e promozione della
vita, perché l’acqua è un bene e un diritto fondamentale di tutti. Il nostro
Dio, il Dio della Vita, non fa differenze di religione!
Il Comune ha il 47,1% della sua popolazione lungo i fiumi, secondo i dati
dell’ultimo censimento del 2010.
Secondo un articolo pubblicato nella “Revista Políticas Públicas &
Cidades”, nel dicembre del 2017, la microregione dell’Alto Solimões ha il
peggiore Indice di Sviluppo Umano (IDH) non solo dello stato dell’Amazzonia, ma
del Brasile stesso.
Município |
Ranking
Nacional |
IDH-M |
IDH-M
Renda |
IDH-M
Longevidade |
IDH-M
Educação |
Atalaia
do Norte |
5563º |
0,450 |
0,481 |
0,733 |
0,259 |
Sto. Antônio do Içá |
5541º |
0,490 |
0,438 |
0,759 |
0,353 |
São
Paulo de Olivença |
5453º |
0,521 |
0,471 |
0,780 |
0,386 |
Tonantins |
5225º |
0,548 |
0,508 |
0,779 |
0,416 |
Benjamin
Constant |
4764º |
0,574 |
0,526 |
0,763 |
0,471 |
Tabatinga |
3771º |
0,616 |
0,602 |
0,769 |
0,505 |
Amaturá |
5049º |
0,560 |
0,499 |
0,773 |
0,455 |
Jutaí |
5477º |
0,516 |
0,528 |
0,766 |
0,340 |
Fonte
Boa |
5394º |
0,530 |
0,518 |
0,719 |
0,400 |
Índice de Desenvolvimento
Humano Municipal (IDH-M),
Microrregião do Alto Solimões.
Nonostante la
ricchezza di acqua della foresta amazzonica, non è garantita la possibilità di
acqua potabile e di qualità in tutte le nostre comunità, dovuta ai continui
cambiamenti del livello dei fiumi nelle stagioni di piena e di grandi secche,
come pure al fatto che la maggioranza della popolazione beve dell’acqua del
fiume o dei ruscelli e dei pozzi, senza nessun trattamento.
L’alternativa a
questa acqua inquinata, è la raccolta dell’acqua piovana.
Per questo, con
l’intento di aiutare ad avere la disponibilità di un’acqua pulita e potabile,
la nostra parrocchia, attraverso la solidarietà di amici e comunità italiane,
offre ad ogni famiglia una cassa di 500 litri per raccogliere l’acqua della
pioggia, usando il tetto di lamiera della propria casa. Siamo coscienti che questo
non risolve tutti i problemi, perché è necessaria una educazione alla raccolta
e al trattamento e conservazione dell’acqua piovana, affinché non sia
contaminata. Sappiamo che governo municipale, statale e federale avrebbero la
possibilità di risolvere il problema della mancanza di acqua potabile,
purtroppo manca la volontà politica di farlo! E nel Brasile attuale, con il
governo che abbiamo, una politica che difenda e promuova la vita è davvero
lontana dalla realtà. È aumentato il disboscamento della foresta e il commercio
illegale del legname pregiato, sono sostenuti i grandi allevamenti di bestiame
che hanno bisogno di molti ettari di pascolo, come anche l’agro-negozio che
favorisce la monocultura in larga scala. Anche l’industria della minerazione
dell’oro e dei diamanti è cresciuta molto, pur nell’illegalità, visto che gli
Organi di controllo del governo non funzionano o sono stati bloccati da una
politica che favorisce i grandi investimenti a scapito della piccola proprietà
e delle terre indigene, già riconosciute dalla costituzione federale. Sperando tempi migliori, la nostra gente si ammala e muore!
La scelta di
agire per migliorare la qualità dell’acqua per consumo umano e domestico, nasce
da un incontro con la comunità di São Pedro che si trova a metà del fiume Içá,
a circa 180 km dalla città di Santo Antonio. Riporto quanto avevo raccontato
nella lettera dell’8° viaggio:
....“Si, padre, il cassique ha avvisato per la Messa, ma ci sono molti
ammalati, con febbre alta e diarrea”. Chiedo se sia malaria... no, perché non hanno
i brividi e sudano molto. Chiedo che acqua bevono. Quella del fiume, mi
risponde. Qui non ci sono igarapé (piccole sorgenti). Ma la trattate con il
cloro...? no, è finito e qui non abbiamo nessuno della salute pubblica. Sono
già stato a Juì (paese a cinque ore di canoa motorizzata), ma dicono che non
possono darlo senza una richiesta del responsabile della salute... Mi
ricordo, in questo momento di una frase ironica di fr. Gino, mio predecessore: “Bevete l’acqua del fiume, è così inquinata che
anche i microbi e i batteri muoiono!”. Ricordandomi della mia Bahia chiedo: “Ma
non potete usare l’acqua piovana? Qui piove spesso, quasi tutti i giorni...”.
“Sarebbe bello, mi risponde, ma qui nessuno ha una cassa di plastica per
raccogliere l’acqua, solo qualche pentola, ma finisce subito...“Incredibile, ma
vero”, nel più grande bacino acquifero del mondo, l’Amazzonia, non c’è acqua
pulita da bere! Il Vangelo di questa ultima domenica dell’anno liturgico ci
coinvolge: “Avevo sete e mi avete dato da bere”. Così lascio alcune medicine
per la febbre e la diarrea e chiedo quante case ci sono, mi rispondono cinque,
bene proverò a cercare cinque casse da 500 litri ciascuna; voi pensate a come
fare una specie di grondaia e al prossimo viaggio, il 12 dicembre 2020, ve le
porto. Così, durante la notte, ripenso a quante famiglie devono affrontare
questa situazione... Ripenso alle cisterne fatte nella secca
Bahia e mi ripropongo di vedere, nei prossimi viaggi, la necessità concreta di
acqua potabile, in questa Amazzonia dove piove tutti i giorni e i fiumi sono
una ricchezza enorme di acqua dolce. Incredibile, ma
vero!”.
Da questo incontro con la realtà nuda e cruda, ci siamo mossi per cercare aiuti per poter offrire a tutte le famiglie una cassa di 500 litri per raccogliere l’acqua della pioggia. Da quel momento abbiamo cominciato a preoccuparci con l’acqua da bere per le persone delle comunità lungo il fiume. Ad oggi abbiamo già distribuito circa 150 casse per raccogliere l’acqua piovana e continueremo, piano piano, tutti i mesi nei due viaggi missionari, a portare questo regalo alla nostra gente, fino a quando potremo farlo.
Così la
parola del Vangelo sarà accompagnata dall’acqua della vita. Solo nella comunità
di Ipiranga, sul confine colombiano, abbiamo optato per fare tre riservatori
comunitari di 4.000 litri ognuno. Per portare il materiale è stato fatto
questo viaggio straordinario di quattro giorni, andata e ritorno sui 357 km che separano
la città da Ipiranga. Abbiamo fatto questa scelta per completare un progetto
già iniziato dai militari che avevano preparato alcuni riservatori comunitari
per l’acqua piovana allo scopo di aiutare le famiglie. In questo modo il paese
dovrebbe essere tutto servito da questi punti di raccolta e distribuzione
dell’acqua da bere. Come ci ha insegnato Madre Teresa di Calcutta: “il mare e
fatto di tante gocce, non facciamo mancare la nostra!”
Infine, la parrocchia ha preparato una piccola dispensa per aiutare le persone a conoscere come trattare l’acqua affinché sia potabile e di buona qualità, e come difendersi da eventuali malattie provenienti da un’acqua contaminata. Ringrazio Otilia che ha preparato il testo e Andrea che ha fatto i disegni, così importanti per comunicare con persone semi-analfabete. Questo ci darà l’occasione di dialogare su questo tema e rispondere ad eventuali dubbi o incertezze che possano sorgere.
Le famiglie
dovranno provvedere all’installazione delle grondaie in plastica e al supporto in legno per la cassa che raccoglie la pioggia. Sappiamo che non tutti lo
faranno, ma preferiamo correre questo rischio per incentivare la responsabilità
di ogni famiglia, proprio chiedendo questa loro minima collaborazione,
coscienti che “è meglio insegnare a pescare, piuttosto che dare solo il pesce”.
Abbiamo anche la speranza che tutto questo
movimento, che ha già fatto parlare nel Consiglio comunale della città, possa
promuovere un maggiore impegno degli amministratori locali riguardo alla salute
pubblica dei cittadini e al trattamento dell’acqua destinata all’uso domestico.
Come diceva Francesco di Assisi: “Coraggio, andiamo a lavorare, perché ancora
non abbiamo fatto niente...”.
Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia
Santo Antônio do Içá, festa degli apostoli Pietro e Paolo, domenica 04
luglio 2021
Lettera dalla missione amazzonica: DROGA
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