sabato 10 giugno 2023

Viaggio Missionario Rio Içá. 2-6 giugno 2023. Cronaca


 

Sabato2 giugno partiamo alle 12,30di un caldo pomeriggio. Arriviamo alle 16,45 alla comunità di N.S di Nazaré; celebriamo in una casa. Alla messa 2 sposi adulti, 2 figli giovani e una signora con una figlia piccola. Si uniscono ai canti che io e Moises scegliamo, loro hanno ancora difficoltà nella scelta dei canti. La zona è allagata, non si vede terra; abbiamo molti delfini di fronte a noi.  

Alle 18 ripartiamo, arrivando a S.João de Japoacuá alle 19; un piccolo villaggio, arriviamo al tramonto con alcune persone sulla riva; si nota la cappella recente, con la croce sulla facciata. Entriamo nella nuova cappella di legno per la messa, alle 19:30 e la cappella è vuota; ancora non è entrato nessuno, non c’é tavolo e non ci sono sedie.  Aspettiamo e pian piano qualcuno arriva; mi dicono che la tavola-altare é stata portata nella scuola; alcuni ragazzi portano due panche. Io mi metto in terra per la celebrazione e li invito a mettersi in cerchio; con Moises scegliamo i canti ( normalmente hanno una animatrice del canto, ma oggi non é presente); ci sono 27 persone, qualche adulto e la maggior parte bambini e ragazzi di 10-13 anni. Tutti fanno la comunione. La professoressa della scuola é anche catechista e ha fatto catechesi eucaristica per questo gruppetto (anche se nel mese di maggio non si sono incontrati); il ragazzo che era un buon animatore della liturgia ora sta studiando a Tonantins quindi dovranno organizzarsi per le celebrazioni della comunità. La notte è fresca e silenziosa, si ascoltano le voci di vari uccelli, senza altri rumori; una esperienza che in altri luoghi è difficile per rumori di fondo continui, ed è molto bello rendersi conto della vivacità e varietà degli uccelli attorno a noi.



Domenica  3 giugno, Solennitá dela SS Trinitá.  Partiamo alle 8,20 e arriviamo alle 16,20 alla comunità di S.Sebastiano I, allagata; si arriva alla casa in cui si celebra camminando sui tronchi di legno galleggianti. Ci aspettavano, la grande stanza con pavimento di legno è ben pulita e al centro la tavola con la tovaglia, per la eucaristia. Solo 5 persone, una coppia di sposi anziani e tre uomini della famiglia. Si chiacchiera un po’, poi la celebrazione: in pochi, ma con fede e attenzione. I due anziani andranno a S.Antonio nella casa di un loro figlio, nei prossimi giorni.  In questi mesi con la comunità allagata la vita non è semplice; non lo è mai, ma ora che ci si può spostare solo con la canoa, senza  un pezzetto di terra-ferma, specialmente per due anziani è complicato.



Arriviamo poi a MOINHO, un centro maggiore, che raggiungiamo in pochi minuti. É tutto allagato (ma l’acqua non arriva al pavimento delle abitazioni), ci sono persone davanti alle case, altri che si spostano in canoa. La messa dovrebbe essere nella scuola; con la nostra barca non è possibile attraccare accanto alla scuola perché davanti ci sono i fili della corrente elettrica; quindi ‘parcheggiamo’ vicino ad un albero, aspettando che qualcuno venga a aprire la scuola e a darci un passaggio in canoa. Aspettiamo ma non arriva nessuno; non c’è terraferma, quindi non possiamo arrivare alle case. Le persone ci vedono, qualcuno passa acanto con la canoa, ma nessuno ci chiede qualcosa, nessuno apre la scuola; Moises mi disse che sono quasi tutti protestanti, forse i pochi cattolici sono in città. Una casa viene chiusa, con assi di legno inchiodate a porte e finestre: probabilmente vanno a S.Antonio, ritornando qui quando il livello del fiume si abbassa.  Rimaniamo fermi anche la notte, e al mattino alle 7 ripartiamo, passiamo davanti alla comunità di S.Sebastiano II,  e qui vediamo tutte le case chiuse. In effetti ieri avevamo incontrato una barca piena di persone di questa comunità, diretti a S.Antonio,  che ci avevano avvisato : non avremmo trovato persone in questi giorni.



Continuiamo il nostro viaggio e arriviamo nel pomeriggio alle 15 a S.João do Lago Grande.  Dato che è tutto allagato, i bambini davanti alle case si stanno divertendo nuotando, tuffandosi; una mamma (che è anche professoressa della piccola scuola) vigila dalla finestra; sulla piattaforma galleggiante a cui attracchiamo sono appesi due pirarucu (i pesci più pregiati) a seccare. Dalla piattaforma chiacchieriamo un po’ con la professoressa alla finestra; ci dice che sta cercando un terreno in Santo Antonio per farsi una casa, anche per il disagio di vivere in un luogo che é allagato alcuni mesi all’anno. Le case sono costruite su palafitte ma, a volte, l’acqua arriva fino al piano di abitazione e oltre.

Ieri il marito ha ucciso una grande anaconda che stava mangiando le loro galline e oggi é uscito a pescare, ma quando il fiume è in piena non si pesca molto.
Celebriamo la messa alle 19:30 in casa della cacique; è notte, non hanno la corrente elettrica (il generatore si è rotto, un tecnico lo ha preso per aggiustarlo e non restituito) da due mesi; un ragazzo ci viene a prendere in canoa e ci accompagna nella casa della signora. Buio, un buio quasi totale perché ci sono le nuvole e la luna è oscurata; mi impressiona sempre la esperienza del buio vero, quando esci e non vedi nemmeno i tuoi piedi, la tua mano... una esperienza che nelle nostre città italiane non abbiamo più; qui capisco meglio la simbologia luce/tenebre, e che il buio é veramente situazione di pericolo e di non-conoscenza. La messa é con due anziani ( la cacique e il marito), altri tre adulti e una decina di bambini, alla fioca luce di alcune candele; non hanno preparato la liturgia, noi proponiamo qualche canto e facciamo le letture. Noto in un angolo un altare, con la croce tipica della religione della ‘cruzada’; poi Moises mi disse che questa cacique è in conflitto con altri della comunità perché vorrebbe che tutti entrassero nella ‘cruzada’.



Martedì 5 giugno 2023. Arriviamo verso le 10 a Boa União; non riusciamo a posizionare la nostra barca vicino alla casa per non rimanere incagliati, ma ci vengono a prendere in canoa.  Stanno costruendo una cappella della comunità, ma ancora non è ultimata, e ci fermiamo in una casa. Ci sono 7 adulti e 7 bambini, famiglie giovani; chiacchieriamo e celebriamo la messa. Non hanno molta formazione ma sono molto accoglienti, con lo spirito allegro, una compagnia piacevole. Speriamo che finiscano la cappella, così avranno un incentivo per riunirsi tutte le settimane per la celebrazione.
Alle 16:30 siamo a S. Cristovão II; andiamo nella piccola scuola (costruita con il contributo dei nostri amici di Reggio); qui, per ora, non si celebra la messa. Al nostro incontro ci sono 8 bambini piccoli e tre giovani donne (2 della religione della ‘cruzada’ e una protestante della chiesa ‘Deus è amor’); leggo un brano del vangelo, facciamo qualche preghiera insieme e la immancabile distribuzione di biscotti.  Un incontro ecumenico sereno.

Alle 18 siamo a S.João da Liberdade. Da questa parte del fiume la terra sale quindi la comunità non si allaga; facciamo un giro sulla collinetta su cui stanno costruendo nuove case. Celebriamo nella scuola, con circa 20 persone, in maggioranza bambini. Una animatrice sceglie i canti e organizza per le letture. La comunità è vivace, penso che si possa fare un certo lavoro con la catechesi.

Mercoledì 6 giugno si riparte per S. Antonio, arrivando intorno alle 13. Per fortuna senza rotture alla nostra nuova barca. 

Don Gabriele Burani 

venerdì 12 maggio 2023

RITORNO AL FUTURO

 




È un privilegio, una grazia speciale passare queste ore sulla barca, attraccare a un albero su una riva di un lago, di una palude, di un rivolo, lontano da qualsiasi abitazione, senza luce elettrica, senza i suoni stridenti della città, udendo solo il concerto di rospi e rane, orchestra di mille flauti e cicale, versi di uccelli notturni che non feriscono il silenzio. Trovarsi nel nulla del nulla. Gli alberi e le sponde diventano sempre più fitti man mano che ci si avvicina al confine colombiano e le case sempre più rare. Il vento culla le chiome frondose degli alberi centenari. Alcuni sono in fiore. Un luccicante giallo e un delicato lilla risaltano nel verde scuro. E le stelle, così vicine che sembra di poterle prendere con la mano, si specchiano nell’acqua come scintille silenziose e saltellanti. Che silenzio, profondo, misterioso, divino. La linea della foresta spacca l’orizzonte. Se non ci fossero gli alberi non distinguerei davvero l’acqua dal cielo.

Senza sosta andiamo visitando le varie comunità, senza far caso ai venti, alle piogge, alla piena e ai problemi che la barca ci dà. Alcune comunità ci attendono e ci accolgono, perfino con petardi e fuochi d’artificio, in altre si fa più fatica a incontrare le persone perché impegnate nel lavoro o nella pesca... L’attesa è già una questione spirituale. L’attendere è già una presenza.

I primi giorni in queste comunità ammetto di averli vissuti con molta urgenza di “dare in cambio qualcosa”: un racconto, un gioco, un dono… Ma presto sono arrivata a capire che questo baratto non è necessario. Stando insieme alle comunità capisco che è solo richiesto che IO SIA in ascolto con il cuore aperto. Importa solo il COME sei, il CHI non importa a nessuno.



C’è un verbo portoghese, “mergulhare” in acque profonde, ovvero andare sempre più in profondità a questa misteriosa esistenza. In pochi metri di foresta esiste un numero di specie, di animali e di piante e insetti maggiore che in tutta la fauna e flora europea. La natura sembra avere una propria intenzionalità. Questo popolo custodisce una sapienza antica e profonda che integra vita e morte, essere umano e natura, rende compatibili lavoro e divertimento, in sintonia tra cielo e terra. Una terra dove il mito non è racconto ma realtà, dove le storie quotidiane sono popolate di animali fantastici, dove i “pajè” (uomo del sacro e dei misteri capace di curare con le piante della foresta) custodiscono questa sapienza ancestrale. In questo senso, questo popolo è altamente civilizzato per quanto tecnologicamente primitivo. Qui l’invisibile fa parte del visibile.  

“Mergulhar na vida”, vuol dire però anche entrare sempre più in profondità in dinamiche di ingiustizia e corruzione disarmante.

Lo sfruttamento irrazionale della terra e del lavoro non riguarda solo il povero, ma anche la natura. Il protrarsi della devastazione delle foreste e della biodiversità mette in pericolo la vita di milioni di persone, in particolare quella dei giovani in cerca di futuro, che vengono spinti verso terre di bassa qualità o nelle grandi città, come Manaus, dove si trovano a vivere ammucchiati in miserevoli periferie rimanendo soli. La crisi culturale si manifesta da un lato come una crisi di senso e dall’altro come fondamentalismo, che si esprime nelle ramificazioni delle grandi religioni e nelle ideologie politiche. Il valore della vita è bassissimo: il credere superstizioso “nel paradiso” fa sì che la sofferenza, l’ingiustizia e la morte non vengano riconosciute come tali e non abbiano il loro spazio di comprensione. Il conflitto è quotidiano e spesso violento: genitori in lite con i figli, figli in lite con i cognati, mogli con le suocere, nonni che non vogliono che i padri incontrino i figli, le madri che lasciano i figli per relazioni con ragazzi più giovani. Relazioni che si alternano come si cambia un paio di ciabatte, bambini che spariscono, forse venduti al mercato internazionale di organi, cacciatori d’oro, abbandoni, incesti… E in tutto questo… L’omertà del popolo per non incorrere nel pettegolezzo.



Il maschilismo è fortissimo: le autorità proteggono e difendono il maschio. Tutto ruota attorno agli interessi di una potente oligarchia a caccia di guadagni immediati. I politici si scelgono in base a chi potrebbe vincere, non in base a chi si fa carico del bene per la tutta la comunità. C’è paura di denunciare. Perché ci si dovrebbe ribellare se poi non c’è un sistema che ti sostiene? Ciò che chiamiamo giustizia nei nostri paesi è una giustizia formale, lenta e costosissima, che opera lontano da luoghi come questo e non permette ai poveri, che non conoscono i sistemi legali e non riescono a pagare avvocati competenti, vedere garantiti i loro diritti minimi e riconoscerli come tali. Calunnie, diffamazioni, minacce di morte sono le armi che vengono utilizzate per chiudere la bocca a chi alza troppo la voce … Ma non si può tacere.  

Mi chiedo chi è povero. Lei, lui, o io? Loro non sanno né leggere né scrivere. Io ho due lauree, un master e diversi corsi di perfezionamento. Ma le persone che incontro qui sanno pescare, seminare, costruire, nuotare, leggere la natura meglio di me. Ci sono donne giovanissime capaci di tirare su 9 figli e rimanere bellissime. Come si misura la povertà? In intelligenza? In denaro? Forse la povertà si misura in termini di ingiustizia. La quantità di ingiustizia che deve vivere e sopportare una persona innocente. E quando queste ingiustizie sono considerate normali è il peggiore dei casi. È dunque questo che chiamano vocazione? La cosa che fai con gioia come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo? Se le comunità cominciassero insieme a fare una resistenza di massa, dire NO ai “garimpo” illegali (estrazione illegale dei minerali), allora forse smetterebbero. Lavoriamo sull’onestà.   

Questa terra è la concreta conseguenza di ciò che ha generato la logica del capitalismo: il lavoro è lavoro. I garimpero brasiliani cercano l’oro illegalmente a discapito dei governi europei. I poveri vengono sfruttati a rotazione come forza lavoro: si guadagna di più con l’oro che con la semina, ma a discapito degli altri. Ognuno pensa al proprio interesse, non al bene per la vita della comunità, del fiume e della foresta. Ed è anche questo il capitalismo: l’importante è che ci sia sempre un gruppo di lavoratori attivo e chi non ha un possedimento economico valido può soccombere perché è inutile alla società. L’accumulo di denaro, a cui si sacrifica tutto, a cominciare da se stessi, porta le persone a diventare sempre più insensibili nei confronti del prossimo perché questa schiavitù anestetizza la capacità di attenzione e compassione. E noi incontriamo queste famiglie, inventando riti e raccontando storie di resistenza, ingiustizia e libertà, da Gesù al Re Mida passando per fiabe africane. Siamo ridicoli? Forse. O forse no. Partendo dalla più grande storia di ingiustizia, un innocente messo in croce, ci diciamo che la morte non è mai l’ultima parola, e neanche l’ingiustizia, cerchiamo di far capire che il proprio interesse personale non può essere sempre e soltanto la cosa primaria. L’oro luccica, ma porta solo fame.



“Parli facile tu che sei ricco, ma io sono povera. È più importante il lavoro dell’amore.” Ma se il lavoro non ti gratifica, se degrada la tua salute, saccheggia la tua terra e la tua vita e se questo lavoro legittima la gerarchia e la corruzione, non è un lavoro. È sfruttamento. È schiavitù. La convinzione che l’unico miglioramento possibile sia quello individuale è una illusione. Il culto della carriera, la competizione con i colleghi, la ricerca ossessiva di gratificare i superiori ci rende divisi. E quando siamo divisi ogni nostro diritto è sotto attacco. Il lavoro migliora l’uomo e la vita con l’aiuto dell’altro e di una comunità, non con la corruzione e la disonestà.

Affinché ci possa essere parità e uguaglianza, è necessaria una Legge che sia garante di questi diritti e che venga rispettata da tutti. Se questa manca, allora mancherà sempre la giustizia in queste case. Non è facile, soprattutto quando si scopre che perfino le istituzioni più stimate sono corrotte, come ci racconta Gabri Carlotti nella sua ultima lettera. Violenza che genera violenza, morte che viene vendicata da altra morte (non ci sono statistiche affidabili sui casi di morte violenta). Sembra proprio che tutto questo non abbia fine.

Questa realtà ci sbatte in faccia l’effetto collaterale di questa nostra società che ci vuole divisi, nuclei, in conflitto. Una società che ci tiene insieme con la paura e ci dimentichiamo del valore della libertà. “Non abituatevi a tutto questo! Non abituatevi!”… Eppure continuo ad essere fermamente convinta che nessun potere, nessuna forza, nessuna ingiustizia può vincere sulla vitalità e sull’amore che una persona può vivere e donare, proprio perché unica irripetibile e capace di creatività. Queste persone non hanno potuto scegliere certo il loro destino, il luogo del mondo in cui nascere, o la famiglia sgangherata in cui crescere, ma possono e desiderano dare un senso alla loro vita e alla loro morte. E noi con loro. Non temere, ma continua a parlare e non tacere, perché io sono con te, risuona ancora la voce del profeta.

E mentre ci lasciamo alle spalle il confine colombiano prendendo la rotta verso Sant’Antonio, con un martello pneumatico di domande senza risposta nella testa, ancora una volta guardo il cielo: e la natura parla. Vedo due arare, sono uccelli con ali lunghe e strette che si vedono mentre si attraversa il fiume. Sono uccelli che volano sempre in coppia. Gabri mi racconta che una volta che si guardano, si scelgono e da quel momento volano per sempre insieme. Il loro volo si distingue dagli altri perché tracciano traiettorie sincroniche in parallelo. Le loro curve sono così perfette che sembrano lineari. La libertà del volo di una comincia con la libertà del volo dell'altra. E allora la natura risponde: sì, è possibile fare scelte coraggiose e rimanere nella semplicità. Riconoscere il sentimento, che sia rabbia o amore, riconoscerne il valore e scegliere che direzione darci. È possibile scegliere l’onestà e la libertà. Condivisa.



Lo stupore e la gioia più grandi sono proprio nel vedere la nascita di luoghi nuovi in questa terra. Se non c’è lo spazio, lo si crea. Dove c’è una urgenza, si risponde alla necessità. “Padre, vorremmo una chiesa in comunità!”, “Facciamola”. “Padre, non c’è una scuola!”, “ Vi aiutiamo”. “I garimpos ormai hanno avvelenato tutto il nostro lago”, “Avete bisogno di acqua? Vi diamo una cisterna con depuratore per l’acqua piovana, che è sicuramente più sana di quella del fiume”. I discorsi oggi dominanti affermano che non c’è alternativa al capitalismo, che le utopie non hanno più senso e che la storia è arrivata al capolinea. Sono discorsi di autogiustificazione e disperazione che infieriscono sui poveri! Generano pessimismo e depressione. La speranza nasce quando le vittime cominciano a parlare, ad agire, a organizzarsi per conto proprio; quando i missionari si fanno presenti in mezzo al popolo, rinunciando ai vantaggi della propria classe sociale, accompagnando i processi di organizzazione, aiutando a cancellare il sentimento di incapacità; quando si danno delle opportunità per essere un inizio nuovo. La speranza ci dà le ragioni e la forza per decidere tra un presente imprevedibile e sofferente e un esodo verso un futuro imprevedibile e rischioso. Vivere nella speranza ha i suoi rischi: esige presenza, visione e intervento. Siamo attori…sociali. Camminare, ascoltare e agire. È questo che mi insegna ancora l’Amazzonia. La fede, prima di essere teologia, prima di essere credo e religione, prima di essere filosofia, prima di essere cultura, prima di essere tutto quel bagaglio di conoscenza che se fine a se stessa non serve a nulla, è incontro e presenza.



Comunità di Vista Alegre, ultima notte in barca. Alle 4 del mattino sentiamo dei petardi e una barca, con le sue luci abbaglianti, ci sveglia. Ci alziamo tutti e tre per capire cosa sta succedendo. Sono arrivati degli uomini della comunità con il materiale per costruire la chiesa. Gabri si alza a guardare chi è: “Beh io non lavoro adesso… fanno poi loro…” e torna a letto esausto. Prima di richiudere gli occhi mi fa “é la vita mia cara…” e torna questo mantra. Rido. È la frase ricorrente in queste settimane. Ma ormai non si dorme più. Non siamo allenati come gli abitanti della foresta. Ci alziamo alle sei e riprendiamo il viaggio. Solchiamo il fiume. Alzando gli occhi non si vede il sole, ma i suoi raggi giocano con le foglie sui rami più alti. “Di tramonti ne vediamo tanti… ma di albe poche…”.  Tainà, dice Gabri. È la parola che si grida quando il sole sorge: vogliamo essere un mondo nuovo, né primo né terzo, un mondo secondo e fraterno. Si, è la vita.

Anna Chiara e Gabriel, missionari dell’Amazzonia

 

Santo Antonio do Içá, 12 maggio 2023 – mese di Maria e di tutte le mamme

 

CEB : Comunità Ecclesiali di Base

 



Lettera dalla missione in Amazzonia.

Carissimi, molti ci chiedono: come sta andando la missione, cosa stiamo facendo... condivido con voi il contenuto principale della Assemblea Parrocchiale delle comunità della città. É un momento importante in cui si ascolta il percorso delle varie comunità (le luci e le ombre, le realtà positive e quelle negative) e insieme si cerca di dare un indirizzo al percorso della nostra Chiesa.   Per noi preti è importante ascoltare, capire, e anche proporre; il nostro sforzo in questi anni è stato quello di entrare in una realtà nuova; conoscere, condividere, ma anche con la responsabilità di annunciare il Vangelo con la sua carica di novità, di purificazione e a volte di rottura; accompagniamo il percorso della nostra gente, ma anche facciamo nuove proposte, o cambiamo qualcosa rispetto alle loro abitudini, accettando qualche opposizione e resistenza.
      Cosa abbiamo messo al centro questo anno? Il percorso delle Comunità Ecclesiali di Base (CEB); è la scelta di un modo di essere Chiesa, una scelta tra le altre possibili ma per noi con una forza particolare perché sottolineata fortemente nella Assemblea Diocesana e comunque da anni presente in Brasile (anche se non in tutte le diocesi, e non con la stessa forma). La nostra è una parrocchia formata da 8 comunità in città, 3 sul Rio delle Amazzoni (Solimões) e più di 20 sul Rio Içá.  La assemblea di domenica 30 aprile era per le comunità della città: comunità diverse tra loro (alcune abbastanza organizzate, altre ben poco, una ancora senza cappella o luogo di incontro). Perché abbiamo insistito sul cammino di CEB?



La storia della nostra parrocchia è quella di una chiesa centrale (Matriz di Santo Antonio) con alcune comunità che si sono formate nel tempo, ma la maggior parte delle attività erano al ‘centro’: catechesi, gestione economica, celebrazioni....  per molto tempo avevano solo un Ministro straordinario della Comunione. Negli ultimi anni abbiamo cercato di dare una maggiore autonomia alle comunità, considerando anche la comunità del centro come una tra le altre (ovviamente con qualche resistenza da parte dei parrocchiani del centro, che si sono visti impoveriti per certi aspetti).  Ci sono poi bairros (quartieri) senza alcun segno di vita della chiesa cattolica, e in questi bairros più periferici vorremmo iniziare qualche attività; grazie a due Missionarie che si sono stabilite qui da noi e Anna Chiara, una giovane di Sassuolo che per tre mesi condivide la nostra missione, in due bairros abbiamo iniziato attività di oratorio, con i bambini, al sabato e al centro attività di teatro coinvolgendo giovani della città.
- In genere le comunità della città erano\sono solo comunità liturgiche: si riunivano per la celebrazione della messa settimanale e per la festa del santo patrono.
 Ma la Comunità Ecclesiale di Base non è solo questo; ci si raduna per un ascolto più approfondito e condiviso della Sacra Scrittura, per una vita di amicizia e condivisione, e anche per affrontare i problemi sociali del quartiere; la Comunità di Base ha una valenza politica come esigenza naturale dell’essere discepoli di Gesù.  Abbiamo proposto _ e anche questa è una novità per loro- di formare gruppi di famiglie (5-6 famiglie) che si riuniscono stabilmente per una Lettura Spirituale della Scrittura, per una condivisione di vita, e per mantenere un dialogo anche sulla situazione della città. Gruppi stabili di famiglie e non solo incontri occasionali (come accade nel mese missionario, o nella novena di natale); vedremo come questa proposta si svilupperà!
Da un documento brasiliano sulle CEB, ho illustrato tre principi di base che orientano le nostre scelte.



1.      De-colonizzazione    La Chiesa è entrata in Amazzonia con un volto europeo (grazie agli ordini religiosi di origine europea) ma ora è possibile realizzare una vita di Chiesa con il volto amazzonico? Il sinodo sulla Amazzonia voluto da papa Francesco possiede questa valenza. É una questione molto aperta: come esprimere e vivere la fede considerando le tradizioni locali e non imponendo solo la forma romana del cattolicesimo? Ma anche: come affrontare la colonizzazione nord-americana che ci sta invadendo, soprattutto attraverso le numerose chiese neo-pentecostali?

 Anche a Reggio abbiamo bisogno di una de-colonizzazione; siamo eredi di forme di pensiero, di pregare, di celebrare, di catechizzare che erano valide nei secoli passati ma oggi? La colonizzazione del pensiero medievale e moderno (molto utile in epoche passate) rischia di ingabbiare la chiesa; come evangelizzare oggi senza esprimere semplicemente il fascino di qualcosa di arcaico?

- Non solo: dobbiamo accettare il pensiero post-moderno come un dogma e adeguarci? Si, i cristiani occidentali vivono nel mondo post-moderno e l’annuncio deve esprimersi nella cultura attuale. Ma la chiesa deve solo assumere le categorie del post-moderno (frammentazione, relativismo, pensiero debole, società liquida... ) e cercare di annunciare il vangelo di Gesù con queste categorie o può tentare strade diverse? É necessario incarnarsi nella cultura dominante ma con la libertà di non diventarne schiavi e quindi con possibili proposte alternative.



2.      De-centralizzazione.   Per noi qui a Santo Antonio significa attivare vita liturgica, catechetica, caritativa, di ascolto, di responsabilità... nelle varie comunità; avere una certa autonomia in tutte le comunità per rendere possibile una esperienza più personale: ci si conosce, si dialoga, si condivide.... la vita cristiana non si riduce a una partecipazione anonima alla messa domenicale.
 Una domanda che rimane aperta anche per la chiesa di Reggio; si formano le Unità Pastorali e si unificano le iniziative nel centro maggiore dove abita il parroco. Ma si potrebbe anche scegliere di mantenere vive le varie comunità anche se il parroco non è residente. Mantenere una presenza capillare; quando si centralizza troppo, si rischia l’anonimato dei partecipanti; diventa difficoltosa la esperienza di relazioni profonde, di comunione e condivisione.

3.      De-clericalizzazione.  Il terzo principio, ancora abbastanza difficile da assumere; in positivo significa riconoscere la dignità di tutti credenti in Cristo, di vivere insieme, di abituarci a decidere insieme, di incentivare la ministerialista dei laici. Il prete ha una responsabilità, ma non è la ‘pietra’ più importante dell’edificio- chiesa.: è come gli altri, ognuno con i propri carismi e ministeri. Non si tratta di una lotta di potere, ma di apprendere a lavorare insieme, con spirito di umiltà. Come preti potremmo continuare a metterci a servizio della formazione dei laici, per rapporti alla pari (senza annullare i ruoli specifici) in cui ci si aiuta a vicenda nel seguire Gesù Cristo.

In tutto il Brasile, e forse anche in Italia, la tendenza dei seminaristi e preti giovani è quella di una accentuazione del clericalismo; cercare privilegi, cercare potere, avere un ruolo per distinguersi dagli altri, entrare in una cerchia di persone superiori; cercare prestigio e ruoli appariscenti; amare i riflettori e presentarsi come ‘sacri’, a volte con la sfacciataggine di manipolare le persone.

Che lo Spirito rinnovi, purifichi le nostre comunità e ci renda semplici, capaci di comunione fraterna.


don Gabriele Burani

Santo Antonio do Içá – Amazonas, 11-05-2023

venerdì 5 maggio 2023

SONO UBRIACA DI VITA! SI, perché QUESTA è VITA!

 


Nella comunità di Sant’Antonio do Içá si passano le giornate a ubriacarsi di…vita, stupore e umanità! È passato poco più di un mese dal mio arrivo in comunità. Sono stata accolta come se fossi qui da sempre, e forse lo sono stata per davvero. Ogni volta che scopro qualcosa ho la sensazione che è ciò che ricordo. Le scoperte sono dentro di noi, e bisogna viaggiare per scoprirle.

Rifletto molto sul valore dell’arte, in particolare il teatro, in una missione. Penso che sia valido tanto quanto il servizio medico. Il corpo ha bisogno certamente di cura, ma anche lo spirito. Stiamo facendo nascere nuovi progetti soprattutto dedicati a bambini, giovani e donne della città. Una cosa che ti insegnano gli amazonensi è che da soli non si va da nessuna parte, l’uno ha bisogno dell’altro: oggi tocca a me ad avere bisogno di te, domani toccherà a te avere bisogno di me.



Insieme a Virginia, una delle ragazze volontarie che viene dal Uruguay, ho incominciato ad incontrare i giovani per un progetto teatrale che speriamo riesca a coinvolgere molte delle comunità della città e del fiume. Il periodo non è dei migliori perché i cittadini sono impegnati nelle quadriglie che si sfideranno in danze tradizionali per la festa di Sant’Antonio: le piazze si stanno riempiendo di decorazioni e ogni giorno aumenta la musica… e il caos fino a tarda notte. Questa festa corrisponde a quello che per noi è la festa di San Giovanni! Solo che qui… comincia a maggio e dura fino al 13 giugno! Il patrono è più importante di qualsiasi altra ricorrenza! È già esperienza di comunità! Nonostante ciò, insieme ai giovani abbiamo scelto di raccontare la storia di un uomo alla ricerca della felicità. In questa ricerca però, l’uomo si perde in una fitta foresta dove paure e angosce, rappresentate dai mostri che la abitano, lo schiacciano e lo divorano. Non sa più come uscirne. Incontra un aiutante misterioso che quella foresta la conosce bene e conosce chi la abita, iniziando a scoprire insieme nuovi sentieri. Incontreranno diverse “aldeias” che, come lui, hanno affrontato quelle paure riuscendo a scoprire la felicità. E lo spettacolo diventa realtà e quindi vita!



Con Mariana e Virginia stiamo avviando gli oratori di strada nel quartiere periferico di Taracua e nella comunità del Menino Jesus. L’allegria dei bambini è traboccante. Raggiungiamo il campetto: da 2/3 bambini arrivano ad essere 15/20/30. Quanta vita, quanti colori: non solo mulatti e indigeni, ma sono anche bianchi, neri come il mirtillo e insieme color terra. Gli incontri sono molto semplici: un cerchio di presentazione dei nomi, un canto, giochi, una breve riflessione, una proposta d’arte e una merenda condivisa con guaranà. Reagiscono con il sorriso più dolce che si possa immaginare. C’è la libertà assoluta del giocare insieme. E alla fine abbracci, abbracci a non finire fino a non sentire più le ossa.  Da un sabato all’altro, i bambini cambiano e aumentano, le famiglie sono molto contente della nostra presenza, e spesso si raccolgono attorno a noi partecipando alle attività. “Eh… è la vita”.



Ma soprattutto stiamo vedendo nascere il primo cerchio di donne. In tutta la sua storia, Sant’Antonio non ha mai visto un cerchio. Venerdì scorso, siamo andate nel quartiere della comunità del Menino Jesus e abbiamo bussato casa per casa (non ci sono i campanelli, ci si chiama con un battito di mano) invitando le donne una per una ad incontrarci nella cappella. Vediamo le donne davvero felici nel sapere e scoprire uno spazio tutto per loro da vivere come donne, come persone. Uno spazio in cui condividere la vita e lasciare andare per un momento le proprie responsabilità familiari e sociali, prendendosi cura l’una dell’altra e poter crescere insieme. Questo primo incontro è stato di presentazione: abbiamo chiesto nome, età, colore preferito, una cosa che piace e che non piace. Si è partiti dalla propria storia per arrivare al punto centrale: raccontaci il tuo sogno. Attraverso alcune foto di riviste e giornali, abbiamo lasciato che le immagini parlassero per loro, ognuna ne ha scelta una ricordando il sogno che aveva da bambina… e che per priorità (figli, mariti, lavoro in casa…)  o opportunità mancate ( soldi, spazi, persone…), ha dovuto rinunciarvi. Sogni di mestieri…di viaggiare… sogni di imparare “di cucire come mia madre”, sogno di saper leggere e scrivere….Incredibili donne! Ci promettiamo di incontrarci tutti i venerdì, e invitiamo al passaparola a tutte le donne che desiderano condividere questo cammino e dare forma ai propri sogni, che non sono morti, ma solo addormentati. Il sogno nel cuore, se custodito e curato, resta, si trasforma e fiorisce!



Ci da gioia pensare che tante persone tra donne, uomini e bambini cominciano a sentire e vedere cose nuove. O riconoscersi, forse, per la prima volta… Condividere questo in una comunità è vivere insieme la “parceria”, quella parola portoghese che indica l’amicizia che non è solo compagnia, ma un fare insieme e dare spazio a qualcosa di inedito e nuovo, un progettare insieme. E si incrocia con la “paressia”, che è il coraggio, la fermezza, l’ardire, l’audacia. La comunità incentiva a coltivare quell’ amicizia intesa come legame che desidera la libertà dell’amico, la auspica e la aiuta a costituirsi. Darsi la possibilità di agire in uno spazio politico e di dare inizio a qualcosa di nuovo, di fare di se stessi un inizio. È la capacità di immaginare che le cose potrebbero essere diverse da come sono.

In questo mese ho condiviso con Gabriele il viaggio sul fiume incontrando tutte 26 le comunità, 26 mondi (2 sono sul Rio Solimões che incontrerò a metà maggio). Abbiamo attraversato i 388 km del Putumayo a 5 km/h. La barca nuova è grande: ci sono le cartine tracciate a mano da Gabri: ha preso la linea del fiume e individuato personalmente, con l’aiuto di Moisés, l’altezza delle comunità e segnato le varie scorciatoie. Ma di questo vi scriverò la prossima volta.



“Così è … se vi pare” direbbe il vecchio Pirandello, io aggiungerei: “se lo volete e lo desiderate con tutto il cuore… allora sarà”! Anche la Missione.

 

Anna Chiara – dai suoni e colori dell’Amazzonia

 

 

Santo Antonio do Içá, 5 maggio 2023

 

 

sabato 29 aprile 2023

Viva i lavoratori onesti: la festa è loro!

 




 

Omilia del 30 aprile, giorno mondiale delle vocazioni: tutti chiamati all’onestà materiale, spirituale e, diciamolo pure, contrattuale. In verità il primo che ci ha preso a servizio per il Regno e per difendere la Casa Comune è proprio Lui, il Buon Pastore. E il salario è oltre al dovuto: affinché abbiamo la vita in abbondanza… davvero Bello questo Pastore!

 

Non è della nostra cultura, né italiana e né brasiliana, ma della Terra di Gesù. Per evitare i pericoli della notte, l’assalto di lupi e ladri, i pastori riunivano le loro greggi in grandi recinti comuni, più facili da sorvegliare e difendere. Poi al mattino, il primo che usciva “chiamava le sue pecore” per nome e loro riconoscevano la voce del pastore, si alzavano e lo seguivano. E così uno dopo l’altro i pastori ricomponevano le loro greggi e uscivano verso i pascoli. Questo verbo “conoscere” è così bello perché comprende l’amare, il prendersi cura dell’altro: il pastore è attento alle sue pecore e loro lo accompagnano con gioia e fiducia. “Le pecore seguono il Pastore perché conoscono la sua voce”. È la nostra chiamata alla fede: seguire il Signore guidati dalla sua Parola di vita e di libertà. Chi riconosce il Pastore, la porta delle pecore, troverà vita piena, entrerà e uscirà nella bellezza di una scelta di libertà, senza paure e senza obblighi, nella libertà dell’amore.

 


Purtroppo ci sono anche molti ladri e assaltanti, questi sono corrotti da interessi economici e di potere, vengono solo per rubare, uccidere e distruggere.

 

Così nell’ultimo viaggio sul fiume abbiamo incontrato ancora delle “draghe” dei cercatori d’oro, e ci siamo chiesti il perché la gente non reagisce e lascia che l’acqua del fiume venga inquinata dal mercurio che porta alla morte dei pesci e alle malattie per chi non ha altra acqua da bere. Perché? Alle prime risposte ci siamo scoraggiati: vedi padre, il cassique, il capo della comunità, ha dato il permesso di lavorare sulla spiaggia in cambio di due grammi di ora la settimana (500 reais, pari a 100 euro), e se lui ha dato il permesso cosa possiamo fare noi? Poi scopri che anche chi alzava la voce e criticava è stato messo a tacere, anche lui riceverà la sua parte. Grazie a Dio c’è sempre qualcuno onesto che si oppone all’illegalità e allo sfruttamento delle risorse come l’oro, il legname e il pesce. Ma quando è uno della tua famiglia, il tuo proprio padre che lascia fare, che si lascia corrompere, allora che cosa puoi fare? La famiglia e il padre devono essere rispettati!

 


Cerchiamo di capire e dialoghiamo sulla possibilità di rivolgersi alle autorità affinché intervengano in difesa del diritto alla vita di tutti. Vedi padre, mi dice Francesco con in braccio l’ultima di cinque figli, abbiamo minacciato di denunciare, come fai tu, e sai che cosa ci hanno risposto: Fate pure, tanto il Delegato della polizia civile lo paghiamo tutte le settimane, direttamente a casa sua in città, la Polizia Federale della città quando viene chiede solo la sua parte, teniamo sempre pronto un poco di oro per l’occorrenza, quindi siamo tranquilli; poi chi compra il nostro oro è la massima autorità presente, il proprio Sindaco del Comune… il Giudice lo conoscono tutti, è la persona più corrotta di tutta la zona, basta offrire soldi e tutto si risolve; anzi, quando c’è una soffiata alla Polizia Federale di Tabatinga, loro ci avvisano in tempo e tutto viene nascosto nei tanti meandri che la foresta offre, così nessuno viene colto in fragrante. Rimango abbastanza perplesso e penso a questa situazione ‘mafiosa’. Ho parlato anche con l’Esercito ad Ipiranga, ma mi hanno detto che loro sono lì per difendere i confini dello Stato, e non possono intervenire se non sono chiamati dalle autorità locali, siamo messi bene!

 


Violenza, corruzione e ingiustizia sono all’ordine del giorno, e le pecore continuano a morire nelle braccia di ladri e assaltanti che solo sanno rubare, uccidere e distruggere!

 

L’apostolo Pietro continua ad esortarci: “Salvatevi da questa gente corrotta”. Lo possiamo fare se riconosciamo la Sua voce e Lo seguiamo con fiducia. Buon 1° maggio, buona festa dei lavoratori onesti!

 

Gabriel Carlotti, missionario dell’Amazzonia

 

Santo Antonio do Içá, 1° maggio 2023 – Festa dei lavoratori.   

 

 

domenica 2 aprile 2023

Fraternità e fame: “Dategli voi stessi da mangiare”.

 



 

Carissimi amici, nell’ultimo viaggio di febbraio abbiamo portato alle Comunità un pallone per i ragazzi, questa volta un pallone professionale, di quelli che si usano nelle partite ufficiali, più caro, ma molto più resistente. Ringraziamo di cuore gli amici scandianesi che hanno condiviso con noi e permesso di realizzare questo dono pasquale. Abbiamo comprato anche alcune scarpe perché molti giocano scalzi, ma nelle partite organizzate non è permesso e alcuni ragazzi venivano esclusi per questo. Abbiamo visto volti sorridenti e occhi sgranati… e questo ha ripagato abbondantemente la spesa. Poi in questa Pasqua abbiamo consegnato alle Comunità un pacco con tre chili di fagioli, tre chili di riso, tre chili di pasta, due litri di olio e alcune bustine per preparare succhi di frutta. Mancava la farina di manioca, l’açaì e il pesce, ma questo le Comunità riescono a procurarselo con facilità.

In ogni Quaresima la Chiesa brasiliana lancia una “Campagna per la Fraternità”: una riflessione su di un tema sociale che tocca la dignità della vita umana. Quest’anno il tema è “la fame”. Durante gli ultimi anni del governo federale di estrema destra (Bolsonaro) sono state smantellate molte delle politiche pubbliche in favore delle popolazioni più povere; a questo si aggiunge la struttura fondiaria, cioè una ingiusta distribuzione della terra, pochi con molta terra e molti senza un palmo di terra per piantare e vivere; l’assenza di una politica agricola attenta ai piccoli agricoltori, che solo contempla il latifondo legato all’agro negozio e all’allevamento del bestiame su grande scala; tutto questo, assieme ai cambiamenti climatici, dovuti anche al taglio di vaste estensioni della foresta amazzonica, hanno portato all’aggravarsi della situazione di gran parte della popolazione più povera. In aprile del 2022, 58,1% della popolazione brasiliana era toccata da una certa insicurezza alimentare, e il 15,5% vivevano in situazione di fame. Questo vuol dire che nel nostro Brasile più di 33 milioni di persone vivono in situazione di sottoalimentazione, dove i più fragili spesso muoiono: bambini, donne in gravidanza, ammalati e anziani. In questo contesto abbiamo proposto alle nostre piccole Comunità di riunirsi e condividere la Parola di Dio, Gesù che di fronte a una grande folla invita i suoi discepoli a non ‘lavarsene le mani’, ma a dare loro stessi il cibo necessario, distribuendo quei cinque pani e due pesci, sufficienti così a sfamare più di cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. Abbiamo proposto come gesto liturgico di condividere il pesce e la farina di manioca, insieme agli alimenti ricevuti, affinché per la Pasqua tutti potessero mangiare insieme in Comunità.



Condividere, partecipare, educare, non buttare, interessarsi a progetti comunitari e sociali, partecipare attivamente nel dibattito politico… sono stati i verbi e le parole chiave di un nuovo impegno per la vita delle persone. La sapienza popolare ci insegna che “Poco con Dio è molto, e molto senza Dio non è nulla”, così abbiamo avuto il coraggio di chiedere ai poveri di condividere anche la generosità della loro povertà per contribuire a una grande raccolta in favore dei più bisognosi delle periferie cittadine e dei campesinos del Nordest. Poter dire con gioia: anche noi abbiamo partecipato a questo grande progetto per vincere la fame nel nostro Paese; anch’io ho dato il contributo della mia povertà”.

 

Carissimi amici, con questa speranza vogliamo vivere la Pasqua, arricchiti anche dall’arrivo di due Missionarie di Cristo Risorto: Virginia dall’Uruguay e Mariana dall’Argentina. Oggi vivono in casa con noi, ma stiamo costruendo una piccola casetta perché possano prolungare la loro presenza in appoggio alle Comunità Ecclesiali di Base, nelle periferie esistenziali, cittadine e lungo i grandi fiumi. Per tre mesi abbiamo anche la gioia di avere con noi Anna Chiara, una ragazza di Sassuolo che, dopo aver partecipato al campo estivo organizzato dal Centro Missionario Diocesano, nel settembre scorso, ora è ritornata per tre mesi per scommettere sulle possibilità creative dei giovani e adolescenti, perché il teatro è vita e la vita si esprime e spesso si fa libertà nel teatro. Al suo rientro Anna Chiara continuerà il suo impegno di promuovere cultura nel suo territorio di origine, nel rispetto di tutte le diversità e nell’impegno per l’inclusione di tutti; le auguriamo che anche questa sua esperienza amazzonica possa arricchire il suo essere, come arricchirà certamente l’espressione della libertà e della dignità dei nostri ragazzi.



Approfitto di questa opportunità per invitare altri a venire a conoscere la Missione Amazzonia, a metà agosto si farà il prossimo ‘campo in missione’, quest’anno sono pochi gli iscritti per motivi logistici, il campo va dal 16 agosto al 15 settembre, periodo buono per i costi del viaggio, ma più difficile per la disponibilità del tempo. Comunque ci sono posti liberi e chissà che non sia l’occasione e l’opportunità per una esperienza nuova, con amici della parrocchia e, perché no, accompagnati dal vostro don. Non vuole essere una alternativa alla GMG, ma una proposta parificata e complementare. Quindi: “Non abbiate paura…”.

 


Da ultimo voglio condividere una gioia dell’ultimo viaggio. Eravamo fermi nella Comunità di San Lazzaro e vediamo avvicinarsi una canoa con una coppia giovane, due bambini e un signore più maturo.

“Padre, fai il battesimo nella Comunità?”, mi chiedono.

 “Si, sempre, quando celebriamo la nostra vita con fede possiamo realizzare il battesimo dei nostri bambini… ma voi di dove siete?” rispondo.

“Siamo della Comunità di San Sebastiano, qui vicino”, mi dicono.

 “Ah si, siete della chiesa dell’Assemblea di Dio, per questo non mi fermo, siete tutti evangelici, così mi ha detto un giovane la prima volta che sono passato… solo il sr. Siro è cattolico, ma non ho avuto ancora la gioia di incontrarlo”.

 “No, padre, siamo tutti cattolici, anche il nome della Comunità lo conferma: San Sebastiano; quel giovane non abita più con noi, si è trasferito in città”.

“Allora, se volete, nel viaggio di ritorno posso fermarmi, possiamo conoscerci meglio e anche pregare e battezzare i vostri bambini… lunedì 20, verso le 11 del mattino posso fermarmi, se volete”.

“Ottimo, padre, ti aspettiamo”.

 


Così il Signore ha aggiunto un’altra Comunità a quelli che avevano abbracciato la fede. Il 20 è stato un giorno molto bello, abbiamo conosciuto queste famiglie e battezzato tre bambini, poi abbiamo pranzato insieme e ci siamo dati appuntamento per l’8 aprile, quando potremo celebrare insieme la Pasqua, nel prossimo viaggio, e battezzare altri due bimbi, le cui famiglie hanno chiesto il battesimo.

 

L’acqua del fiume sta crescendo rapidamente e presto le prime case saranno allagate. Qui è normale, ma in altre parti del Brasile, come nello Stato dell’Acre o sulla costa di San Paolo e Rio de Janeiro, le piogge stanno allagando intere città e provocando morte per chi ha costruito la casa nei pendii scoscesi della costa. Cambiamenti climatici dovuti all’inquinamento e al riscaldamento globale del pianeta Terra. Cambiamenti che si vedono ormai ovunque, in tutti i continenti, e che confermano l’urgenza di prendere decisioni radicali e responsabili sui gas e sulle risorse che stiamo utilizzando. Ormai non è più una questione di politiche locali, ma è un imperativo che tocca tutti: America, Russia, Europa, Cina, Africa e India, nessuno escluso, nessuno può dire non mi riguarda. Questa dovrebbe essere l’unica guerra permessa: la guerra all’avidità dell’imperialismo capitalista. Tutte le altre sono e saranno sempre guerre ingiuste. Ormai la parola d’ordine dovrà essere “accoglienza e integrazione”, affinché questo Mondo ‘glocale’ possa vivere e l’Umanità possa ridistribuirsi nei vasi comunicanti dei nostri Paesi, alcuni troppo invecchiati e bisognosi di gioventù e bambini, come la nostra povera vecchia Italia. Altro che chiudere i porti e le frontiere, dovremmo spalancarli per non morire asfissiati nel nostro miope egoismo. Anche in questo la Missione ci può aiutare: il Brasile e l’Amazzonia sono il segno tangibile di una nuova società frutto dell’integrazione di molti popoli di culture, religioni, colori diversi e complementari. Una vera ricchezza! Che la Pasqua sia questo passaggio a una mentalità nuova e rinnovata dove al centro ci sia l’Umanità del Cristo Risorto e dei fratelli e sorelle accolte.

 

Un grande abbraccio a tutti e la preghiera di una Felice Pasqua di Risurrezione.

 

Gabriel Carlotti – missionario dell’Amazzonia

 

 

Santo Antonio do Içá, 2 aprile – Domenica delle Palme, Santa Pasqua 2023

Cammini di libertà e di liberazione

  "La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". 
 Il Verbo continua a parlare nella storia e a servirsi di chi è ch...