domenica 5 febbraio 2023

Lasciate che i bambini vengano a me

 



Gabriel Carlotti – missionario dell’Amazzonia

 

 

Anno Nuovo, vita nuova! Dopo nove giorni di navigazione siamo finalmente arrivati a casa: Manaus – Santo Antonio do Içá, 1.200 km risalendo il Rio delle Amazzoni. Avevamo le carte nautiche di vent’anni fa, che fr. Gino ci ha fornito, per orientarci sul fiume. Ci hanno aiutato molto a non perdere la rotta e anche ad approfittare dei ‘paranà’, le scorciatoie che si formano quando il fiume rompe le sponde e cambia il suo corso. In vent’anni alcune isole sono scomparse, letteralmente mangiate dall’acqua; altre si sono formate nell’accumularsi della sabbia e dei detriti. Ma il giorno 15, domenica, siamo finalmente arrivati alla nostra destinazione finale. Ora “Sempre Encontrando”, la nuova imbarcazione della parrocchia, è pronta per il suo viaggio di evangelizzazione. Così, il 24 gennaio siamo partiti con destinazione Ipiranga, avvisando le Comunità che al ritorno ci fermeremo per celebrare con loro la fede nel Signore Risorto e la Speranza di una vita giusta e fraterna. Arriviamo il venerdì pomeriggio e verso sera ci vengono a cercare alcuni bambini, quelli che lo scorso anno si sono preparati per la Prima Comunione. “Padre, c’è la Messa questa sera?”, mi chiedono. “No, domani sera alle 8 celebriamo la Messa nella cappellina, voi ci sarete?” rispondo. “Certo, che bello! Avvisiamo anche i nostri amici, ci vediamo domani sera, allora”.

 


 Durante il sabato visitiamo alcune famiglie, purtroppo dopo la partenza dei due militari che animavano le celebrazioni, la Comunità non si è più riunita. Incontro i bambini lungo le strade e. sorridenti, mi accompagnano; “Ci vediamo questa sera, allora, verrà anche quel giovane che suona la chitarra, così possiamo cantare…”. La sera siamo in pochi, ma loro, i bambini, ci sono tutti. È sempre bello celebrare con loro! Chiedo un piccolo impegno alla Comunità, due signore tengono già pulita la cappella, ora bisogna riprendere a celebrare, così chiedo ai bambini di venire la domenica sera e, assieme a due mamme che sono disponibili, pregare il rosario. È la preghiera semplice che tutti conoscono, ricominciamo dalla fede del popolo: pregare il rosario e leggere insieme il vangelo della domenica. “Sì, padre, noi ci saremo”. La semente è gettata, speriamo il bene! Anche nella Comunità di Nova Esperança sono i bimbi che ci accolgono gioiosi e ci prendono per mano. “Oggi il papà e la mamma si sposano, lo sai padre?” “Che bello!” rispondo, non lo sapevo, ma sono molto contento. Ci sono anche due battesimi di bambini, un ragazzo di 14 anni e… lo sposo. In verità era già battezzato e circonciso nella chiesa della croce, ma non costa nulla rinnovare il battesimo e completarlo con l’olio della fortezza e il crisma che ci configura a Cristo. Così, tra un canto e un segno di salvezza, celebriamo i battesimi e accogliamo la promessa di amore e fedeltà di chi ha già generato la vita e chiede la benedizione del Signore.  A São João do Lago grande non incontriamo nessuno, sono tutti andati a preparare la terra per piantare e torneranno solo fra due giorni. Un signore anziano ci accoglie e ci offre macaxeira e granoturco. La cena sarà più appetitosa: friggiamo la macaxeira che assomiglia alle patate fritte, e cuociamo il granoturco nuovo e dolce da sgranocchiare. A São Pedro, quindici bambini ci portano a casa della nonna, che non c’è perché è andata in città a prendere la pensione e a fare rifornimento di cibo. Poi arrivano due mamme e tre papà. “Oggi sono solo perché mia moglie è andata in città, tornerà fra tre giorni, speriamo che sia stato depositato il ‘reddito di cittadinanza’, perché in casa non c’è più niente, solo il pesce che peschiamo e ci alimenta”.

 


I bimbi non sanno il mese in cui siamo, non sanno quanti giorni ci sono in gennaio, non sanno neppure in che anno siamo, ma sono contenti di vederci e ci fanno festa. Preghiamo il Padre Nostro e l’Ave Maria, raccontiamo il vangelo della figlia di Giairo e della donna che viene curata perché tocca con fede il vestito di Gesù. Condividiamo i biscotti e le caramelle, poi noi adulti cominciamo a parlare… i bambini, piano piano, ci lasciano e si tuffano nel fiume, è l’ora del bagno per alleviare il calore del giorno. Arriviamo a São Lazaro, non c’è la luce perché il temporale ha fatto cadere una pianta sull’unico filo che porta energia. Non è un problema, alcune candele illuminano la nostra celebrazione questa sera. Ne approfitto per visitare la famiglia del professore, che ha finalmente costruito la sua casa. Mi avvicino alla porta e batto le mani per chiamare, subito arrivano due bambini piccoli, correndo, e scostano la tenda, perché ancora non c’è la porta. Poi arriva anche la moglie con un terzo bambino che sta allattando e mi invita ad entrare. Così mi accorgo che non solo manca la porta, ma anche le finestre, e la parete del fondo della casa è un telo di plastica. Chiaro, anche le pareti interne, per ora, sono fatte con materiale di fortuna, ma già delimitano gli spazi delle due camere, del soggiorno e della cucina. “Ciao, padre! Sei venuto a conoscere la nostra casa? Entra… ancora dobbiamo finire molte cose, ma per ora siamo contenti così, abbiamo un tetto sulla testa e ci siamo trasferiti dalla scuola alla ‘nostra’ casa. “Coraggio, piano piano riuscirete a portare a termine il vostro sogno, il più è fatto”, le rispondo. “Dov’è tuo marito?” le chiedo. “È andato a vedere la piantagione dall’altra parte del fiume, ma tornerà verso sera. C’è la Messa oggi?” “Sì, questa sera al lume di candela”. “Bene, faccio il bagno ai bimbi e ci prepariamo, grazie!” Così ritorniamo sulla barca per preparare la cena. Vedo arrivare il professore con la canoa, dall’altra parte del fiume e, ancora prima che si avvicini alla riva, ecco i suoi bambini corrergli incontro. È una festa! Lo prendono per mano e lo accompagnano a casa, dove la moglie lo aspetta per friggere il pesce che lui ha portato. Così mi vengono alla mente molte scene di pesca. Al mattino presto o verso sera, quando i pescatori ritornano, stanchi dalla lunga pesca, sono i loro bambini i primi ad accoglierli. Corrono gioiosi, schiamazzano e vanno subito a vedere se c’è pesce nella canoa, poi abbracciano il papà e cominciano a caricare tutto quello che possono e a portarlo a casa. Poi arriva la mamma con un grande cesto per caricare il pesce. Mi ricordo così della Parola del Signore: “Lasciate che i bambini vengano a me, non li allontanate, perché il Regno dei Cieli appartiene a chi è come loro”. E ancora: “Se non sarete come bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli”. Nella notte ripenso a questi incontri e lodo il Padre perché ha tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti, ma le ha fatte conoscere ai piccoli, perché così è piaciuto a Lui. E ci ha affidato la missione del suo figlio Gesù: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò ristoro… Perché il mio giogo è leggero e il mio carico è dolce”. Un’alba nuova sorge e un nuovo giorno ci invita alla vita. Buon cammino a tutti e un grande abbraccio nel sorriso e nella gioia dei bambini.

 

São Lazaro, 2 febbraio 2023 – Festa della presentazione al tempio di Gesù

mercoledì 21 dicembre 2022

Un nuovo inizio

 




 

 

Vi scrivo ancora in questo 4° Natale che, per grazia di Dio, vivo qui in Amazzonia, nella grande foresta, immerso nell’umiltà dei popoli che la abitano.

 


Da voi inizia il freddo inverno, qui da noi ormai il grande caldo e le forti piogge dell’estate stanno arrivando. Prospettive diverse dell’unico sguardo sulla vita che scorre speranzosa e inesorabile, come l’acqua del grande fiume. È l’ultimo viaggio che facciamo con la nostra piccola barca “Mani Unite”, che ci ha accompagnato e servito in questi due anni e mezzo, subito dopo la grande pandemia. Il 1° gennaio 2023 segna l’inizio di un nuovo governo, Lula, il presidente eletto, potrà governare a tutti gli effetti e speriamo davvero che le cose cambino in meglio anche per la nostra Amazzonia. Risalendo il fiume, ancora secco e pieno di spiagge auree che emergono dall’acqua, abbuiamo incontrato più di venti piccole draghe cercando oro e inquinando le acque e i pesci. Ora la febbre dell’oro è senza controllo, e solo una nuova politica federale potrà arginare questa distruzione delle risorse naturali, che ancora garantiscono la vita dei popoli indigeni. Il dolore più grande è quando questa febbre prende gli stessi abitanti del fiume, che si illudono di una ricchezza apparentemente facile, ma che non dà vita, anzi che produce morte per tutto il Creato: natura, animali e persone.

 


In questi due anni e mezzo di navigazione con “Mani Unite” abbiamo molto sofferto a causa dell’insicurezza: in quasi tutti i viaggi qualcosa si è rotto nella struttura della barca e principalmente nel motore. Anno nuovo, vita nuova, il 1° gennaio andremo a Manaus, io e Moises, perché la nuova barca della parrocchia è ormai pronta: 15 mt di lunghezza per 3,5 mt di larghezza e un motore nuovo di 320 cv (quello attuale è di 52 cv). Un dono dell’organizzazione “La Chiesa che Soffre”. Anche il nome è nuovo: “Sempre Incontrando”, per essere una Chiesa in uscita, protesa verso un ascolto e un dialogo nuovi con le persone, una Chiesa sinodale. Il 6 gennaio, festa missionaria dell’Epifania inizieremo il nostro viaggio di 1.200 km, risalendo il Rio delle Amazzoni, fino alla città di Santo Antonio do Içá. Che Dio ce la mandi buona!

 


In questo tempo nuovo, ancora una buona notizia: le Missionarie di Cristo Risorto hanno fatto discernimento e scelto la nostra parrocchia per iniziare il loro servizio in Amazzonia. Siamo molto contenti della loro decisione che, da marzo 2023, sarà effettiva e porterà una presenza femminile inserita nella vita delle Comunità Ecclesiali Missionarie. Stiamo già costruendo una piccola casa, vicino alla nostra, ‘campo base’ per riposarsi, programmare e condividere la vita delle famiglie e delle Comunità lungo il fiume e anche nei quartieri periferici della città.  

 


Arrivando a Ipiranga, troviamo la chiesa chiusa e trascurata, cerchiamo la chiave e scopriamo che dalla partenza dei due militari che animavano le celebrazioni e la catechesi, la Comunità non si è più riunita. Solo il doposcuola ha funzionato fino alla chiusura dell’anno scolastico. Così ci rimbocchiamo le maniche, scopa alla mano, stracci, secchio e acqua… una pulizia generale lasciando un profumo nuovo. Poi passiamo per il paese, visitiamo alcune famiglie, invitiamo per la celebrazione della terza domenica di avvento. La sera suoniamo più volte la campana, fiduciosi che qualcuno risponderà alla chiamata del Signore. Verso le 8, ora della celebrazione, arrivano alcuni bambini, quelli del catechismo; poi alcune mamme che li accompagnano, due o tre uomini e una famiglia al completo con un bimbo in braccio alla figlia più giovane, un bimbo di pochi mesi. Il Signore ci darà un segno: la giovane partorirà e il nome del bambino sarà Emmanuele, Dio con noi. Così celebriamo l’Eucaristia con semplicità di cuore, animata da canti conosciuti e accompagnati dal battito delle mani, perché tutti possano partecipare. Alla fine, distribuiamo i biscotti, che non possono mancare per la condivisione fraterna, quella che una volta si chiamava ‘Agape’. Prima del canto finale chiedo la parola e dico: “Per due anni abbiamo avuto la fortuna di aver con noi la Tenente Correia e il Sergente Alysson che ci hanno aiutato molto a celebrare la nostra fede e anche a costruire la nostra cappella di Santo Espedito e Nossa Senhora Aparecida. Ora loro sono stati trasferiti per un altro servizio, ma noi abitiamo qui e la nostra vita continua. Qualcuno è disposto a ricevere la chiave della chiesa, a organizzare la pulizia e aprire la domenica sera per la preghiera?” Silenzio. Lunghi, interminabili minuti di silenzio. Poi dico: “Bene, se nessuno si offre, allora porto con me la chiave e verrò una volta al mese per invitarvi alla preghiera. La chiesa evangelica (protestante) è già chiusa da alcuni mesi perché il pastore se n’è andato… ma, almeno fino a Pasqua, noi continueremo a venire, fiduciosi nella misericordia di Dio per tutti i suoi figli, anche per voi di Ipiranga”. Ancora silenzio. Poi, due signore, una più anziana che abita a fianco della cappella, e una più giovane che sempre viene con i suoi molti bambini, dicono: “Padre, noi possiamo tenere la chiave, garantiamo di pulire e aprire la chiesa ogni domenica, solo non sappiamo fare la celebrazione”. Un nuovo inizio, un bambino è nato per noi, non è più qualcuno di fuori che aiuta, ma è l’Emmanuele: uno-di-noi. Ho molta fiducia che piano piano la Comunità potrà rivivere. Il giorno dopo, anche un giovane si offre di suonare la chitarra, lui che ha imparato con il Sergente Alysson, ora può aiutare la Comunità. Con gioia e pieni di speranza riprendiamo il nostro viaggio. Come Giuseppe che, svegliatosi dal sonno, prese Maria a vivere con lui, nell’attesa che nascesse colui che salverà il suo popolo dai suoi peccati: Gesù.

 


Allora vi auguro un Buon Natale, che sia sempre un nuovo inizio, una nuova possibilità di vita. Il Signore ha messo la sua tenda in mezzo al suo popolo, a questa Chiesa – Popolo di Dio. Il Signore ha rinnovato la sua fiducia e non abbandona la nostra Storia. Una nuova Umanità sorgerà. Ancora le spade e le bombe saranno fuse in aratri e non ci saranno più le guerre. Nessuno sarà più abbandonato in mezzo al Mediterraneo, e riceveremo un nome nuovo che il Signore pronuncerà: “Fratelli e Sorelle, tutti”. L’accoglienza e la fraternità saranno il volto di coloro che resteranno Umani. L’agnello e il lupo pascoleranno insieme, e un bambino li guiderà.

 

Buon Natale e Felice Anno Nuovo di Pace!

 

 

Gabriel Carlotti – missionario dell’Amazzonia

 

 

 

 

Santo Antonio do Içà, 21 dicembre 2022 – inizio estate brasiliano e inverno europeo

 

     

venerdì 25 novembre 2022

Credere nella vita …

 



 

A volte mi chiedo: “fino a quando val la pena credere nella vita?” tante volte mi sono incontrato con la debolezza e la fragilità delle persone concrete, quelle che vivono tutti i giorni per guadagnarsi il pane quotidiano. Sono padre Gabriel, della Diocesi di Reggio Emilia – Guastalla, ormai da 20 anni missionario diocesano in Brasile, prima nella Bahia e ora nel cuore della foresta amazzonica.

 

Spesso mi fermo lungo il grande fiume, nelle piccole Comunità Ecclesiali di Base e mi capita di battezzare alcuni dei tanti bambini. Chiedo: “ci siamo tutti?”, la gente viene in canoa e spesso ci sono dei contrattempi. “Io ho quattro bimbi padre”, “che bello!” le rispondo, “dov’è il papà, sta arrivando?” “Vede, padre, mio marito non poteva venire…”, e così dopo alcune battute le dico: “figlio del Boto, eh?” – il Boto è un grande pesce, un delfino di fiume di colore rosa, ritenuto responsabile, nella mitologia locale, della gravidanza di tante mamme, spesso giovanissime, che non hanno marito. Lo sguardo un poco imbarazzato, poi un grande sorriso, come a dire: “Mi hai scoperto!” E chi si ferma qui, non conosce la realtà.



 Un bambino prima accolto nel grembo di una madre, come Maria, poi cresciuto da un padre, come Giuseppe, è la gioia e il futuro di tante famiglie, anzi della Comunità più grande fatta da molte nonne e zie, molte sorelle e fratelli che si prendono cura della vita che, comunque, è sbocciata. Mi sono commosso più volte quando, preparando il matrimonio di coppie giovani, il marito con tutta naturalezza mi risponde: “Sì, padre, accolgo lei, Maria, come mia sposa, e il suo bambino come mio figlio, poi speriamo che il Signore ci conceda altri bambini!” Il valore di una famiglia allargata, dove la fragilità della vita ai suoi albori è sempre accolta e custodita da molti cuori e molte mani, la bellezza di un amore includente che si prende cura dell’altro, del neonato come dell’anziano, la speranza di vedere una Comunità capace di farsi carico anche delle debolezze familiari. I popoli indigeni ci accolgono e ci insegnano un respiro comunitario, essenziale, credo, per vincere l’individualismo così cieco che produce solitudine. Non è forse questo che ci ha insegnato il Vangelo!?

 


Fortunatamente, Lula ha vino le elezioni presidenziali qui in Brasile, speriamo che il prossimo governo riprenda a difendere la vita dei Popoli che abitano la grande foresta, la madre di tanti figli, capace di rigenerare l’aria che respiriamo e l’acqua che ci dà vita. Anche questo non è scontato: ho visto bambini ammalarsi e pesci morire a causa del mercurio che i cercatori d’oro gettano nel fiume; l’abbandono delle autorità civili è la normalità per chi vive lontano dalle città; una politica che compra il voto dei deboli e dei poveri, che minaccia e violenta i perdenti; e, ancor peggio, l’invisibilità di tante persone e popoli che non contano sulla bilancia economica. Ho sentito la paura di essere minacciato perché abbiamo dato voce ai senza voce, la rabbia di assistere alla complicità della polizia, delle autorità civili, della politica con chi, fuorilegge, sfrutta le risorse di legno e di minerali e distrugge la foresta per allevare bestiame. Così, il Creato è sacrificato al dio-denaro, al capitale! Ma ho avuto anche la consolazione di sentirmi dire: “padre, tu sei la nostra voce, grazie per le casse per raccogliere l’acqua piovana che ci hai portato, ma non tacere, continua a denunciare e difendere il nostro diritto a vivere”. E di fronte alle parole di minaccia, ho udito dalla bocca di Moises, indio caixana che mi accompagna nei viaggi, pescatore e ministro della Parola e dell’Eucaristia, ho ascoltato: “padre, non preoccuparti, io sono disposto a dare la mia vita per difenderti, andiamo avanti con fiducia”, come Pietro nel Vangelo. Quanti indigeni, fratelli e sorelle, custodi del Creato, continuano a ‘dare la vita’ per difendere la madre terra, il sangue dei fiumi, perché i loro figli, e anche i nostri, possano ricevere in dono quello che il Creatore ci ha lasciato!

 


Così abbiamo distribuito casse di 500 litri per ogni famiglia, perché possano raccogliere acqua potabile per la loro sete. E abbiamo distribuito la Bibbia, Parola di Dio, nelle nostre Comunità, per tutti coloro che sanno leggere o vogliono imparare. “Padre, io non so leggere, ma vorrei anch’io una Bibbia…” “Ma cosa te ne fai?” gli chiesi. “Vedi, padre, mio nonno era ammalato e mio papà ha messo un piccolo Vangelo sotto il suo cuscino, e il nonno è migliorato. Davvero la Parola di Dio è fonte di vita e di salvezza!” Così mi sono arreso, neanche in Vaticano avevo visto una fede così grande. “Tieni, fanne buon uso, la tua fede ti ha salvato”, ricordando le parole dell’unico Maestro ho sentito vicina la Sua presenza. Allora, davvero, non smettiamo mai di credere nella vita; di riconoscere la presenza del Signore Gesù, crocifisso nei poveri del mondo, ma risorto e attuante nella loro vita, e anche nella nostra. Grazie a tutti voi perché, nonostante l’ingiustizia, l’indifferenza e le fabbriche della guerra, continuate a credere!  Gabriel


Ripartire sempre …

 







 

Perché ripartire? Perché la “missione” è troppo importante per una Chiesa locale italiana. Il respiro di una Chiesa sorella, povera e giovane, è vitale per il nostro essere-chiesa missionaria qui sul nostro territorio e fra la nostra gente. Dopo 54 anni abbiamo lasciato la Missione in Bahia, perché ormai il clero locale era sufficiente, ma non potevamo chiuderci le orecchie e il cuore: la Chiesa dell’Amazzonia chiamava altre chiese sorelle, altri preti diocesani fidei donum, per il servizio dell’evangelizzazione tra i popoli originari, 180 popoli indigeni che vivono nella grande foresta. Così siamo ripartiti, impegnando la nostra Diocesi a proseguire questo cammino, fiduciosi e felici per aver mantenuta aperta la finestra della missione ad gentes sul mondo. Il Signore, come sempre, saprà essere generoso con chi dona con gioia.



Così da tre anni mi trovo nel cuore dell’Amazzonia, nella Diocesi dell’Alto Solimões, nella parrocchia di Santo Antonio di Lisbona che accompagna il corso del fiume Içà dal Rio delle Amazzoni fino al confine con la Colombia. Il fiume Içá, o Putumayo, segna- per un lungo tratto -  il confine tra Perù e Colombia, poi attraverso la Colombia entra in Brasile, percorrendo tutto il territorio della nostra parrocchia per poi gettarsi nel Rio Solimões (Rio delle Amazzoni): 358 Km da Ipiranga, sede di una caserma dell’esercito brasiliano sul confine con la Colombia, fino alla città di Santo Antonio ai margini del grande fiume.  Lungo il fiume ci sono diverse comunità ‘riberinhas’, alcune di indigeni Tikuna e Kokama.  Inizialmente erano tutte comunità cattoliche, oggi alcune sono evangeliche della Chiesa Battista, della Assemblea di Dio, altre della Chiesa della Croce (Cruzada), fondata da fratel José, un profeta itinerante che aveva scelto il fiume Içá come luogo privilegiato di salvezza; morto da pochi anni, il suo corpo è in una di queste comunità.

 Ci sono 55 comunità, alcune formate da poche famiglie, altre organizzate come “aldeias” e piccoli villaggi di un centinaio di persone, per un totale di 12.500 abitanti. Solo Betania si distingue con i suoi cinquemila abitanti, tutti Tikuna e protestanti della Chiesa Battista. I frati cappuccini hanno accompagnato la vita religiosa di questo popolo con il metodo della cosiddetta “desobriga”: arrivare una volta all’anno e celebrare tutti i sacramenti; finora non c’è stata la possibilità di una presenza che aiutasse a creare un senso di appartenenza con un minimo di organizzazione. Un popolo che professa la sua fede in Dio senza conoscerlo, ma confidando nella sua presenza e nel suo aiuto. Tutte le Chiese presenti nel nostro territorio parlano di Gesù e, per questo, le persone rimangono disorientate e passano da una confessione a un’altra; dipende dai missionari che arrivano nella comunità con l’offerta di una risposta alle loro necessità.



Dobbiamo dunque passare da una pastorale di semplice visita ad una pastorale di presenza; dalla ‘desobriga’ alla catechesi; dal fatalismo alla fede. Qualcuno conserva ancora le tradizioni religiose degli antenati, ma le nuove generazioni non conoscono più la sapienza degli anziani e neppure hanno avuto la possibilità di conoscere il Vangelo, abbandonando ogni pratica religiosa o lasciandosi influenzare dalla predicazione fondamentalista di chi vuole fare proseliti, o da un dilagante secolarismo, frutto della globalizzazione, già arrivata anche in foresta. Così, ci siamo messi in cammino, abbiamo visitato tutte le comunità e conosciuto ogni famiglia, e abbiamo constatato una grande fragilità nella coscienza di essere Chiesa a causa di un senso di abbandono.  Molti sono passati ad altre Chiese perché non hanno avuto nessun accompagnamento liturgico-catechetico o una semplice vita di comunità. Per ora, iniziamo accompagnando le comunità cattoliche, senza escludere nessuno e accettando con gioia la presenza di cristiani di altre confessioni nei nostri incontri e celebrazioni.

Abbiamo progettato due viaggi al mese, di dieci giorni, per essere presenti e celebrare l’eucaristia in tutte le comunità. Siamo alla ricerca di leaders per animare e presiedere la celebrazione domenicale della Parola di Dio. Durante i viaggi, un ministro laico, padre di famiglia e pescatore, mi accompagna e presiede la liturgia della Parola, come segno che tutti possiamo celebrare la fede in forza del nostro battesimo, e anche per incentivare la ministerialità.  Per ora, stiamo approfittando della celebrazione liturgica per fare una catechesi che coinvolga la vita delle persone. Il cammino è lento, come l’acqua del fiume, ma non si ferma. Alcune comunità hanno già iniziato a celebrare il giorno del Signore e condividono con noi le loro gioie e difficoltà. Altre ancora, non sono riuscite, per mancanza di persone, così ci sforziamo di offrire una certa formazione a chi si rende disponibile. Stiamo aiutando a ristrutturare le poche cappelle già esistenti, appena quattro, e aiutiamo altre comunità ad avere un luogo nel quale riunirsi per la preghiera e la condivisione della vita. Le case sono piccole e non sempre c’è la scuola nella “aldeia”; due delle nostre chiese servono anche come scuola per i bambini della comunità.

Crediamo che una presenza costante e rispettosa delle persone e delle tradizioni possa incentivare e promuovere una appartenenza alla Chiesa, come possibilità di dialogo fraterno con le altre confessioni religiose, che formano con noi l’unico Popolo di Dio. Ci sforziamo di essere attenti alle necessità vitali delle persone che incontriamo, come la casa e l’acqua da bere. I fiumi sono molto inquinati e l’estrazione di minerali come l’oro peggiora la situazione, così raccogliere l’acqua piovana è un grande aiuto. Per questo, ci siamo organizzati affinché tutte le famiglie avessero una piccola cisterna. Anche i tetti, in lamiera zincata, hanno spesso bisogno di manutenzione, così le comunità si organizzano per aiutare chi da solo non ce la fa. Piccoli segni di una Fede che cammina sempre unita alla Vita.



Siamo coscienti che abbiamo davanti un lungo cammino, ma sappiamo che lo Spirito soffia come e dove vuole e, per questo, cerchiamo di riconoscere la sua presenza nei poveri.  Sogniamo una Chiesa di Comunità Ecclesiali di Base, comunità fraterne che promuovano la vita e la speranza nella nostra cara Amazzonia. Una Chiesa dal volto amazzonico, edificata su quattro colonne: la parola condivisa, il pane spezzato, la carità e la missione. Una Chiesa che ha fiducia nei giovani e che sa riconoscere la presenza fondamentale delle donne, aperta a tutti i ministeri necessari per una vita di comunità; una Chiesa aperta al diaconato delle donne, come hanno richiesto i nostri vescovi riuniti a Santarém, celebrando i 50 anni della prima Conferenza dell’Amazzonia dopo il Concilio Vaticano II°.

Ogni giorno ringrazio per essere qui e camminare insieme a una Chiesa povera e fatta di poveri, una Chiesa tenace nella difesa dei diritti umani e del Creato, una Chiesa viva e capace di continuo cambiamento, una Chiesa giovane, non solo nell’età, ma anche nel cuore e nello spirito. Gabriel

 

lunedì 24 ottobre 2022

MUSICA IN AMAZZONIA

 



Chiesa di Reggio Emilia -  Missione in Amazzonia

Santo Antonio do Içá.
Don Gabriele Burani.  Lettera 21. 


Un caro saluto a tutti gli amici che in Italia stanno accompagnando la nostra missione. Nella nostra proposta di attività extra-scolastica per i ragazzi, che abbiamo chiamato “Kurumim e kunhatã içaenses” – ragazzi e ragazze di S.Antonio do Içá-  oltre allo sport ( la maggior parte delle richieste sono in ambito sportivo) abbiamo anche lezioni di musica: tastiera e chitarra, per ora a livello di base, molto semplice. Anche anni fa, quando inizio questo progetto parrocchiale con i cappuccini, decine di ragazzi hanno frequentato le lezioni di musica; ho però fatto notare che non abbiamo quasi nessuno che suona nelle nostre liturgie... come mai questi ragazzi non sono stati inseriti nella animazione delle celebrazioni nelle comunitá?



La risposta é stata: il 99% suona nelle chiese protestanti, neopentecostali!
Niente di male, mi sono detto, il nostro progetto per i ragazzi è aperto a tutti: cattolici, protestanti, fraternità della Croce ecc...  Eppure, in quanto Chiesa cattolica, dobbiamo preoccuparci di fare buone celebrazioni, di animare bene le nostre messe, e il canto e gli strumenti sono molto importanti.  La musica e il canto contribuiscono immensamente per la bellezza di una celebrazione, e come ben sappiamo coinvolgono parti di noi che il linguaggio solo parlato non coinvolge. Grazie al canto, il nostro corpo, con la nostra emotività, partecipa alla celebrazione ad un livello e con una profondità assolutamente non possibili per la sola lingua parlata.  Il canto comunitario unisce la assemblea più che una preghiera recitata; e la musica muove in noi qualcosa che non può essere espresso a parole, ma che lascia un segno profondo nella nostra memoria, più che i concetti.  Ho pensato che si dovesse fare qualcosa per formare qualcuno alla animazione musicale delle nostre liturgie cattoliche; insegnare a suonare e cantare per poi dare vita a buone celebrazioni. Ne ho parlato diverse volte con i pochi suonatori che abbiamo: perché non proporre una scuola di musica finalizzata al servizio nelle nostre comunità cattoliche? Fare una proposta ben chiara, con una finalità esplicita: un servizio alla liturgia cattolica. Passano i mesi, le nostre forze sono limitate e non si fa nulla, finché Elvis si prende l’impegno di progettare una proposta. 



La difficoltà maggiore per noi é che a Santo Antonio mancano professori di musica; viene contattato un musicista di Manaus; é disponibile a lavorare tre mesi da noi, per un insegnamento iniziale di teoria musicale e canto corale; altri avrebbero dato lezioni di chitarra, tastiera, percussioni.  Così é stato; ragazzi e qualche adulto hanno iniziato questo percorso musicale, con una prima parte – faticosa per loro, ma utile- sulla teoria musicale.  Grazie a un aiuto dall’Italia siamo riusciti a pagare il professore e a comprare qualche strumento.  Non siamo riusciti ad accogliere tutte le richieste (non è stato possibile raggiungere le varie comunità ma ci siamo limitati al centro città) e ora dovremmo continuare con i pochi strumentisti che abbiamo a Santo Antonio; ci stiamo organizzando per capire se e come dare continuità. Il mio desiderio é di rimanere fedeli al nostro progetto iniziale, sia sul piano musicale che liturgico. Se arriverà qualche aiuto, oltre alle lezioni, potremo comprare anche alcuni strumenti (chitarre e tastiere) per i ragazzi più dotati e più disponibili nel servizio.  Per ora siamo ancora ad un livello iniziale, estremamente semplice, di base, ma speriamo poter continuare, offrendo una possibilità ai ragazzi di imparare a suonare e celebrare.



 Lascio il link di un video di circa 10 minuti che sintetizza il lavoro che è stato fatto.

  Grazie a tutti.
https://www.transfernow.net/dl/20221021fmD8QvkU

Don Gabriele Burani, Santo Antonio do Içá, 23-10-2022 

sabato 27 agosto 2022

PARTECIPATE DELLA MIA GIOIA

 



Gabriel - missionario dell'Amazzonia.

 

Carissimi amici, vi scrivo da Ipiranga, domani riprenderemo il nostro viaggio di ritorno verso casa, passeremo ancora in due comunità per celebrare con fede la nostra vita, abbiamo alcuni bambini che aspettano per essere battezzati e alcune famiglie per chiedere un aiuto per aggiustare il tetto delle loro case. Il 30 saremo a casa e Burani potrà viaggiare per Manaus ed accogliere i sette giovani che rimarranno con noi fino al 20 settembre. In questo viaggio portiamo con noi due donne: Maniana, una consacrata e Virginnia, una giovane missionaria; la prima argentina e la seconda uruguaiana. Lungo il viaggio siamo riusciti a farle mangiare un pesce speciale, il "jaraquí", perché, come dice la nostra gente, "mangiando jaraquí, non vadano via di qui". Speriamo davvero che queste religiose missionarie della risurrezione scelgano la nostra parrocchia per iniziare la loro presenza in diocesi. Sentiamo davvero il bisogno di donne che possano condividere la quotidianità delle giovani mamme, delle ragazze e della vita di comunità, specialmente delle aldeie lungo il grande fiume. Affidiamo la nostra speranza al Signore!

Abbiamo incontrato scuole senza il professore, altre senza il materiale didattico, altre ancora senza la merenda del governo: scuole chiuse. Questo ci preoccupa, l'educazione, assieme alla salute, sono i diritti fondamentali alla vita, troppo spesso disattesi. Cercheremo di incontrare e dialogare con i responsabili della segreteria comunale. Una comunità era in lutto: Otto giorni fa un bambino di quattro anni è morto a causa della polmonite e anche del virus del covid che lo ha trovato fragile e indifeso. La tragedia è che il virus è stato portato in comunità dal papà del bimbo che, ora, non riesce a perdonarsi. Hanno anche letteralmente smontato la casa dove abitavano e la ricostruiranno in altro posto, per provare a iniziare una vita nuova. Così è la fede: non ci toglie la croce, ma ci permette di risorgere sempre a vita nuova. Nel viaggio di ritorno speriamo di poter incontrare la famiglia che si trova nel paese di Juí-Vila Alterosa, dove il bimbo è stato sepolto.

Nella comunità di Itu abbiamo potuto verificare la parabola del buon pastore. Nella casa del colombiano c'era solo Salomone, il figlio piú piccolo e la sorella maggiore. Tutti si trovavano sull'isola, sull'altra sponda del fiume perché una mucca, piuttosto magra e fragile che stava allattando il vitellino, era scomparsa. Abbiamo aspettato un po', preso un buonissimo succo di limone che ci ha ristorato dal caldo torrido di questi giorni, e, già pronti a ripartire, avvistiamo la famiglia di ritorno a casa. Hanno legato la canoa alla zattera nel porto e a testa bassa sono rientrati.

 " Padre, che bello vederti, purtroppo non abbiamo trovato la nostra mucca, dev'essere caduta nel fiume e la corrente deve averla trascinata... sai era molto magra e debilitata".

 La moglie del colombiano aveva anche perso il papà a inizio mese, così li invito alla Messa che avremmo celebrato nel primo pomeriggio, nella casa di donna Elena, che ha una figlia di 32 anni deficiente grave e un mucchio di nipoti che le figlie, non avendo marito, lasciano con lei. Mangiamo qualcosa e ci diamo appuntamento per la Messa. Si avvicina una imbarcazione di pescatori e avvisano di aver visto una mucca incagliata ai margini del fiume, alcune centinaia di metri più in basso. Il colombiano prende il fucile e, con tutta la famiglia, di canoa, parte... chissà che si possa recuperare la carne e venderla al mercato!



Noi partiamo per celebrare a casa di donna Elena. Non celebriamo l'eucaristia perché sono molti bambini e le missionarie li intrattengono colorando disegni del vangelo. Preghiamo il Padre Nostro e l'Ave Maria e ci prepariamo per riprendere il viaggio, alle cinque ci aspettano nella comunità di Mamuniá dove passeremo la notte. Mentre usciamo di casa vediamo arrivare il colombiano con tutta la famiglia, la moglie e cinque figli, il maggiore era dalla nonna per farle compagnia dopo la morte del marito. "Padre, abbiamo ritrovato la nostra mucca, era viva e senza ferite gravi, l'abbiamo caricata sulla canoa e ora è a casa sana e salva, vicino al suo vitellino. Siamo venuti per ringraziare il Signore.

Così mi risuonano le parole del Vangelo: il pastore buono chiamò i suoi vicini e disse loro: venite facciamo festa, perché ho ritrovato la mia pecora che si era perduta... Così é il cuore di Dio quando ci perdiamo nelle nostre fragilità!

Purtroppo abbiamo incontrato ancora due "draghe", proprio lungo il fiume... la febbre dell'oro continua a fare le sue vittime. Un giovane ritornato dal garimpo, insoddisfatto di tutto quello che ha visto, ci diceva che da Juí partono barche piene di ragazzine minorenni che vengono portate al garimpo, dove gli uomini rimangono per molto tempo senza ritornare a casa, e spesso le proprie famiglie sono conniventi. Chiediamo perdono a Dio per tutto il male di cui, ancora, l'essere umano é capace. La droga, la prostituzione infantile, il garimpo illegale, l'alcool ... continuano a mietere vittime tra i giovani e le popolazioni indigene, durante un governo federale che non fa niente se non favorire il disboscamento della foresta, l'inquinamento delle acque dolci e l'illegalità a favore delle grandi imprese. Davvero dobbiamo crescere in una coscienza politica che ci permetta di agire come cittadini responsabili.

Così, al termine delle nostre Messe, facciamo un poco di "propaganda elettorale" a favore di Lula e di quanti dovranno governare nei prossimi anni. Lasciamo anche alcuni foglietti con la foto e il numero dei candidati, per evitare che, spesso per ignoranza politica, molti si lascino comprare.



Oggi giochiamo con i bambini qui a Ipiranga, e questa sera celebriamo la vita, nella fede del Cristo risorto. Domani alle 6, prima che sorga il sole, saremo già in viaggio, lasciandoci aiutare e portare dalla corrente del fiume, ora che ritorniamo verso casa.

Un grande abbraccio a tutti e un arrivederci a presto. Torno con i giovani campisti per visitare la mia famiglia e incontrare tutti voi, se Dio lo vorrà! Grazie.

 

27 agosto 2022, memoria di Santa Monica, mamma di Sant"Agostino.

Cammini di libertà e di liberazione

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