giovedì 20 maggio 2021

EMERGENZA!

 

 Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

 

                                           Chiesetta della comunità Ipiranga

        Questo secondo viaggio di maggio è stato con un tempo minore, solo cinque giorni, dovuto al ritardo causato dai lavori al nostro mezzo di trasporto. Nell’ultimo viaggio, forse dovuto a un’elica di ferro, molto pesante, la base del motore era andata in frantumi, così c’è voluto del tempo per rimettere tutto in sesto. Grazie a Dio, giovedì 13 maggio, verso sera, siamo riusciti a montare l’elica di alluminio, molto più leggera, a coronazione dei lavori di saldatura e riparazione del blocco macchine. Così il venerdì 14, alle sei del mattino, ci rimettiamo in viaggio. Passeremo in tutte le Comunità, fino ad Ipiranga, che come ormai sapete bene è l’ultima sul confine colombiano, dobbiamo percorrere molta acqua! Ma celebriamo solo in due Comunità: São Lázaro, a metà cammino, dove passiamo la notte e Ipiranga, ultima meta del nostro viaggio. Il tempo è breve e optiamo per non celebrare nelle altre, ma andare un po’ più di fretta per poter visitarle tutte. A Ipiranga troviamo la chiesetta quasi finita, e questo ci riempie di gioia, celebriamo un battesimo e dopo pizza per tutti. Ci sono una decina di militari, rimangono in servizio per due anni, poi verranno trasferiti ad altra zona, che sono davvero persone di fede, con le loro famiglie, e si preoccupano per la nostra gente, anche per sostenere la speranza in questi tempi difficili. Dopo questo viaggio, ho deciso di scrivere una lettera al Sindaco, perché ci sono molte cose che non vanno bene e forse lui non è a conoscenza di tutto, dopo la campagna elettorale non è più andato nelle Comunità ribeirinhe (riva del fiume) e sa le cose solo per bocca dei suoi collaboratori. Una bocca in più, che canta fuori dal coro, potrà aiutare...

 

      “Caro Sindaco, Walder Ribeiro da Costa,

le scrivo perché uno dei suoi uomini di fiducia mi ha consigliato di informarla, perché molte cose non giungono alla sua conoscenza, ma rimangono appena fra i suoi collaboratori. Così, spesso, non sapendo, non può intervenire per risolvere o almeno amenizzare le situazioni più problematiche. Cercherò di essere breve e diretto, per essere abbastanza chiaro e obiettivo, senza giudizio e senza pretesa di avere una risposta su tutto.

1. Già dalla precedente amministrazione nella piazza centrale del paese, dove c’è la chiesa parrocchiale, ci sono tre guardie notturne, tutte pagate dal Comune, con soldi pubblici, ma nessuna delle tre lavora, solo accendono e spengono le luci alle 18 di sera e alle 6 del mattino. Chi lavora sono due giovani, uno abita in casa con noi, che ricevono un compenso dai commercianti della piazza. E non c’è notte che non rischino la vita per la presenza di numerosi ladri e marginali che nelle ore notturne visitano commercio e case della nostra città....

2. Deve sapere che stiamo distribuendo, nelle Comunità lungo il fiume, casse per la raccolta di acqua piovana, visto che l’acqua che la gente beve è fortemente inquinata e non sempre hanno il cloro per il trattamento. Certo l’inquinamento maggiore è dovuto allo scarico delle fogne dalla Colombia, fino alla nostra città, ma sappiamo della presenza dell’estrazione illegale di minerali come oro e diamanti, e sappiamo che le ‘draghe’ inquinano fortemente per l’uso del mercurio. Così ho cominciato a pregare nelle Messe domenicali, per la conversione di quanti inquinano e provocano la morte di pesci e persone. Rogerio detto Negão, si è fatto portavoce di suo figlio Wander per farci sapere di stare attenti perché ci sono ‘pirati’ sul fiume, e qui la vita vale meno di una draga per l’estrazione dell’oro. Non sono preoccupato per questo, piuttosto mi preoccupo di tante persone, pescatori, donne e bambini che si ammalano a causa dell’acqua inquinata che bevono. Ho già parlato con Rogerio, non conosco personalmente suo figlio, per andare con lui nelle cinque Comunità del fiume Purité, dove si trova l’estrazione di minerali, e portare casse per la raccolta di acqua piovana. Quello che ci preoccupa è la vita di queste persone....


                           Consegna delle cisterne per raccolgiere l'cqua piovana 



3. A São Lázaro i professori si sono lamentati che non hanno ricevuto né quaderni, né matite per i bambini, e così è molto difficile poter insegnare. A Ipiranga la scuola non inizia perché i professori non sono stati vaccinati... ma cosa aspettiamo ancora? Ho visto strutture scolastiche fatiscenti e i costosissimi libri di testo dentro sacchi di iuta, quando piove, e lei sa che piove anche dentro e tutto si bagna.... non c’è un armadio, non ci sono banchi, le sedie rotte e arrugginite... Poi la merenda scolare, e lei sa bene che molti bambini vanno a scuola senza neppure aver fatto colazione, non è arrivata in nessuna scuola.... già siamo a fine maggio! Ho saputo da suo fratello, Sabià, che proprio in questi giorni la nave della scuola è partita per portare materiale e merenda nelle scuole sul fiume. Questo mi ha rincuorato e spero davvero che tutti ricevano il necessario per riprendere il cammino dell’educazione, cammino di libertà e di civiltà.

4. A Ipiranga due terzi del paese è invaso dall’acqua alta, i militari hanno aiutato con delle assi, facendo delle passerelle per permettere alla gente di uscire di casa e muoversi senza dover usare una canoa, anche per andare a far compere.... Molti raccolti di mandioca e pure di banane si sono persi perché l’acqua ha sommerso i terreni, così molta gente è in difficoltà. E nessuno interviene! Cosa sta facendo la Protezione Civile? Dovrebbe aiutare in queste situazioni....

5. Anche la salute è precaria. Ci sono le lance (barche veloci) date nel tempo della campagna politica, ma non c’è un litro di benzina. In caso di emergenza il trasporto che dovrebbe servire per raggiungere il posto di salute più vicino, a Villa Alterosa o a Betania, oppure l’ospedale di Santo Antonio per i casi gravi, non serve perché non funziona. Così la gente si deve arrangiare con i propri mezzi, di canoa per non morire! Non ci sono medicinali e spesso manca anche il cloro affinché l’acqua sia potabile. La nave della salute UBS, Unità Basica di Salute, è andata due volte da gennaio a maggio, ma quando una persona si ammala ha bisogno di essere aiutata subito... Poi, mi scusi la franchezza, non possiamo tollerare che ci siano bevande alcooliche e si facciano festini su una struttura pubblica di salute! So che lei e il segretario si sono raccomandati di non portare bevande alcooliche, ma sembra proprio che le vostre parole siano cadute nel nulla... ci sarà pure un responsabile di questa nave! Non possiamo tacere quando le comunità indigene si lamentano perché vengono trascurate, solo perché sono indigeni, e non c’è tempo, bisogna fare in fretta, la nave deve ripartire subito.....

6. Anche sulla discriminazione che sta avvenendo verso la parrocchia ci sarebbe da dire: tutti i bar sono aperti, tutti vendono da mangiare ai tavoli, tutti fanno feste e nessuno interviene... ma alla parrocchia è stato proibito di realizzare la festa di Santo Antonio secondo i canoni tradizionali, con condivisione di cibo e rappresentazioni culturali dopo la celebrazione della Messa. E finora siamo stati gli unici a rispettare completamente il distanziamento sociale e l’uso di maschera e alcool-gel anche durante le celebrazioni realizzate con meno della metà dei posti presenti in chiesa. A volte sembra meglio non chiedere e fare senza preoccuparsi di rispettare le regole sociali...... 

7. Ho trovato alcune Comunità vuote lungo il fiume, l’acqua ha inondato le case e le famiglie hanno dovuto spostarsi chiedendo ospitalità a parenti di altre Comunità o qui in città. L’ultima casa che ho visitato, nella Comunità di Manacapurù, era l’unica rimasta, le altre famiglie se ne erano già andate. Una signora con i suoi otto figli in un’unica stanza che serve da scuola, anche il professore, un ragazzo giovanissimo di Santo Antonio, genero della signora, abita con loro. Nella casa-scuola si studia, si mangia, si dorme la notte tutti insieme... per il bagno non so come facciano, ci deve essere una canoa lasciata a disposizione per chi ha bisogno di appartarsi... Ho chiesto: ‘Avete da mangiare?’ la mamma mi ha risposto: ‘I ragazzi vanno a pescare e Dio è buono, non ci lascia mancare il pesce’. Così sono salito sulla barca e ho preso tutto quello che avevo di cibo, e l’ho lasciato per aiutare. ‘Padre, Dio la benedica!’. Ma in questi tempi di calamità dovuta alla pandemia e all’acqua alta, il Comune, attraverso la Protezione Civile, non dovrebbe intervenire? Non dovrebbe visitare le Comunità lungo il fiume per vedere di cosa hanno necessità? Dov’è il senso di responsabilità di una amministrazione pubblica?

8. Da ultimo vorrei ribadire che non ho scritto per criticare e ancor meno per giudicare, non mi compete. Anzi abbiamo aiutato durante la campagna politica perché crediamo che lei sia il migliore amministratore possibile in questo momento. Vorrei solo essere i suoi occhi per poterla informare sulla vita e la sofferenza della nostra gente. Chi è informato, chi conosce, ha una responsabilità maggiore, ma anche la possibilità di intervenire e di compiere il proprio dovere politico-amministrativo.

La saluto e le rinnovo la mia stima e la mia completa disponibilità a collaborare perché tutti abbiano vita e l’abbiano in abbondanza, come il Signore Gesù, il Buon Pastore ci ha insegnato. Grazie!”      

 

 

 

Giornata di sensibilizzazione contro abuso e traffico di minori, giovedì 20 maggio 2021.

 

lunedì 10 maggio 2021

I POVERI PIÚ POVERI E LA CARITAS AGLI INIZI

 



Santo Antonio do Içá- Amazonas.  10 Maggio 2021


Don Gabriele Burani

 

     Luisa vive sola con i suoi 5 figli, ancora piccoli, la figlia maggiore con i nonni; il marito è tossicodipendente e vive ‘no mato’, nella foresta, con altri tossici, uscendo in città qualche volta per rubare. Nessuno ha un lavoro, arriva qualche soldo dal sussidio dello stato per le famiglie più povere; qualcuno mi dice che forse anche lei era coinvolta nel traffico di droga…. Chi lo sa? Entro in casa e, a parte i bambini che giocano, non hanno quasi nulla. Il frigorifero quasi vuoto. Compro per lei alimenti per qualche giorno.
     Marisa vive vicino alla cappella di una comunità a maggioranza indigena, partecipa a tutte le liturgie e incontri, non sono mai entrato nella sua abitazione e non conosco da chi sia formata sia la sua famiglia; quando ci si incontra per la lettura della Parola il venerdì, mi chiede aiuto la sua famiglia. Qualche giorno dopo vado a visitarli, la casa semplice, di legno come le altre; il marito è in casa, non ha un lavoro fisso, va a pescare (nei periodi in cui si trova pesce…), avevano coltivazioni di frutta vicino a casa ma i ladri rubano tutto… ora stanno tentando in un terreno fuori dalla città, dall’altra sponda del fiume.  Ma quanti figli avete? Gli chiedo. In casa 9, il maggiore ha 18 anni,  il più piccolo ha quattro mesi,  e una figlia già sposata vive in una altra casa.   In cortile il fuoco acceso con pezzi di legno:” la bombola del gas è finita, non abbiamo i soldi per comprarne un’altra, il costo è cresciuto molto in questi mesi.”  Quando arrivo nella casa parrocchiale,  faccio arrivare loro la bombola di Gas, poi ci organizziamo per dare un pacco con generi alimentari, come ad altre famiglie.             

Leggendo le nostre lettere vi siete resi conto che la nostra parrocchia ( che equivale al territorio del municipio) è composta, in generale, di famiglie povere. La maggioranza delle persone  non ha un lavoro fisso, con un salario normale e libretto di lavoro regolare. Non so se arriva al 20% chi ha un impiego costante con libretto di lavoro.



   Come vivono? Molte famiglie con un sussidio dello stato per le famiglie che non hanno reddito, in base al numero di figli; un piccolo aiuto (chi ha 5 figli a carico può ricevere l’equivalente di 100euro mensili) ma importante. Poi si vive di pesca (quando è possibile pescare, quando si trova il pesce…) e il guadagno non è molto; e anche coltivando: banane, mandioca. Per tanti il lavoro è saltuario, a volte si viene chiamati per il lavoro di un giorno, alla fine del giorno si riceve il compenso e si spera nei prossimi giorni…. come nelle parabole di Gesù; ad esempio, un muratore può avere lavoro per qualche settimana poi mesi senza nulla.  

Siamo tra le zone del Brasile con il reddito più basso; molti hanno un casa per vivere perché è molto semplice: qualche asse di legno e una copertura di lamiera e si fa una casa; e chi non ha la propria vive con altri: a volte nella stessa casa vivono diverse famiglie, una famiglia per stanza e la cucina in comune.

Qui non ci sono mendicanti per strada come nelle città grandi (Manaus, ad esempio) -a parte qualche ubriaco che chiede qualcosa- ma moltissimi all’interno della propria casetta di legno non possiedono nulla o quasi.
Certo, abbiamo anche (pochissime)famiglie ricche e (qualcuna) di classe media, la maggioranza è nella fascia di povertà e una percentuale minore in situazione che si potrebbe dire di miseria.    E la vita nelle nostre comunità cattoliche?  Osservo che le nostre comunità hanno, per ora, prevalentemente -se non esclusivamente- celebrazioni liturgiche e tutto finisce lì.  E che i più poveri non partecipano alle nostre liturgie, o in genere alla vita parrocchiale.



  Qui non si è mai fatta  una attività caritativa sullo stile di Caritas e Centro di ascolto a cui siamo abituati in Italia; iniziative sporadiche si, ad esempio distribuzione di alimenti a Natale, o qualche aiuto alle famiglie che abitano lungo il fiume Içá, donazioni ai carcerati in occasione di qualche festa; comunque, in sintesi, i cattolici presenti nelle nostre assemblee  della città scarseggiano in missionarietà e attenzione ai più poveri ( questo quanto ho avuto modo di constatare fino ad ora).  Molti non hanno grandi possibilità di condivisione economica, ma lo spirito di Caritas non è solo l’aspetto di aiuto economico.

    Nella Assemblea parrocchiale è stata fatta la proposta di attivare in parrocchia una Caritas, cercando di spiegare che cosa significhi, con lo scopo di animare le comunità dei vari bairros.  Il problema del Coronavirus ha bloccato molte iniziative pastorali, molti hanno timore di uscire, di andare, di incontrare…   ma ora stiamo tentando, con tempi lenti e varie difficoltà, di uscire e ri-attivarci.

Nel mese di dicembre la diocesi ha ricevuto una donazione da parte di una ONG   per distribuire alimenti e abbiamo aiutato in parrocchia un centinaio di famiglie povere, e questo mi ha permesso di coinvolgere alcune persone per collaborare nel visitare le famiglie e conoscere le necessità reali.
  Ho chiesto alle comunità della città di darsi da fare per visitare le famiglie, conoscere quelle che hanno maggiori difficoltà per organizzarci e condividere per quanto possiamo; per il momento non si sono mossi molto: non si trovano facilmente persone disponibili e che si sentano responsabili per le attività parrocchiali.    In due delle otto comunità della città abbiamo iniziato una visita alle famiglie più povere con una piccola equipe. Ora abbiamo la possibilità di comprare generi alimentari per un buon numero di famiglie, grazie agli aiuti che ci state donando dall’Italia attraverso il Centro Missionario.
   Criterio per dare aiuti: le famiglie che non hanno lavoro fisso, non hanno pensioni, e vivono solo del piccolo aiuto del governo e eventuali lavoretti.  Una attenzione speciale alle famiglie con un solo genitore e figli; di solito madri senza padri ( il padre lascia la famiglia, o ragazze madri che non hanno mai vissuto con il compagno, o hanno il marito alcolizzato  che non si occupa della famiglia…).  



Per ora siamo noi a uscire dalla sede parrocchiale per visitare le famiglie, conoscere la loro situazione, e offrire aiuti a chi ci sembra più povero tra i poveri; sono poche le persone che arrivano alla nostra segreteria parrocchiale per parlare, per chiedere, non sono abituati e forse non conoscono la parrocchia, quindi noi andiamo, conversiamo, cerchiamo di capire la situazione, diamo indicazioni sulla vita della comunità per chi voglia iniziare a partecipare liturgia, catechesi, incontro biblico o quello che eventualmente si fa.

 In sostanza, una struttura Caritas ancora agli inizi, senza sapere se e come sapremo organizzarci per il futuro.  Quello che cerco di fare è coinvolgere qualche persona di ogni comunità per questo servizio, sperando che si sentano responsabili in modo continuativo, per accompagnare le famiglie che vivono situazioni di necessità più gravi. Ma anche aiutare le famiglie ad inserirsi nella comunità di fede; i più poveri si auto-escludono spesso.
  Venerdì scorso una giovane di 22 anni mi chiede un aiuto: ha quattro figli, il marito sarebbe muratore ma non ha lavoro; mi chiede anche per il battesimo dei figli. Le chiedo se sono cattolici o di una altra chiesa cristiana: sono cattolici.  Ma voi genitori siete battezzati? chiedo.  “No padre”, mi risponde. Perché non venite in chiesa e cominciate a partecipare alla eucaristia?  “Non ho i vestiti per la chiesa, tutti vengono con bei vestiti e io ho solo questa roba” indicando il suo vestitino logoro.  Non c’è bisogno di vestiti nuovi per la chiesa, le dico. “Ma io mi vergogno”; non so se è una scusa o è la verità; domani andrò a cercare dove abitano per conversare con calma e capire come accompagnarli.  Un grazie a tutti voi che dall’Italia ci state aiutando. 


sabato 1 maggio 2021

INCONTRI...

 


Padre Gabriele Carlotti, missionario in Amazzonia


 

 

           Siamo a fine aprile 2021, l’acqua continua a crescere e quasi tutte le case sono ormai allagate. Così le abbiamo trovate nella comunità di “Moinho”. Riusciamo ad evitare due grossi alberi e arriviamo fino alla porta di casa. Qui leghiamo la barca perché passeremo la notte. Non so se la gente verrà, tutto è allagato. Ma ciò che per noi è novità, per loro è normale. Verso sera rientrano gli uomini dalla pesca, anche la moglie del cassique è andata, portando in braccio il figlio piccolo di pochi mesi, e la carabina: è andata col marito per cacciare scimmie e avere carne per cena...

Tutto bene?, le dico.

 Bene padre! mi risponde. Ma non abbiamo preso niente, ho sparato due volte, ma niente.

E il piccolo? Sta bene?

Benone padre, così si abitua e impara a pescare e cacciare... sei venuto a celebrare la Messa?

 Si, se volete..., verso le 7:30 sperando che venga qualcuno... nella tua casa, come sempre.

 Tranquillo, hanno già sentito il rumore della barca, quando sei arrivato... puoi entrare in casa, che prepariamo.

Alle 7:30 la casa era piena di gente, tutti sono venuti con la canoa: bambini, ragazze, adulti e anche i giovani e due anziani. Prima di iniziare la Messa, ritorno sulla barca e prendo due pacchi di biscotti perché quelli che avevo portato non sono sufficienti. Un bell’incontro, vissuto con gioia e partecipazione, canti animati e tutti cantando.

 Si, padre, ogni domenica ci incontriamo per pregare e impariamo i canti, suoniamo la chitarra e tutti sono molto felici.




           Tutt’altra storia  in “São João do Japacuà”. Siamo arrivati un poco tardi, era già buio e stava piovendo. Parlo con il cassique, appena arrivato dalla città perché era ammalato, e concordiamo per celebrare al mattino seguente. La moglie ci offre ‘assaì’, frutta tipica dell’amazzonia, molto valorizzata nelle famiglie perché altamente nutriente. È piovuto tutta la notte e al mattino la pioggia continua forte... nessuno è disposto a uscire di casa! Così decidiamo di lasciare il materiale di formazione per imparare a pregare il rosario meditando i misteri della vita del Signore: i misteri della gioia, della luce, del dolore e della gloria.

Padre, mi dice la moglie del cassique, ora tutta la nostra famiglia è ‘evangelica’ (protestante).

Di quale chiesa?, le chiedo. Imbarazzo... lei volge lo sguardo verso le figlie, ma nessuna sa a quale chiesa dicono di appartenere.

Così chiedo: Ma perché siete diventati evangelici?.

Vede, padre, i nostri figli uomini bevevano molto, qui in casa e anche nelle loro famiglie. Ora si ritrovano nella casa del vicino alle sei del mattino e anche verso sera, per cantare alcuni inni religiosi e hanno smesso di bere, così tutta la nostra famiglia è diventata evangelica, per appoggiarli in questo loro cambiamento.

Bene, (le dico) se la preghiera li aiuta a liberarsi dal vizio del bere, questo è molto buono e viene da Dio.

Ma non si preoccupi, padre (incalza lei) tutti continuiamo a partecipare alla Messa e al cammino della comunità, perché Dio è uno solo”. Così ci lasciamo nella speranza che i giovani possano davvero liberarsi dalla piaga dell’alcoolismo, con l’impegno di pregare gli uni per gli altri. Mi sto rendendo conto che la gente non ha coscienza e non conosce lo specifico di ogni chiesa e le loro diversità: chiesa cattolica, evangelica o della cruzada sono la stessa cosa. Per loro è chiaro che Dio è uno solo e Gesù è il Figlio di Dio; le chiese servono se e quando aiutano le persone, non solo materialmente, ma nella vita che ogni giorno deve affrontare molte sfide e difficoltà per non soccombere. In fondo la “fede” è proprio questo: diventare resilienti davanti al male e all’ingiustizia, con la certezza che l’amore di Dio non ci abbandona e che il Signore Gesù è risorto e ha vinto la morte; fiducia in Dio, fiducia in se stessi e fiducia negli altri. Camminare oggi sulle strade, sporcandoci i piedi e le mani nella solidarietà, con lo sguardo rivolto verso l’alto, oltre la fatica e la paura.



           Così è accaduto nella comunità di “São João do lago grande”. Battezziamo sette bambini, quattro di una mamma senza marito, o forse di molti mariti, neanche riconosciuti all’anagrafe. Lei è colombiana e vive a Vila Alterosa, a due ore di canoa, qui vive la sorella. A Vila Alterosa c’è solo la chiesa della cruzada e il pastore si rifiuta di battezzare i suoi figli, perché non ha marito... Così la sorella l’ha chiamata e lei è venuta.

Padre, non è facile con quattro figli e senza marito che mi aiuti... ma ho molta fede in Dio e nel Signore Gesù, che mi aiutino ad essere una buona mamma, per questo voglio battezzare i miei bambini.

Bene, (le dico) hai già scelto i padrini?

Si, questa coppia che sono sempre presenti quando c’è bisogno, non solo per aiutarmi, ma anche per sostenermi e darmi coraggio. Alla fine della celebrazione, la coppia si avvicina per parlare, avevo battezzato il loro secondo figlio subito dopo natale.

Padre, noi vorremmo sposarci, cosa dobbiamo fare? Dopo aver detto loro che è una decisione molto bella, è chiedere la benedizione di Dio sul loro amore; dico loro che è anche una decisione molto importante, è sfidare le difficoltà della vita credendo che l’amore possa vincerle tutte. Come Gesù che col suo amore per noi ha sfidato anche la morte. E l’amore ha vinto, Dio che è Amore, l’ha risuscitato dalla morte, e ora non muore più. Così è anche il nostro amore, ogni volta che superiamo una difficoltà, ogni volta che è messo alla prova dalla vita, diventa più forte.

Bene, ragazzi (lei ha 25 anni e lui 22, e hanno due figli) se siete decisi, serve solo il vostro certificato di battesimo.

Si, padre, ma io non sono battezzata e mio marito, da piccolo, è stato battezzato nella cruzada. Li guardo con occhi di madre e sorrido:

Ancora meglio, cosi, se volete, prima di celebrare il vostro matrimonio, celebriamo il vostro battesimo nella comunità, e avrete la gioia di confermare quella fede che state già vivendo.



           Al mattino presto riprendiamo il viaggio, ritorniamo verso casa, verso la città di Santo Antonio do Içá. Abbiamo ancora tre giorni di viaggio e sei comunità da visitare, celebrando l’Eucaristia e portando il regalo di Pasqua ai bambini: un pallone da calcio e uno da pallavolo. Dopo alcune ore di viaggio vedo arrivare una lancia, color grigio, che mi fa segno di fermarmi. Penso sia la Marina dell’esercito brasiliano, ma sono tranquillo perché abbiamo i documenti in regola: libretto della barca e patente nautica. Stacco l’acceleratore e, anche senza freni (che non ci sono), con l’attrito dell’acqua, la barca si ferma, lasciandosi appena portare dalla corrente. Così la misteriosa lancia si avvicina. Riconosco ‘Nego’, da alcuni mesi ha iniziato a interessarsi del “garimpo”, estrazione (illegale) dell’oro nel fiume Puritè, affluente dell’Içá.

Padre, sa che le comunità del rio Puritè, in maggioranza di persone peruviane, sono molto povere? Quando passiamo ci fermano per chiederci un poco di zucchero e di caffè”.

Non le conosco, sono tutte della chiesa della cruzada, peruviani che il pastore ha fatto venire per avere più seguaci e più offerte...; forse un giorno riuscirò a visitarle, ma sono molto lontane, due giorni di viaggio dall’entrata nel rio Puritè.

 

Se vuole ci andiamo insieme, l’80% della gente è a favore della nostra presenza e solo il 20% è contraria.

 

Ma tu sai che il mercurio inquina acqua e pesci, così diventa pericoloso e nocivo anche per la salute delle persone che vivono di pesca e bevono l’acqua del fiume.

 

Siamo in pochi, solo quattro “draghe” (grossi macchinari per l’estrazione dell’oro nel letto del fiume), e per pochi mesi, solo quando l’acqua è alta perché poi non si riesce ad entrare. Se vuole possiamo aiutare con 200 “ceste basiche” (un kit alimentare per una famiglia), che puoi distribuire con la tua barca alle famiglie più bisognose. Ho parlato anche con il tuo aiutante, là in città, perché c’è in giro la chiacchiera che la chiesa vuole fare una denuncia...

 

Per ora mi sono limitato a pregare, nelle messe domenicali, per la conversione di quanti non rispettano l’ambiente e chi vive lungo il fiume: acqua, piante, pesci e persone. Ma, grazie per l’avviso e la proposta, ci penserò...

 


Così ci salutiamo con un sorriso un po’ forzato. Il mio compagno di viaggio era sparito, poi lo vedo scendere dal tetto della barca. “Padre, non mi piace questa gente!”. Lo rassicuro e gli dico di non preoccuparsi: la nostra preghiera è stata ascoltata dagli uomini, ma anche da Dio!

           Così continuiamo il nostro viaggio di ritorno. Nelle comunità di “Manacapurù” e di “Nossa Senhora das Dores” non c’è nessuno perché l’acqua è già entrata dentro le case e le famiglie sono scese in città presso dei parenti, aspettando che l’acqua diminuisca. Consegniamo le otto casse per la raccolta dell’acqua piovana alla comunità di “Uniao da boa fè” e ci dirigiamo a “Nova esperança”. Improvvisamente il motore fa strani rumori e perde potenza. Pensiamo sia un problema all’elica, ma no, si è spezzato il supporto dove è imbullonato il motore e ora non ci sono più le condizioni di farlo funzionare. Piano piano ci avviciniamo alla riva, fortuna che eravamo vicini alle case, e leghiamo la barca a un picchetto di ferro che ci portiamo sempre dietro per sicurezza. Che fare? Chiediamo se qualcuno ha un ‘motore rabetta’, quello che usano sulle canoe, già un’altra volta eravamo tornati con un ‘motore rabetta’ di potenza 5.5; un signore ne ha uno di scorta, siamo fortunati, è di potenza 13.0, ma anche molto più pesante da trasportare! Ma non ha benzina, e noi abbiamo solo gasolio a bordo, così chiediamo una canoa imprestata e andiamo nella comunità vicina, dove abbiamo lasciato le casse per raccogliere l’acqua della pioggia. Siamo ancora fortunati e ci imprestano 20 litri di benzina, ce la possiamo fare! Moises, mio compagno di viaggio, improvvisa un supporto in legno per poter installare il motore. Lo carichiamo sulla barca e facciamo un bagno, poi ceniamo con lo spezzatino con banane, rimasto dal mezzogiorno. Siamo pronti per celebrare la Messa in casa di una famiglia. Improvvisamente scoppia un temporale, acqua a secchiate e vento forte... non ci sono le minime condizioni di uscire dalla barca. Aspettiamo una ora e mezza, poi alle nove decidiamo di rinunciare: attacchiamo le amache e ci prepariamo per il meritato riposo. Piove tutta la notte e con forte vento, sono un po’ preoccupato, ma dalla finestra vedo le luci delle case, anche se la barca è sferzata dal vento. Ci addormentiamo. Alle quattro mi sveglio, c’è molto scuro e non vedo nessuna luce, apro la finestra, poi la porta e esco... siamo in mezzo al fiume, trasportati dalla corrente! Il vento forte ha sradicato il picchetto che fortunatamente è rimasto legato alla barca. Sveglio Moises e decidiamo di aspettare l’alba, alle sei e mezza, lasciandoci trasportare dall’acqua; in fondo siamo nelle mani di Dio, il buon pastore, non abbiamo nulla da temere perché sono mani sicure. Col chiarore dell’aurora montiamo il ‘motore rabetta’ sulla poppa della barca e, piano piano, ci dirigiamo verso casa.



           E penso: quanti pescatori e mamme e bambini sono nelle mani del buon Dio, tutti i giorni, con fiducia e poche certezze del domani! Il grande fiume ci accompagna e molti pesci fanno capolino fra le acque: è ‘piracema’ e c’è molto pesce. Alcuni delfini di fiume saltano attorno alla barca e ci fanno festa, ci accompagnano fino al porto sicuro della città. 

           Il prossimo incontro sarà a sera, con Gabry e Caio (il giovane che abbiamo accolto in casa) per raccontare la nostra avventura e sapere le novità, dopo una settimana di silenzio mediatico.

 

San Giuseppe operaio - giorno dei lavoratori, sabato 1° maggio 2021

 



lunedì 19 aprile 2021

Fratello sole e sorella acqua

 



Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

 

Quando pensiamo all’Amazzonia, pensiamo subito alla foresta e alla sua bio-diversità. Ma gli elementi principali affinché la foresta possa vivere, con le sue piante e animali, perché la vita sia possibile per i popoli indigeni e per quanti sono venuti qui cercando una vita migliore, questi elementi sono il sole e l’acqua. É strano pensare al “freddo” nella foresta amazzonica, eppure come avviene anche per il deserto, ci sono giorni di pioggia e notti dove, se non hai una coperta non dormi dal freddo. Ma quando il sole splende, anche se spesso il cielo si riveste di nuvole, quando non piove il “calore” diventa insopportabile: un caldo umido che il tuo corpo percepisce più forte della realtà, fino a raggiungere i 40/50 gradi e farti grondare di sudore dalla testa ai piedi. Anche per questo, oltre che per il cibo meno grasso e unto dell’ottima cucina emiliana, chi viene qui perde alcuni chili nei primi mesi di permanenza, poi il corpo si adatta e riesce anche a recuperare. É nota la simbiosi dei popoli indigeni con l’acqua, e oggi anche dei cabocli provenienti in maggioranza dal nord-est per sfuggire alle grandi secche, o in cerca di terre da coltivare, oppure discendenti di coloro che vennero per l’estrazione della gomma dalle piante qui chiamate di ‘siringa’. I bambini stanno praticamente tutto il giorno dentro e fuori dall’acqua del fiume. Le donne lavano i vestiti e le stoviglie al fiume, sedute nell’acqua e bagnandosi continuamente. Gli uomini escono a pescare con la loro canoa che, lungo il viaggio, imbarca acqua, che prontamente viene rigettata nel fiume. Spesso si pesca durante la notte e tutti i giorni, quasi tutti segnati dalla pioggia, a volte in forma di temporale, altre volte come pioggia fina battente tutto il santo giorno. Così, durante il passare delle ore, il corpo è bagnato e asciugato più volte, naturalmente. É difficile adattarsi a vivere in città, dove l’acqua è solo quella che scende dal rubinetto, quando non viene a mancare. In questo periodo (dicembre – giugno) l’acqua del fiume è alta e sta ancora crescendo allagando case e specialmente i terreni coltivati, così bisogna correre ai campi per raccogliere la mandioca e la macaxeira prima che si perda per l’inondazione che arriva in fretta e non ti lascia il tempo di organizzarti. È un lavoro tutto fatto a mano e pesante: donne e bambini sono coinvolti, anche costretti a lasciare la scuola per aiutare i genitori a non perdere il raccolto. E quando l’acqua è alta gli insetti si moltiplicano e collaborano affinché ci si mantenga in movimento per ammazzarli a ‘manate’ sul proprio corpo o, nel peggiore dei casi, per grattarsi un po’, cercando sollievo. La malaria e la denghi sono due malattie che portano febbri molto alte e pericolose, dovute proprio a certe zanzare ‘amiche’. Più pericolosi sono i serpenti velenosi che, grazie all’acqua alta, riescono ad entrare anche dentro alle case, e non sempre si accontentano di giocare con i bambini. Oggi l’acqua del fiume ha una temperatura di 26°C e può arrivare nei mesi di luglio – ottobre fino a 33/34 °C, dando origine a temporali improvvisi e violenti, con pioggia e vento impetuosi e impietosi, se sorprendono le agili e fragili canoe a lottare contro alte onde, capaci anche di spezzare o affondare le imbarcazioni con i loro equipaggi.

 


Fratello sole è come il fuoco, indispensabile per cucinare; ma sorella acqua ci dà l’alimento: feconda la terra per il raccolto, offre il pesce quotidiano alle famiglie e disseta il nostro organismo. Proprio in questo contesto, l’acqua potabile è uno dei problemi vitali per la gente che vive lungo il fiume. Senza luce elettrica e senza internet si può vivere anche bene. Senza acqua no!

Alcuni bevono l’acqua dell’igarapé (ruscelli), la maggioranza quella del fiume e pochi quella della pioggia. Il fiume, e spesso anche le sorgenti, sono molto inquinati dovuto al fatto che il fiume raccoglie tutti gli scarichi che vengono dalla Colombia, dal Perù e, per ultimo, dal Brasile. In più l’attività illecita dei ‘garimpeiros’ che estraggono oro e altri minerali, inquina con mercurio e altre sostanze chimiche gettate nel fiume. Quando l’acqua è alta, da novembre a giugno, allaga e contamina tutto. Viene trattata con cloro (quando c’è), ma spesso i batteri sono resistenti. E diarrea e vomito sono all’ordine del giorno, specie per i bambini, ma anche per gli adulti, provocando febbri e dolori muscolari. Chi beve l’acqua della pioggia sta meglio. Così abbiamo pensato che un aiuto importante per le famiglie potrebbero essere delle casse di plastica omologate, di 500 litri ognuna, per raccogliere l’acqua piovana dai tetti delle case, visto che pochi hanno contenitori grandi e decenti, con coperchio, per mantenere pulita l’acqua raccolta. Chiaro che questo non basta e non risolve il problema. Ci vuole tutta una educazione per come raccogliere, trattare e conservare l’acqua perché non sia contaminata. In alcune Comunità il potere pubblico sta installando delle torri con una cassa grande di 3.000 litri e un depuratore. Solo dove arriva l’energia elettrica, e spesso la linea elettrica è interrotta e a volte sono più i giorni che manca energia di quelli che l’energia funziona. Certo, il potere pubblico, Governo e Comune, hanno una loro responsabilità e anche le condizioni economiche per risolvere la “questione acqua”, ma sappiamo come funzionano queste cose e, senza una volontà politica impegnata sulla qualità della vita, non succede niente. Oggi il Brasile certamente non può fare affidamento su questa volontà politica in favore della vita! Anche il disboscamento della foresta è aumentato a dismisura, lasciando il posto all’agro-negozio e all’allevamento dei bovini. Così pure l’estrazione illecita dei minerali, senza nessun controllo, sta distruggendo molti luoghi che erano fino ad oggi incontaminati, come la nostra regione. Nonostante tutto questo, aspettando tempi migliori, la gente vive e spesso muore! Per questo crediamo che, almeno come supporto tecnico, offrire la possibilità di avere acqua pulita, come quella della pioggia, sia comunque un grande passo avanti nel rispetto della vita dei più deboli.

 


Il Rio Içá (è il nome che il  fiume/rio Putumaio colombiano/peruviano prende entrando in Brasile), affluente del Rio delle Amazzoni, qui chiamato Rio Solimões, percorre tutto il nostro territorio per più di 350 Km. Lungo le sue rive ci sono piccole e grandi Comunità ribeirinhas (della riva del fiume), alcune di poche famiglie, altre veri e propri paesi. Sul confine colombiano troviamo il paese di Ipiranga (300 abitanti circa - cattolica), a metà del percorso del fiume in territorio brasiliano il paese di Villa Alterosa (4.000 abitanti circa - cruzada) e al suo inizio, a 5 km dalla città di Santo Antonio do Içá, il paese di Betania (5.000 abitanti circa - evangelica). Le altre Comunità sono relativamente piccole, e anche più abbandonate.

 


Noi percorriamo il fiume due volte al mese, con la piccola barca che ci avete aiutato a ristrutturare, per incontrare 25 di queste Comunità, quelle cattoliche. Ma ci sono anche 6 Comunità evangeliche e 21 che appartengono ad un movimento religioso fondamentalista sorto nel secolo scorso denominato “cruzada”. In questo ultimo mese (marzo) abbiamo cercato di capire quale sia il fabbisogno reale delle 25 Comunità che conosciamo, e abbiamo rilevato la necessità di circa 250 casse per l’acqua di 500 litri. Chiaro, che non vogliamo fare discriminazioni religiose, solo non conosciamo e non abbiamo avuto l’opportunità di passare nelle altre 27 Comunità, anche per la difficoltà dei trasporti fluviali e i tempi di percorrenza. Sarà un secondo passo che comporta programmare alcuni viaggi (oltre ai due che già facciamo tutti i mesi), viaggi che durano 8/10 giorni, per incontrare le altre Comunità e iniziare un dialogo per conoscersi e conquistare la fiducia, cosa non immediata, né scontata. Ma, come dicono i nostri anziani, “visto che la Terra non è stata fatta in un giorno solo”, vale la pena cominciare! E abbiamo già cominciato, portando nella Comunità di São Pedro, 5 casse per raccogliere l’acqua piovana, nel mese di dicembre 2020. All’epoca una cassa di 500 litri costava 275,00 reais. Oggi, marzo 2021 il costo è di 300,00 reais. Qui l’inflazione è grande!



Nel paese di Ipiranga, avamposto militare sul confine colombiano, ultima delle nostre Comunità, stiamo studiando la possibilità di viabilizzare 3/4 punti di “acqua comunitaria”, con casse grandi di 2/3 mila litri che servano per più famiglie, quelle della stessa strada o quartiere. Chiaro che servirebbero grondaie, tela per filtrare l’acqua o filtri già pronti... Ma non è giusto dare il pesce, crediamo importante insegnare a pescare: la cassa per l’acqua ricevuta in dono dovrà produrre frutti affinché le famiglie si prendano cura della loro acqua. É una questione di educazione ambientale. Sappiamo che non tutti lo faranno, ma crediamo che, comunque, valga la pena rischiare e provocare un cambiamento della situazione attuale anche con la collaborazione dei diretti interessati. Cambiare la mentalità/cultura è un processo molto lento perché chi è nato in questi luoghi è abituato a raccogliere quello che viene spontaneamente dalla natura: il pesce, la cacciagione e la frutta. Inoltre, con le politiche populiste degli ultimi governi, sono stati abituati a ricevere senza impegnarsi per i propri diritti e compiere i propri doveri. Programmi del governo federale che dovevano essere per l’emergenza, sono diventati la normalità per assicurarsi il voto della gente. Così accade anche per il governo statale e per quello municipale. Tutto crea una mentalità del ricevere e dell’aspettare che venga da altri: il sindaco, il governo, la chiesa…. Cambiare questa cultura indotta è una sfida e un impegno anche nostro.

 


       Quasi sempre la celebrazione dell’Eucaristia è alla sera, per aspettare chi rientra dalla pesca. Verso le sei del pomeriggio, quando il sole sta entrando, è l’ora del bagno. Una festa per i bambini che approfittano per gli ultimi tuffi prima di insaponarsi. Il bagno, all’imbrunire, è pure occasione per i giovani e le ragazze di morosare un po’, scambiando due parole, passandosi il sapone, lavando una maglietta o tuffandosi ripetutamente in acqua. Anche gli adulti, spesso in momenti diversi, prima le donne e poi gli uomini, non mancano a questo appuntamento quotidiano. Il bagno è anche opportunità di incontro, di raccontarsi la giornata vissuta in casa o sulla canoa a pescare. A volte mi è capitato di vedere famiglie unite dove prima i genitori lavano i figli piccoli, attenti a non lasciarli cadere in acqua, perché il bagno è fatto su piccole zattere poste in corrispondenza delle case, che chiamano comunemente “porti”. Dopo aver lavato i piccoli, anche gli adulti fanno il bagno, regolarmente vestiti e, con un pudore sereno, il sapone passa dai vestiti alla pelle. Anche al mattino presto, quando tutti vengono al fiume per lavarsi i denti, mi è capitato di vedere papà con i loro piccoli in braccio, già pronti per il primo bagno della giornata; e mamme che insegnano alle figlie a lavare le stoviglie della sera appena passata. Così mamme e papà molto giovani, con la tenerezza di Dio, si prendono cura dei loro bambini, iniziando ancora un nuovo giorno, che sarà rischiarato da fratello sole e troverà ristoro in sorella acqua.

 


E penso... quando riusciremo a capire che la vita vale molto di più che la tecnica e un ipotetico progresso! Che la salvaguardia del creato e l’abbandono dello sfruttamento delle risorse, e la lotta contro tutti i tipi di inquinamento, stanno alla base di una rinnovata qualità della vita. L’essere ancora rinchiusi ci fa sentire la nostalgia delle vacanze all’aria aperta, ai monti o al mare. Ma... perché accontentarsi di un brevissimo periodo di vacanze e non impegnarci affinché la natura e il creato ci siano fratelli e sorelle di vita nuova?

 

Giorno dell’Indio, lunedì 19 aprile 2021

 

venerdì 9 aprile 2021

Evangelizzazione nella Aldeia Kokama

 



 

Don Gabriele Burani, Santo Antonio do Içá, Amazonas

 

Fuori dalla città, nella foresta, sta sorgendo una ‘aldeia’, un villaggio, abitato da famiglie indios della tribù Kokama; stanno costruendo le case, di legno, e al centro una grande e alta capanna, la ‘oca’, la ‘grande casa’, luogo comunitario. Per ora abitano quindici famiglie, ma stanno costruendo altre case, altre famiglie verranno. Questi indios della etnia Qoqama ( o Kokama)  stavano abitando in città e si sono trasferiti per dare vita  alla aldeia Kuarachi Kuema ( sole che nasce) .   La mia conoscenza di questo gruppo inizia con una richiesta di battesimo: un mattino entra nella casa parrocchiale un uomo anziano, e mi chiede se posso battezzare una persona adulta della famiglia; mi racconta che la signora è malata, quasi cieca, allora dico che posso andare nella sua casa e conversare con lei, se qualcuno mi accompagna.  Il signore anziano mi fa da guida, e mi dice che lei abita nella nuova aldeia; io non so dove sia. Fissiamo il giorno e andiamo con l’auto della parrocchia ma   la prima volta non riusciamo ad arrivare: la strada è molto fangosa e a un certo punto si rischia di rimanere bloccati, e uscire poi dal fango non è semplice (come già mi è capitato). Quindi ci diamo appuntamento per un giorno senza pioggia e che sia almeno dopo un giorno di sole.  Siamo nella stagione più secca quindi in seguito riesco a raggiungere il villaggio e la casa della signora non vedente; converso con lei e famigliari, una famiglia cattolica (più o meno), ma vivendo sul fiume, in piccole  comunità lontane dal centro, non avevano la possibilità di una formazione cristiana; intendo poi uno dei motivi della richiesta del battesimo:  senza presenza di Chiesa o dello Stato, i bambini crescono e diventano adulti senza essere registrati nel municipio. La signora ha quasi 60 anni, indigena, cieca, e non esiste per lo stato brasiliano, nessun documento che dica che esiste. Quindi non ha diritto alla pensione, non ha diritto a benefici per la cecità….  A volte il certificato di battesimo è riconosciuto dalla autorità civile, ma lei non è stata battezzata, vivendo in villaggi senza presenza di sacerdoti. La richiesta del battesimo è per una doppia motivazione (di fede, e per avere un documento che la possa aiutare a testimoniare che esiste!).   In questi casi celebro il battesimo dopo pochi incontri e senza il classico catecumenato… date le difficoltà per incontrarsi e il tipo di richiesta in sé.  



Quando poi vado per celebrare il battesimo nella sua casa, dopo qualche incontro, arrivo e la grande capanna al centro del villaggio è piena di persone. Una sorpresa: qualcuno ha detto in giro della celebrazione, e dato che per loro non è una cosa frequente, (e non hanno idea di come funzionino le cose) sono arrivati in tanti per ricevere il battesimo: genitori con bambini e anche adulti, e persino qualcuno per il matrimonio.  È il ricordo della antica pratica della ´desobriga´’: i missionari incontravano la comunità una volta l’anno, celebrando tutti i battesimi, matrimoni ecc…   Spiego loro che possiamo fare le cose con calma – anche perché la maggioranza sono persone quasi senza conoscenze di fede cristiana-.   

Molti sono giunti da due quartieri della città dove abitano varie famiglie Kokama; propongo di fare in questo modo: prima i bambini piccoli dei quali i genitori chiedono il battesimo; poi il gruppo di bambini piú grandi e adolescenti, e con questi ho fatto un percorso di catechesi di qualche mese, con incontri settimanali nel quartiere dove loro abitano; infine gli adulti che chiedono il battesimo e sacramento del matrimonio.



Dopo il periodo di secca, che dura pochi mesi, non è stato più possibile raggiungere la aldeia in auto a causa del fango e quindi vado a piedi; si lascia l’auto dove è possibile, poi una ora di cammino nella strada fangosa e si arriva.  Pian piano faccio amicizia con il cacique Nicodemo (il capo della aldeia) e la vice che è sua moglie, eletti dalla comunità Kokama e con gli altri che stanno abitando lì, con le difficoltà della situazione: è tutto agli inizi, tutte le strutture sono da fare, la strada è pessima per arrivare in paese….   Alcuni sono battezzati in altre chiese neopentecostali, qualcuno non battezzato, qualcuno viene dal Perù passando il confine sul fiume illegalmente, senza nessun documento…. Una situazione ben varia e confusa, ma desiderano formare una comunità cattolica.  Quindi partiamo da (quasi) zero, cominciando questa prima evangelizzazione.
Vedremo in futuro come crescerà questo piccolo seme. 

 

Cammini di libertà e di liberazione

  "La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". 
 Il Verbo continua a parlare nella storia e a servirsi di chi è ch...