mercoledì 29 settembre 2021

In prigione, in prigione.....

 


 


Don Gabriele Burani, santo Antonio do Içá, Amazonas, 29-09-2021    

 

Edoardo Bennato, nel suo bel LP di molti anni fa su Pinocchio ( “Burattino senza fili”) cantava: “in prigione, in prigione.... e che ti serva di lezione!”.
    Visito a volte la nostra prigione in Santo Antonio do Içá e mi faccio questa domanda: la prigione serve di lezione, come cantava Bennato? Serve per imparare qualcosa di positivo?  Serve per riabilitare le persone? Così dovrebbe essere ma nella nostra attuale organizzazione temo proprio di no.

In realtà qui non abbiamo una prigione ufficiale, un luogo di detenzione organizzato, ma nella sede della Polizia Militare vengono occupate alcune stanze che sarebbero solo di passaggio, di pochi giorni, per poi passare ad una struttura maggiore. Come spesso succede le cose vanno diversamente da come sarebbero progettate e questo spazio angusto viene trasformato in luogo di detenzione stabile.    La Polizia Militare ha sede in un piccolo edificio;  entrando un tavolo con un poliziotto che riceve e scrive i dati delle eventuali denunce. Due stretti uffici per il comandante e il segretario; continuando alla fine del  corridoio, due stanze, a occhio 4m x4m, bagno compreso ( ma non riesco ad avere una idea chiara delle dimensioni). La scorsa settimana erano 38 detenuti: come fanno a starci tutti?  Semplice, sono distribuiti a strati: fissano la loro amaca a livelli differenti di altezza e quello é lo spazio personale; le stanze sono alte 4-5 metri, quindi per qualcuno lo spazio vitale é una amaca a 5 metri di altezza!

Nei mesi di maggior diffusione del Coronavirus le visite erano abolite, e i detenuti non uscivano dalla loro cella; chiusi, senza un momento per prendere un pó di sole e di aria pura, molti sviluppano malattie della pelle. Uno spazio sul corridoio munito di sbarre metalliche é poi la cella dei malati di coronavirus.

Quasi tutti sono giovani sui 20-30 anni e quasi tutti ( o tutti) con problema di droga; in genere sono in prigione per furti, traffico di droga, o violenze in famiglia. Nella città della Bahia dove abitavo erano molti gli omicidi; tutti i mesi vari omicidi. Qui no, ci sono molti furti, liti e violenze sí, ma non molti omicidi.

Quando vado, comunico brevemente davanti alle sbarre; chiedono se li posso aiutare portando materiale di igiene (sapone, dentifricio, shampoo, detersivi per lavare i vestiti, e per la pulizia della stanza), ultimamente mi hanno chiesto medicine per le malattie della pelle. Chiedo al comandante (ora é una donna) se viene regolarmente un medico o infermiere; a volte vengono se li chiamano, non in modo regolare, e i detenuti vanno in ospedale quando si presenta la necessità.

 In una delle due celle si é rotto il ventilatore, l’unico che avevano, e da settimane sono al caldo opprimente; ne ho comprato uno e qualche giorno fa sono andato per darglielo, assieme ad una piccola griglia per scaldare i panini che si era rotta nella cella accanto ma... non ho potuto darglieli perché sono in punizione! Qualcuno di loro, attraverso il soffitto é entrato nell’ufficio del comandante lasciando una certa confusione nella stanza; ma nessuno é riuscito a fuggire!   Così ora le celle sono in punizione per un certo tempo.  

Nei mesi scorsi ho regalato a tutti un vangelo; sono molto contenti quando ricevono qualcosa, anche per la lettura; i soldi per comprare il necessario dovrebbero arrivare dallo Stato, ma .... non si sa! Non sappiamo se arrivano, o più probabilmente, come qualcuno dice, i poliziotti li tengono per loro.



Molti detenuti rimangono per mesi in questa situazione, il giudice lascia marcire i poveri per lungo tempo, ma se l’avvocato lo paga, si risolve anche in pochi giorni la scarcerazione. Ed é difficile che questi ragazzi abbiano la possibilità di pagare un avvocato, sono dei poveretti.  Questa la nostra situazione, non sappiamo di quale autorità civile possiamo fidarci, sembra di vivere in un paese senza legge, o dove vale la legge del più forte/ del piú ricco. A chi fare riferimento? Non saprei.

La prigione così fatta serve di lezione? Purtroppo no; la maggioranza di loro, pochi giorni dopo la scarcerazione entra di nuovo in prigione, perché riprende subito a rubare. Un ragazzo é uscito al mattino e alla sera era di nuovo incarcerato!

Un altro giovane ben conosciuto ( per droga, furti ecc...) veniva ogni tanto a chiedere cibo, e varie volte gli abbiamo dato il pranzo; é entrato anche nelle sale parrocchiali per tentare di rubare qualcosa.... forse é lui che mi ha rubato i cellulari....  comunque quando vado a fare visita mi saluta sorridente; in pochi giorni di libertà aveva collezionato più di 20 denunce di furto.  Giorni e giorni ammassati in una cella stretta, senza fare nulla, senza attività, senza un lavoretto che li occupi, senza una lezione per imparare qualcosa.....   Certo, hanno infranto la legge, hanno commesso crimini, ed é giusto che ci sia una forma di sanzione, ma si dovrebbe anche tentare una alternativa alla identità criminosa che si sono fatti.

Il caldo é spesso opprimente, l’aria viziata, e ovviamente sono stesi sulle amache senza vestiti, solo con i pantaloncini corti.  Mi colpisce che quando vado e li invito a fare una preghiera, si alzano in piedi e tutti si mettono una maglietta in senso di rispetto; non l’ho chiesto io ma loro lo fanno spontaneamente; un loro ‘paramento liturgico’, più sensato di tanti panni inutili che sono nelle nostre chiese.  E mi colpisce che pregano il Padre Nostro a voce ben alta quasi gridando per manifestare la loro fede; mi fa pensare a come a volte le nostre comunità italiane sono così timide nel manifestare la loro fede, così paurose, o forse pigre.

Poco tempo dopo il nostro arrivo abbiamo ospitato nella casa parrocchiale un giovane uscito dalla prigione; era stato ‘beccato’ con una discreta quantità di cocaina pura, proveniente dalla Colombia ( noi qui siamo al confine Brasile- Colombia-Perù)  e che passando attraverso il Brasile sarebbe arrivata chissà dove. Lui era solo un corriere, pagato per il trasporto fino a Manaus ma è stato individuato qui a Santo Antonio e quindi messo qui in carcere. Ha avuto la scarcerazione ma deve rimanere in città fino alla conclusione del processo; lui non è del paese, la sua famiglia abita molto lontano e comunque non ha possibilità di aiutarlo; il padre, coinvolto in varie attività criminose è morto poco tempo fa. Lo abbiamo accolto, è entrato a far parte della nostra famiglia, lavora come guardia notturna per alcuni negozi della piazza centrale dove abitiamo. Riceve un compenso dai commercianti, ma non ha mai soldi, non sa gestirsi. Qualcuno ci critica per questa accoglienza, anche perché oltre a essere ex carcerato per traffico di droga, è anche un omossessuale dichiarato; comunque ci aiuta in molti lavori della casa parrocchiale e manifesta gratitudine.   Il giudice non lo ha mai chiamato finora per concludere la sua vicenda giuridica; abbiamo pensato di pagare un avvocato perché si arrivi al processo e si possa risolvere, in qualche modo, la sua posizione. Ci sembra giusto aiutarlo, abbiamo fiducia che, pur con le contraddizioni del suo carattere, possa essere rispettoso della legge e dei valori della società.

Di fronte a qualche crimine tutti gridano: in prigione, in prigione! Ma chi si preoccupa che ‘serva da lezione’?  che ci sia un tempo e un ambiente non solo per punire ma per riabilitare?

 

sabato 28 agosto 2021

“Ho desiderato ardentemente ......”



 

Gabriel Carlotti, missionario in Amazzonia. Gabriel Carlotti, missionario in Amazzonia.

 

Purtroppo il secondo viaggio di agosto non è stato possibile. Nel primo viaggio di questo mese il motore si era fermato e Burani era rientrato a traino della grande canoa dei militari di Ipiranga. Per fortuna, hanno visto la barca del prete in panne e si sono fermati per aiutare, così hanno legato la nostra barca alla loro e hanno riportato a casa Moises, Moacir e don Gabri. Subito ho chiamato il meccanico che ha smontato letteralmente il motore, scoprendo che un pezzo interno che permette la circolazione dell’olio si era crepato non compiendo più la sua funzione essenziale. Per avere il pezzo di ricambio ci sono voluti alcuni giorni perché viene di barca da Manaus, e non tutti i giorni c’è il trasporto fluviale, poi, dulcis in fundo, sollevando a braccia il motore si sono rotti i supporti di alluminio, così ci sono voluti altri giorni per saldare il tutto e lasciare pronta la base di appoggio. Forse lunedì riusciremo a rimontare il motore che poi dovrà essere allineato all’albero di trasmissione... insomma speriamo che ai primi di settembre si possa ripartire! Così questo 26° viaggio non si è mai realizzato e le nostre Comunità ci hanno aspettato inutilmente. Meno male che questo popolo è paziente e ci insegna ad aver pazienza.

 


   Pensavo alle difficoltà, allo sforzo e alla buona volontà, ma anche all’impossibilità di questo viaggio, e al desiderio frustrato di incontrare le Comunità. Alcuni sono passati qui in città e sono venuti a cercarmi:

   “ti abbiamo aspettato..., poi abbiamo pensato sia successo qualcosa... va tutto bene?”; altri sono passati per confermare il prossimo incontro: “allora ci vediamo in settembre, vieni presto che mangiamo qualcosa insieme..., abbiamo invitato i vicini per inaugurare la nostra chiesetta che finalmente è finita, l’abbiamo desiderata tanto e ci siamo impegnati, è proprio bella e siamo contenti!”.

 Così anche un viaggio che non si è mai realizzato può portare frutti di comunione e di relazione attesi e desiderati.

La realtà rimane una grande sfida, qui piano piano si riprendono le varie attività, ma le chiese sono ancora poco frequentate, la pandemia ha interrotto bruscamente una abitudine; ma anche lì da voi mi sembra che non ci sia proprio molto entusiasmo nel riprendere la vita di comunità! Allora pensavo... anche provocato dal Vangelo di questa domenica che smaschera l’ipocrisia dell’apparenza e di una superficialità che ci illude e ci priva dell’essenziale e della gioia. Pensavo a come l’ipocrisia di una liturgia formale e di relazioni molto superficiali abbiano addomesticato il Vangelo, abbiano fatto dell’annuncio straordinario della Risurrezione di Colui che ha creduto nell’amore di una vita offerta e donata, un sistema religioso chiuso in se stesso, spesso giudicante e scostante, certamente non attraente né desiderabile. Dio ci salvi da “questa” chiesa!



Al contrario, la Comunità rimane una opportunità di relazioni semplici e vere, senza giudicare nessuno perché il nostro giudice è il Signore, ma luogo per vivere la fiducia fraterna e l’abbandono fiducioso nel Signore risorto. Prima che le persone possano dire: “guardate come ci amano”, devono poter constatare: “guardate come si amano”. Non siamo cristiani per fare delle cose o obbedire a dei comandamenti, piuttosto perché crediamo e abbiamo incontrato un cammino per vivere relazioni positive e profondamente umane, perché inspirate a Colui che così ci ha voluto quando ci ha pensati e creati. Per non vivere secondo la “carne”, nell’egocentrismo e nell’egoismo, ma secondo lo “spirito”, nel servizio amoroso e nella gratuità del dono. È la qualità delle relazioni che sta in gioco. E non possiamo nasconderci che molto delle nostre relazioni dipende dalla nostra volontà, sostenuta da una scelta libera e consapevole. La vita che noi scegliamo di vivere è il frutto di ciò in cui crediamo col cuore e non solo con la ragione. È per la fede nella croce e nella risurrezione di Gesù che siamo nuove creature!

    Credo allora che “questa” chiesa sia davvero una possibilità di gioia, perché è fondata sulla fede e non solo sulle nostre capacità. Ma bisogna crederci davvero! Il frutto della libertà della fede è poi l’amore fraterno che fugge ogni ipocrisia e formalismo. Questa chiesa sarà bella e attraente e per questo missionaria, capace di annunciare la gioia e offrire un cammino di vita e di fraternità.




Benedetta pandemia che ha distrutto e fatto crollare i nostri castelli ormai vuoti e spesso diroccati, ora siamo invitati ad abitare sotto le tende dell’insicurezza e a trovare nelle mani e nel cuore dell’altro quella fiducia che ci aiuterà nel cammino di una vita alternativa, lieta di aver scelto la bellezza della sobrietà, e per questo attraente. “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli”.

 Così sarà la Chiesa di domani!

Santo Antonio do Iça, 28 agosto 2021 – memoria di Santo Agostino

venerdì 30 luglio 2021

Un anno camminando insieme ...


 




26 luglio, il giorno dei nonni, dei Santi Gioacchino e Anna, i genitori di Maria, nonni di Gesù. Il pensiero va a Ziano, in Val di Fiemme, nel nostro Trentino dove siamo cresciuti nei campeggi parrocchiali, nell’esperienza di camminare insieme, perché tutti potessero arrivare alla meta, superando le difficoltà dei percorsi e le sfide che le Dolomiti, nella loro attraente bellezza, ci presentano. A Ziano la festa dei Santi Gioacchino e Anna era nel mezzo dei campeggi, opportunità per fermarsi, riflettere e riprendere il cammino.

Abbiamo appena lasciato la comunità di Moinho. Il fiume Içá fino a Moinho dipende dal Rio delle Amazzoni, l’acqua sta scendendo in fretta perché il grande fiume si sta abbassando di 30/40 cm al giorno, così l’acqua del nostro Içá corre più veloce del solito verso il mare. Dopo Moinho il nostro fiume dipende dalle Ande colombiane, l’acqua è più calma e ancora alta in tante località. La comunità di Moinho è già sulla terra asciutta, ma non sappiamo come troveremo la comunità di São João do Lago Grande, forse ancora allagata, verso sera lo scopriremo.

Abbiamo iniziato a conoscere il fiume e le Comunità nell’agosto del 2020, è già passato un anno e questo è il 24° viaggio missionario. Abbiamo imparato a riconoscere quando sta scoppiando un temporale, quando il vento si prende gioco della nostra piccola imbarcazione, quando il sole scalda fino a bagnarti completamente di sudore. Ora sappiamo dove ci sono le spiagge nascoste che tra pochi mesi cambieranno la fisionomia del fiume rendendolo più simile a un grande ‘kenion’ con argini profondi e rocciosi. Ora i pesci stanno facendo festa e giocano affiorando e accompagnandoci nel cammino, piccoli delfini grigi e grandi delfini rosa, i famosi “botos”, protagonisti di molte leggende amazzoniche.



E le nostre Comunità? Come stanno? Sono cresciute in umanità e fede in quest’anno? La nostra presenza e il nostro servizio pastorale è stato di aiuto o no? Come continuare il cammino? Che cosa ci dice il Vangelo? Sono molte domande, forse non tutte hanno una risposta chiara, ma è importante “pensare”, come diceva il card. Martini. È importante “discernere”, come ci ha insegnato Sant’Ignazio di Loyola e ci ripete spesso papa Francesco. Vedere la realtà, che precede sempre le nostre idee, ascoltare la Parola e le difficoltà incontrate, per trovare una nuova sintesi e fare scelte coerenti e coraggiose.

Quando siamo arrivati, il 1° novembre 2019, abbiamo trovato una situazione che ci ha lasciato un po’ perplessi. In città una Chiesa romanizzata, nelle vesti e nelle regole da osservare, dove tutto ruotava intorno alle devozioni familiari legate alle feste dei santi, e a novene e movimenti carismatici, incentivati dalle trasmissioni televisive. Una Chiesa che nel suo celebrare la fede imitava le chiese pentecostali, appoggiata ai favori dei politici e della classe benestante, dove a decidere se la festa del patrono era stata buona o no, era l’incasso ottenuto nell’animazione di lotterie, tombole e dalla vendita del cibo preparato per l’occasione. Sul grande fiume, visitato tre volte all’anno dal fedele francescano di ormai 80 anni, le Comunità senza possibilità di celebrare la fede perché prive di qualsiasi aiuto e fortemente tentate di passare ad altre chiese evangeliche o alla chiesa della croce, chiese fondamentaliste e pentecostali, che promettono prosperità e salvezza in cambio di penitenze e offerte.

Così abbiamo cominciato a camminare insieme, don Gabri in città e io lungo il fiume. Ricordando una parola chiave del vescovo Gilberto Baroni che parlando alla città, nella festa di San Prospero, disse che un cristiano deve tenere in una mano il Vangelo e nell’altra la Costituzione. Guidati dalla luce della Parola, per essere cittadini responsabili nella costruzione del Regno di Dio, di giustizia e di pace. Accompagnare le Comunità perché sappiano vivere con fiducia e nella fraternità. In questa nostra Amazzonia segnata dalla bellezza e dalla prosperità del Creato, ma anche dallo sfruttamento e dall’ingiustizia di una società capitalista nella quale il privilegio di chi domina nella politica e nell’economia, è la normalità. Qui la povertà e la miseria sono il frutto della corruzione, del ladrocinio istituzionalizzato e dello sfruttamento delle risorse naturali e umane.



Lascio a don Gabriele Burani, se vorrà, valutare il cammino cittadino, qui mi limito a sottolineare alcune linee di cambiamento di una “Chiesa di Comunità”, dove le devozioni personali e familiari, come anche i movimenti carismatici sono al servizio della vita fraterna e della carità. La centralità della Parola di Dio, anche se, purtroppo, non ancora desiderata e ricercata. Una Liturgia che sia espressione della vita e celebrazione della fede, non solo mossa dal sentimento, ma sostenuta da scelte concrete e coerenti con una vita di discepoli-missionari del Signore Gesù. La Carità come frutto privilegiato della fede. E finalmente, l’attenzione ai giovani e agli adolescenti che qui rappresentano il 70% della popolazione, e sono il futuro della Chiesa e della società.

Quanto alle piccole Comunità lungo il fiume, il primo passo è stato quello di “visitare” tutte le famiglie, “entrare” in tutte le case, “incontrare” tutte le persone. È stato un momento bello e importante, provocato dalla necessità di conoscere, ma che ha aperto la porta del cuore: “padre, nessuno prima era mai entrato in casa nostra, grazie!”, così spesso ci siamo sentiti accolti dalle famiglie. Il secondo passo è stato quello dell’accoglienza di tutti. Da chi segue le devozioni popolari a chi era passato ad altre chiese pentecostali o della croce; di chi non era ancora battezzato e di chi non era sposato e viveva già una seconda o terza unione. La Comunità della fede, la Chiesa del Signore accoglie tutti, specialmente coloro che si sentono esclusi e giudicati, cosa normale nelle altre espressioni religiose, e che ci ha conquistato il titolo di “cattolici peccatori”. Ma il Signore Gesù è venuto proprio per noi, non per i sani ma per i malati, non per chi si reputa santo ma per chi si riconosce peccatore. Il terzo passo è stato incentivare la celebrazione domenicale della Parola. Il prete può venire solo una volta al mese, ma noi possiamo celebrare la nostra fede ogni domenica, giorno della risurrezione, dell’ascolto della parola del Vangelo e della condivisione fraterna. Questo ha comportato un grande sforzo nella preparazione dei sussidi per le celebrazioni domenicali. Abbiamo offerto anche un aiuto didattico: libri di canto e registrazioni per imparare nuovi canti liturgici delle Comunità Ecclesiali di Base. Materiale per una catechesi fondata sulla Parola di Dio e il Vangelo in particolare. Piccoli rosari accompagnati dai testi biblici per pregare i misteri della vita del Signore Gesù. Normalmente la Celebrazione della Parola e anche dell’Eucaristia avvengono nella scuola o in casa. Solo tre Comunità avevano una piccola cappella. Così abbiamo incentivato, aiutando nel materiale di costruzione, a edificare un luogo che fosse segno della Comunità. Oggi ci sono nove cappelle finite e altre tre in progettazione. Sarebbe bello che ognuna delle 25 Comunità che accompagniamo avesse la propria chiesetta, ma il cammino è ancora lungo. Anche all’interno delle cappelle abbiamo messo alcuni segni: a) la tovaglia dell’altare con la scritta: Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, vieni Signore Gesù. Annunciamo la morte di colui che è vivo ed è il Signore perché risorto, e attendiamo il suo ritorno. b) la Bibbia sull’altare come segno di accoglienza di un Dio che ci rivolge la sua Parola. Bibbia che viene usata nelle celebrazioni, per la proclamazione del Vangelo e delle letture. c) due croci, una all’interno, dietro l’altare, e una davanti alla chiesa, pitturate di giallo – colore della luce, con la scritta: Gesù è risorto. La croce è vuota perché il Signore Gesù è vivo, è risorto. d) la campana di 15 kg che ci chiama alla preghiera comunitaria. e) in due comunità c’è anche il tabernacolo perché nella celebrazione domenicale della Parola, viene anche distribuita l’Eucaristia. Speriamo che un giorno, non troppo lontano, questo possa essere la normalità in tutte le comunità. L’ Eucaristia celebrata una volta al mese si prolunga nelle domeniche. Fino a quando la Chiesa scoprirà e abbraccerà una risposta adeguata alla mancanza dell’Eucaristia in molte Comunità ecclesiali.



 Nella comunità di Moinho, ieri, 25 del mese, abbiamo celebrato la Messa in una casa, presto inizieranno la costruzione della loro cappella. Qui anche le poche famiglie evangeliche partecipano insieme ai cattolici, per questo nella chiesa non metteremo nessuna immagine di santi, nel rispetto della loro sensibilità. L’unione della Comunità è più importante delle tradizioni specifiche, la Parola, l’Eucaristia e la Carità fraterna  rimangono il segno più grande della presenza del Risorto. Domenica sera mancavano alla celebrazione alcuni adulti e anziani, c’erano giovani e bambini, alcune mamme e i responsabili della Comunità, il cassique con la moglie, il professore e la sua seconda compagna, una coppia evangelica che anima il canto e la liturgia. Chiedo: “dove sono gli altri?”.  Mi risponde il cassique, un giovane di 27 anni con già cinque figli: “vedi padre, abbiamo avuto due giorni d’incontro per discutere molti problemi della nostra Comunità, e oggi, prima di concludere i lavori, abbiamo celebrato il culto, come tutte le domeniche. Credo che alcuni siano stanchi e, visto che avevamo già pregato insieme, questa sera hanno preferito riposare”. Gli rispondo che se avessi saputo, avrei anticipato il viaggio per essere presente, ma che ero molto contento del loro cammino di Comunità.

Da ultimo, abbiamo pensato a un piccolo segno della presenza del Signore e del servizio. Un segno liturgico di una veste bianca, col volto di Gesù, listata con disegni indigeni e alcune linee azzurre e verdi richiamando l’acqua del fiume e gli alberi della foresta. Nella Comunità che si riunisce, ascolta la Parola, condivide il pane della vita e vive l’amore fraterno, il Signore si fa presente tutti i giorni, fino alla fine del mondo.



Certo, nella costruzione del Regno di Dio, l’annuncio del Vangelo comprende la denuncia del male, in particolare ci siamo scontrati con la presenza del garimpo illegale di oro che inquina l’acqua del fiume e provoca la morte di pesci e il proliferare di malattie. Anche per questo ci stiamo preocupando con la distribuzione di casse per raccogliere l’acqua della pioggia e avere acqua da bere pulita e potabile. La denuncia di una politica federale e, conseguentemente anche statale e comunale, di smantellamento degli organi di controllo sulla foresta amazzonica e in difesa dei popoli indigeni. Così sono aumentate a dismisura le aree disboscate per la vendita di legname pregiato, per fare pascolo per l’allevamento di bestiame e per la monocultura su vasta scala. Come pure l’impunità per la pesca anche nei periodi proibiti per la preservazione del pesce, dell’estrazione indebita di oro e diamanti, come pure del traffico di droga proveniente dalla vicina Colombia e destinato alle grandi città e ai grandi mercati europei.

L’acqua del fiume corre verso il mare, a volte con una lentezza disarmante, ma senza mai fermarsi! Così è il Regno di Dio, di notte e di giorno, l’agricoltore non sa come, ma la semente cresce. E il piccolo grano di mostarda un giorno servirà di riparo affinché gli uccelli del cielo possano nidificare. Sono poche le Comunità che si incontrano fedelmente ogni domenica, 8 o 9 in tutto. Pochi gl’incontri di catechesi per i bambini, solo in 3 Comunità. Ma tutto è in movimento, non c’è più acqua stagnante.

L’immagine tradizionale dei Santi Gioacchino e Anna li rappresenta con la piccola Maria e una pergamena scritta che viene passata dai genitori alla figlia: c’è un progetto di vita. Così credo sia importante continuare con fedeltà il cammino di presenza e di fiducia che abbiamo iniziato. Che cosa ci dice il Vangelo di oggi? “Felici voi perché i vostri occhi vedono e le vostre orecchie ascoltano. Molti hanno desiderato, ma non hanno visto né ascoltato quello che voi vedete e udite”. Così il Signore ci invita a gioire e ad essere attenti all’oggi della sua presenza. Cosa fare allora? Ecco tre sentieri che proveremo a percorrere:



Perseverare senza stancarci e approfondire la nostra adesione al Vangelo. Non limitarci ai sacramenti, ma fare del momento liturgico anche una opportunità di catechesi. Proveremo a usare lo spazio della Liturgia della Parola, nella Messa e nelle celebrazioni, come spazio di approfondimento della fede che incontra la nostra vita. Proveremo a proporre e sostenere anche la catechesi dei bambini perché tutti possano partecipare pienamente dell’Eucaristia.

Incentivare la Comunità a prendersi cura dei suoi membri, specialmente dei più deboli e sofferenti. Cosa non scontata perché, spesso, in una situazione di povertà diffusa, vige il ‘si salvi chi può...’. ma il Vangelo ci ha insegnato che ‘o ci salviamo insieme o non si salva nessuno’. Così con l’aiuto della Caritas parrocchiale potremo imparare a prenderci cura delle situazioni più bisognose.

Realizzare un grande incontro dei responsabili di tutte le Comunità per una tre-giorni di confronto, studio e preghiera, per ascoltare tutti, discernere insieme e aiutarci a servire meglio la vita. Questo comporterà uno sforzo economico eccezionale perché sarà importante aiutare a pagare la benzina delle canoe che trasporteranno le persone dalle comunità alla città. Ma i soldi servono anche per questo, per rendere possibile un passo nuovo ritenuto importante nel cammino comune.

Chiediamo l’intercessione dei Santi Gioacchino e Anna che hanno saputo educare Maria nella fede affinché, come lei, anche noi e le nostre Comunità, sappiamo ascoltare ed accogliere la Parola dello Spirito. Noi vi custodiamo nel cuore, fiduciosi della vostra preghiera, perché il Signore Gesù sia tutto in tutti, e regni la pace!

 

 Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

Santo Antônio do Içá, Festa dei Santi Gioacchino e Anna, lunedì 26 luglio 2021

 

 

P.S.  Agli amici che ci accompagnano e ci sostengono, ai cristiani delle Unità Pastorali e ai fratelli e sorelle preti, seminaristi e religiose/i della nostra Chiesa locale di Reggio Emilia – Guastalla:

 

Dopo quasi due anni della nostra permanenza nella Missione Amazzonia, dopo 24 lettere dei viaggi missionari e alcune lettere della realtà cittadina, ci piacerebbe fare un passo nuovo di  “dialogo” : non basta raccontare e non basta ascoltare, è importante interagire.

 

Ci piacerebbe essere sollecitati dalle vostre domande sulla realtà che abbiamo condiviso con voi, ma anche sul senso della vita, sull’essere Chiesa, sui desideri e gli atteggiamenti, sulla Fede vissuta. Ci piacerebbe confrontarci sul cammino pastorale, sulle scelte fondamentali, sul servizio ai poveri. Ci piacerebbe condividere, senza giudizio, ma cercando insieme il cammino.

 

Quindi aspettiamo qualche vostra provocazione a  “pensare” ...

 

Grazie e buon ferragosto!                                           

mercoledì 21 luglio 2021

Un passo nuovo di ritorno alle origini ...


 


Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

 

Su tredici Comunità che abbiamo incontrato, solo in 6 ho potuto celebrare l’Eucaristia, il 50% sembrerebbe un buon risultato, ma se penso alle ore di viaggio, in questi nove giorni, allora mi chiedo il perché... e cosa stia mancando... quale passo sarebbe importante per rispondere a questa realtà? É già passato un anno da quando è arrivata la nostra barca e il prossimo viaggio del 24 luglio sarà il ventiquattresimo. Credo che nessuno prima di noi sia stato così presente lungo il fiume e nelle piccole comunità. Anche la nostra gente è un po’ spiazzata, non abituata a vedere il prete così spesso. Prima si lamentavano dell’assenza, ma ora sembra quasi che sia troppo, e manca l’attesa, il desiderio. Quando arrivo spesso mi sento dire: “C’è la messa oggi, si può battezzare? Perché il frate quando veniva ci avvisava risalendo il fiume e sapevamo il giorno in cui si fermava, quando scendeva”. E ogni volta li guardo sbigottito e sorridendo: “Ma, è un anno che vengo tutti i mesi e sempre lo stesso giorno, così sapete che quel giorno del mese il padre arriva, lo sapete un mese prima, e vi ho lasciato anche un foglio con la data e l’orario...” “Hai ragione, ma ci siamo dimenticati, chissà dove è finito il foglio...”. Così ogni volta mi rendo conto che il tempo è relativo e il calendario non esiste, se non per il giorno in cui si va in città a ritirare i soldi della pensione o degli aiuti del governo alle famiglie, giorno sacrosanto! Già è successo, e più di una volta, di arrivare in una comunità e non trovare nessuno, o solo una famiglia. “Ma dove sono andati tutti?” - “Sono scesi oggi in città per la pensione e la borsa-famiglia” - “ma sapevano che oggi c’era la messa della comunità, potevano andare domani... ho impiegato sette ore per arrivare in tempo!” - “ha ragione, padre, ma.... se vuole celebrare, noi ci siamo”. Così mi rendo conto che la vita di preghiera come momento comunitario è ancora un sogno. Sono poche le comunità che si riuniscono alla domenica per pregare e ascoltare insieme, condividere la Parola. In questo i nostri fratelli evangelici sono migliori e più fedeli al culto della loro chiesa! Mi rendo conto che il cammino è ancora lungo. Tutto questo non mette in dubbio la Fede personale, non il contenuto che è vicino allo zero, ma la fiducia in Dio e nella sua presenza e provvidenza. In questa materia le nuove generazioni sono molto più deboli degli anziani, questo ci fa pensare: come aiutarli?



Anche nei popoli indigeni, dove tutto è comune, questo aspetto della religiosità è sempre più segnato dall’individualismo, frutto prediletto di un certo sistema economico che ormai è davvero globalizzato. In almeno cinque comunità erano presenti quasi solo bambini, una ventina, e alcune mamme, così, prima della merenda, abbiamo preso spunto dal Vangelo e conversato sull’essere parte della famiglia di Gesù, suoi fratelli, sorelle e madre. E ci siamo chiesti dove sia, come chiamarlo nel bisogno, dove cercarlo... “Dì al mio popolo che non c’è bisogno che mi cerchino e mi chiamino: io sono colui che è sempre presente, io sarò lì al loro fianco, ho visto l’umiliazione del mio popolo, ho udito il loro lamento e sono venuto per liberarli... e mando te – questo è il mio nome”.  Così Mosè ci indica la strada, nell’andare incontro ai fratelli, nel fare con loro un cammino di liberazione e di libertà, incontreremo Dio, ci renderemo conto della sua presenza fedele. Così, un po’ improvvisato, con alcuni canti conosciuti, abbiamo vissuto un momento di catechesi che ci ha coinvolti e ha provocato interrogativi, risvegliando il desiderio di una vita fraterna perché amata e desiderata dal Signore. Poi abbiamo fatto merenda con i biscotti che avevamo portato, ed è stata una festa. I bambini riescono sempre a valorizzare la presenza e sono i primi ad accoglierci e gli ultimi a lasciarci andare. Certo Gesù ce lo aveva consigliato: “diventate come i bambini”. E aveva ragione, bambini non si nasce, ma si diventa. Forse questo voleva dirci quando ci ha chiesto di “rinascere dall’alto, dall’acqua e dallo Spirito”.



Quest’anno ci eravamo prefissati di celebrare tutti i mesi in tutte le comunità, per iniziare, aiutare e sostenere una vita fraterna. Qualcosa si è mosso: sette comunità celebrano la Parola alla domenica, due hanno anche la condivisione del pane eucaristico e in otto è stata costruita o ristrutturata la chiesetta, segno e luogo della Comunità. Ma non basta, è urgente evangelizzare! Così, per il prossimo anno, iniziando ad agosto, pensiamo di preparare una catechesi mensile, iniziare i nostri incontri comunitari attorno a un tema e alla Parola, in agosto pensavamo di parlare di Maria della sua figura di donna e giovane di fede, della sua libertà e della sua fiducia che la fa rischiare, del suo farsi discepola del proprio Figlio, visto che c’è la festa dell’Assunta e agosto è il mese vocazionale in tutto il Brasile. Poi sceglieremo altri temi: settembre la Parola, qui è il mese della bibbia, che il papa ha proposto per tutta la Chiesa; ottobre è il mese missionario e potremo approfondire il nostro essere discepoli-missionari, la missione come vita della Chiesa. Nelle comunità dove è possibile continueremo, dopo la catechesi, con l’offertorio e la parte eucaristica della messa; in altre ci limiteremo alla preghiera del Padre Nostro, dell’Ave Maria e della pace, condividendo i biscotti o altro che a volte le persone ci offrono. Evangelizzare mantenendo forte il legame Fede-Vita per riaccendere il desiderio di una vita fraterna. A questo mirano anche i segni di condivisione presenti, come il doposcuola in chiesa a Ipiranga, la distribuzione delle casse per l’acqua piovana, la denuncia dell’estrazione illegale dell’oro e il conseguente inquinamento del fiume, come pure la distribuzione di generi alimentari nelle situazioni familiari più difficili.   



Così era stato per il Vaticano II°: ritornare alle origini! Alla Parola per l’evangelizzazione dei poveri. Non dare più per scontata la tradizione cristiana, la conoscenza dei suoi contenuti che spesso non erano più vissuti, facendo scadere la Fede in ritualismo, ideologia o movimento religioso. O la Fede è la Vita e la Speranza di una persona che si riconosce parte di una Comunità, o non è Fede! È di questa coscienza e scelta libera, di questo desiderio del cuore che sentiamo il bisogno e intravediamo la forza dirompente. Pur nella coscienza che nulla è scontato. Anche nel Concilio la questione dei poveri e della povertà della Chiesa non ha avuto seguito! Eppure una liturgia vuota di povertà rimane un aborto! Al contrario, la scelta di una povertà dignitosa e fraterna è già una liturgia di lode che sa gridare per giustizia senza mai maledire, ma fiduciosa nel suo Signore.

L’evangelizzazione qui è stata, di fatto, una sacramentalizzazione. La gente chiede solo il battesimo, ma non c’è coscienza e volontà, desiderio di una vita fraterna di Comunità. E a peggiorare la situazione la ‘pratica’ religiosa si basa sulle feste dei santi una volta all’anno. Ma quando scatta il cambiamento le persone sono felici di essere parte di una nuova famiglia, la Comunità appunto, e si impegnano molto. Noi continuiamo a gettare la semente, a piantare e irrigare. Il Signore farà crescere. E altri raccoglieranno... tanto siamo in una ‘azienda familiare’ e tutto appartiene a tutti. O meglio, tutti amiamo lo stesso Signore, poniamo in lui la nostra fiducia e lavoriamo nel suo Regno di giustizia, di speranza e di pace!



Per inciso, credo che la situazione italiana non sia molto diversa nella sostanza, solo, a volte e sempre meno, si presenta meglio; allora se avete qualche suggerimento lo accogliamo con gioia e riconoscenza. Noi continuiamo a trasmettere e condividere la nostra esperienza e la bellezza che qui incontriamo nella vita dei poveri. Voi aiutateci a riflettere! Buon cammino a tutti!

 

Santo Antônio do Içá, Festa di Santa Maria Maddalena, giovedì 22 luglio 2021

 

giovedì 15 luglio 2021

LAICI (IR)-RESPONSABILI




Lettera dalla Missione  Santo Antonio do Içá – Amazzonia


Don Gabriele Burani, 14 luglio 2021 

 

‘Laos’ è il popolo in generale, ma in senso più specifico uso qui il termine ‘laici’ per indicare i credenti cattolici delle nostre comunità. Uno dei nostri obiettivi nella missione è incentivare la ministerialità dei laici, aiutarli ad assumere responsabilità, a servire gratuitamente e a maturare una certa autonomia.
Ci sono persone di fede, con uno spirito attivo e grande disponibilità che aiutano molto il cammino della nostra parrocchia; laici responsabili, ma anche irresponsabili!  Soprattutto la coscienza di essere Chiesa è ancora acerba; come in altre occasioni condivido con voi anche le situazioni meno esaltanti e difficili da affrontare, per darvi una idea realistica della missione. 
Ad esempio, una piccola cronaca di qualche impegno pastorale dopo il viaggio sul Rio Içá.

 3 luglio, sabato. Comunità di NS di Guadalupe.  Ore 18. Era stato deciso l’incontro con i giovani, il secondo incontro del gruppetto di questa comunità indigena, nella zona al limite tra la città e la foresta.  Arriva qualche giovane, aspettiamo, sistemiamo in circolo i banchi della cappella mettendo la statua di Maria al centro; ma i responsabili che avrebbero dovuto preparare l’incontro non arrivano. Dopo mezz’ora iniziamo a pregare, recitando il rosario, con intenzioni di preghiera ad ogni decina. Mentre i ragazzi sono ancora riuniti li lascio per celebrare l’eucaristia in un’altra comunità, NS della Salute.  Quando arrivo la cappella è quasi vuota, nessuno a suonare, una decina di persone partecipano alla messa; i ministri della Parola che potrebbero-dovrebbero essere responsabili per la liturgia non ci sono. L’incontro biblico settimanale che avevamo progettato di fare nelle case, da tempo non si fa, i due animatori e la coordinatrice ancora non hanno organizzato la cosa.  Cosa aspettano? Mi chiedo. I ministri aspettano l’invito della coordinatrice, la coordinatrice aspetta i ministri nessuno fa niente!



Domenica 5, nella comunità di S. Giuseppe non vedo quasi nessuno, solo una decina di persone della famiglia che abita accanto alla cappella; mi dicono che sabato c’è stata una festa di compleanno, e che probabilmente i partecipanti alla festa (famiglie cattoliche in maggioranza) si stanno riposando; quelli che normalmente partecipano alla messa non si fanno vedere (nemmeno alla messa della sera, nella Chiesa centrale).
Questa è la attuale coscienza della vita di comunità, dei sacramenti, del giorno del Signore….

Alla sera, messa nella chiesa di santo Antonio, la chiesa centrale: nessuno a suonare, nessuno a guidare il canto (di solito qualcuno c’è), nemmeno hanno avvisato che hanno qualche impedimento…È la prima domenica del mese e la equipe della pastorale della decima, che dovrebbe preparare le letture e animare la messa, non ha fatto nulla, quindi si improvvisa sul momento, con i pochi disponibili.

Lunedì 6, incontro con i giovani alle 18:00 in una comunità della città: l’educatore non arriva; sta piovendo forte, arriva qualche ragazzo, facciamo qualche gioco di animazione ma l’educatore non si fa vedere.
Vado anche il lunedì  seguente e l’educatore non c’è; non manca invece il forte temporale equatoriale ma siamo al riparo; quando cala di intensità e si riesce a dialogare , le ragazze presenti mi dicono che hanno sentito che l’educatore responsabile  non  intende seguire  più il gruppo, perché loro non prestano attenzione…  lui non mi ha parlato, semplicemente non si fa più vedere….  Andrò a trovarlo a casa.



Alle 19:30 ci sarebbe un incontro di preghiera e formazione biblica nella comunità di S. Giuseppe, ma non avvisano in quale famiglia si riuniscono, non arriva né telefonata né messaggio…. Non saprei se si sono riuniti. (In seguito mi dicono che non si sono riuniti per motivi di malattia di qualcuno)

E nella comunità del centro è stato fissato un incontro in preparazione al battesimo dei bambini, ci sono due catechisti responsabili….  Nessuno dei due arriva. Le due coppie di genitori se ne vanno!

Un esempio del nostro lavoro/ non-lavoro pastorale. Quando si celebra qualche festa, molti sono presenti, poi nell’ordinario non ci sono.  La coscienza ecclesiale è ancora agli inizi e a volte ci si sente disarmati; arrabbiarsi è la prima reazione, poi non serve a molto.   Rimangono vari interrogativi, sul come muoversi, di quali persone fidarsi… comunque l’impegno per favorire la ministerialità rimane e il nostro impegno continua. Con qualche frutto? Vedremo, forse si, forse no!

Domenica 11, alle 6 comincia un forte temporale, poi pioggia normale; vado alle 8 per la messa nella comunità dello Spirito Santo, la chiesa è chiusa, arriva solo una persona, un fedele animatore della comunità, ma nessun altro. Aspettiamo quasi mezz’ora poi ritorno alla casa parrocchiale; ancora è difficile per me capire perché le persone non vengono a messa se piove, almeno chi abita vicino alla cappella. Chi abita lontano, se deve affrontare una strada piena di acqua e fango, è comprensibile trovi difficoltà.  Quando poi arrivo alla chiesa centrale vedo tutto chiuso, e capisco che è avvenuta la stessa cosa: non è arrivato nessuno o quasi. Poi vado alla comunità di NS di Guadalupe; arrivo, camminando nel fango, alla cappella; suono la campana, aspetto, ma non si fa vedere nessuno. Ritorno alla casa parrocchiale. 
 Al pomeriggio ritorna il sole, e l’incontro con i giovani che era stato programmato si fa. E un buon gruppo di adolescenti-giovani arriva.

Certo non è sempre così, a volte è tutto ben organizzato, ci sono laici responsabili, specialmente nelle feste speciali annuali,  ma il senso della domenica- giorno del Signore e della comunità è ancora vago.

 

Cammini di libertà e di liberazione

  "La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". 
 Il Verbo continua a parlare nella storia e a servirsi di chi è ch...