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sabato 1 maggio 2021

INCONTRI...

 


Padre Gabriele Carlotti, missionario in Amazzonia


 

 

           Siamo a fine aprile 2021, l’acqua continua a crescere e quasi tutte le case sono ormai allagate. Così le abbiamo trovate nella comunità di “Moinho”. Riusciamo ad evitare due grossi alberi e arriviamo fino alla porta di casa. Qui leghiamo la barca perché passeremo la notte. Non so se la gente verrà, tutto è allagato. Ma ciò che per noi è novità, per loro è normale. Verso sera rientrano gli uomini dalla pesca, anche la moglie del cassique è andata, portando in braccio il figlio piccolo di pochi mesi, e la carabina: è andata col marito per cacciare scimmie e avere carne per cena...

Tutto bene?, le dico.

 Bene padre! mi risponde. Ma non abbiamo preso niente, ho sparato due volte, ma niente.

E il piccolo? Sta bene?

Benone padre, così si abitua e impara a pescare e cacciare... sei venuto a celebrare la Messa?

 Si, se volete..., verso le 7:30 sperando che venga qualcuno... nella tua casa, come sempre.

 Tranquillo, hanno già sentito il rumore della barca, quando sei arrivato... puoi entrare in casa, che prepariamo.

Alle 7:30 la casa era piena di gente, tutti sono venuti con la canoa: bambini, ragazze, adulti e anche i giovani e due anziani. Prima di iniziare la Messa, ritorno sulla barca e prendo due pacchi di biscotti perché quelli che avevo portato non sono sufficienti. Un bell’incontro, vissuto con gioia e partecipazione, canti animati e tutti cantando.

 Si, padre, ogni domenica ci incontriamo per pregare e impariamo i canti, suoniamo la chitarra e tutti sono molto felici.




           Tutt’altra storia  in “São João do Japacuà”. Siamo arrivati un poco tardi, era già buio e stava piovendo. Parlo con il cassique, appena arrivato dalla città perché era ammalato, e concordiamo per celebrare al mattino seguente. La moglie ci offre ‘assaì’, frutta tipica dell’amazzonia, molto valorizzata nelle famiglie perché altamente nutriente. È piovuto tutta la notte e al mattino la pioggia continua forte... nessuno è disposto a uscire di casa! Così decidiamo di lasciare il materiale di formazione per imparare a pregare il rosario meditando i misteri della vita del Signore: i misteri della gioia, della luce, del dolore e della gloria.

Padre, mi dice la moglie del cassique, ora tutta la nostra famiglia è ‘evangelica’ (protestante).

Di quale chiesa?, le chiedo. Imbarazzo... lei volge lo sguardo verso le figlie, ma nessuna sa a quale chiesa dicono di appartenere.

Così chiedo: Ma perché siete diventati evangelici?.

Vede, padre, i nostri figli uomini bevevano molto, qui in casa e anche nelle loro famiglie. Ora si ritrovano nella casa del vicino alle sei del mattino e anche verso sera, per cantare alcuni inni religiosi e hanno smesso di bere, così tutta la nostra famiglia è diventata evangelica, per appoggiarli in questo loro cambiamento.

Bene, (le dico) se la preghiera li aiuta a liberarsi dal vizio del bere, questo è molto buono e viene da Dio.

Ma non si preoccupi, padre (incalza lei) tutti continuiamo a partecipare alla Messa e al cammino della comunità, perché Dio è uno solo”. Così ci lasciamo nella speranza che i giovani possano davvero liberarsi dalla piaga dell’alcoolismo, con l’impegno di pregare gli uni per gli altri. Mi sto rendendo conto che la gente non ha coscienza e non conosce lo specifico di ogni chiesa e le loro diversità: chiesa cattolica, evangelica o della cruzada sono la stessa cosa. Per loro è chiaro che Dio è uno solo e Gesù è il Figlio di Dio; le chiese servono se e quando aiutano le persone, non solo materialmente, ma nella vita che ogni giorno deve affrontare molte sfide e difficoltà per non soccombere. In fondo la “fede” è proprio questo: diventare resilienti davanti al male e all’ingiustizia, con la certezza che l’amore di Dio non ci abbandona e che il Signore Gesù è risorto e ha vinto la morte; fiducia in Dio, fiducia in se stessi e fiducia negli altri. Camminare oggi sulle strade, sporcandoci i piedi e le mani nella solidarietà, con lo sguardo rivolto verso l’alto, oltre la fatica e la paura.



           Così è accaduto nella comunità di “São João do lago grande”. Battezziamo sette bambini, quattro di una mamma senza marito, o forse di molti mariti, neanche riconosciuti all’anagrafe. Lei è colombiana e vive a Vila Alterosa, a due ore di canoa, qui vive la sorella. A Vila Alterosa c’è solo la chiesa della cruzada e il pastore si rifiuta di battezzare i suoi figli, perché non ha marito... Così la sorella l’ha chiamata e lei è venuta.

Padre, non è facile con quattro figli e senza marito che mi aiuti... ma ho molta fede in Dio e nel Signore Gesù, che mi aiutino ad essere una buona mamma, per questo voglio battezzare i miei bambini.

Bene, (le dico) hai già scelto i padrini?

Si, questa coppia che sono sempre presenti quando c’è bisogno, non solo per aiutarmi, ma anche per sostenermi e darmi coraggio. Alla fine della celebrazione, la coppia si avvicina per parlare, avevo battezzato il loro secondo figlio subito dopo natale.

Padre, noi vorremmo sposarci, cosa dobbiamo fare? Dopo aver detto loro che è una decisione molto bella, è chiedere la benedizione di Dio sul loro amore; dico loro che è anche una decisione molto importante, è sfidare le difficoltà della vita credendo che l’amore possa vincerle tutte. Come Gesù che col suo amore per noi ha sfidato anche la morte. E l’amore ha vinto, Dio che è Amore, l’ha risuscitato dalla morte, e ora non muore più. Così è anche il nostro amore, ogni volta che superiamo una difficoltà, ogni volta che è messo alla prova dalla vita, diventa più forte.

Bene, ragazzi (lei ha 25 anni e lui 22, e hanno due figli) se siete decisi, serve solo il vostro certificato di battesimo.

Si, padre, ma io non sono battezzata e mio marito, da piccolo, è stato battezzato nella cruzada. Li guardo con occhi di madre e sorrido:

Ancora meglio, cosi, se volete, prima di celebrare il vostro matrimonio, celebriamo il vostro battesimo nella comunità, e avrete la gioia di confermare quella fede che state già vivendo.



           Al mattino presto riprendiamo il viaggio, ritorniamo verso casa, verso la città di Santo Antonio do Içá. Abbiamo ancora tre giorni di viaggio e sei comunità da visitare, celebrando l’Eucaristia e portando il regalo di Pasqua ai bambini: un pallone da calcio e uno da pallavolo. Dopo alcune ore di viaggio vedo arrivare una lancia, color grigio, che mi fa segno di fermarmi. Penso sia la Marina dell’esercito brasiliano, ma sono tranquillo perché abbiamo i documenti in regola: libretto della barca e patente nautica. Stacco l’acceleratore e, anche senza freni (che non ci sono), con l’attrito dell’acqua, la barca si ferma, lasciandosi appena portare dalla corrente. Così la misteriosa lancia si avvicina. Riconosco ‘Nego’, da alcuni mesi ha iniziato a interessarsi del “garimpo”, estrazione (illegale) dell’oro nel fiume Puritè, affluente dell’Içá.

Padre, sa che le comunità del rio Puritè, in maggioranza di persone peruviane, sono molto povere? Quando passiamo ci fermano per chiederci un poco di zucchero e di caffè”.

Non le conosco, sono tutte della chiesa della cruzada, peruviani che il pastore ha fatto venire per avere più seguaci e più offerte...; forse un giorno riuscirò a visitarle, ma sono molto lontane, due giorni di viaggio dall’entrata nel rio Puritè.

 

Se vuole ci andiamo insieme, l’80% della gente è a favore della nostra presenza e solo il 20% è contraria.

 

Ma tu sai che il mercurio inquina acqua e pesci, così diventa pericoloso e nocivo anche per la salute delle persone che vivono di pesca e bevono l’acqua del fiume.

 

Siamo in pochi, solo quattro “draghe” (grossi macchinari per l’estrazione dell’oro nel letto del fiume), e per pochi mesi, solo quando l’acqua è alta perché poi non si riesce ad entrare. Se vuole possiamo aiutare con 200 “ceste basiche” (un kit alimentare per una famiglia), che puoi distribuire con la tua barca alle famiglie più bisognose. Ho parlato anche con il tuo aiutante, là in città, perché c’è in giro la chiacchiera che la chiesa vuole fare una denuncia...

 

Per ora mi sono limitato a pregare, nelle messe domenicali, per la conversione di quanti non rispettano l’ambiente e chi vive lungo il fiume: acqua, piante, pesci e persone. Ma, grazie per l’avviso e la proposta, ci penserò...

 


Così ci salutiamo con un sorriso un po’ forzato. Il mio compagno di viaggio era sparito, poi lo vedo scendere dal tetto della barca. “Padre, non mi piace questa gente!”. Lo rassicuro e gli dico di non preoccuparsi: la nostra preghiera è stata ascoltata dagli uomini, ma anche da Dio!

           Così continuiamo il nostro viaggio di ritorno. Nelle comunità di “Manacapurù” e di “Nossa Senhora das Dores” non c’è nessuno perché l’acqua è già entrata dentro le case e le famiglie sono scese in città presso dei parenti, aspettando che l’acqua diminuisca. Consegniamo le otto casse per la raccolta dell’acqua piovana alla comunità di “Uniao da boa fè” e ci dirigiamo a “Nova esperança”. Improvvisamente il motore fa strani rumori e perde potenza. Pensiamo sia un problema all’elica, ma no, si è spezzato il supporto dove è imbullonato il motore e ora non ci sono più le condizioni di farlo funzionare. Piano piano ci avviciniamo alla riva, fortuna che eravamo vicini alle case, e leghiamo la barca a un picchetto di ferro che ci portiamo sempre dietro per sicurezza. Che fare? Chiediamo se qualcuno ha un ‘motore rabetta’, quello che usano sulle canoe, già un’altra volta eravamo tornati con un ‘motore rabetta’ di potenza 5.5; un signore ne ha uno di scorta, siamo fortunati, è di potenza 13.0, ma anche molto più pesante da trasportare! Ma non ha benzina, e noi abbiamo solo gasolio a bordo, così chiediamo una canoa imprestata e andiamo nella comunità vicina, dove abbiamo lasciato le casse per raccogliere l’acqua della pioggia. Siamo ancora fortunati e ci imprestano 20 litri di benzina, ce la possiamo fare! Moises, mio compagno di viaggio, improvvisa un supporto in legno per poter installare il motore. Lo carichiamo sulla barca e facciamo un bagno, poi ceniamo con lo spezzatino con banane, rimasto dal mezzogiorno. Siamo pronti per celebrare la Messa in casa di una famiglia. Improvvisamente scoppia un temporale, acqua a secchiate e vento forte... non ci sono le minime condizioni di uscire dalla barca. Aspettiamo una ora e mezza, poi alle nove decidiamo di rinunciare: attacchiamo le amache e ci prepariamo per il meritato riposo. Piove tutta la notte e con forte vento, sono un po’ preoccupato, ma dalla finestra vedo le luci delle case, anche se la barca è sferzata dal vento. Ci addormentiamo. Alle quattro mi sveglio, c’è molto scuro e non vedo nessuna luce, apro la finestra, poi la porta e esco... siamo in mezzo al fiume, trasportati dalla corrente! Il vento forte ha sradicato il picchetto che fortunatamente è rimasto legato alla barca. Sveglio Moises e decidiamo di aspettare l’alba, alle sei e mezza, lasciandoci trasportare dall’acqua; in fondo siamo nelle mani di Dio, il buon pastore, non abbiamo nulla da temere perché sono mani sicure. Col chiarore dell’aurora montiamo il ‘motore rabetta’ sulla poppa della barca e, piano piano, ci dirigiamo verso casa.



           E penso: quanti pescatori e mamme e bambini sono nelle mani del buon Dio, tutti i giorni, con fiducia e poche certezze del domani! Il grande fiume ci accompagna e molti pesci fanno capolino fra le acque: è ‘piracema’ e c’è molto pesce. Alcuni delfini di fiume saltano attorno alla barca e ci fanno festa, ci accompagnano fino al porto sicuro della città. 

           Il prossimo incontro sarà a sera, con Gabry e Caio (il giovane che abbiamo accolto in casa) per raccontare la nostra avventura e sapere le novità, dopo una settimana di silenzio mediatico.

 

San Giuseppe operaio - giorno dei lavoratori, sabato 1° maggio 2021

 



lunedì 19 aprile 2021

Fratello sole e sorella acqua

 



Gabriele Carlotti – missionario diocesano in Amazzonia

 

 

Quando pensiamo all’Amazzonia, pensiamo subito alla foresta e alla sua bio-diversità. Ma gli elementi principali affinché la foresta possa vivere, con le sue piante e animali, perché la vita sia possibile per i popoli indigeni e per quanti sono venuti qui cercando una vita migliore, questi elementi sono il sole e l’acqua. É strano pensare al “freddo” nella foresta amazzonica, eppure come avviene anche per il deserto, ci sono giorni di pioggia e notti dove, se non hai una coperta non dormi dal freddo. Ma quando il sole splende, anche se spesso il cielo si riveste di nuvole, quando non piove il “calore” diventa insopportabile: un caldo umido che il tuo corpo percepisce più forte della realtà, fino a raggiungere i 40/50 gradi e farti grondare di sudore dalla testa ai piedi. Anche per questo, oltre che per il cibo meno grasso e unto dell’ottima cucina emiliana, chi viene qui perde alcuni chili nei primi mesi di permanenza, poi il corpo si adatta e riesce anche a recuperare. É nota la simbiosi dei popoli indigeni con l’acqua, e oggi anche dei cabocli provenienti in maggioranza dal nord-est per sfuggire alle grandi secche, o in cerca di terre da coltivare, oppure discendenti di coloro che vennero per l’estrazione della gomma dalle piante qui chiamate di ‘siringa’. I bambini stanno praticamente tutto il giorno dentro e fuori dall’acqua del fiume. Le donne lavano i vestiti e le stoviglie al fiume, sedute nell’acqua e bagnandosi continuamente. Gli uomini escono a pescare con la loro canoa che, lungo il viaggio, imbarca acqua, che prontamente viene rigettata nel fiume. Spesso si pesca durante la notte e tutti i giorni, quasi tutti segnati dalla pioggia, a volte in forma di temporale, altre volte come pioggia fina battente tutto il santo giorno. Così, durante il passare delle ore, il corpo è bagnato e asciugato più volte, naturalmente. É difficile adattarsi a vivere in città, dove l’acqua è solo quella che scende dal rubinetto, quando non viene a mancare. In questo periodo (dicembre – giugno) l’acqua del fiume è alta e sta ancora crescendo allagando case e specialmente i terreni coltivati, così bisogna correre ai campi per raccogliere la mandioca e la macaxeira prima che si perda per l’inondazione che arriva in fretta e non ti lascia il tempo di organizzarti. È un lavoro tutto fatto a mano e pesante: donne e bambini sono coinvolti, anche costretti a lasciare la scuola per aiutare i genitori a non perdere il raccolto. E quando l’acqua è alta gli insetti si moltiplicano e collaborano affinché ci si mantenga in movimento per ammazzarli a ‘manate’ sul proprio corpo o, nel peggiore dei casi, per grattarsi un po’, cercando sollievo. La malaria e la denghi sono due malattie che portano febbri molto alte e pericolose, dovute proprio a certe zanzare ‘amiche’. Più pericolosi sono i serpenti velenosi che, grazie all’acqua alta, riescono ad entrare anche dentro alle case, e non sempre si accontentano di giocare con i bambini. Oggi l’acqua del fiume ha una temperatura di 26°C e può arrivare nei mesi di luglio – ottobre fino a 33/34 °C, dando origine a temporali improvvisi e violenti, con pioggia e vento impetuosi e impietosi, se sorprendono le agili e fragili canoe a lottare contro alte onde, capaci anche di spezzare o affondare le imbarcazioni con i loro equipaggi.

 


Fratello sole è come il fuoco, indispensabile per cucinare; ma sorella acqua ci dà l’alimento: feconda la terra per il raccolto, offre il pesce quotidiano alle famiglie e disseta il nostro organismo. Proprio in questo contesto, l’acqua potabile è uno dei problemi vitali per la gente che vive lungo il fiume. Senza luce elettrica e senza internet si può vivere anche bene. Senza acqua no!

Alcuni bevono l’acqua dell’igarapé (ruscelli), la maggioranza quella del fiume e pochi quella della pioggia. Il fiume, e spesso anche le sorgenti, sono molto inquinati dovuto al fatto che il fiume raccoglie tutti gli scarichi che vengono dalla Colombia, dal Perù e, per ultimo, dal Brasile. In più l’attività illecita dei ‘garimpeiros’ che estraggono oro e altri minerali, inquina con mercurio e altre sostanze chimiche gettate nel fiume. Quando l’acqua è alta, da novembre a giugno, allaga e contamina tutto. Viene trattata con cloro (quando c’è), ma spesso i batteri sono resistenti. E diarrea e vomito sono all’ordine del giorno, specie per i bambini, ma anche per gli adulti, provocando febbri e dolori muscolari. Chi beve l’acqua della pioggia sta meglio. Così abbiamo pensato che un aiuto importante per le famiglie potrebbero essere delle casse di plastica omologate, di 500 litri ognuna, per raccogliere l’acqua piovana dai tetti delle case, visto che pochi hanno contenitori grandi e decenti, con coperchio, per mantenere pulita l’acqua raccolta. Chiaro che questo non basta e non risolve il problema. Ci vuole tutta una educazione per come raccogliere, trattare e conservare l’acqua perché non sia contaminata. In alcune Comunità il potere pubblico sta installando delle torri con una cassa grande di 3.000 litri e un depuratore. Solo dove arriva l’energia elettrica, e spesso la linea elettrica è interrotta e a volte sono più i giorni che manca energia di quelli che l’energia funziona. Certo, il potere pubblico, Governo e Comune, hanno una loro responsabilità e anche le condizioni economiche per risolvere la “questione acqua”, ma sappiamo come funzionano queste cose e, senza una volontà politica impegnata sulla qualità della vita, non succede niente. Oggi il Brasile certamente non può fare affidamento su questa volontà politica in favore della vita! Anche il disboscamento della foresta è aumentato a dismisura, lasciando il posto all’agro-negozio e all’allevamento dei bovini. Così pure l’estrazione illecita dei minerali, senza nessun controllo, sta distruggendo molti luoghi che erano fino ad oggi incontaminati, come la nostra regione. Nonostante tutto questo, aspettando tempi migliori, la gente vive e spesso muore! Per questo crediamo che, almeno come supporto tecnico, offrire la possibilità di avere acqua pulita, come quella della pioggia, sia comunque un grande passo avanti nel rispetto della vita dei più deboli.

 


Il Rio Içá (è il nome che il  fiume/rio Putumaio colombiano/peruviano prende entrando in Brasile), affluente del Rio delle Amazzoni, qui chiamato Rio Solimões, percorre tutto il nostro territorio per più di 350 Km. Lungo le sue rive ci sono piccole e grandi Comunità ribeirinhas (della riva del fiume), alcune di poche famiglie, altre veri e propri paesi. Sul confine colombiano troviamo il paese di Ipiranga (300 abitanti circa - cattolica), a metà del percorso del fiume in territorio brasiliano il paese di Villa Alterosa (4.000 abitanti circa - cruzada) e al suo inizio, a 5 km dalla città di Santo Antonio do Içá, il paese di Betania (5.000 abitanti circa - evangelica). Le altre Comunità sono relativamente piccole, e anche più abbandonate.

 


Noi percorriamo il fiume due volte al mese, con la piccola barca che ci avete aiutato a ristrutturare, per incontrare 25 di queste Comunità, quelle cattoliche. Ma ci sono anche 6 Comunità evangeliche e 21 che appartengono ad un movimento religioso fondamentalista sorto nel secolo scorso denominato “cruzada”. In questo ultimo mese (marzo) abbiamo cercato di capire quale sia il fabbisogno reale delle 25 Comunità che conosciamo, e abbiamo rilevato la necessità di circa 250 casse per l’acqua di 500 litri. Chiaro, che non vogliamo fare discriminazioni religiose, solo non conosciamo e non abbiamo avuto l’opportunità di passare nelle altre 27 Comunità, anche per la difficoltà dei trasporti fluviali e i tempi di percorrenza. Sarà un secondo passo che comporta programmare alcuni viaggi (oltre ai due che già facciamo tutti i mesi), viaggi che durano 8/10 giorni, per incontrare le altre Comunità e iniziare un dialogo per conoscersi e conquistare la fiducia, cosa non immediata, né scontata. Ma, come dicono i nostri anziani, “visto che la Terra non è stata fatta in un giorno solo”, vale la pena cominciare! E abbiamo già cominciato, portando nella Comunità di São Pedro, 5 casse per raccogliere l’acqua piovana, nel mese di dicembre 2020. All’epoca una cassa di 500 litri costava 275,00 reais. Oggi, marzo 2021 il costo è di 300,00 reais. Qui l’inflazione è grande!



Nel paese di Ipiranga, avamposto militare sul confine colombiano, ultima delle nostre Comunità, stiamo studiando la possibilità di viabilizzare 3/4 punti di “acqua comunitaria”, con casse grandi di 2/3 mila litri che servano per più famiglie, quelle della stessa strada o quartiere. Chiaro che servirebbero grondaie, tela per filtrare l’acqua o filtri già pronti... Ma non è giusto dare il pesce, crediamo importante insegnare a pescare: la cassa per l’acqua ricevuta in dono dovrà produrre frutti affinché le famiglie si prendano cura della loro acqua. É una questione di educazione ambientale. Sappiamo che non tutti lo faranno, ma crediamo che, comunque, valga la pena rischiare e provocare un cambiamento della situazione attuale anche con la collaborazione dei diretti interessati. Cambiare la mentalità/cultura è un processo molto lento perché chi è nato in questi luoghi è abituato a raccogliere quello che viene spontaneamente dalla natura: il pesce, la cacciagione e la frutta. Inoltre, con le politiche populiste degli ultimi governi, sono stati abituati a ricevere senza impegnarsi per i propri diritti e compiere i propri doveri. Programmi del governo federale che dovevano essere per l’emergenza, sono diventati la normalità per assicurarsi il voto della gente. Così accade anche per il governo statale e per quello municipale. Tutto crea una mentalità del ricevere e dell’aspettare che venga da altri: il sindaco, il governo, la chiesa…. Cambiare questa cultura indotta è una sfida e un impegno anche nostro.

 


       Quasi sempre la celebrazione dell’Eucaristia è alla sera, per aspettare chi rientra dalla pesca. Verso le sei del pomeriggio, quando il sole sta entrando, è l’ora del bagno. Una festa per i bambini che approfittano per gli ultimi tuffi prima di insaponarsi. Il bagno, all’imbrunire, è pure occasione per i giovani e le ragazze di morosare un po’, scambiando due parole, passandosi il sapone, lavando una maglietta o tuffandosi ripetutamente in acqua. Anche gli adulti, spesso in momenti diversi, prima le donne e poi gli uomini, non mancano a questo appuntamento quotidiano. Il bagno è anche opportunità di incontro, di raccontarsi la giornata vissuta in casa o sulla canoa a pescare. A volte mi è capitato di vedere famiglie unite dove prima i genitori lavano i figli piccoli, attenti a non lasciarli cadere in acqua, perché il bagno è fatto su piccole zattere poste in corrispondenza delle case, che chiamano comunemente “porti”. Dopo aver lavato i piccoli, anche gli adulti fanno il bagno, regolarmente vestiti e, con un pudore sereno, il sapone passa dai vestiti alla pelle. Anche al mattino presto, quando tutti vengono al fiume per lavarsi i denti, mi è capitato di vedere papà con i loro piccoli in braccio, già pronti per il primo bagno della giornata; e mamme che insegnano alle figlie a lavare le stoviglie della sera appena passata. Così mamme e papà molto giovani, con la tenerezza di Dio, si prendono cura dei loro bambini, iniziando ancora un nuovo giorno, che sarà rischiarato da fratello sole e troverà ristoro in sorella acqua.

 


E penso... quando riusciremo a capire che la vita vale molto di più che la tecnica e un ipotetico progresso! Che la salvaguardia del creato e l’abbandono dello sfruttamento delle risorse, e la lotta contro tutti i tipi di inquinamento, stanno alla base di una rinnovata qualità della vita. L’essere ancora rinchiusi ci fa sentire la nostalgia delle vacanze all’aria aperta, ai monti o al mare. Ma... perché accontentarsi di un brevissimo periodo di vacanze e non impegnarci affinché la natura e il creato ci siano fratelli e sorelle di vita nuova?

 

Giorno dell’Indio, lunedì 19 aprile 2021

 

lunedì 30 novembre 2020

Incredible... ma vero!

 



Gabriele Carlotti – missionário diocesano in Amazzonia

 

 

Dopo le elezioni amministrative riprendiamo i nostri viaggi missionari. Il nuovo sindaco è uno del partito repubblicano, quindi non molto di sinistra e abbastanza legato alla classe dirigente. Comunque migliore del suo avversario che possiamo definire del partito “opportunista”: è già stato sindaco per dodici anni e ha fatto ben poco per la popolazione, specie per i più poveri. Si è limitato a distribuire soldi per comprare voti e chiudere bocche che reclamavano. Il nuovo sindaco, per i prossimi quattro o otto anni se sarà rieletto, é forse la persona più ricca della città, commerciante che ha anche una impresa di costruzione e due chiatte per trasportare merci da Manaus a qui, ogni mese. La sua é stata una campagna politica abbastanza ‘pulita’, non ha fatto grandi promesse e, almeno sembra, non ha comprato voti. Il suo discorso è stato questo:

 

“Non ho bisogno dei soldi del Comune, ne ho abbastanza per me e per la mia famiglia, vorrei che fossero spesi bene per chi vuol lavorare e quindi merita di avere un lavoro, e cominciando dai più poveri, cercherò di amministrare per chi davvero ha bisogno. Non posso e non darò soldi a uno o all’altro, aiuterò le comunità in quello di cui hanno più bisogno: casa, sanamento basico, infrastrutture, scuola e salute”.

 


Così ha ripetuto anche nel suo primo discorso da sindaco eletto. E così gli ho scritto un WhatsApp quella notte, ricordandogli le sue parole in favore dei più poveri e assicurandogli il nostro accompagnamento che ad ogni occasione, opportuna o non opportuna, gli ricorderà di questa parola data.

Così, passate le elezioni, riprendiamo il nostro viaggio missionario diretti a Ipiranga, ultima comunità, posto militare sul confine colombiano. Ci fermiamo a “Itu” a circa sette ore dal confine, arriviamo di notte con un temporale che non consiglio a nessuno: cielo plumbeo, fulmini e tuoni, il fiume agitato che si diverte a sballottare la barca e, dulcis in fundo, visibilità zero per la pioggia scrosciante. Guidati dalle luci della comunità, approdiamo e mettiamo in sicurezza la barca, ancora tremante per il forte vento. Bene, due uova fritte e due salcicce, un succo di limone e sull’amaca per una notte di meritato riposo. Il giorno dopo ci riuniamo con la comunità: due nonni con le tre figlie sposate, una già vedova, e molti nipoti. Hanno anche un figlio piccolo, portatore di Handicap, ma che tengono nascosto. Quando inizio la celebrazione della Messa, nel tardo pomeriggio, arriva anche la famiglia vicina, un colombiano con la moglie e i suoi sei figli, alcuni già grandi di 17/20 anni e altri minori di 13/15 anni. É la festa di Cristo Re così chiedo ai bambini: Quando finisce l’anno? Silenzio assoluto! In che mese siamo? Silenzio! Sapete quando siete nati? Quanti anni avete? I volti smarriti. Il sorriso della mamma e lo sguardo che dice: “Ma cosa ci chiedi... a cosa serve...?”. Volevo semplicemente introdurre il tempo dell’Avvento come inizio di un nuovo anno liturgico in preparazione alla festa del Natale... ma ho lasciato perdere. Così mi limito a domandare: “Sapete quando è Natale quest’anno?” Provo ad aiutarli... “Alla fine del prossimo mese, il 25 di.....?” Nessuno risponde, appena tanti sorrisi e tanti occhi sgranati. “Ma sapete in che mese siamo?” Silenzio! Anche i ragazzi grandi sembrano cadere dalle nuvole, chiedo se sanno leggere e scrivere... “Poco e con difficoltà, abbiamo frequentato solo la 1° e la 2° serie. Normalmente la scuola funziona una settimana o dieci giorni al mese, poi il professore va in città per ricevere lo stipendio e si ferma un tempo in casa con la famiglia; spesso non c’è la merenda che viene data dallo Stato, e così alle nove si ritorna a casa... nessuno resiste a scuola senza mangiare! Ma la preghiera è stata molto bella, partecipata e gioiosa. Anche i bimbi più piccoli si sforzavano di rimanere svegli... per non perdere le caramelle e i biscotti alla fine della celebrazione!

Nel viaggio di ritorno a “São João do lago grande” troviamo solo la famiglia del professore, che si scusa perché non c’è nessuno, sono andati tutti a pescare e torneranno solo domani dopo la notte di pesca. Lasciamo i fogli che abbiamo preparato per le celebrazioni dell’Avvento e del Natale e ricordiamo che passeremo il 25 nel pomeriggio per celebrare con loro la festa del Natale.

Proseguiamo per la comunità di “São Pedro” a circa una ora e mezza di distanza. Scendo e incontro tre mamme, due stanno allattando i loro bambini e la terza pettinando la sua bimba. Saluto, sento come stanno, se c’è qualche ammalato nella comunità. Tutto bene, padre! Chiedo se sanno che oggi c’è la Messa, mi dicono di no, che non hanno sentito niente, ma il cassique sta in casa, lui deve sapere. Osservo i bimbi e tutti portano una piccola croce al collo, probabilmente sono simpatizzanti della ‘chiesa della croce’ o semplicemente la usano come protezione contro il male. Vado nella casa di Isaia, il cassique, la moglie è sdraiata sull’amaca, chiedo del marito, sta lì nell’altra stanza, vedo un’amaca appesa... aspetto un po’, ma solo silenzio... così saluto e vado in un’altra casa, piena di bambini. Il papà è sdraiato sul pavimento di assi, pancia in giù, non da segni di vita, i bimbi giocano saltando su di lui, saluto la mamma, sull’amaca, che ricambia gentilmente il saluto e... silenzio. Rimango ancora cinque minuti sulla soglia, poi vedo un uomo che sta preparando la ‘cuia’ per la sua canoa, così vado ad incontrarlo. “Si, padre, il cassique ha avvisato per la Messa, ma ci sono molti ammalati, con febbre alta e diarrea”. Chiedo se sia malaria... no, perché non hanno i brividi e sudano molto. 



Chiedo che acqua bevono. Quella del fiume, mi risponde. Qui non ci sono igarapé (piccole sorgenti). Ma la trattate con il cloro...? no, è finito e qui non abbiamo nessuno della salute pubblica. Sono già stato a Juì (paese a cinque ore di canoa motorizzata), ma dicono che non possono darlo senza una richiesta del responsabile della salute... che qui non abbiamo. Mi ricordo in questo momento di una frase ironica di fr. Gino, mio predecessore: “Bevete l’acqua del fiume, è così inquinata che anche i microbi e i batteri muoiono!”. Ricordandomi della mia Bahia chiedo: “Ma non potete usare l’acqua piovana? Qui piove spesso, quasi tutti i giorni...”. “Sarebbe bello, mi risponde, ma qui nessuno ha una cassa di plastica per raccogliere l’acqua, solo qualche pentola, ma finisce subito. E i prossimi quattro anni saranno difficili perché il nostro candidato ha perso...”. Rispondo che il nuovo sindaco ha detto che non ci sarà persecuzione politica, ma aiuto per i più bisognosi, e che la Chiesa proverà ad accompagnare questo processo. Ma so che lui ha ragione e non sarà facile! Più tardi quest’uomo viene sulla barca e mi avvisa che la gente vuole celebrare la Messa, alle 18, perché alla sera non c’è luce, è finita la benzina e il motore non funziona... Mentre preparo l’occorrente per la celebrazione e i biscotti per i bambini, penso tra me: “Incredibile, ma vero”, nel più grande bacino acquifero del mondo, l’Amazzonia, non c’è acqua pulita da bere! Il Vangelo di questa ultima domenica dell’anno liturgico ci coinvolge: “Avevo sete e mi avete dato da bere”. Così lascio alcune medicine per la febbre e la diarrea, e chiedo quante case ci sono, mi rispondono cinque, bene proverò a cercare cinque casse da 500 litri ciascuna, voi pensate a come fare una specie di grondaia e al prossimo viaggio, il 12 dicembre, ve le porto. Non saranno di proprietà individuale, ma della comunità, non si possono vendere né portare via, serviranno per voi e i vostri figli, per bere ‘acqua viva’.




Così, durante la notte, ripenso a quante famiglie devono affrontare questa situazione... ripenso alle cisterne fatte nella secca Bahia e mi ripropongo de vedere, nei prossimi viaggi, la necessità concreta di acqua potabile, in questa Amazzonia dove piove tutti i giorni e i fiumi sono una ricchezza enorme di acqua dolce. Incredibile, ma vero!

 

 

1° domenica di avvento, 29 novembre 2020

Cammini di libertà e di liberazione

  "La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". 
 Il Verbo continua a parlare nella storia e a servirsi di chi è ch...